LOTARIO II, re d'Italia
Figlio di Ugo di Provenza e di Alda, nacque intorno al 930.
È possibile seguire l'intera vita di L. attraverso attestazioni non scarse, ma in molti casi poco significative e che, soprattutto, lo vedono sempre in ombra a fianco del ben più importante e documentato padre, Ugo conte di Arles e di Vienne, re d'Italia dal 926 al 947. La tradizione storiografica, in particolare sulla scia degli studi puntuali di Schiaparelli, ha preferito collocare la sua nascita a poco prima del 929-930, anni ai quali potrebbe essere datata una notizia riportata dai Miracula sancti Columbani che mostra L. ancora infante; questa tradizione ha anche ritenuto di non dover dare troppo credito a una testimonianza inserita nel Catalogus regum Langobardorum et Italicorum dove si afferma che "Ugo rex, antequam filius eius nasceretur, regn. ann. 5, postea cum filio suo regn. usque in ann. 22". Includendo nel conteggio anche il 926, si compiono cinque anni nel 930 e ventidue nel 947, mentre il racconto dei Miracula potrebbe riferirsi anche a un neonato o a un bimbo di pochi mesi: entrambe le tradizioni possono essere accettate e si può quindi collocare la data di nascita di L., se non al 930, a pochi mesi prima. Tali considerazioni ben si conciliano anche con la precoce associazione al trono del Regnum di L., che, insieme con la condivisione del titolo regio con Ugo per quasi tutta la vita, già indica,in estrema sintesi ma con efficacia, la cifra dell'esperienza politico-istituzionale e della stessa vicenda biografica di Lotario.
L. fu associato al trono quand'era solo un bambino, per reagire alle congiure che numerosi grandi del Regno tramarono contro Ugo tra il 929 e il 930. La decisione e la fermezza con cui Ugo rispose a tali assalti fece sì che nessuno si opponesse all'associazione di L.: con tale manovra Ugo intendeva assicurare a L. la successione e, nel contempo, deprimere gli avversari con il peso di una continuità dinastica data per acquisita.
Le difficoltà della datazione dei diversi eventi sono state da tempo rilevate in più sedi, a partire da Schiaparelli, il quale, però, ha ritenuto di collocare l'associazione di L. al trono con una certa precisione: "tra il 13 ed il 18 aprile 931, con maggior probabilità per gli ultimi giorni" (1914, p. 144).
Ugo aveva acquisito una posizione di rilievo con il rientro in Provenza di Ludovico III, sconfitto e accecato (per questo fu detto il Cieco) da Berengario I nel 905. La menomazione subita aveva reso necessaria la presenza a corte di una persona di fiducia capace di gestire le vicende del Regno provenzale. La scelta cadde su Ugo, il più stretto parente di Ludovico, che già nel 907, secondo alcuni, aveva tentato una prima discesa in Italia. Le sue mire sull'Italia furono coronate da successo solo dopo l'uccisione di Berengario I, avvenuta a Verona il 7 apr. 924 per mano dello sculdascio Flamberto, fino all'incoronazione, nel luglio del 926.
Per oltre vent'anni Ugo fu al centro delle vicende del Regnum, sia pure in un quadro di costanti contrasti e scontri tra le fazioni di vari pretendenti a ruoli di potere: tra questi, numerosi furono i parenti, zii, fratellastri di L., o figli di altre mogli di Ugo. Del resto, un famoso ritratto di Ugo, opera di Liutprando, sottolinea - con giudizio negativo - la sua facilità di rapporti con diverse donne ("Qui etsi tot virtutibus clarebat, mulierum tamen illecebris eas fedabat", III, 19, p. 82). Ugo non riuscì, però, a gestire sempre in suo favore la complessa rete di rapporti parentali e non furono rari i contrasti e le gelosie. Proprio la necessità di troncare sul nascere ulteriori lotte intestine nel suo vasto nucleo familiare potrebbe essere stata un'ulteriore ragione della scelta in favore di L., sostenuta dal fatto che questi era il suo primogenito legittimo e cheUgo era ormai in età matura, poiché alla nascita di L. doveva avere circa cinquant'anni.
