RENIER, Lorenzo
RENIER, Lorenzo. – Nacque a Venezia il 31 dicembre 1604. Era figlio terzogenito del patrizio veneziano Alvise Renier di Sebastiano, e di Agnesina Venier di Antonio, quondam Alessandro. La famiglia occupava una posizione di modesto rilievo nella nobiltà veneziana.
L’avo Sebastiano era stato podestà a Peschiera e a Cologna e avogadore di Comun; il padre Alvise fu eletto fra i giudici della Quarantia criminale, ma morì di morte violenta nel 1612, a soli trentadue anni, colpito da un’archibugiata mentre dimorava in una villa di Terraferma. Come il padre, anche i fratelli di Lorenzo non raggiunsero cariche elevate: il primogenito Sebastiano (1601-1645) fu eletto ai Dieci savi alle decime; mentre il secondogenito Federico (1603-1659) si assunse il compito di assicurare la continuità del casato, sposando nel 1625 Elena Mocenigo, quondam Alvise.
Lorenzo, privato precocemente del padre, cercò un’occupazione consona alla sua condizione nobiliare nella flotta veneziana e nelle magistrature dello Stato da Mar. Fu sopracomito di galera nel 1631; nel 1632-34 provveditore a Marano; in seguito, governatore di Galeazza e capitano della guardia di Candia. In questa veste, nel quadro della lotta contro i corsari ponentini, il 2 luglio 1644 nelle acque di Settia si impadronì della nave dei Cavalieri di Malta di fra Niccolò Guicciardini. Scoppiata la guerra di Candia, fu provveditore in Campo nel 1645, governator dei condannati nel 1646, provveditore a Corfù nel 1653-54, capitano straordinario delle Galeazze nel 1655-57.
Con tale ruolo partecipò alla campagna navale del 1657 del capitano generale da Mar Lazzaro Mocenigo. Fu con lui il 3 maggio in una prima vittoria nel canale di Scio ai danni di una flotta ausiliaria di barbareschi algerini (Nani, 1680, p. 207). La nave di Renier fu tra quelle che attaccarono l’imbarcazione del capitano avversario, il rinnegato olandese Mehemet: avrebbe voluto abbordarla con il sostegno della galera di Mocenigo, ma «fu obligato dal vento di tramontana di passare insieme con la galea di Niccolò Zane all’abbordo e all’acquisto di un’altra nave, sicché la gloria della conquista toccò alla galeaza di Antonio Priuli» (Brusoni, 1673, p. 4). Dopo i primi successi Mocenigo spostò arditamente la flotta di fronte ai Dardanelli: Marco Bembo e Renier furono incaricati della difficile manovra del blocco, ostacolato dal vento e dalle maree. Attaccati dalla flotta ottomana, che tentò fra il 17 e il 19 luglio l’uscita dai Dardanelli, Bembo e Renier poterono ricevere solo il 19 luglio il sostegno del capitano generale Mocenigo, che morì nel corso della battaglia. Il comando supremo dell’armata alleata passò allora al comandante pontificio Giovanni Bichi: questi il 21 ordinò il ripiegamento su Tenedo; dopo di che le galee maltesi e pontificie abbandonarono l’arcipelago, lasciando soli a continuare la campagna navale i veneziani, ora guidati da Barbaro Giacomo Badoer, provveditore d’Armata, che però si ammalò e morì a Tenedo pochi giorni dopo, l’8 agosto 1657. A succedergli fu chiamato Renier.
Con l’inaspettata promozione al comando supremo del capitano straordinario delle Galeazze, questi aveva raggiunto un grado per il quale era – come egli stesso ammise subito – assolutamente impreparato e per il quale, come si vide nel giro di poche settimane, non possedeva le qualità necessarie. L’indecisione del comandante fu aggravata dalla mancanza di denaro per le paghe dei soldati e dalle carenze nei rifornimenti di munizioni e di biscotto. Anche la difesa dell’isola di Tenedo, affidata a Giovanni Contarini quale provveditore ordinario e a Gerolamo Loredan come provveditore straordinario, si dimostrò subito difficile per il cattivo stato delle fortificazioni.
