MORELLI, Lorenzo
MORELLI, Lorenzo. – Nacque a Firenze nel 1446 da Matteo e da Lena di Lorenzo Lenzi.
La famiglia aveva raggiunto il priorato nella prima metà del XIV scolo, una cinquantina d’anni dopo la creazione della massima carica di governo. Matteo, di mestiere setaiolo, fu dapprima ostile a Cosimo de’ Medici, ma poi ne divenne fautore, ricoprendo diverse cariche pubbliche e allacciando con i Medici rapporti strettissimi, fino a essere uno dei padrini di battesimo di Lorenzo di Piero nel 1449.
Grazie al beneficio paterno, Morelli fu immatricolato nell’arte della seta a sette anni e iniziò subito l’apprendistato in una compagnia di setaioli di cui era socio il fratello maggiore Girolamo, più grande di lui di ben 19 anni. Abbandonò tuttavia presto la società con Girolamo, con il quale non trovò mai un reale accordo, e proseguì in altri modi, a lungo e con successo, l’attività mercantile. Nel 1460, appena quattordicenne, iniziò la scrittura del primo dei suoi libri di memoria familiare, che avrebbe proseguito fino al 1524, con una lacuna, presumibilmente per perdita, tra il 1502 e il 1513. I libri di Morelli pervenuti sono una ventina, dieci dei quali contengono una sezione di Ricordi e costituiscono la principale fonte biografica su di lui.
Nel 1463 Morelli iniziò la sua lunga e consistente carriera nei pubblici uffici con la carica minore di festaiolo dell’arte di Por Santa Maria. Il matrimonio nel 1472 con Vaggia di Tanai de’ Nerli, di dieci anni più giovane, stabilì una parentela con i Medici: una sorella di Vaggia, Caterina, andò infatti sposa a Lorenzo di Bernardetto de’ Medici, prozio di Lorenzo il Magnifico. Dall’unione con Vaggia nacquero tre maschi e tre femmine, dei quali giunsero all’età adulta solo Lionardo e Ginevra. Tramite il matrimonio di quest’ultima, Morelli si imparentò con gli Altoviti; mentre Lionardo, seguendo e perfezionando la pratica scrittoria del padre, si distinse come grande memorialista familiare. Nello stesso 1472 entrò nel Consiglio del Comune e nel Consiglio del Popolo. Da allora, per citare solo le cariche di maggior rilievo, fu tre volte priore, due volte gonfaloniere di Giustizia, ufficiale del Monte e per ben nove volte degli Otto di pratica.
Il sessantennio durante il quale Morelli riuscì a mantenersi a livelli a volte di primissimo piano delle cariche del governo fiorentino fu un periodo di aspre lotte per il potere e profonde trasformazioni istituzionali: dall’avvento di Lorenzo de’ Medici (1469) alla cacciata del figlio Piero (1494), alla repubblica savonaroliana, al gonfalonierato a vita di Pier Soderini (1502), alla restaurazione medicea (1512), fino alla nuova cacciata dei Medici e all’ultima esperienza repubblicana dal 1527 al 1530. Affermatosi come sicuro sostenitore del partito mediceo, non nocque tuttavia a Morelli la cacciata di Piero de’ Medici e lo stabilirsi del regime repubblicano di stampo oligarchico imperniato sul Consiglio maggiore, del quale fece parte. Morelli appare anzi del tutto soddisfatto del cambiamento di regime ed entrò a far parte dei nuovi organi di governo: tra 1494 e 1495 fu inviato in missione diplomatica al re di Francia Carlo VIII e a Napoli. In questa fase fu in grado di mantenere l’equidistanza tra i «primati» del governo stretto e i propugnatori di un reggimento più largo; i Ricordi testimoniano la sua capacità di adattamento e una condotta politica saggiamente mirata alla sua affermazione personale.
