BONSI, Lorenzo Pio
Nacque a Firenze il 13 giugno 1689 da antica famiglia patrizia. Seguì gli studi di organo, cembalo e composizione sotto la guida di G. M. Casini e F. Feroci e quelli di violino alla scuola di A. Veracini, avendo come condiscepolo F. M. Veracini. Nel 1725, si trasferì a Roma, dove entrò in amicizia, con il cardinale Pietro Ottoboni; nel 1740 sostenne l'esame per essere annoverato tra i membri dell'Accademia Filarmonica di Bologna, nel periodo in cui ne era capo G. M. Alberti. Da questa prova il B. uscì con la nomina di "suonatore". Ritornato a Roma e stabilitosi in questa città, vi morì il 5 marzo 1750. Il suo nome e la data della morte sono ricordati nella Gazzetta toscana del 1771 (p. 21), in occasione della morte del canonico Alessandro Bonsi, suo parente.
L'unica opera che ci sia pervenuta del B. è uno Stabat Mater, o più precisamente Hymnus Beati Iacobi vulgo del Beato Iacopone Tudertini. A Laurentio Pio Bonsio Patritio Florentino Accademico Philarmonico Genio Indulgente suo Musicis modulis e laboratus (sic), composto a Roma nel 1744, nella pienezza quindi della maturità artistica del B. e anche se non siamo in possesso di termini di raffronto con altre sue composizioni, certo questa ce ne dà un quadro molto significativo. L'autografo della composizione, che non è stata mai stampata, è conservato nell'Archivio dell'Accademia Filarmonica di Bologna. Lo Stabat Mater, composto dal punto di vista organico come l'omonimo di G. B. Pergolesi, segue la medesima versione del testo di Iacopone, ma se ne stacca assai come impostazione stilistica, pur riallacciandosi il B. alla tradizione musicale napoletana dell'epoca. D'altra parte non si hanno prove sicure che lo Stabat Mater pergolesiano fosse stato eseguito a Roma prima del 1750, e risulta assai improbabile che il B. potesse averne tratto qualche spunto. Se invece teniamo presente il fatto che A. Scarlatti era stato anch'egli a lungo sotto la protezione del cardinale Ottoboni, proprio nel periodo più fecondo della sua attività musicale sacra, e che certamente non era stato difficile al B. poter consultare le sue opere, sia nella stessa biblioteca del cardinale sia nell'Archivio musicale di S. Maria Maggiore, può risultare più facile ritrovare l'archetipo dello Stabat bonsiano in quello dello Scarlatti, o forse anche in qualche composizione dell'Astorga, di L. A. Predieri o di G. M. Clari. Il discorso musicale dell'opera del B. cerca di seguire molto vivamente quello poetico, con l'intento di sostenerne il profondo significato religioso.
Se si osserva, infatti, il testo letterario, lo si può facilmente dividere in due parti: la prima, contrassegnata da un carattere di doloroso lamento, e la seconda, in cui il mistero della Croce si trasforma nella serenità del peccatore che ha ritrovato la gioia del pentimento. Proprio in questa seconda parte, composta di dodici strofe, la musica si fa più comunicativa, ravvivata a tratti da qualche richiamo di carattere popolaresco. Il B. riesce a unire abilmente le due parti, ed è difficile trovare in tutta la partitura momenti di stanchezza o di frammentarietà. La tessitura contrappuntistica e armonica ricorda assai da vicino quella scarlattiana: molto ampio l'uso della sesta napoletana, delle dissonanze, delle digressioni e delle imitazioni molto strette, tuttavia mai pedanti nella loro sapiente strutturazione. Nel discorso musicale notevole è pure il gioco imitativo delle parti del soprano e del contralto. Il B. fu, come il Fabbri lo ha definito, uno dei "dilettanti" del '700, caratterizzato da un'interiorità piena e da una sicura maestria tecnica.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio dell'Accademia Filarmonica, Registro degli Accademici, anno 1740, n. 400; M. Fabbri, Un'ignota composizione di un ignoto musicista del Settecento. Lo "Stabat Mater" di L. P. B., in Accademia Musicale Chigiana. Musiche italiane rare e vive da G. Gabrieli a G. Verdi, a cura di A. Damerini e G. Roncaglia, Siena 1962, pp. 243-251; C. Schmidl, Dizionario universale dei Musicisti,Supplem., p. 112.