LUZZO, Lorenzo (detto Morto da Feltre)
Nacque probabilmente a Feltre intorno al 1485 da Bartolomeo, medico chirurgo documentato a Zara dal 1475, padre anche del "clericus" Giovanni, di Pietro "sutor", di Girolama, coniugata nel 1511 con Gian Giacomo "fabbro de Barbozia", e della giovane, di cui non si conosce il nome, che andò in sposa al pittore di origine pisana Nicola Brazzo. I Luzzo, feudatari dei vescovi di Feltre fin dalla prima metà del secolo XV, pur essendo originari della vicina Meano abitarono a Feltre nel quartiere di S. Stefano. Alcuni documenti della fine del Quattrocento attestano la presenza della famiglia a Feltre e a Zara, e anche quelli riguardanti il solo L. e la sua attività di pittore, non anteriori al 1511, dimostrano che questi risiedette sia in Veneto sia in Dalmazia. Ciò sembra confermato anche dagli appellativi "de Feltro" e "zaroto" che spesso accompagnano il suo nome, nonché dalla presenza di alcune sue opere in entrambe le città.
Lavori per la Comunità di Feltre sono documentati, tra l'altro, da pagamenti e iscrizioni a confraternite locali: quelli per conto di committenti zaratini trovano eco in una controversia giudiziaria con il pittore Brazzo, dovuta a questioni professionali e ricomposta solo quando quest'ultimo, nel 1512, sposò la sorella del Luzzo. A Zara, nel 1511 il L. risulta sposato con Lisabetta de Linguacijs, di padre padovano. Rimasto vedovo dovette passare a seconde nozze, come si evince dal testamento del 12 dic. 1526 in cui fu nominata erede la seconda moglie Giovanna. Il L. scelse come esecutore testamentario Vettor Scienza, l'intagliatore che insieme con lui aveva lavorato al Cristo Crocifisso per la cattedrale di Feltre (1516-18), promettendogli in ricompensa l'intero corpus dei suoi disegni: da un documento datato 5 genn. 1527, tuttavia, risulta che Scienza rifiutò l'offerta.
Il profilo biografico e artistico del L. si è venuto precisando solo in tempi relativamente recenti anche a causa della fuorviante identificazione operata da Lanzi con il "Morto da Feltro" ricordato da Vasari.
Quest'ultimo parla di un pittore di formazione quattrocentesca specializzato nelle grottesche che lavorò a Roma nel periodo in cui Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, dipingeva per Alessandro VI e che collaborò con Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione, al fondaco dei Tedeschi nel 1508. Nei documenti, tuttavia, al L. non viene mai attribuito questo soprannome né tantomeno tra le sue opere note è possibile rintracciare grottesche che giustifichino una sua predilezione per questo genere pittorico. Né può essere riferita al L. la notizia, data sempre da Vasari, secondo cui il pittore sarebbe morto a Zara combattendo per la Repubblica di Venezia. Anche la cronaca scritta da Bonifacio Pasole nel 1580 in cui viene ricordato un Pietro Luzzo pittore ha contribuito a rendere confuse le notizie sull'artista: fino a quando i documenti non hanno accertato che la reale professione del fratello Pietro era quella del calzolaio, infatti, si è pensato a una possibile sovrapposizione di identità tra i due.
I due scomparti con le immagini di S. Francesco e del Beato Bernardino Tomitano, facenti parte di un perduto polittico realizzato intorno al 1504 per la chiesa di S. Maria degli Angeli a Feltre rappresentano, tra le opere conservate, la prima testimonianza pittorica dell'attività del L., a quella data fortemente influenzata dalla pittura di Bartolomeo Montagna. Il polittico comprendeva in origine altri scomparti, probabilmente uno centrale con l'immagine della Madonna in trono col Bambino e altri laterali con figure di sante, come lascia presumere il reimpiego dei dipinti da parte di Pietro Marescalchi in un polittico realizzato per la stessa chiesa nella seconda metà del secolo.
Il Compianto su Cristo morto, proveniente forse dal convento di S. Spirito a Feltre e conservato oggi nel Museo civico della città, appare difficile da decifrare a causa del cattivo stato di conservazione e delle numerose ridipinture. Su base stilistica, invece, è stata attribuita al L. una Madonna in trono col Bambino, ora a Zara (Mostra permanente di arte sacra), proveniente dalla chiesa della Madonna di Dubovica presso Bosava sull'Isola Lunga. L'opera, realizzata probabilmente a ridosso del 1505, è ciò che resta di un più articolato polittico purtroppo disperso.
