BLANQUI, Louis-Auguste
Rivoluzionario francese, figlio di Jean-Dominique, che ebbe qualche fama nella storia politica, e fratello di Jérome (v.); nato l'8 febbraio 1805 a Puget-Théniers, presso Nizza, morto a Parigi il 1 gennaio 1881. Fu iniziato alle cospirazioni nella Carboneria; ma, quando le energiche repressioni dei primi tempi del regno di Carlo X resero difficilissima l'attività palese dei repubblicani, il B. partecipò alla redazione del legalitario Globe. La rivoluzione di luglio diede al B., come agli altri sognatori d'un regime d'eguaglianza politica ed economica l'illusione di poter realizzare con la forza il programma socialista. Col Raspail ed altri rivoluzionarî il B. costituì nel 1831 la società degli Amis du peuple. Poiché questa comprendeva anche dei repubblicani dissenzienti dal programma socialista, il B. se ne staccò nel 1833 per fondare la società dei Diritti dell'uomo, di pretta ispirazione comunista. Vi si spiegavano le teorie del Baboeuf e del Buonarroti sull'abolizione della proprietà e sulla lotta di classe. Il marchese d'Argenson (v.) accordò il suo patronato a questa nuova organizzazione, che si reclutò fra gli operai veri e proprî. Il B. ebbe gran parte nella redazione di un manifesto programma pubblicato nell'ottobre del 1833 per reclamare l'organizzazione statale del lavoro e la ripartizione degli eventuali profitti del lavoro collettivo. Gli affiliati a tale società parteciparono ai tumulti di Parigi e di Lione nel luglio 1834 e furono in gran numero conglobati nel processo istruito dinnanzi alla Camera dei pari. Il B., che non si era mescolato ai tumulti nella strada, sfuggì a ogni persecuzione; ma fu scelto da taluni degli accusati per sostenerne la difesa, ciò che non fu ammesso dalla corte, allegando la mancanza nel B. della professione d'avvocato. Alla fine dello stesso anno il B. fondò col Barbès una nuova organizzazione apparentemente più anodina, la Société des Familles, diffusasi fra i tipografi, e nella cui sede fu scoperta una fabbrica segreta di polvere pirica. La società fu sciolta ed il B. e il Barbès furono condannati a due anni di prigione ciascuno. Appena amnistiato, il B. riorganizzò gli operai a tendenze comunistiche nella societa Les Saisons che pubblicava un giornale, L'Homme libre. Il 12 maggio 1839 il B., con l'aiuto dell'amico Barbès, si arrischiò a tentare un colpo di mano per impadronirsi del Palazzo di Giustizia e della Prefettura di Parigi. Il Barbès fu preso subito il B. riusci a fuggire nascondendosi fino all'ottobre di quell'anno: quando fu arrestato e condannato a morte. Il re Luigi Filippo commutò la pena in quella dell'ergastolo e il B. fu chiuso nella fortezza del Mont-Saint-Michel. Durante la detenzione, i discepoli della società Les Saisons si lasciarono più o meno tutti attrarre da teorie meno violente, collaborando con altri gruppi d'opposizione fautori di un'evoluzione pacifica.
Il B. si trovava all'ospedale di Tours, ove era stato trasportato sotto la sorveglianza della polizia, quando scoppiò la rivoluzione del febbraio 1848. Il 25 febbraio egli era già a Parigi partecipando due giorni dopo alla dimostrazione in favore della bandiera rossa, dimostrazione donata dall'eloquenza del Lamartine. Scontento dell'intonazione conciliante di gran parte dei socialisti, tenendosi molto riservato di fronte al governo provvisorio, gli contrappose la Societé républicaine centrale. Partecipò per altro alle manifestazioni del 16 aprile e del 15 maggio, sebbene preparate da altri gruppi. Fu invece più direttamente mescolato all'organizzazione della prima di quelle giornate rivoluzionarie che ebbe luogo il 17 marzo. Una pubblicazione fatta dalla Revue retrospective di documenti con i quali si poneva in chiaro la prudenza, per non dire la debolezza, del B. nel tentativo rivoluzionario del 1839, sebbene visibilmente tendenziosa, cooperò al discredito in cui cadde il B. di fronte ad altri socialisti come Louis Blanc. Con tutto ciò il B. era salito anch'egli sulla tribuna della Costituente, invasa dalla folla il 15 maggio, ed era stato incluso nel governo provvisorio proclamato dal Barbès all'Hôtel de Ville. Anche questa volta il B. riuscì in un primo tempo a sottrarsi all'arresto, che dovette però subire dopo 15 giorni, per essere denunciato all'alta corte di Bourges che lo condannò a 10 anni di prigione. Dapprima fu detenuto a Belle-Isle-en-mer, poi a Corte nell'isola di Corsica, infine fu deportato in Africa. Amnistiato nel 1859, fu di nuovo arrestato nel 1861 e condannato a quattro anni di carcere, scontati i quali si recò all'estero, pur dirigendo il giornale Candide. Riapparve a Parigi il 14 agosto 1870, quando, in piena guerra, tentò d'impadronirsi a mano armata della caserma della Villette, e di nuovo sfuggì a ogni ricerca. Dopo il 4 settembre intraprese la pubblicazione periodica La patrie en danger che, pur istigando alla lotta contro l'invasore straniero, ebbe carattere comunista e violentemente anticlericale. Il B. fu eletto comandante del battaglione dei volontarî di Montmartre e nel colpo di mano del 31 ottobre i battaglioni rivoluzionarî della Guardia nazionale lo insediarono nell'effimero governo che fu abbattuto la stessa sera della sua costituzione. All'armistizio, non riuscì a farsi eleggere membro dell'assemblea costituente, e, sebbene membro della Comune, fu fatto arrestare dal Thiers mentre dalla provincia tentava di raggiungere Parigi. Condannato a vita da un consiglio di guerra nel 1872, vide la sua elezione a deputato annullata nel 1879, finché fu graziato quasi alla vigilia della sua morte. Appena uscito dal carcere aveva fondato un nuovo giornale: Ni Dieu ni maître.
Bibl.: G. Geffroy, l'enfermé, Parigi 1893.