PEROSI, Lorenzo
PEROSI, Lorenzo (Pierluigi Giuseppe Maria Natale Ireneo Felice). – Nacque il 21 dicembre 1872 a Tortona (Alessandria) da Giuseppe e Carolina Bernardi, in una famiglia borghese di lunga tradizione musicale, di fede cattolica conservatrice e di stretto orientamento ecclesiastico-papalista.
Di dodici figli della coppia, soltanto due fratelli di Lorenzo (Carlo Dionigi, 1868-1930, fatto cardinale nel 1926; Marziano Luigi, 1875-1959, gesuita, anch’egli musicista: tra i numerosi incarichi fu maestro di cappella reggente nel Duomo di Milano tra il 1930 e il 1949) e tre sorelle (Maria Felicina, detta Lina, 1874-1969; Maria Pia Giuseppina 1879-1970; Angela Maria Carlotta, 1883-1966) superarono i due anni d’età.
Venne battezzato a casa ob periculum mortis il 29 dicembre. I primi insegnamenti musicali (pianoforte, organo, violino) li ebbe dal padre, maestro di cappella nel duomo di Tortona. Nel 1888, quindicenne, partecipò con il padre a un pellegrinaggio a Roma dove, in occasione di un’udienza papale, consegnò a Leone XIII un album di sue composizioni; nel contempo, al Liceo musicale della Reale Accademia di S. Cecilia, ottenne un attestato di «attitudine veramente non comune per l’arte musicale» (Merlatti, 2006, p. 76). Ebbero notevole influsso sul corso dei suoi studi giovanili i consigli del padre gesuita Angelo De Santi, rappresentante di spicco del movimento ceciliano e rigoroso promotore della cultura del canto gregoriano. Dal 1888 al 1890 Michele Saladino, insegnante nel Regio conservatorio di musica a Milano, su sollecitazione del padre lo istruì nella composizione per corrispondenza. Già in età giovanile si manifestarono i segni di una salute cagionevole.
Nell’abbazia di Montecassino, dal novembre 1890 al luglio 1891, fu insegnante di teoria e solfeggio e organista; proseguì gli studi con Saladino, esprimendo in parallelo la propria creatività compositiva e immergendosi negli studi del canto gregoriano. Il luogo rimase per anni uno dei suoi rifugi preferiti per ritiro e per riposo. Nell’aprile del 1892 fu ammesso al Conservatorio di musica di Milano, ancora sotto la guida di Saladino; in meno di tre mesi compì il corso medio di composizione, con una votazione ragguardevole (subito dopo lasciò il Conservatorio). Ad agosto Pietro Saccardo, fabbriciere della basilica di S. Marco, lo volle come organista temporaneo della Cappella marciana. Nel dicembre 1892 tenne corsi di canto gregoriano al Seminario di Vigevano. Con il sostegno finanziario del conte Francesco Lurani Cernuschi e del nobile Giuseppe Patrizio nel 1893 portò a compimento il corso semestrale nella Kirchenmusikschule di Ratisbona, diretta da Franz Xaver Haberl, il quale, accortosi del valore musicale del discente, cercò invano di averlo come professore d’organo. La sua competenza di organista si espresse inoltre nelle partecipazioni a collaudi d’organo e concerti inaugurali (Genova 1890, Vigevano 1892, Verona, Mondovì e Milano 1893, Imola, Venezia, Cornuda, Nogarè di Belluno 1895 ecc.), e fu confermata, nel 1894, dall’invito a ricoprire il posto d’organista nella cattedrale di Parma. Tornato dalla Germania, riprese gli insegnamenti a Vigevano; a Imola divenne maestro di cappella nel duomo di S. Cassiano e insegnante di canto in Seminario (1893-94). Nell’aprile 1894 vestì l’abito talare e ricevette la tonsura, avviandosi al sacerdozio. Incontrò a Mantova il vescovo Giuseppe Sarto – patriarca di Venezia nel 1893 e papa Pio X nel 1903 –, cui si legò di una lunga amicizia fortemente ispirata dal comune desiderio del rinnovamento della musica ecclesiastica. Fu monsignor Sarto a conferire a Perosi i quattro ordini minori (2 settembre 1894), il suddiaconato (22 settembre), a Venezia il diaconato (10 agosto 1895) e l’ammissione al presbitariato (21 settembre).
