NOMIS, Lorenzo
NOMIS, Lorenzo. – Nacque a Torino il 24 novembre 1590 da Cesare, presidente della Camera dei conti e decurione, e da Margherita, figlia di Pietro Liatto, signore di Castelletto Cervo.
Apparteneva a una famiglia di magistrati, di origine mercantile, che nel corso della seconda metà del Cinquecento aveva compiuto un processo di nobilitazione, testimoniato dall’acquisto di una serie di feudi.
Dottore collegiato di leggi, operò per un breve periodo presso l’Università di Parma. Dal 1616-17 alla morte fu lettore di diritto all’Università di Torino, incarico che svolse con numerose interruzioni, nel corso degli anni, per partecipare a diverse missioni diplomatiche. Il 1° agosto 1622 sposò Domenica Maria di Giacomo Muratore, che gli portò in dote la maggior parte del feudo di Valfenera, nell’Astigiano, antica pertinenza del marchesato di Saluzzo.
In virtù dei servigi resi da Nomis alla dinastia sabauda, con rescritto del 14 novembre 1625, il feudo fu liberato dal pagamento della ‘cavalcata’, la tassa che sostituiva il servizio personale al duca di Savoia. Grazie anche all’acquisizione, per eredità materna, del feudo di Castelletto vercellese (13 marzo 1620), Nomis si trovò così a disporre di proprietà fondiarie di discreta consistenza.
Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta del Seicento, nel passaggio del ducato da Carlo Emanuele I a Vittorio Amedeo I, Nomis era già un personaggio di rilievo dell’élite politico-amministrativa torinese. Membro del consiglio comunale di Torino, partecipò alla gestione della città nella difficile congiuntura della pestilenza del 1630. Nominato senatore ordinario soprannumerario del Senato del Piemonte nel dicembre 1631, il 17 dicembre 1637 fu chiamato a recitare l’orazione funebre di Vittorio Amedeo I, riconoscimento del suo profilo culturale e allo stesso tempo di una autorevolezza politica costruitasi nel servizio alla dinastia regnante.
L’Oratio... in funere Victori Amaedei Sabaudiae Ducis (Torino 1638) si presentava come una complessiva glorificazione della dinastia sabauda, che prendeva le mosse da Emanuele Filiberto per approdare a Vittorio Amedeo I, di cui venivano esaltate, con l’enfasi tipica della retorica seicentesca ma senza particolare originalità, le virtù personali e il ruolo nella respublica christiana. Non mancava l’espressione di una completa fiducia nella duchessa vedova, Cristina di Francia, e nelle future sorti dei Savoia.
Con l’instaurarsi della reggenza di Cristina, in nome prima di Francesco Giacinto e poi, dopo la morte di questo (ottobre 1638), di Carlo Emanuele II, il quadro politico piemontese conobbe un progressivo deterioramento, legato ai contrasti della reggente con i cognati, Maurizio e Tommaso di Savoia. In questo contesto, Nomis, divenuto senatore ordinario, si mantenne fedele alla reggente, ma quando, nell’estate del 1639, le truppe dei principi occuparono Torino, rimase in città. Pochi mesi dopo, a seguito della riconquista di Torino da parte delle truppe francesi inviate a sostegno di Cristina (1640), guidò una missione del Senato di Torino, inviata per prestare omaggio alla reggente, rifugiata in Savoia. Con la cessazione delle ostilità, nel 1642, riprese una carriera che lo portò ai vertici politico-amministrativi piemontesi. Pur rimanendo legato al mondo della magistratura, fu incaricato di diverse importanti missioni diplomatiche, prima fra tutte la partecipazione al congresso di Münster, una delle sedi in cui fu ridefinita la carta d’Europa al termine della guerra dei Trent’anni.
