FRANCHI, Lorenzo
Figlio di Sebastiano, nacque a Bologna intorno al 1565. Non è nota la sua prima formazione; giunse probabilmente a Reggio Emilia, dove fu a lungo attivo, al seguito di C. Procaccini, impegnato dal 1585 con l'affresco del Giudizio universale nell'abside di S. Prospero (Mezzetti, 1974). I lavori vennero interrotti sul volgere del 1587, quando il Procaccini si recò a Milano e in quell'occasione, presumibilmente, il F. ritornò a Bologna.
Non si hanno notizie sull'attività del F. nei restanti anni del secolo XVI. Risale al 1601-1602 la Madonna del Rosario con Pio V, santi e committenti della chiesa della Natività di Maria di Castelnuovo Sotto. Al 1602 si colloca il S. Giovanni Battista (Cuneo, coll. privata) recante sul retro della tela la data e la firma "Laurs. Franc. Bonons": l'opera è stata resa nota dal Pirondini (1986) che l'ha giustamente avvicinata alla tela della parrocchiale di Castelnuovo Sotto. In entrambi i dipinti si scorgono echi della cultura figurativa bolognese: in quel periodo, infatti, andava dilagando la riforma dei Carracci che il F. non poteva certo trascurare. Fin dalle sue prime opere, tuttavia, risultò piuttosto incline ai modi della tarda maniera bolognese, attento alle soluzioni proposte da L. Sabatini, da O. Samacchini e da D. Calvaert.
La pala di Castelnuovo e gli annessi quindici quadretti con i Misteri del Rosario segnano l'autonomo procedere del F. dal Procaccini e l'interesse per i manieristi bolognesi. Stringenti analogie sono riscontrabili fra i Misteri del Rosario e le piccole tele di analogo soggetto eseguite da vari artisti, fra i quali G. Reni, L. Carracci e D. Calvaert, per S. Domenico a Bologna; è verosimile che il F. abbia potuto conoscere le telette che erano state collocate nella chiesa bolognese nell'agosto 1601, prima della sua partenza per Reggio Emilia. Inoltre echi della ritrattistica di L. Fontana, documentata nell'esecuzione delle telette in S. Domenico, sono ravvisabili nei volti dei committenti, mentre i cherubini sui quali posa la Madonna rinviano all'Assunta in gloria dipinta dal Sabatini per S. Maria degli Angeli in Bologna.
Altro indirizzo invece sostanzia la Madonna in trono con il Bambino e s. Giovannino, firmata e datata 1603, ora al Museo civico di Reggio Emilia proveniente dalla chiesa cittadina di S. Tommaso. Preziosa nell'impostazione del trono marmoreo la tela palesa echi di cultura romana nella particolare iconografia dei due angeli con la corona, che il Pirondini (1986) ritiene puntualmente desunti dalla S. Caterina di G. Cesari, il Cavalier d'Arpino, ora nella chiesa di Gesù Nazareno a Roma.
Si pone a questo proposito il problema di un eventuale soggiorno a Roma del F., che potrebbe cadere tra il 1602 e il 1603. Ma l'aggiornamento sul gusto figurativo romano in chiusura del secolo potrebbe essere stato mutuato proprio dagli artisti bolognesi che a lungo si intrattennero a Roma, quali il Sabatini o il Samacchini.
Nel 1602 l'arte dei fabbri ferrai commissionò al F. la Natività della Madonna coi ss. Prospero ed Eligio, collocata su uno degli altari della chiesa di S. Francesco a Reggio Emilia tra l'agosto e il settembre del 1605. La tela evidenzia echi dal Procaccini e meditazioni sulle opere del Samacchini, per le due figure in primo piano, e sul Calvaert, al quale rimandano i cherubini e il paesaggio.