Per un grave errore di valutazione di Renier, la flotta veneziana era lontana dall’isola quando le forze ottomane vi compirono un primo sbarco, il 24 agosto 1657. Senza che egli riuscisse a impedirlo, seguirono il 26 e 27 altri due sbarchi turchi, accompagnati dallo sbandamento dei soldati e dei popolani greci che avrebbero dovuto fermarli. Perciò il 30 agosto la ‘consulta’ (formata da Renier e dai due provveditori) decise lo sgombero di Tenedo, che avvenne in modo disordinato, lasciando agli ottomani le fortificazioni quasi intatte, le scorte e le artiglierie. Inevitabile l’indignazione del Senato e lo scambio di accuse e contraccuse tra Renier e i due provveditori. Per incarico del Senato l’avogadore Francesco da Molino, già noto per la sua inflessibile severità, indagò sul tracollo di Tenedo e trasmise i risultati dell’inchiesta al Consiglio dei dieci, che il 3 dicembre chiamò a risponderne Renier e i due provveditori. Decisiva risultò a questo punto la diversa linea di condotta degli accusati: i due provveditori si diedero alla latitanza; furono perciò processati in contumacia dal Consiglio dei dieci e condannati il 15 febbraio 1658 alla privazione della nobiltà e al bando perpetuo. Invece Renier si affrettò a presentarsi per rispondere all’accusa di insufficiente vigilanza sulle mosse della flotta ottomana; e riuscì a scagionarsi sino a riprendere, assolto, la carriera politica. Come sintetizza efficacemente Alessandro Maria Vianoli (1684): «Il provveditore dell’armata Renieri si portò a Venezia a scolparsi, restò giustificato appieno, anzi godé doppo l’honore cospicuo di Consigliere» (p. 641). Morì a Venezia il 21 ottobre 1661.
Se la giustizia veneziana aveva deciso, per ragioni politiche, di non infierire su Renier, più severi si rivelarono gli storici. Il primo a richiamare, con prudenza, le sue responsabilità fu Girolamo Brusoni (1673), che lo definì «soggetto di buona indole, ma incapace di tanto carico» (p. 18). Più aggressivo Andrea Valier (1679), il quale, paragonandolo al grande predecessore Lazzaro Mocenigo osservò che Renier «non poté haver animo di confidarsi nelle sue forze, sebene erano quelle che sotto il Mocenigo fugavano e disperdevano i nemici» (p. 417). Arrivò infine la condanna della pubblica storiografia veneziana: come scrisse icasticamente Battista Nani (1680), dopo la morte di Mocenigo e di Badoer il comando fu affidato a «Lorenzo Renieri Capitano delle Galeazze, né per animo né per isperienza capace di tanto peso» (p. 211).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. Codd., II, 23, Storia veneta: M. Barbaro, Arbori de’ patritii veneti, VI, p. 414; Senato, Lettere provveditori da Terra e da Mar, bb. 581, 829, 926, 931, 934; Consiglio dei dieci, Criminali, reg. 74, cc. 116v-117v, 143r-144v, 145v-148 (e filza 90, alle date 3 dicembre 1657 e 15 febbraio 1657 m.v.); Venezia, Bibliteca nazionale Marciana, Mss. It., cl. VII, 150 (=8865), cc. 1-66: Dispacci di L. R. provveditore a Marano, 1632-1634.
N. Vellaio, Historia overo ragguaglio delle guerre presenti del regno di Candia, Velletri 1647, p. 40; F. Sansovino - G. Martinioni, Venetia città nobilissima, et singolare, descritta in XIV libri, Venetia 1663, pp. 735, 737, 741; G. Brusoni, Historia dell’ultima guerra tra’ Veneziani, e Turchi…, II, Venezia 1673, pp. 3-4, 17-22, 44; A. Valier, Historia della guerra di Candia, Venezia 1679, pp. 417-419; B. Nani, Historia della Republica veneta, II, Bologna 1680, pp. 207, 211; A.M. Vianoli, Historia Veneta, II, Venezia 1684, pp. 637, 640 s.; G. Diedo, Storia della repubblica di Venezia dalla sua fondazione sino l’anno 1747, II, Venezia 1751, pp. 246, 250 (Renier è chiamato per errore Renieri Zeno); S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VII, Venezia 1858, p. 437; G. Ferrari, Le battaglie dei Dardanelli (1656-1657), Città di Castello 1913, pp. 66, 74, 76, 98-100, 112, 120, 172, 188, 222 s.; M. Nani Mocenigo, Storia della marina veneziana da Lepanto alla caduta della Repubblica, Roma 1935, pp. 196, 204 s.; R. Quazza, Storia politica d’Italia dalle origini ai giorni nostri. Preponderanze straniere, Milano 1938, pp. 231 s.; R.C. Anderson, Naval wars in the Levant (1559-1853), Princeton 1952, pp. 162-167; G. Benzoni, Contarini, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, XXVIII, Roma 1983, pp. 211-213; Venezia e la difesa del Levante: da Lepanto a Candia, 1570-1670, Venezia 1986, p. 269; E. Eickhoff, Venezia, Vienna e i Turchi. Bufera nel Sud-Est europeo, 1645-1700, Milano 1991, pp. 157, 165 s.; L. Lo Basso, Uomini da remo. Galee e galeotti del Mediterraneo in età moderna, Milano 2003, p. 41; G. Candiani, I vascelli della Serenissima. Guerra, politica e costruzioni navali a Venezia in età moderna, 1650-1720, Venezia 2009, pp. 54 s.