Testimonia il periodo di apprendimento e dei primi esordi pubblici una notevole e ricca produzione consistente in due Messe (in canto gregoriano armonizzato) e numerose composizioni vocali sacre, di vario genere e organico, oltre a composizioni per organo (per una dettagliata documentazione del cospicuo opus perosiano si rimanda a Sacchetti, 2013).
L’8 giugno 1894 gli venne conferito l’incarico di maestro di cappella nella basilica di S. Marco in Venezia (nomina in veste di direttore perpetuo l’8 luglio 1897). Nello stesso e nel seguente mese visitò centri eminenti per la cultura del canto gregoriano, quali le abbazie di Seckau (Austria), Beuron ed Emmendingen (Germania), Cambrai e Solesmes (Francia), Tamines (oggi Sambreville, Belgio). Diresse per la prima volta la Cappella marciana l’8 ottobre (festa della dedicazione della basilica), e il 25 novembre 1894 accompagnò l’ingresso del patriarca Giuseppe Sarto in basilica con il mottetto Ecce sacerdos a 6 voci composto durante il soggiorno, l’anno precedente, a Ratisbona.
Il periodo del magistero marciano venne adombrato dall’improvvisa morte per tifo del quattordicenne ‘primo’ cantore Ferruccio Menegazzi (23 maggio 1897), che gli ispirò la Messa da requiem a 3 voci, il mottetto Beati qui lugent e la cantata La cena del Signore (opere a lui dedicate), incorporata come prima parte nella Passione di Cristo secondo san Marco. Nel periodo trascorso a Venezia – la città gli conferì poi la cittadinanza onoraria (1898) – vide la luce un importante corpus di messe: Messa Davidica a 3 voci (1894), Missa Patriarchalis a 4 (1894-97), Missa in honorem beati Ambrosii a 2 (1894-97), Messa marciana a 4 (1894-97), Messa corale da requiem a 4 in memoria di Carlotta Patrizio De Lorenzi (1895), Missa eucharistica a 4 (1896), Missa in honorem beati Caroli a 2 (1894-97), Missa pontificalis a 3 (1896), Messa ‘all’amico Maestro L. Cervi’ a 3 (1895-98), Missa in honorem beati Gregorii Barbadici a 3 (1896), Missa Pontificalis ‘A mio Padre’ a 3 (1897), Missa in honorem ss. Gervasii et Protasii a 2 (1894-97), Missa praeconium gloriarum sancti Ambrosii (1897), in rito ambrosiano, adeguata a quello romano nel 1900 come Messa per la canonizzazione del beato Giovanni Battista de La Salle a 5 (1900), Missa Te Deum laudamus a 2 (1894-97). A questa intensa produzione si aggiunse nell’arco di due anni una serie di sette oratorii latini composti su compilazioni della Vulgata: La Passione di Cristo secondo san Marco (Milano, S. Maria delle Grazie, 2 dicembre 1897), La Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo (Venezia, Salone Mostra internazionale d’arte, 20 marzo 1898), La Risurrezione di Lazzaro (Venezia, La Fenice, 27 luglio 1898), La Risurrezione di Cristo (Roma, Ss. Apostoli, 13 dicembre 1898), Il Natale del Redentore (Como, duomo, 12 settembre 1899), L’entrata di Cristo in Gerusalemme e La strage degli innocenti (Milano, Salone Perosi, 25 aprile e 18 maggio 1900). Tutti furono eseguiti con clamore per la prima volta sotto la direzione del compositore. Numerose esecuzioni di musiche di Perosi ebbero istantaneo, straordinario successo in Italia e all’estero, suscitando l’entusiasmo del pubblico, della critica (di lui scrissero, tra gli altri, Romain Rolland su La Revue de Paris, Vincent d’Indy su La Tribune de Saint-Gervaise, Tommaso Fulco Gallarati Scotti su La Rassegna nazionale) come pure di insigni esponenti della cultura italiana (Gabriele d’Annunzio, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Arrigo Boito, Giosue Carducci, Giuseppe Giacosa, Antonio Fogazzaro ecc.).