L'attività del F. proseguì intensa negli anni successivi. Le cifre eleganti del suo comporre riscossero larghi consensi a Reggio Emilia, ove sovrintese all'arredo della cappella del cardinale D. Toschi, in duomo, realizzando l'affresco, oggi molto rovinato, con l'Eterno nel lanternino (1607), quindi S. Domenico e S. Bartolomeo sull'arcone d'ingresso. Il F. attese nel contempo all'esecuzione di numerose pale, fra le quali la Vergine della Ghiara con i ss. Donnino e Prospero della parrocchiale di Massenzatico, ed elaborò i disegni per l'apparato a stucco delle volte della basilica della Ghiara (1610): qui putti, festoni di frutta e volti grotteschi dichiarano il debito verso una cultura decorativa ancora tardocinquecentesca, non senza suggestioni riprese dagli schemi impiegati dal Procaccini in S. Prospero. La tela con la Madonna del Rosario, i ss. Domenico, Bernardino e altri santi della parrocchiale di S. Bernardino a Villa Seta fu eseguita dal F. fra il 1609 e il 1610, stante le affinità con la Madonna del Rosario di Castelnuovo Sotto. Con la tela di Villa Seta si apparenterebbe anche, secondo il Pirondini, il quadro raffigurante la Madonna con il Bambino e i ss. Grisante e Daria, siglato e datato 1610, ora alla galleria Fontanesi di Reggio Emilia. Già attribuita al Reni o a Lionello Spada, la Madonna in gloria e s. Donnino della parrocchiale di S. Donnino a Marola è stata restituita al catalogo del F. dal Pirondini, che vi ravvisa peculiarità stilistiche proprie del momento di progressiva attenzione del pittore alla cultura parmense, ossia al cromatismo e al gusto paesaggistico espresso dal fiammingo Giovanni Sons e dal parmense Sisto Badalocchio. La tela in esame potrebbe pertanto collocarsi fra la pala della parrocchiale di Villa Seta e la paletta della galleria Fontanesi.
Nel 1614 la vicinia della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista commissionò la decorazione a fresco della volta della chiesa al quadraturista bresciano T. Sandrini, che demandò la parte figurata dell'impresa reggiana al F., autore dell'Eterno, dell'Evangelista Giovanni e della Sconfitta del demonio. Secondo il Pirondini, che ha ricondotto le scene figurate al corpus del F., queste risulterebbero coeve alle quadrature del Sandrini, ultimate entro l'estate del 1614 (Monducci - Pirondini, 1976, p. 45). Di difficile datazione risulta invece la S. Orsola menzionata dal Malvasia (1678) nella chiesa reggiana di S. Zenone, dove si conserva. La tela potrebbe collocarsi negli anni immediatamente successivi al 1610, anno in cui le orsoline si trasferirono dalla chiesa di S. Martino in quella di S. Zenone, senza poter portare nella nuova sede il quadro della santa titolare, sicché non è improbabile che abbiano dovuto provvedere in tempi brevi a una nuova commissione; il quadro risulta comunque in loco nel 1625. Alla S. Orsola si apparenta stilisticamente, e quindi anche sul piano della cronologia, il S. Pellegrino nell'omonima chiesa reggiana. Al 1619, o comunque a ridosso degli anni Venti del Seicento, in un faticoso adeguamento ai tempi, si situa la Madonna del Rosario e santi dipinta per l'altare del Rosario della chiesa di S. Celestino a Cadelbosco Sopra, unitamente ai quindici quadretti dei Misteri, ora perduti.
Dagli anni Dieci l'ambiente pittorico reggiano cominciò a sprovincializzarsi grazie all'"officina" della Ghiara. La decorazione della basilica della Madonna della Ghiara, condotta a più riprese, costituì l'episodio di cultura figurativa più alto e coinvolse diversi artisti, quali i bolognesi L. Spada (1613-1616) e A. Tiarini (dal 1618), e il ferrarese C. Bonone, che decorò la volta della cappella Gabbi (1622). In una così fervida congiuntura si situa la crisi della posizione fino allora egemonica del F. e, per così dire, la decadenza della sua pittura.
Sono questi gli anni delle due tele dipinte dal F. per la chiesa di S. Lorenzo a Baiso: la Madonna del Rosario e santi, dove ripropone un formulario iconografico e stilistico cui era in precedenza ricorso, e la Madonna della Misericordia, che, nel volto della Vergine, echeggia certe madonne del Calvaert, mentre i visi dei committenti indicano un recupero, in tono popolaresco, degli aulici ritratti delle pale di Castelnuovo Sotto e di Cadelbosco Sopra.
