RUSCA, Lotario
(II). – Figlio di Franchino (II) (v. la voce in questo Dizionario), gli succedette nel dominio su Como alla morte, avvenuta nel novembre del 1412, quando era ancora piuttosto giovane, secondo il cronista Andrea Biglia: è possibile che fosse nato verso il 1385-1390. Il luogo della nascita non è noto.
Sulla sua quadriennale signoria si hanno poche notizie, non essendosi conservate fonti pubbliche di rilievo. Il breve dominio fu sotto il segno della continuità con quello del padre, dal quale ereditò le efficaci reti di alleanze con i ghibellini del Verbano, ma anche le difficoltà economiche e l’ostilità di alcune grandi comunità del contado.
I ribelli guelfi, organizzati nella cosiddetta pars Vitanorum (parte dei Vitani), contrastavano infatti vivacemente il governo dei Rusca, e controllavano diverse importanti località sul Lario e nella zona di Lugano. In particolare, aderiva al loro partito il grosso borgo di Torno, in posizione strategica a pochi chilometri dalla città, dal quale operava anche una piccola flotta da guerra. Essi trovarono rapidamente l’appoggio del nuovo duca di Milano, sicché poterono diventare ancora più aggressivi.
Nel 1413 una spedizione militare milanese si impadronì del castello di Bironico, strappando ai Rusca il controllo della via del monte Ceneri, che metteva in comunicazione Como e Bellinzona. Nello stesso anno, dopo duri scontri per le strade del borgo, anche Lugano si ribellò al dominio di Lotario e si sottopose a Filippo Maria Visconti. Rusca, sotto la pressione politica e militare del duca, tentò di appoggiarsi – senza però trovare aiuti determinanti – alla Repubblica di Venezia e a Sigismondo re dei Romani: il 19 agosto 1413 ottenne da quest’ultimo il titolo di vicario imperiale di Como, ma non gli indispensabili soccorsi militari. Peraltro nell’ottobre, attraverso la via di Bellinzona, Sigismondo giunse a Como e fu accolto con gran pompa da Rusca, che il 9 dicembre 1413, grazie alla sua mediazione, riuscì a stipulare una tregua con il duca di Milano.
L’accordo, che avrebbe dovuto avere una durata di tre anni, riconosceva a Visconti il controllo della porzione del distretto comasco, che era già nelle sue mani; anche la Valtellina fu sottoposta dal duca alla giurisdizione del podestà milanese di Porlezza. E tuttavia la tregua non resse. I Vitani, appoggiati da bande di soldati al soldo di Filippo Maria, continuarono a infestare il territorio rimasto sotto il controllo di Rusca, e nel 1415 vi fu forse anche un tentativo di impadronirsi della città da parte delle truppe del principale condottiero ducale, Francesco Bussone, detto il Carmagnola. Il tentativo fallì, dato che i viscontei non riuscirono a scalare le mura, ma la minaccia militare milanese era ormai soverchiante.
Rusca cercò dunque la mediazione veneziana al fine di raggiungere un accordo con il suo nemico: il 25 luglio 1416 Filippo Maria Visconti lo investì in feudo della città di Como, istituita in Contea nel seno del Ducato di Milano. La soluzione però era solo provvisoria.
Filippo Maria non ebbe scrupoli a rimangiarsi gli accordi appena conclusi, e proprio pochi giorni dopo, il 19 agosto, fece catturare a tradimento e imprigionare il signore di Lodi, Giovanni Vignati, che pur aveva a sua volta, a maggio, accettato l’investitura ducale sulla propria città. L’episodio dovette allarmare non poco Lotario, dato che i rapporti di forze erano ormai totalmente squilibrati a favore di Visconti e gli oppositori interni della pars Vitanorum premevano ormai con forza sia all’esterno sia all’interno di Como. Infine Rusca preferì farsi da parte e l’11 settembre 1416 si accordò con il duca di Milano, cedendogli la sovranità su Como in cambio del dominio su Lugano e il Sottoceneri e sulla val Chiavenna.
Riuscì a ottenere condizioni piuttosto favorevoli. Lugano venne eretta in Contea; oltre al titolo comitale, ottenne il controllo su tutti i castelli compresi nella giurisdizione, a prescindere da chi ne fossero stati fino a quel momento i titolari. In particolare acquisì il castello di Castel San Pietro, già di proprietà del vescovo di Como, che divenne la sua nuova residenza. Con l’investitura feudale, le regioni assegnate a Rusca venivano totalmente sottratte al controllo comasco: in quelle terre, separate dalla città, Lotario disponeva di quasi tutti i poteri che prima erano spettati al Comune urbano e nelle terre attorno a Lugano favorì la redazione di statuti locali che soppiantassero quelli comaschi. Tutti i possessi allodiali di Rusca a Como, nel territorio e sulle terre milanesi del Lario erano largamente salvaguardati e nella città fu imposta una pacificazione generale che evitasse violenze o vendette ai danni dei membri della pars Ruschonorum.
In seguito, i rapporti con il duca rimasero buoni: nel 1417 Rusca riuscì a impedire che si restituissero ai Vitani alcune case sequestrate nelle quali abitavano lui e alcuni suoi partigiani e anche quando, nel 1418, venne a lite con i magistrati comaschi per la giurisdizione sul villaggio di Borgofrancone e l’importante pedaggio che lì si riscuoteva, si decise di affidare la soluzione pacifica della disputa a una commissione neutrale.
Rusca morì nel luglio del 1419 a Castel San Pietro, senza eredi diretti legittimi (ebbe invece una femmina e quattro maschi dall’amante, Donetta Turconi).
Nel testamento, rogato l’8 giugno precedente, aveva diviso i suoi feudi tra il fratello Giovanni e i cugini Franchino e Antonio, indebolendo così fatalmente il suo dominio, che finì in poco tempo per passare quasi completamente sotto il controllo del duca di Milano.
Fonti e Bibl.: Fratris Andreae Billii Historiam Mediolanensem, in RIS, XIX, Mediolani 1731, coll. 1-141 (in partic. col. 40); E. Motta, Le lettere ducali dell’epoca viscontea nell’archivio civico di Como, I, in Periodico della società storica comense, VII (1890), pp. 185-267 (in partic. pp. 225, doc. 81; 254, doc. 190; 257, doc. 202); G. Romano, Contributi alla storia della ricostruzione del ducato milanese sotto Filippo Maria Visconti (1412-1421), I, in Archivio storico lombardo, XXVI (1896), pp. 231-290 (in partic. p. 260, doc. 98), II, ibid., XXVII (1897), pp. 67-146 (in partic. pp. 92, docc. 295, 296; 94-95, docc. 104-107).
B. Giovio, Historiae patriae libri duo, Venezia 1629, pp. 76 s.; G. Rovelli, Storia di Como, III, 1, Como 1803, pp. 67-73; A.P. Rusconi, Memorie storiche del casato Rusca o Rusconi, Bologna 1874, pp. 35-40; Id., I bastardi dell’ultimo Rusca signore di Como, in Periodico della società storica comense, III (1883), pp. 223-230; P. Schaefer, Il Sottoceneri nel Medioevo. Contributo alla storia del Medioevo italiano, Milano 1954, pp. 319-324; F. Cengarle, Immagini di potere e prassi di governo. La politica feudale di Filippo Maria Visconti, Roma 2006, p. 140; G. Chiesi, Il tardo Medioevo: dall’età signorile all’annessione confederata, in Storia del Ticino. Antichità e Medioevo, a cura di P. Ostinelli - G. Chiesi, Bellinzona 2015, pp. 173-204.