Si attribuì alla intrinseca spettacolarità degli oratorii perosiani l’interesse manifestato da sovrani e politici come Umberto I e la regina Margherita, il presidente della Repubblica francese, l’imperatore d’Austria, l’imperatore di Prussia. Per il loro taglio drammatico, ma anche come eventi culturali, essi attirarono sulla musica religiosa un’attenzione analoga a quella rivolta al teatro d’opera («gli oratori sono le mie opere», dichiarava l’autore, antimelodrammatico per scrupoli religiosi e morali) e per questo necessitarono di una particolare ambientazione. Molte esecuzioni ebbero luogo in sale da concerto, in teatri d’opera e perfino in monumenti come l’Arena di Verona (non considerava convenienti alla chiesa i grandi raduni di pubblico con ovazioni e applausi; cfr. Sacchetti, 2013, p. 1977). Alla ricerca di un compromesso che fosse più ecclesiastico di un teatro e più teatrale di una chiesa, trasformò la chiesa di S. Maria della Pace a Porta Vittoria a Milano, caduta in disuso, nel suo auditorio prediletto, il Salone Perosi, sebbene solo per breve tempo: oltre i due citati oratorii del 1900, diretti dal compositore, il 16 novembre 1901 vi venne dato il poema sinfonico-vocale Mosè (testo italiano di Agostino Cameroni e Paolo Croci) sotto la guida di Arturo Toscanini.
Il 15 dicembre 1898 Perosi venne nominato da Leone XIII direttore perpetuo aggiunto della Cappella musicale pontificia ‘Sistina’, a fianco del titolare Domenico Mustafà, con il quale fin da subito sorsero contrasti. Si dimise dalla Cappella marciana il 31 agosto 1899, trasferendosi a Roma con la precisa intenzione di riformare dal profondo il vetusto corpo istituzionale a lui affidato (tra i primi obiettivi vi fu l’abolizione del reclutamento dei cantori evirati, sancita con decreto pontificio il 3 febbraio 1902).
Dimessosi Mustafà, assunse ufficialmente la direzione della Cappella pontificia (1° gennaio 1902). Il 7 febbraio 1903 eseguì la Messa da requiem di Felice Anerio per il venticinquennale della morte di Pio IX, e nello stesso anno rivestì di musica i novendiali di Leone XIII (Missa pro defunctis, detta Messa funebre grande, a 6 voci) e l’incoronazione di Pio X (mottetto Oremus pro Pontifice a 8).
Nel 1903 collaborò con Giovanni Tebaldini, Angelo De Santi, il cardinal Carlo Respighi e altri alla stesura del motu proprio Inter sollicitudines di Pio X (emanato il 22 novembre), dando sostegno alla questione dell’allineamento dei futuri libri liturgici alla posizione critico-purista dei benedettini di Solesmes, in opposizione alla scuola di Ratisbona e della Congregazione dei Riti, fautori delle tradizioni codificate dall’edizione medicea del Graduale romano (1614), e progettando una Schola puerorum benedettina per coltivare il canto gregoriano a S. Pietro. Nello stesso anno divenne anche membro della Commissione diocesana di Roma per la musica sacra (fu poi presidente onorario della Commissione ricostituita nel 1948) con l’incarico di vigilare sull’insegnamento istituzionale del canto gregoriano.
L’8 aprile diresse al teatro Costanzi di Roma la ‘prima’ del suo nuovo poema sinfonico-vocale, Il Giudizio universale (di nuovo in latino), dedicato a Giuseppe Martucci. Nel 1905 fu tra i redattori (con Angelo De Santi, Rodolfo Kanzler e Carlo Respighi) del nuovo Regolamento per la Cappella papale, ratificato con altro motu proprio di Pio X il 20 giugno. Proseguì ricche attività concertistiche che lo portarono fra l’altro a Monaco di Baviera, Varsavia (1904), Paesi Bassi (1905), Spagna e Portogallo (1906-07), Polonia (1908) e Parigi (1910, 1912).
