STROZZI, Lorenzo
– Nacque a Firenze nel 1523 da Filippo e da Clarice de’ Medici, nipote di due papi, Leone X e Clemente VII, nonché zia della futura regina di Francia Caterina de’ Medici.
Dopo il ritorno dei Medici e poi l’ascesa al potere del duca Cosimo nella seconda metà degli anni Trenta, Filippo divenne il principale organizzatore della lotta dei fuoriusciti repubblicani contro il giovane duca. All’indomani della battaglia di Montemurlo (1° agosto 1537), che sancì la sconfitta definitiva degli antimedicei e portò all’imprigionamento di Filippo, morto pochi mesi più tardi nelle carceri ducali, i figli Piero, Roberto, Lorenzo e Leone si trasferirono Oltralpe e ripresero con altri mezzi il disegno paterno volto alla restaurazione dell’autonomia repubblicana, potendo contare, oltreché sull’appoggio della Corona di Francia, anche sullo strettissimo legame di sangue con la futura regina, moglie dell’erede al trono, Caterina de’ Medici.
Se Piero e Leone si dedicarono esclusivamente alla vita militare servendo il re, rispettivamente per terra e per mare, e promuovendo vari tentativi insurrezionali antiasburgici e antimedicei nella penisola, la parabola di Lorenzo appare meno lineare, ma altrettanto rappresentativa della sua epoca. Dopo aver servito anch’egli nell’esercito regio, all’età di 25 anni si volse alla carriera ecclesiastica. Il 4 dicembre 1547 ricevette il vescovato di Béziers, di cui prese possesso per procura, preferendo rimanere a corte. Vi si sarebbe recato la prima volta dieci anni più tardi. Alla morte del cardinale Agostino Trivulzio, Strozzi partecipò alla spartizione dei suoi numerosi benefici, ricevendo dal sovrano l’abazia di Saint-Victor a Marsiglia; vi dovette tuttavia rinunciare per volontà di Paolo III, che l’aveva già assegnata al cardinale Giulio Della Rovere, figlio del duca di Urbino Francesco Maria I. Sempre grazie alla protezione della cugina Caterina, Strozzi ottenne vari altri benefici e prebende, tra cui l’abbazia di Staffarda in Piemonte, ma soprattutto si inserì stabilmente tra i consiglieri di Stato a corte.
Fin dal 1548 gli ambasciatori dei Valois in Curia si spesero per ottenere il cappello cardinalizio in suo favore, ma non poterono piegare la volontà del vecchio Paolo III, nonostante il sostegno alla pratica da parte del di lui nipote Orazio Farnese. La nomina cardinalizia sarebbe arrivata il 15 marzo 1557 sotto Paolo IV, che gli concesse il titolo di S. Balbina, in una logica tutta diplomatica di equilibrio tra le potenze europee, con la chiara volontà di rassicurare la corte di Francia sulle sue reali intenzioni antiasburgiche in politica estera. Dopo un soggiorno di due anni a Roma, il neocardinale fece ritorno Oltralpe, scegliendo di recarsi nella sua diocesi di Béziers, dove si segnalò per un precoce impegno antiereticale. Come numerosi uomini della sua generazione di fronte allo scoppio della crisi religiosa europea, Strozzi iscrisse la sua parabola esistenziale nel passaggio dall’età del Rinascimento all’età della Riforma, dalla politica alla religione, attestandosi però nel suo caso su posizioni intransigenti, a difesa della fede cattolica.
Due anni più tardi Caterina, divenuta reggente alla morte del marito, gli chiese di permutare la diocesi di Béziers con quella di Albi, una delle più ricche del regno, dove fece la sua entrata solenne il 6 ottobre 1561. Ad Albi, dove risiedette fino al 1567, si dedicò attivamente alla repressione antiugonotta, come esplicitamente richiestogli dalla cugina; ricevette anche la carica di luogotenente generale della provincia dell’Albigeois per conto del re, riunendo dunque autorità politica, militare e religiosa, con l’obiettivo, perseguito dalla Corona di Francia, di tenere sotto controllo regioni in cui iniziavano a manifestarsi disordini e rivolte sobillate dai protestanti.