Per il Ducato di Savoia la partecipazione ai trattati di Westfalia era legata al superamento della pesante eredità della guerra civile, che aveva portato la Francia a occupare numerose piazzaforti, tra cui quella di Pinerolo, già ceduta con il trattato di Cherasco del 1631. In una prima fase, nel 1644, furono chiamati a rappresentare il Piemonte Claude de Chabot, marchese di S. Maurizio, e il presidente Giovanni Francesco Bellezia, ma quest’ultimo dovette essere richiamato a causa dell’ostilità del cardinal Mazzarino. A seguito di questa vicenda, Nomis andò in Germania, formalmente come consigliere giuridico dell’ambasciatore, ma in realtà anche come vero e proprio inviato, tanto più che, dall’agosto 1648, il marchese di S. Maurizio lasciò la Germania. L’istruzione conferitagli prendeva atto della debolezza della posizione internazionale dei Savoia. Nomis doveva innanzi tutto negoziare, con l’appoggio della Francia, l’ammissione ufficiale dei Savoia al congresso di pace, al fine di ottenere che nei trattati fosse inserita la conferma imperiale dei diritti sabaudi, e in particolare della ripartizione del Monferrato con i Gonzaga stabilita col trattato di Cherasco, respingendo ogni richiesta di indennizzi monetari.
Giunto a Münster nel febbraio 1647 dopo un viaggio difficoltoso e superati i postumi di una caduta da cavallo, Nomis ottenne l’ammissione alla dieta imperiale senza eccessive difficoltà. Più difficile si rivelò ottenere lo sgombero delle piazze piemontesi da parte dei francesi e la tutela degli interessi sabaudi nel Monferrato. La posizione della diplomazia sabauda era del resto debole, poiché la Francia esercitava una sorta di protettorato sul ducato, restringendo i margini di un’azione politica autonoma. Lo stesso Nomis lamentò, alla fine del 1647, che, al contrario degli altri rappresentanti diplomatici «noi soli siamo ristretti a parlar con i signori plenipotenziari francesi» (Claretta, 1869B, p. 220). La conclusione dei trattati fu piuttosto deludente per i Savoia, che ottennero la conferma dei limitati ampliamenti territoriali nel Monferrato gonzaghesco e la relativa investitura imperiale, ma videro riconosciuto il controllo della Francia su Pinerolo, già sancito dal trattato di Cherasco.
Rientrato a Torino nel giugno 1649, Nomis fu eletto sindaco della città il 29 settembre, ma già nel 1650 gli fu affidata una nuova missione diplomatica, che si ricollegava al suo soggiorno tedesco. Nel corso dei negoziati di Münster, era stato infatti incaricato di compiere i primi passi per un matrimonio tra una delle principesse figlie di Cristina di Francia e Vittorio Amedeo I e Ferdinando Maria di Wittelsbach, erede del ducato di Baviera. Le trattative si interruppero, ma nel marzo 1650 Nomis fu incaricato di riprenderle e, recatosi a San Gallo, ebbe una serie di incontri con il plenipotenziario bavarese Adolf Krebs. Il negoziato si svolse con qualche difficoltà, poiché la corte sabauda proseguì parallelamente una trattativa con la corte francese, ma presto si sbloccò e, alla fine del 1650, un inviato bavarese, Maximilian Kurz, raggiunse Torino, dove, l’8 dicembre furono celebrate le nozze tra Ferdinando Maria e Adelaide Enrichetta di Savoia.
Riprese le sue funzioni di magistrato, Nomis fu nominato presidente della Camera dei conti e generale conservatore del Patrimonio il 13 aprile 1652. In maggio fu incaricato di una missione informale a Roma, allo scopo di chiedere una limitazione delle immunità fiscali del clero piemontese. Al ritorno da Roma, fu vicario della municipalità di Torino, nel 1652-53.
Con l’assunzione del potere da parte di Carlo Emanuele II, Nomis mantenne un ruolo politico importante e, nella primavera del 1655, fu incaricato di una missione a Roma, in occasione del conclave e dell’elezione del papa Alessandro VII (aprile 1655).
