LOTARIO da Cremona
Nacque sul finire degli anni Sessanta o, al più tardi, nei primi anni Settanta del XII secolo da una nobile e potente famiglia di Cremona. Si ritiene generalmente che egli abbia compiuto gli studi giuridici presso le scuole bolognesi. Non sono noti i suoi maestri, anche se può essere ricordato un passaggio delle Dissensiones dominorum - in particolare della raccolta che va sotto il nome di Ugolino - in cui L. è inserito tra i "sequaces" di Martino Gosia (cfr. Hänel; Lange, pp. 241 s.).
Fu in ogni caso a Bologna che, terminati gli studi, L. cominciò a insegnare. Ne è prova, fra l'altro, il giuramento prestato innanzi ai consoli bolognesi il 1( dic. 1189, con il quale L. si impegnò a non insegnare al di fuori di quella città (Chartularium, n. 1).
Al di là dell'episodio autobiografico raccontato da Pillio da Medicina, è questo il primo caso documentato di giuramento di tal genere e si può ritenere che l'obbligazione così assunta dal doctor legum fosse solo uno degli elementi che costituivano un più ampio contratto tra il giurista e il Comune.
Oltre a quello relativo al suo giuramento, sopravvivono solo pochi altri documenti sulla sua vita (Fried, pp. 121 s.; Lange, p. 241). Sempre nel 1189 L. compare anche a Modena, al seguito del vescovo di quella città. Un atto notarile del maggio 1194, redatto nell'ambito di una controversia che vedeva implicata la chiesa bolognese di S. Salvatore, lo indica come presente, unitamente ad altri giuristi, alla lettura di un privilegio, avvenuta "in scolis magistri Batiani", identificato quest'ultimo da A. Belloni con il glossatore cremonese Giovanni Bassiano. Giudici della lite erano lo stesso Bassiano e un altro giurista, cremonese come L. (Belloni, Baziano). Nel 1195 L. fu giudice a Bologna, mentre nel 1197 si trovava di nuovo a Modena, dove il 22 agosto era "assessor causae" in una lite discussa innanzi a un giudice delegato dal papa, e il 29 agosto condusse l'interrogatorio di alcuni testimoni e partecipò all'emanazione della sentenza. In questo secondo frangente appare affiancato da altri giuristi come Ottone da Brescia e Guido pavese i quali - probabilmente attivi nella locale scuola di diritto - rimasero però in posizione subordinata rispetto a Lotario. Un documento bolognese, datato 30 dic. 1198, lo ricorda come "legum peritus". Dopo una parentesi in Francia - dove si recò nel 1201 chiamato dal re Filippo Augusto a far parte del suo Consiglio (cfr. Meijers con rinvio ad Actes du Parlement de Paris, a cura di E. Boutaric, I, Paris 1863, p. 299) - sul finire del 1204 L. fu nuovamente a Bologna. Figura infatti tra coloro che presenziarono all'emanazione della famosa sentenza arbitrale con la quale Giovanni da Signa, cardinale diacono di S. Maria in Cosmedin, chiuse definitivamente una lunghissima e complicata vertenza che aveva visto protagonisti su posizioni differenti anche il celebre Azzone e il canonista Uguccio (la sentenza è in Sarti - Fattorini, I, p. 95).
Non è improbabile che già allora L. avesse deciso di abbandonare la carriera di insegnante per intraprendere quella ecclesiastica. Si trattò di una carriera rapida e fortunata, forse agevolata dalla sua origine nobiliare. Nel 1205 L. fu eletto vescovo di Vercelli e, sul finire del 1208, divenne arcivescovo di Pisa.
Priva di fondamento è invece la notizia, ripresa da C. Eubel (Hierarchia catholica, p. 275) e ripetuta anche di recente, che vuole L. patriarca di Gerusalemme a partire dal 1216 (Savigny, p. 389; Pennington, p. 231).
Innocenzo III indirizzò a L. ben due decretali, mentre questi era vescovo di Vercelli: del giugno 1206 è la famosa Licet et suspecto (Comp., II, 2, 1 = X, II, 2, 10) e del febbraio dello stesso anno è la Qualiter et quando (Comp., V, 1, 4 = X, V, 1, 17).