Nel 1907, mentre lavorava, fra l’altro, al nuovo oratorio Transitus animae, venne afflitto da disturbi mentali che si aggravarono notevolmente in seguito alla perdita del padre (25 novembre 1908), al quale è dedicato l’oratorio In Patris memoriam (dall’Officio dei defunti), eseguito per la prima volta nel 1910 al teatro S. Carlo di Napoli.
Protraendosi, il periodo di crisi psichica diede impulso alla produzione di musica strumentale, comprendente il Concerto per pianoforte e orchestra in La minore (prima del 1906), il ciclo di composizioni sinfoniche (1906-09) dedicato a diverse città (dal n. 1 all’8 sono Roma, Venezia, Firenze, Messina, Tortona, Milano, Torino e Genova, il n. 9, incompleto, probabilmente Napoli, irreperibili Bologna e Verona, con l’ipotizzata Italia progettata quale conclusione e arricchita da parti vocali) e il Concerto per violino e orchestra n. 2 in Mi minore (1908).
Dalla fine del 1918 non fu più in condizione di dirigere la Cappella pontificia, la cui guida pro tempore fu affidata al fratello Marziano. Le sue condizioni di salute peggiorarono ulteriormente, tanto che il tribunale civile di Roma, il 15 dicembre 1922, emanò la sentenza di interdizione (revocata nel 1930). Fra i portavoce di Perosi, negli anni Venti e Trenta, furono il critico musicale Alberto Gasco e l’avvocato e musicologo Adriano Belli, con frequenti articoli nei quotidiani La Tribuna, L’Avvenire d’Italia, il Corriere d’Italia, L’Osservatore romano. Migliorate le condizioni di salute, Pio XI, nel 1923, lo elesse come cameriere segreto soprannumerario, confermandolo nel 1928 come direttore della Cappella Sistina, sebbene avesse superato i trent’anni di permanenza nel servizio e l’età massima prevista dal regolamento della stessa Cappella. Vittorio Emanuele III lo nominò commendatore degli ordini della Corona d’Italia (1924) e dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1925).
Si arricchì ulteriormente il corpus della musica strumentale con il Concerto per clarinetto e orchestra in La minore (1928), i 16 Quartetti d’archi (1928-31) e i 4 Quintetti per pianoforte e archi (1931). Nel 1930 fu nominato accademico d’Italia per le classi d’arte. Nel 1932 Pio XI lo nominò prelato domestico. All’anno santo 1933, indetto da papa Pio XI, contribuì con la Messa della Redenzione a 8 voci e un Te Deum. Nonostante occasionali ricadute fisiche e psichiche, e pur essendogli stata confermata la tutela, l’anno dopo Perosi riprese la direzione della Cappella, rinnovata nell’organico. Per il nuovo pontefice, Pio XII, scrisse nel 1939 una Messa a 4 voci.
L’ultimo ventennio creativo si distinse per numerosissime esecuzioni con la Cappella Sistina, innanzitutto in commemorative e ricorrenze ecclesiastiche, e per un’altrettanto ricca attività concertistica. Oltre la Città del Vaticano e Roma sono da segnalare: Napoli, 1934; Orvieto, Foligno, Pozzuoli, L’Aquila, 1936; Sanremo (prima dell’oratorio Il sogno interpretato), Messina, Catania, Palermo, Assisi (In transitu sancti patris nostri Francisci), 1937; Svizzera, Milano (Missa secunda in honorem beati Caroli), 1938; Messina, 1947; Rimini, Palermo, 1949; Orvieto, Subiaco, 1950, Livorno (per la traslazione della salma di Pietro Mascagni nella città natale), 1951; Tortona, 1952; Venezia, Assisi, Firenze, Rimini, Milano, Barcellona, 1953. Ebbero crescente importanza per la diffusione delle opere di Perosi e della storica cantoria da lui diretta la radio (ad esempio, con la ‘prima’ della cantata Natalitia con Beniamino Gigli, Radio Vaticana, 1937, o il concerto commemorativo per s. Tommaso d’Aquino, EIAR, 1941) e le incisioni su disco.