Nella sua attività di pacificatore, Strozzi ricorse più alla spada che alla mitra, più alla violenza che alla persuasione, fu insomma un cardinale guerriero al servizio dell’intransigenza cattolica.
Al suo arrivo in città i protestanti locali lo accolsero senza pregiudizi, nella convinzione che fosse il garante di una coesistenza pacifica tra le diverse confessioni, come potevano lasciar intendere la sua vicinanza a Caterina de’ Medici e ad alcuni prelati moderati negli anni precedenti attivi nella ricerca di un compromesso tra le parti. Gli ugonotti chiesero dunque al vescovo la concessione di un luogo di culto tra le mura cittadine, ma dovettero presto accorgersi della sua ostilità. In realtà Strozzi riuscì a ottenere una lista di nomi dei protestanti presenti, che furono indotti a lasciare il centro urbano tramite aggravi economici di vario genere.
L’atteggiamento ostile del vescovo nei confronti dei protestanti di Albi non fece che esasperare il clima di tensioni interconfessionali, e contribuì indirettamente a rafforzare le già nutrite milizie ugonotte nella regione. Strozzi si dedicò allora alla fortificazione delle mura, e si circondò a sua volta di armati, in buona parte di origine italiana, con i quali pervenne a restaurare la sua autorità in città e nei dintorni. Il suo invio ad Albi nella doppia veste di vescovo e di luogotenente provinciale corrispose a un più ampio disegno della Corona, intenzionata a pacificare l’intero Sud della Francia con il ricorso ad altre figure analoghe di vescovi-governatori in diverse diocesi limitrofe: a Toulouse fu destinato il cardinale Georges d’Armagnac e in Guyenne e Guascogna Blaise de Monluc.
La radicalizzazione dello scontro tra cattolici e protestanti, nonostante gli intermittenti tentativi di pacificazione promossi dalla corte, spinsero Strozzi a schierarsi sempre più tra gli accaniti persecutori delle minoranze ugonotte. A Toulouse nel 1563 aderì a una lega difensiva costituita da Monluc e da Armagnac con l’intenzione di raggruppare e coordinare le truppe cattoliche fedeli al re in una comune prospettiva di confronto militare con i protestanti. Il cardinale fiorentino partecipò attivamente all’assedio delle città di Castres e di Montauban durante la prima guerra di religione, distinguendosi nella repressione degli ugonotti anche attraverso veri e propri massacri. Forte di una consolidata esperienza militare, Strozzi intraprese un arruolamento su base locale di milizie cattoliche: attività costosa che lo costrinse a riorganizzare il prelievo fiscale nella regione con la creazione della carica di un tesoriere adibito allo scopo. La carenza di finanziamenti lo portò a misure estreme come la fusione delle campane di monasteri e di chiese per costruire cannoni: significativa manifestazione del paradosso di cui Strozzi era l’incarnazione, cioè di un prelato rinascimentale, al tempo stesso condottiere e cardinale, servitore della fede cattolica e degli interessi della Corona; l’episodio illustra però anche bene il fanatismo religioso di cui fu portatore negli ultimi anni di vita.
Stanco e impoverito dalla dura lotta antiprotestante, nel 1567 lasciò la diocesi di Albi al nipote Filippo Ridolfi, ottenendo in cambio l’abazia di Saint-Victor di Marsiglia. Nel febbraio del 1568 il papa approvò lo scambio, e assicurò a Strozzi la possibilità di mantenere una parte delle rendite del vescovato. Dopo essersi ritirato per qualche mese a Marsiglia, sempre grazie alla protezione di Caterina gli fu offerto l’arcivescovado di Aix-en-Procence, divenuto vacante per le accuse di eresia che avevano colpito il titolare Jean de Saint-Chamond. Il suo arrivo in città coincise con un rafforzamento delle misure di lotta antiugonotta, con la promozione di diverse abiure pubbliche tra i notabili e i giuristi della città, oltreché con un certo attivismo sul piano amministrativo.
Morì ad Avignone il 14 dicembre 1571, in occasione di un’epidemia di peste; il corpo fu inumato nella chiesa di Saint-Agricol senza cerimonie particolari.
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