SELVA, Lorenzo
SELVA, Lorenzo. – Nacque a Maniago, presso Pordenone, nel 1716 da Domenico, che morì il 25 marzo 1758. Non è noto il nome della madre. Ebbe un fratello, Giovanni Maria (1728-1798), fattosi abate attorno alla metà del secolo e che fu alunno della chiesa di S. Basso.
Lorenzo fu iniziato alla professione di ottico dal padre sin dall’età di nove anni (1725), quando la famiglia, in cerca di miglior fortuna, si stabilì a Venezia dove Domenico possedeva una «casa e bottega per occhialer» (Bassi, 1936, pp. 1 s.) in calle Larga S. Marco presso la parrocchia di San Giuliano; la famiglia era ancora lì domiciliata nel 1820, come risulta dall’atto di morte della moglie di Lorenzo, Anna Bianconi, sposata nel 1748 e dalla quale, da allora e sino al 1761, ebbe sette figli, di cui tre morirono appena nati «de spasmo del suo nascimento» (Bassi, 1936, pp. 1 s.), come dicono gli atti di morte; sopravvissero Giannantonio, Maddalena (nata nel 1754), Giuseppe o Jacopo (nato nel 1755) e Domenico (nato nel 1761).
Il primo divenne celebre architetto, mentre gli ultimi due continuarono l’attività di ottici nella stessa bottega del nonno in calle Larga S. Marco.
Tra il 1761 e il 1787 Selva scrisse quattro opere (Esposizione..., 1761; Lettera di Lorenzo..., 1771; Lettera all’Abate Toaldo, 1781; Sei Dialoghi ottici..., 1787). Si tratta di sintesi a un tempo delle sue invenzioni e propaganda pubblicitaria degli strumenti da lui costruiti. Furono tutte stampate a Venezia; la prima uscì sotto il nome del padre Domenico, a tre anni dalla sua morte, per esplicita volontà di Lorenzo.
A stare a quanto dicono Giannantonio Moschini e Antonio Lombardi, entrambi di poco successivi alla morte di Lorenzo, pare che l’autore delle opere a stampa fosse in realtà il fratello, l’abate Giovanni Maria, il quale «essendo più perito di lui negli studii, stendeva e vestiva le idee ed i pensieri che sull’argomento dell’ottica gli comunicava il fratello» (Moschini, 1806, p. 195).
L’abate Selva insegnò per qualche tempo matematica nel Seminario di Vicenza, fu segretario del cardinale Antonio Branciforte nella Legazione di Urbino e nel 1782 rinunziò alla cattedra di grammatica nelle pubbliche scuole di Venezia. Morì nel 1798.
Nel 1761, dopo la morte del padre, Lorenzo pubblicò l’Esposizione... con il nome di Domenico dichiarando: «continuerò a porre questo nome (sugli strumenti): Domenico Selva in Venezia: ed in appresso ho l’uso di invogliere i lavori stessi in carta marcata con la mia Insegna, e col suddetto nome» (p. 3). Successivamente attribuì a suo padre la realizzazione di un microscopio catadiottrico: «io posso con costanza asserire di aver veduto il mio buon Padre a crearselo interamente a forza di pruove, e ripruove, circa il 1740» (Sei Dialoghi ottici..., cit., p. 81). Fu tuttavia Lorenzo, alla morte del padre e forte di trentatré anni di esperienza al suo fianco – come egli stesso ebbe modo di dichiarare – a introdurre innovazioni costruttive nella lavorazione delle lenti e nella realizzazione di strumenti assai sofisticati.
L’officina di Selva «somministrava oggetti ottici d’ogni genere ai possedimenti della Repubblica, ed estendeva al Levante, alle Spagne e al Portogallo il suo commercio [...] ed erasi messo in istretta relazione coi più celebri matematici dell’età sua, col Boscovich, collo Stratico, col Toaldo e col Paccanaro» (Santini, 1844, p. 10).
Nella Gazzetta urbana veneta del settembre 1796, a riguardo delle onoranze tributate per l’ingresso in città del procuratore Antonio Cappello, si legge: «Era elegante la bottega di Lorenzo Selva addobbata». A conferma della celebrità conquistata, lo stesso Selva nel 1761 dichiarò che vi erano imitatori che «firmano strumenti col nome di Selva» (Esposizione..., cit., p. 3).
Con decreto del Consiglio dei Pregadi del Senato della Serenissima il 1° giugno 1771 Selva fu nominato ‘ottico pubblico’ in Venezia e sul finire dell’anno successivo (6 dicembre) gli fu assegnato un vitalizio di 25 ducati d’oro al mese, una somma cospicua. Nel 1787, con decreto del 31 marzo, fu stabilito che alla sua morte il titolo di ottico pubblico fosse trasferito ai figli Giuseppe e Domenico e che al primo di questi fosse estesa la pensione paterna.