Pur se il tenore della seconda decretale sembra volere ammonire L. a condurre i processi senza saltare i necessari passaggi procedurali, non è a lui, come malignamente suggeriva Odofredo Denari (c. 38rb), ma al suo predecessore sulla cattedra pisana Ubaldo, che è indirizzata la decretale Si diligenti (maggio 1206: Comp., II, 2, 4 = X, II, 2, 12; X, II, 26, 17) in cui il pontefice riprendeva l'arcivescovo per la sua scarsa conoscenza delle norme canoniche (Savigny, pp. 388 s.; Pennington, p. 234).
Da vescovo come da arcivescovo, L. non smise di fare ricorso alla sua competenza in materia giuridica dispensando consilia e fungendo da giudice. Alla preparazione giuridica della sua curia e al buon funzionamento della giustizia, in particolare nella diocesi pisana, L. sembra anzi aver dedicato grande attenzione portando con sé da Bologna altri giuristi e inserendoli fra i suoi consiglieri. Non stupisce allora che richieste di intervento per la soluzione di questioni giudiziarie giungessero anche da fuori, come dimostrano un duplice consilium che L. pronunciò a Firenze in una data posteriore al 4 ott. 1209, su richiesta del giudice pistoiese Ranuccino, e la sentenza da lui emanata il 25 luglio 1215 su delega del papa, per una lite tra la chiesa pistoiese di S. Marco e il monastero di S. Michele in Forcole (Chiappelli, p. 163; Pennington, pp. 236-238).
Queste ultime testimonianze, mettendo in rilievo sia la competenza giuridica riconosciuta a L., sia la persistenza di legami con l'ambiente dei giuristi bolognesi, contribuiscono a corroborare l'identità tra le figure del giurista cremonese e dell'alto prelato. Di tale possibile identità, altrimenti suggerita dalle sole parole di Denari, si era infatti dubitato in passato. Si tratta di uno dei soli due casi, unitamente a quello analogo di Guglielmo da Capriano, di un professore di diritto civile a Bologna che assurge a una così alta carica ecclesiastica.
Come arcivescovo, ma senz'altro anche come giurista di fama, L. fu inoltre chiamato in quegli anni dall'imperatore Ottone IV; figura infatti più volte fra i suoi consiglieri tra il 1209 e il 1211. Tuttavia dovette allontanarsi dall'imperatore a seguito della rottura tra Ottone e Innocenzo III, culminata con la scomunica del 1211.
La morte di L. deve essere avvenuta in una data non molto anteriore al 1218 (Pennington, p. 234).
Il periodo dell'insegnamento bolognese di L. cade dunque nell'ultimo decennio del XII secolo e nei primissimi anni del XIII. Sono gli anni in cui la scuola della glossa raggiunse i suoi risultati più maturi e sulle cattedre bolognesi si alternarono personaggi di grandissima levatura. Anche L. sembra aver goduto di ampia considerazione presso i contemporanei, come sembrano confermare i suoi contatti con alcuni protagonisti della vita politica dell'Europa di quegli anni. Della sua produzione rimane tuttavia solo qualche traccia: si tratta di alcune glosse recanti la sua sigla ("lo.", "lot.", "loth."), sparse tra i manoscritti del Corpus iuris civilis, in particolare del Digestum vetus (Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds lat., 4450; cfr. Savigny) e del Codex (Londra, British Library, Harley, 5157 e Bamberga, Staatsbibliothek, Jur., 20; cfr. Dolezalek) e di una sua opinione riprodotta in una quaestio appartenente a una collezione viennese (Österreichische Nationalbibliothek, Mss., 2077; cfr. Belloni, Le questioni, p. 49).