Al 1623 risale la Beata Vergine con i ss. Carlo e Sebastiano dell'oratorio reggiano di S. Carlo, resa nota dal Pirondini (1986) mentre è datata 1624 La ss. Trinità con s. Girolamo (Reggio Emilia, Galleria Fontanesi), opera di elevata qualità, ricordata per la prima volta dal Ranzani (1666), che la dice eseguita per l'altare della cappella Casotti nella basilica della Madonna della Ghiara, quindi dal Malvasia, che riferisce dell'esistenza di un bozzetto su rame. Echi parmensi ravvisabili nella nube di angeli di impostazione correggesca e reminiscenze da L. Carracci concorrono in quest'opera, alla quale non sono estranei riferimenti al S. Francesco in estasi dipinto dallo Spada (1617-18) per la Ghiara (Monducci - Pirondini, 1976, p. 33).
Fu questa presumibilmente l'ultima opera realizzata a Reggio dal F. che, a causa dell'improvvisa morte del fratello Giuseppe (Malvasia, 1678), rientrò a Bologna, dove si trattenne sino al 1631. Due sono le opere eseguite in patria: la perduta Lapidazione di s. Stefano, affrescata per l'oratorio della Croce di S. Sebastiano, e la S. Lucia in adorazione del Santissimo portato da s. Stefano, già in S. Nicolò e ora in S. Maria della Carità. Reminiscenze da L. Massari e da G. Cavedoni, rispettivamente nelle figure di s. Stefano e del chierichetto che regge il secchiello, convivono in quest'opera che è databile intorno al 1630.
A Bologna il F. si occupò dell'attività commerciale del fratello, ma non interruppe i rapporti con la committenza reggiana per la quale eseguì verso il 1624 la Madonna con i ss. Isidoro e Caterina, conservata nella chiesa parrocchiale di S. Biagio a Roncocesi, e due tele della fine degli anni Venti per la parrocchiale di Cadelbosco Sopra (Madonna di Loreto; S. Anna con la Madonna bambina). L'Annunciazione nella chiesa reggiana dei Ss. Giacomo e Filippo, infine, fu presumibilmente terminata nel 1631: secondo il Malvasia (1678), il F. portò con sé la tela partendo da Bologna. È l'ultima opera nota del pittore, che, rientrato a Reggio Emilia, si ammalò e morì, verosimilmente, nel 1632.
Fonti e Bibl.: Reggio Emilia, Bibl. municipale: P. Fontanesi, Descrizione delle pitture e sculture esistenti nelle chiese della città di Reggio di Lombardia nell'anno 1782, cc. 26, 31, 39, 45, 63, 91; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 632; C. Ranzani, Veridico racconto dell'origine, progressi et miracoli della Madonna di Reggio, Modena 1666, p. 66; C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), Bologna 1841, I, pp. 223 s.; Id., Le pitture di Bologna, Bologna 1686, p. 99; C. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1835, p. 49; G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, pp. 215-217; A. Balletti, Il S. Monte della pietà di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia 1930, p. 85; G. Valsecchi, Il Seicento lombardo (catal.), Milano 1973, p. 20; F.M. Gobbo, Le pale d'altare del santuario della Madonna della Ghiara, in Un santuario e una città, Reggio Emilia 1974, p. 41; A. Mezzetti, Gli affreschi di Camillo Procaccini nell'abside di S. Prospero a Reggio Emilia, in Boll. d'arte, LIX (1974), 3-4, p. 140; E. Monducci - V. Nironi, Arte e storia nelle chiese reggiane scomparse, Reggio Emilia 1976, p. 125; Mostra di L. F.(1565-1632), a cura di E. Monducci - M. Pirondini, Reggio Emilia 1976 (con bibl.); G. Ambrosetti - G. Berti - M. Pirondini, La Galleria Fontanesi, Reggio Emilia 1977, p. 66; M. Pirondini, in L'arte degli Estensi (catal.), Modena 1986, pp. 215-217; A. Coccioli Mastroviti, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, II, pp. 745 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 315.