La missione era indirizzata a intavolare con il nuovo pontefice una trattativa sulle numerose questioni aperte, in particolare i contrasti tra le autorità piemontesi e la Curia relativamente alle immunità fiscali del clero, dilatatesi nel corso dei decenni precedenti, e il sostegno del papato alle iniziative militari intraprese dal duca di Savoia contro le valli valdesi, culminate nelle stragi dell’aprile 1655. In numerosi colloqui Nomis cercò di sensibilizzare Alessandro VII sui meriti del duca di Savoia nella repressione dell’eresia, ma non ottenne reali appoggi. In particolare, la richiesta di ottenere una decima sui beni ecclesiastici dello Stato per fare fronte alle spese della campagna militare contro le valli valdesi fu elusa. Né maggiore successo arrise ad altre richieste, come la concessione della porpora cardinalizia a Eugenio di Savoia Soissons e il conferimento della ricca abbazia di Vezzolano all’abate Petrino Aghemio da Villafranca, canonico assai ben introdotto a corte. In entrambi i casi, peraltro, lo scacco non dipese dagli insufficienti talenti diplomatici di Nomis, ma fu piuttosto la conseguenza dello scarso peso della monarchia sabauda in Curia e dell’intrecciarsi dell’azione dell’ambasciatore titolare con quella di altri personaggi legati alla corte, come il barnabita Alberto Bally, che entrò più volte in competizione con Nomis.
La carriera amministrativa di Nomis proseguì senza scosse fino ai vertici della magistratura piemontese. Presidente del Marchersato di Saluzzo dal 14 giugno 1656, l’11 gennaio 1657 fu nominato presidente del Contado d’Asti e del Marchesato di Ceva e il 31 marzo 1662 presidente del Monferrato e secondo presidente del Senato. Culmine della carriera fu la nomina a primo presidente della Camera dei conti (28 dicembre 1667). All’assunzione di sempre più rilevanti responsabilità politico-amministrative corrispose l’ascesa familiare, testimoniata dall’erezione in contea del feudo di Valfenera (10 gennaio 1666).
Morì a Torino l’8 ottobre 1670.
Fonti e Bibl.: A. Bazzoni, La reggenza di Maria Cristina duchessa di Savoia, Torino 1865, pp. 38 s., 323 s.; G. Claretta, Il presidente Gian Francesco Bellezia, Torino 1866, pp. 27, 34, 103 s.; Id., Il municipio torinese ai tempi della pestilenza e della reggente Cristina di Francia, Torino 1869A, pp. 9 s., 25, 174, 186, 207, 213, 221, 243, 248; Id., Storia della reggenza di Cristina di Francia duchessa di Savoia: con annotazioni e documenti, II, Torino 1869B, pp. 192-220, 410-412 e passim; Id., Adelaide di Savoia, duchessa di Baviera e i suoi tempi, Torino 1877, pp. 9, 17-21; G. Claretta, Storia del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II duca di Savoia, Genova, 1877-78, I, pp. 13 s., 34 s., 164-167, 195 s., 230, 285-290; II, pp. 413-415, 631-633; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, pp. 273, 276, 279, 325, 395; K.T. von Heigel, Die Beziehungen zwischen Bayern und Savoyen1648-1653, inAkademie der Wissenschaften zu München Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und historischen Classe, 1887, t. 2, pp. 127-129; La nunziatura di Fabio Chigi, 1640-1651, a cura di V. Kybal - G. Incisa della Rocchetta, Roma 1943-46, I, pp. 288 s.; M.A. Dellacorna, I lettori dell’Università di Torino ai tempi di Carlo Emanuele I (1580-1630), in L’Università di Torino nei secoli XVI e XVII, Torino 1972, pp. 283-285; M.L. Doglio, Lettere inedite di Emanuele Tesauro, in Studi secenteschi, 31 (1979), pp. 448 s.; Storia di Torino, IV, La città fra crisi e ripresa (1630-1730), a cura di G. Ricuperati, Torino, 2002, ad ind.; Acta Pacis Westphalicae, s. 2B, vol. V, 2, Die französischen Korrespondenzen (1647), Münster 2002, pp. 92, 955, 1003; s. 3, A: Protokolle; III,5: Die Beratungen des Fürstenrates in Osnabrück 5 Mai - Juni 1648, ibid. 2006, p. 41.