Si tratta ovviamente di un troppo esiguo materiale per poter esprimere un giudizio sul livello del suo insegnamento. Né si dovrebbe però accettare troppo repentinamente il ritratto negativo che di L. ha tracciato Denari, secondo il quale, a chiedere il parere di L., unitamente a quello di Azzone, sarebbe stato anche Enrico VI durante un suo soggiorno bolognese nel 1191. In particolare l'imperatore avrebbe interrogato i due professori circa la pertinenza del "merum imperium". Incalzato furbescamente dal collega, L. avrebbe riconosciuto proprio nell'imperatore il vero e unico titolare rivelando così, nel giudizio sprezzante di Denari, di essere semplicemente "melior miles" rispetto ad Azzone, il quale, invece, sarebbe stato senz'altro miglior giurista (Fried, pp. 57, 110 s.). Denari potrebbe avere appositamente caricato oltre misura di negatività il suo racconto per perseguire fini diversi. Né manca qualche motivo per dubitare che l'episodio stesso si sia mai verificato nella realtà (Pennington, p. 233 n. 11). Le contumelie di cui Denari infarcisce il suo racconto - L. è accusato in sostanza di essere un cattivo legista, pronto a piegare la sua interpretazione al volere dei potenti, di conoscere poco e male il diritto dei canoni tanto da meritare la reprimenda di Innocenzo III e, finalmente, di interessarsi alle donne molto più di quanto competerebbe a un ecclesiastico - potrebbero infatti trovare facile spiegazione nel conflitto tra scuole che accompagna praticamente l'intera età della glossa e non si discostano molto da quelle via via espresse ai vari Martino, Cipriano e Piacentino. Nel contrapporre poi sistematicamente la figura del nobile L. a quella di Azzone, miglior giurista nonostante le umili origini, Denari rivela peraltro di partecipare a quel certo antagonismo che talvolta i legisti bolognesi dimostrano nei confronti del ceto nobiliare e di cui anche Enrico di Baila è rimasto vittima illustre (Cortese, p. 45; Lange, p. 242).
Fonti e Bibl.: O. Denari, Lectura super Digesto veteri, Lugduni 1550, cc. 19rb, 38rb; Id., Lectura super Codice, ibid. 1552, p. 133va; Chartularium Studii Bononiensis(, I, a cura di G. Zaccagnini, Bologna 1909, pp. 3, 9; G. Hänel, Dissensiones dominorum, Lipsiae 1834, p. 568; F.K. von Savigny, Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, IV, Heidelberg 1850, pp. 385-389; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, a cura di C. Albicini - C. Malagola, I, Bononiae 1888-96, pp. 94-97; L. Chiappelli, Maestri e scuole in Pistoia fino al secolo XIV, in Arch. stor. italiano, 1920, I, pp. 160-214, ad nomen; E.M. Meijers, recensione a F. Calasso, I glossatori e la teoria della sovranità, e a S. Mochi Onory, Fonti canonistiche per l'idea moderna dello Stato, in Tijdschrift voor rechtsgeschiedenis, XX (1952), p. 122; N. Tamassia, Odofredo, in Id., Scritti di storia giuridica, II, Padova 1967, p. 404; J. Fried, Die Entstehung des Juristenstandes im 12. Jahrhundert, Köln-Wien 1974, ad ind.; G. Dolezalek, Repertorium manuscriptorum veterum Codicis Justiniani, Frankfurt a.M. 1985, pp. 128, 258; A. Belloni, Baziano, cioè Giovanni Bassiano, legista e canonista del secolo XII, in Tijdschrift voor rechtsgeschiedenis, LVI (1989), pp. 73, 84; Id., Le questioni civilistiche del secolo XII: da Bulgaro a Pillio da Medicina e Azzone, Frankfurt a.M. 1989, ad ind.; K. Pennington, Lotharius of Cremona, in Miscellanea D. Maffei dicata, a cura di P. Weimar - A. García y García, I, Goldbach 1995, pp. 231-238; E. Conte, Servi medievali, Roma 1996, pp. 8-15; E. Cortese, Il rinascimento giuridico medievale, Roma 1996, ad ind.; H. Lange, Römisches Recht im Mittelalter, I, Die Glossatoren, München 1997, pp. 240-242; Hierarchia catholica, I, pp. 399, 520.