Per le rigide disposizioni canoniche che vietavano ai religiosi di frequentare i teatri Perosi non presenziò alla ‘prima’ del suo ultimo oratorio, la «sacra rappresentazione» Il Nazareno, alla Scala di Milano il 14 giugno 1950 (direttore Franco Capuana, regia di Giorgio Strehler).
Rinomati direttori d’orchestra eseguirono i suoi oratorii, tra questi, oltre Toscanini, Bernardino Molinari (Il Natale del Redentore, 1918; La Strage degli Innocenti, 1920, la ‘prima’ dell’oratorio Vespertina oratio, Roma, 1928; In Patris memoriam, 1931, con due repliche; La Risurrezione di Cristo, 1932; Mosè, 1936; Transitus animae, 1941 e 1943; Il Giudizio universale, 1941), Gabriele Santini (Mosè, cortile del Belvedere in Vaticano, 1945), Antonio Guarnieri (Mosè, Milano, Scala, 1934), Carlo Franci (La Risurrezione di Cristo, Verona, Arena, 1935), Bonaventura Somma (Transitus animae e La Risurrezione di Cristo, Roma, basilica di Massenzio, 1934; Firenze, Maggio musicale fiorentino, 1939), Vittorio Gui (La risurrezione di Lazzaro, Firenze, S. Croce, 1948).
Dal 1952 Perosi fu sostituito alla testa della Cappella Sistina da Domenico Bartolucci. Nello stesso anno, per la celebrazione dei suoi 80 anni, si organizzarono solenni encomi sotto forma di concerti (alla presenza di Pio XII e del presidente della Repubblica Luigi Einaudi, ad esempio, fu eseguito Il Natale del Redentore in un concerto promosso dall’Accademia di Santa Cecilia all’Auditorium di via della Conciliazione, diretto dallo stesso Perosi).
Colpito da disturbi vascolari, nel marzo 1954 Perosi ebbe un rapido peggioramento che lo portò, l’11 ottobre 1956, a un collasso cardiaco. Morì l’indomani, 12 ottobre 1956, nel pomeriggio, nel palazzo del Sant’Uffizio (dove dal 1931 conviveva con le tre sorelle). Nel 1959 la salma del compositore fu traslata dal cimitero del Verano di Roma e solennemente tumulata nella cattedrale di Tortona.
Abbracciato in giovane età il cecilianesimo di stampo italiano, Perosi, che ancora da ottuagenario si dichiarava «vero Ceciliano» (Amadori, 1999, p. 354), fu in realtà una personalità artistica di robusta, ispirata creatività e non si fece condizionare da un movimento che pure lasciò una forte impronta sulla musica del culto cattolico sino al Concilio Vaticano II. La sua complessa e poliedrica produzione compositiva – oggidì eseguita di rado, e solo di recente catalogata analiticamente – si presenta nell’insieme come un suggestivo affresco di spontanea e immediata invenzione che, con verve vivace e mano salda, sintetizza le ‘rivisitazioni’ gregoriane e modali della prima polifonia, il contrappunto bachiano, il manierismo tardoromantico, la mistica sonorità wagneriana e l’enfasi della drammaticità verista, volgendo verso uno stile di spiccata espressività, invero autentico e personale. Il sacerdote-compositore, fin dall’età giovanile introdotto negli ambienti della curia, operò nell’arco di cinque pontificati (Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII), alla maggior gloria dei quali dedicò ogni sua energia di musicista e di uomo (si dichiarava «sempre pronto a dare il mio umile contributo artistico per la gloria di Dio e per il decoro della Chiesa»; Onofri, 1982).