Al 1511 risale l'unica opera firmata e datata del L., la Madonna col Bambino e i ss. Stefano e Vittore per la chiesa di S. Stefano a Feltre e oggi alla Gemäldegalerie di Berlino, nella quale è stata ravvisata una evidente componente giorgionesca. L'influenza di Sebastiano Luciani (detto del Piombo) può invece essere rintracciata nella pala della parrocchiale di Villabruna con la Madonna tra i ss. Giorgio e Vittore, dipinta poco dopo il 1511, e nell'Assunzione della Vergine (già nella chiesa di S. Maria, ora custodita presso la Mostra permanente di arte sacra di Zara). Quest'ultima è stata realizzata tra il 1512 il 1514 in un periodo in cui il pittore, non documentato da fonti feltrine, lavorò presumibilmente in Dalmazia. Il dipinto reca tracce della firma del L., ricostruita e interpretata in modo non corretto in seguito a un intervento di restauro del 1971.
Successiva alla Sacra Famiglia con s. Girolamo (1515 circa), tela dispersa (già in collezione Thuelin a Parigi: Pietro de Marascalchi(, p. 124, fig. 39), è la pala per la chiesa di Caupo di Seren del Grappa, ovvero la Madonna col Bambino, i ss. Vito e Modesto e Cristo Risorto, oggi presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia. Sul retro del dipinto sono visibili alcuni disegni tra cui due figure femminili, già messe in relazione con le pitture di Giorgione al fondaco dei Tedeschi. La pala, dall'iconografia insolita per la duplice presenza di Cristo, testimonia la formazione veneta dell'artista ma anche una componente culturale di altra origine, che conduce al Perugino (Pietro Vannucci) e a Raffaello. In un periodo compreso tra il 1515 e il 1519 il L. dipinse, sempre a Feltre, un Martirio di s. Stefano sulla facciata della chiesa intitolata a questo santo e distrutta nel primo Ottocento e gli affreschi perduti con Astrea e il Leone di S. Marco tra i ss. Vittore e Andrea sulla parete di fondo della loggia pubblica. Sono state attribuite al L. anche due tempere su pergamena con la Vergine col Bambino incoronata da angeli e il Cristo di Passione, facenti parte di un volume manoscritto composto intorno al 1519, appartenente alla Scuola di S. Maria del Prato di Feltre e oggi nell'Archivio dell'Ospedale della stessa città.
Numerosi sono gli affreschi realizzati dal L. sulle facciate di edifici feltrini. Riferimenti a una cultura artistica di matrice romana si possono cogliere nell'affresco frammentario sul fronte di un palazzo di via Tezze con Curzio e Giuditta con la testa di Oloferne e nei dipinti murali sulla facciata di casa Crico disposti su tre registri: Cristo e l'adultera con alcuni riquadri minori ormai quasi illeggibili in corrispondenza del piano nobile, Abramo e Isacco al di sopra e figure di Virtù e stemmi nel sottotetto. Più difficili da contestualizzare gli affreschi scoperti nel 1934 sulla facciata di un edificio in via Battisti con due ritratti monocromi all'interno di medaglioni e la rappresentazione di Giove e Antiope. All'inizio del terzo decennio il L. lavorò in casa Mezzan, sempre a Feltre: gli si può attribuire con certezza l'Adorazione dei magi dipinta in una delle sale; mentre altre figure mitologiche tra cui una Venere sembrano appartenere ad altra mano.
Probabili soggiorni fuori città negli anni 1516-17 e 1520-21 hanno fatto pensare a un possibile viaggio a Roma; tale ipotesi sembra essere avvalorata dalla realizzazione della seconda opera datata del L., l'affresco del 1522 con Cristo Risorto tra i ss. Antonio Abate e Lucia nella sacrestia della chiesa di Ognissanti a Feltre. In questa composizione, infatti, l'artista ha cercato di sintetizzare in un linguaggio essenziale, armonioso ed equilibrato le componenti veneziana e romana della sua cultura figurativa, come sembra confermare il riferimento alla celebre Trasfigurazione di Raffaello del 1518-20 e a quella cronologicamente prossima di Sebastiano Luciani in S. Pietro in Montorio a Roma.
Tra le ultime opere vanno ricordate le seguenti: la pala d'altare per la chiesa conventuale di S. Spirito, la Madonna col Bambino e i ss. Francesco e Antonio, dispersa nella seconda metà dell'Ottocento; il graffito con S. Prosdocimo tra i ss. Vittore e Corona realizzato intorno al 1525 sulla facciata della cattedrale di Feltre; la pala raffigurante S. Stefano per la chiesa di S. Simeone a Zara.
Il L. probabilmente si trasferì a Venezia dopo aver ultimato alcuni lavori a Feltre nel 1522, forse su consiglio di Scienza che già vi risiedeva. Ammalatosi, morì in una casa di Rialto il 14 dic. 1526 e venne sepolto nel cimitero di S. Francesco della Vigna.
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