Nel periodo 1498-1512 fu tra la ventina di oratori che più spesso presero la parola nelle Consulte e pratiche, il collegio chiamato a esprimere pareri, in genere accolti, sulle linee di governo. Nei momenti decisivi che portarono alla fine di Girolamo Savonarola nel 1498 il suo comportamento fu esemplare. Mantenne una moderata centralità non favorevole ai savonaroliani ma neanche ai nemici estremi del frate; poi, giunti alla crisi, fu chiamato a far parte della commissione esaminatrice di Savonarola, nella quale seppe tenere una posizione defilata, dichiarandosi vagamente favorevole alla punizione di chi sarà riconosciuto colpevole.
L’elezione di Pier Soderini a gonfaloniere a vita nel 1502 avrebbe dovuto rendere più stabile il regime del Consiglio maggiore, ma il credito di Soderini all’interno del gruppo degli oligarchi cominciò rapidamente a declinare. Già nel 1504 Morelli si trovò in disaccordo con il gonfaloniere sul velleitario progetto di deviare l’Arno per privare Pisa dei rifornimenti idrici. Quando nel 1512 si concluse l’esperienza del Consiglio maggiore e del gonfalonierato a vita, Morelli si schierò con convinzione dalla parte del restaurato potere mediceo, nella persona del cardinale Giovanni de’ Medici, rientrato a Firenze nel settembre 1512 grazie alla pressione delle truppe spagnole e pontificie e all’appoggio dei sostenitori interni. Morelli fu uno dei quattro oratori inviati a trattare con il cardinale Giovanni le condizioni del suo ritorno a Firenze ed entrò nella Balia del 16 settembre, incaricata di riformare le cariche del nuovo governo. D’ora in avanti fu disponibile ad assecondare tutte le fasi dello stretto controllo mediceo sulla vita politica fiorentina e i vantaggi personali furono direttamente proporzionali all’impegno e all’affidabilità dimostrati.
Quando il cardinale Giovanni, nel marzo 1513, divenne papa Leone X, Morelli fu membro dell’ambasciata d’obbedienza al nuovo pontefice. Nel novembre dello stesso anno entrò nel restaurato Consiglio dei settanta, di chiara ispirazione laurenziana, che completava la nuova costituzione medicea. Fu tra gli intimi di Lorenzo di Piero de’ Medici, poi duca di Urbino, subentrato nel governo al cardinale Giovanni. Tra il 1514 e il 1524 i Ricordi continuano a registrare numerose cariche di primo piano: Morelli è frequentemente dei Dodici Procuratori e degli Otto di pratica, gli uffici che rispettivamente lavoravano ai provvedimenti legislativi e sovrintendevano agli affari militari e diplomatici.
Nel 1519, alla morte di Lorenzo duca di Urbino, Leone X mandò a Firenze il cardinale Giulio, figlio naturale di Giuliano fratello del Magnifico. Morelli fu ancora nel ristretto gruppo di intimi del cardinale che lo esortarono a non riformare in senso democratico il governo. Quando, nel novembre 1523, anche Giulio divenne papa col nome di Clemente VII, Morelli fu di nuovo inviato a Roma ambasciatore d’obbedienza. A Firenze giunsero i due minorenni Ippolito e Alessandro de’ Medici, figli illegittimi rispettivamente di Giuliano duca di Nemours e di Lorenzo duca di Urbino, ma il reale controllo politico fu nelle mani del cardinale di Cortona Silvio Passerini, fedele esecutore delle volontà di Clemente VII. All’altezza del 1524 Morelli era ancora tra i fautori di un governo strettissimo e il repubblicano Benedetto Varchi giudicò che egli «come era il più vecchio, così era eziandio il più appassionato di tutti gli altri» (1858, p. 18). Quando, nel 1527, la condotta succube di Roma di Passerini finì per spingere una parte dell’aristocrazia fiorentina verso l’ultima esperienza repubblicana, non è dato sapere in quali condizioni Morelli visse questo ennesimo rivolgimento.
Il figlio Lionardo riporta che Morelli morì a Firenze, il 9 febbraio 1528.