Selva era in rapporti con numerosi scienziati e personaggi di cultura; fra questi l’abate Giuseppe Toaldo, Ruggiero Boscovich, il conte Francesco Algarotti, Antonio Maria Lorgna, Francesco Cristiani, l’abate Michele Colombo, Jérôme de Lalande. Di quest’ultimo esisteva, in mano del figlio Giannantonio, una lettera datata 29 gennaio 1789 riportata tradotta da Moschini in cui l’astronomo francese ringraziava Selva per l’invio dei Sei Dialoghi ottici... e comunicava che avrebbe dato annuncio dell’opera al Journal des Savants, aggiungendo: «nello scorrere il suo libro osservando il suo sapere e le sue fatiche mi vergogno di aver sì sobriamente parlato di lei nel mio Viaggio per l’Italia; ma io spero di rimediarvi nella vicina edizione» (1806, p. 196).
Dalle edizioni a stampa e dagli oggetti rimasti si può dedurre la grande varietà di strumenti ottici prodotti. Sebbene Selva stesso dichiarasse di essere specialista nella costruzione di occhiali e cannocchiali rifrattori, sono noti telescopi riflettori (sia newtoniani sia gregoriani), microscopi ‘catottrici e catadiottrici’, livelle ottiche secondo Lorgna, specchi e lanterne riflettenti, camere oscure, lanterne magiche e giochi ottici. In particolare, Selva prestò particolare attenzione alla preparazione di lenti che, combinando flint e vetro crown, potessero ovviare all’annoso problema dell’aberrazione cromatica e sferica data dalle lenti di vetro comune. È noto che a Murano, con l’aiuto del maestro vetraio Giovanni Bertolini, riuscì a migliorare lenti composte con pezzi di flint arrivati dall’Inghilterra e a costruire un telescopio di un piede e mezzo di focale che presentò al vaglio del Senato in parallelo a un telescopio di John Dollond; gli astronomi dello Studio di Padova incaricati del paragone (Toaldo e Colombo) dichiararono che «non solamente pareggia il Telescopio inglese; ma sensibilmente lo supera in perfezione, e molto più nell’apertura dell’Obbiettivo» (Sei Dialoghi ottici..., cit., p. 177). Boscovich, che lungamente collaborò con Selva, considerava lui il vero inventore del doppietto acromatico, e non Dollond.
I Selva furono indiscutibilmente i migliori ottici del panorama italiano del XVIII secolo; capaci di fornire a semplici curiosi o a scienziati apparecchi di qualità e talora migliori dei rinomati strumenti inglesi, allora dominanti. Non è da escludere che Giovan Battista Amici abbia ricavato, dagli studi e dagli strumenti di Selva, materiale per la realizzazione del suo microscopio a riflessione, del quale mai rivendicò l’invenzione.
Selva morì a Venezia il 24 aprile 1800 (come risulta dai registri dei morti nell’Archivio parrocchiale di San Giuliano, ora trasferito nella basilica di S. Marco a Venezia).
Opere. Esposizione delle comuni, e nuove spezie di Cannocchiali, Telescopj, Microscopj, ed altri Istrumenti Diottrici, Catottrici, e Catottrici, e Catadiottrici perfezionati ed inventati da Domenico Selva ottico in Calle Larga a S. Marco con un discorso teorico-pratico sulla formazione e sui difetti della Visione; sull’utilità, e sul buon uso ed abuso degli Occhiali. Dedicata all’Illustriss. Sig. Co: Francesco Algarotti, Venezia 1761; Lettera di Lorenzo q. Domenico Selva Ottico Pubblico ad un suo amico sul ritrovato da lui fatto del Flintglass pei Telescopj Accromatici del Signor Dollond di Londra umiliata [...] all’abate Alberto Colombo [...] e all’abate Giuseppe Toaldo, Venezia 1771; Lettera all’Abate Toaldo, Venezia 1781; Sei Dialoghi ottici teorico-pratici dedicati all’eccellentissimo Senato da Lorenzo Selva Ottico Pubblico stipendiato, Venezia 1787.
Fonti e Bibl.: Maniago, Archivio parrocchiale, Registri delle nascite, ad annum.
G. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII fino a’ nostri giorni, III, Venezia 1806, pp.195 s.; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, I, Modena 1827, p. 472; G. Santini, Elogio storico di L. S. letto il 30 Giugno 1844 per la distribuzione dei premi d’Industria, s.l. 1844, p. 10; E. Bassi, Giannantonio Selva architetto veneziano, Padova, 1936, pp. 1 s.; A. Lualdi, Venetian makers of optical instruments of the 18th-19th centuries. Part 2: The Selva family, in Bullettin of the Scientific instrument society, 2003, vol. 77, pp. 10-13.