La sua posizione nella storia della musica si definisce, in primis nelle composizioni oratoriali, come conquista, nei confronti di una chiesa in profonda crisi per insormontabili conflitti tra mondo ecclesiastico e dimensione politico-sociale, di un nuovo e più ampio significato della ‘musica sacra’ quale arte pubblica, punto di raccoglimento religioso e di identificazione culturale della società. Questo concetto, che di fatto convergeva con quello manifestato da Giuseppe Verdi nella Messa da requiem, e che per molti versi colmò e compensò gli spazi ideali lasciati vacanti dal melodramma tardo-ottocentesco, si configurò come un’innovazione di grande portata nel quadro complessivo della musica italiana del Novecento.
Moltissime onorificenze furono attribuite a Perosi, oltre le già menzionate: canonico onorario della Basilica Lauretana (1897), socio onorario dell’Associazione cattolica artisti operai a Roma (1898), cavaliere della Legion d’onore (1899), Croce di prima classe Pro Ecclesia et Pontifice (1899), cavaliere di San Gregorio Magno (1899), accademico della Reale Accademia di Santa Cecilia (1922), canonico onorario della cattedrale di Montpellier, socio corrispondente per la musica dell’Accademia per le arti e le lettere di Siena (1938), accademico emerito dell’Accademia mondiale degli artisti e professionisti (1950).
A Perosi è intitolato il Conservatorio statale di musica di Campobasso.
Fonti e Bibl.: Per una bibliografia completa e aggiornata su Perosi, con il catalogo analitico delle opere musicali, si veda A. Sacchetti, Catalogo ragionato delle composizioni di L. P., Città del Vaticano 2013.
C. Albertini, L. P., Milano 1923; A. Damerini, L. P., Roma 1924; A. della Corte, L. P., Torino 1936; A. Paglialunga, L. P., Roma 1952; M. Glinski, L. P., con prefazione e ricordi biografici di Guido Anichini, Milano 1953; G. Torti, L. P., Milano 1959; M. Rinaldi, L. P., Roma 1967; M. Bruni, L. P., il cantore evangelico, Torino 1972; T. Onofri, Contributo per un carteggio perosiano, in Rivista internazionale di musica sacra, III (1982), p. 399; F. Nicolodi, Musica e musicisti nel ventennio fascista, Fiesole 1984, ad ind.; A. Paglialunga, Ricordando L. P., Como 1991; A. Bassi, Don L. P., l’uomo, il compositore e il religioso, Fasano di Brindisi 1994; L’epistolario ‘vaticano’ di L. P. (1867-1956), a cura di S. Pagano, Genova 1996; S. de Salvo Fattor, L. P. maestro di cappella a San Marco, in La cappella musicale di San Marco nell’età moderna, a cura di F. Rossi - F. Passadore, Venezia 1998, pp. 569-591; A. Amadori, L. P. Documenti e inediti, Lucca 1999; M. Sanarica, L. P., coscienza e tradizione di un’anima musicale, a cura di A. Zignani, Rimini 1999; S. de Salvo Fattor, Le condizioni della musica liturgica nelle cantorie della Basilica Patriarcale di Venezia e della Cappella Pontificia di Roma, prima della nomina a direttore del ceciliano L. P., in Aspetti del cecilianesimo nella cultura musicale italiana dell’Ottocento, a cura di M. Casadei Turroni Monti - C. Ruini, Città del Vaticano 2004, pp. 149-162; Id., La Cappella musicale pontificia nel Novecento, Roma 2005, ad ind.; L.A. Ciampa, Don L. P., Bloomington 2006; A. Mancini, Vita di L. P. (1872-1956), Cave 2006; G. Merlatti, L. P. Una vita tra genio e follia, Milano 2006; E. Gennaro, Lettere di Emilio De Marchi, Antonio Fogazzaro, Tommaso Gallarati Scotti e L. P. ad Agostino Cameroni, in Carte private. Taccuini, carteggi e documenti autografi tra Otto e Novecento, a cura di L. Bani, Bergamo 2010, ad ind.; A. Sessa, Il melodramma italiano 1901-1925, Firenze 2014, pp. 685-687.