Esempio di accorto e sagace oligarca, egli può essere assurto a modello di quegli aristocratici fiorentini che seppero mantenersi in auge nell’alternanza del clima politico del periodo vorticoso delle calamità d’Italia tra fine XV e principio del XVI secolo; seppe infine giungere all’intelligente compromesso con il prevalere dei Medici nel nome del mantenimento dei privilegi del proprio gruppo politico e della propria realtà familiare.
Fonti e Bibl.: I dieci manoscritti di Morelli contenenti una sezione Ricordi sono conservati nell’Arch. di Stato di Firenze, Gherardi Piccolomini d’Aragona, 75/III, 75/IV, 137, 139, 141, 169, 170, 180, 194, 195; Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 1005, c. 427v; Gherardi Piccolomini d’Aragona, 142: Lionardo Morelli, Ricordi , c. iniziale n.n.; G. Cambi, Istorie, in Ildefonso di San Luigi, Delizie degli eruditi toscani, XXI, Firenze 1785, pp. 61, 106-109, 183, 310; B. Varchi, Storie fiorentine, in Id., Opere, I, Trieste 1858, pp. 15, 18; F. de’ Nerli, Commentarij dei fatti civili occorsi dentro la città di Firenze dall’anno 1215 al 1537, Trieste 1859, I, p. 204; II, pp. 17- 20, 25; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, a cura di I. Del Badia, Firenze 1883, pp. 322 s., 339; F. Guicciardini, Storie fiorentine, in Id., Opere, a cura di E. Scarano Lugnani, I, Torino 1970, p. 219; Consulte e pratiche 1505-1512, a cura di D. Fachard, Genève 1988, pp. 229, 328, 332, 348; B. Cerretani, Dialogo sulla mutazione di Firenze, a cura di R. Mordenti, Roma 1990, p. 350; Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina 1498-1505, a cura di D. Fachard, Genève 1993, I, pp. 84 s.; II, pp. 990, 993; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993, pp. 101 s., 149, 160, 277, 284, 327, 401, 418, 439; Id., Storia fiorentina, a cura di G. Berti, Firenze, 1994, pp. 265, 333; P. Parenti, Storia fiorentina, I, a cura di A. Matucci, Firenze 1994, p. 131. Ildefonso di San Luigi, Istoria genealogica dei Morelli, in Id., Delizie degli eruditi toscani, XIX, Firenze 1785, pp. CXLVIII, CLXX; A. Anzilotti, La crisi costituzionale della Repubblica fiorentina, Firenze 1912, p. 57; P. Villari, La storia di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi, II, Firenze 1930, pp. 138-159, 183, CXLV, CXLVII, CICIX; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, p. 231; R.D. Jones, Lorenzo de’ Medici, duca d’Urbino «signore» of Florence?, in Studies on Machiavelli, a cura di M.P. Gilmore, Firenze 1972, pp. 305-307; G. Silvano, «Vivere civile» e «governo misto» a Firenze nel primo Cinquecento, Bologna 1985, pp. 48, 77 s.; F. Cordero, Savonarola, Roma- Bari 1987, II, p. 55; ibid. 1988, IV, pp. 411; R.A. Goldthwaite, L. M., ufficiale del Monte, 1484- 1488: interessi privati e cariche pubbliche nella Firenze laurenziana, in Archivio storico italiano, CLIV (1996), pp. 605-633; L. Pandimiglio, L. M. (1446-1528) e le «calamità d’Italia»: presenza pubblica e memoria privata, in I ceti dirigenti in Firenze dal Gonfalonierato di Giustizia a vita all’avvento del Ducato, Atti del VII Convegno di Studi sui ceti dirigenti nella Toscana dal Medio Evo alla fine del Granducato (Firenze... 1997), Lecce 1999, pp. 281-304; Id., Quindici anni (circa) con i libri di famiglia, in I libri di famiglia in Italia, a cura di R. Mordenti, II, Geografia e storia, Roma 2001, pp. 127 s.; L. Pandimiglio, L. M. (1446-1528) e le “calamità d’Italia”: presenza pubblica e memoria privata, in Id., Famiglia e memoria a Firenze, II, Secoli XIV-XXI, Roma 2012, pp. 67-86.