Dalla Marca di Toscana proviene un documento che bene mostra la volontà di Ugo di legare precocemente L. alle sue decisioni: si tratta della donazione, datata 1( luglio 932, alla chiesa di S. Martino della corte di Massarosa, che Ugo deteneva a titolo allodiale per essergli pervenuta in eredità dalla madre Berta.
Nel garantire una continua vigilanza da parte della famiglia per mantenere i beni nella piena disponibilità della chiesa, soprattutto nei confronti dei vescovi lucchesi, Ugo sottolineava la presenza di L. all'atto, affinché con essa venisse rimarcata e confermata anche per il futuro tale scelta. Questo documento conferma del resto la viva attenzione di Ugo per la Marca di Toscana (retta dallo zio paterno di L., Bosone), che in quei decenni vedeva crescere la propria identità unitaria. Sempre in quel periodo, inoltre, Ugo tentò invano, con un ennesimo e audace matrimonio (questa volta con Marozia, la potente vedova di Alberico marchese di Spoleto e figlia di Teofilatto e Teodora), di inserirsi attivamente nelle questioni romane.
Sempre nel quadro dei difficili equilibri per il mantenimento del potere, Ugo dovette cercare un accordo con Rodolfo II di Borgogna, che tra i grandi del Regnum era visto come possibile sovrano: un tentativo dagli sviluppi lunghi e complessi e che solo con la morte di Rodolfo portò a esiti positivi per Ugo, coinvolgendo anche Lotario. Infatti, Ugo offrì i suoi diritti - peraltro non nettissimi - sulla Provenza a Rodolfo, che accettò dietro solenne giuramento di non tentare mai più imprese in Italia. Ma nuove minacce giunsero tanto da Oltralpe, con Arnolfo di Baviera, quanto sul fronte italiano, dove Ugo dovette misurarsi con un complotto ordito da suo fratello, Bosone. Esautorato Bosone, Ugo affidò la Marca toscana a suo figlio Uberto, nato da Wandelmonda "mulier nobilissima" quando Ugo era ancora in Provenza e che, più grande di L. di diversi anni, restò fedele al padre in tutte le sue vicende, così come a L. durante gli anni del suo autonomo regno. Alla morte di Rodolfo II di Borgogna, Ugo ne sposò la vedova, Berta di Svevia, e promise L. in sposo alla figlia di Berta, Adelaide, di soli sei anni. Si conservano in originale i due diplomi con cui, il 12 dic. 937, Ugo e L. compirono a favore di Berta e Adelaide una ricca donazione a suggello dell'accordo matrimoniale. Proseguiva, così, la vicenda di L. in totale subordine del padre, anche quando Ugo tentò invano di acquisire la tutela del piccolo Corrado, figlio di Rodolfo II e di Berta, già riconosciuto re dai grandi dell'Impero, nonché nelle ripetute lotte interne alla penisola italiana, durante le quali crebbe il ruolo di Berengario II, erede della Marca d'Ivrea.
In una fase iniziale Berengario aveva tenuto rapporti abbastanza buoni con il re, avendo sposato Willa, figlia di Bosone di Toscana, ma cadde in disgrazia presso Ugo al momento della ribellione, in seguito repressa, che il fratello di Berengario, Anscario, marchese di Spoleto e di Camerino, mosse nel 940 contro Ugo. Sembra però che Berengario incontrasse le simpatie di L., il quale lo mise sull'avviso rispetto alla reazione che il padre stava per scatenare anche contro di lui. Berengario, allora, si rifugiò in Svevia, accolto con favore dal duca Ermanno.
Disceso in Italia Berengario alla guida di un forte contingente nel 945, cominciarono presto i tradimenti e le defezioni tra le file del sovrano. Sentendosi sopraffatto e forse anche appesantito dagli anni - circa sessantacinque - Ugo, anziché difendersi, cercò di salvare il trono per Lotario.
La mossa audace ebbe buon esito e tanto l'assemblea dei grandi quanto Berengario la accettarono con motivazioni diverse: i primi non vedevano di buon occhio la sicumera del marchese d'Ivrea, mentre quest'ultimo riteneva evidentemente di poter controllare Lotario.
Tra la fine marzo e l'inizio di aprile del 945, L. si trovò dunque a non condividere più con il padre il titolo regio: del 29 marzo è l'ultimo diploma che vede regnanti insieme padre e figlio, mentre data all'8 aprile il primo del solo Lotario.
In realtà, la fazione favorevole a Ugo riuscì a imporre scelte e uomini e il vecchio re dovette continuare a sperare in una rivincita, anche cercando rinforzi in Provenza. Fu così che Berengario fece riunire di nuovo un'assemblea per rimettere Ugo accanto a L. e costringerlo a una presenza visibile nella penisola. Nel suo ruolo di marchese, rafforzato dal titolo di sommus consiliarius (cfr. I diplomi di Ugo(, n. 83 p. 243) di L., Berengario di fatto comandava.
Cercando di consolidare il potere del figlio, Ugo fece celebrare le nozze tra L. e Adelaide - il primo diploma con Adelaide regina data al 27 giugno 947 - mentre Berta veniva rispedita in Borgogna, ma il 10 apr. 948 Ugo morì nel convento di S. Pietro di Arles.
L. si trovò a quel punto impegnato da solo e cercò di resistere alle pretese di Berengario, che però un diploma di L. dell'11 giugno 948 definisce con il titolo di regni summus consors (cfr. I diplomi(, n. 8 p. 267), designazione che dovrebbe mostrare un ruolo più eminente di quanto potesse far già supporre quella di summus consiliarius.
L. iniziò un giro per Emilia e Toscana, accompagnato da Berengario, da Attone di Vercelli e dal vecchio amico del padre, il conte Aleramo. Oltre ad avviare rapporti con Ottone I, re di Germania, fece una grossa donazione a favore di Arduino Glabrione, conte d'Auriate e di Torino, trasferendogli la ricca abbazia di Breme, e cercò di consolidare i propri rapporti con realtà ostili a Berengario, come la città di Como.
Quello fu il momento di una grande riorganizzazione amministrativa, con il frazionamento di alcune Marche in sottodistretti, sempre comunque comprendenti più di un comitato. Tali scelte avvennero in particolare per la Marca del Friuli, per quella lombarda e quella eporediese, cioè quelle a protezione dei confini alpini, ma erano anche motivate da considerazioni politiche, volte a ridimensionare il potere dei marchesi che, a capo di quei vasti territori, avevano più volte minato l'azione regia. Si trattò comunque di iniziative che, sebbene formalmente condotte sotto il regno di L., dovevano essere parte dell'indirizzo politico, piuttosto che del debole re, di Berengario.
Il 22 nov. 950 L. morì a Torino, secondo alcuni avvelenato da Berengario, sebbene le voci anche avverse a quest'ultimo parlino di malattia come dell'ipotesi più probabile.
Dominato dalla figura paterna, L. appare una figura debole e di scarsa rilevanza, ma la precocità della morte e la breve durata del suo regno non permettono di formulare un giudizio a tutto tondo sul suo operato.
La moglie Adelaide, che gli aveva dato una figlia, Emma, andata in sposa nel 966 a Lotario re di Francia, rimase vedova a soli diciannove anni; nell'ottobre o novembre del 951 sposò Ottone I a Pavia. Delle esperienze e delle speranze maturate nell'ambiente della corte del marito e di Ugo fece un motivo di riscatto contro Berengario, verso il quale nutriva, stando alle fonti, una forte avversione.
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