Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nell’ambito del rinnovamento architettonico promosso dalla Scuola di Chicago, Sullivan si contraddistingue per la ricerca di una qualificazione formale attraverso l’ornamentazione plastica delle superfici, come alternativa all’omologazione imposta dal moderno edificio commerciale. Il suo pensiero teorico verrà poi elaborato da Frank Lloyd Wright.
La formazione
Louis Henry Sullivan frequenta – senza concluderlo – il Massachusetts Institute of Technology, roccaforte della normalizzazione classicista nel New England. Dopo un periodo di apprendistato a Philadelphia presso Frank Furness, il più originale e anticonformista tra gli architetti della costa orientale, Sullivan si stabilisce a Chicago.
L’incontro con Adler
All’inizio degli anni Ottanta egli si associa a Dankmar Adler, noto a Chicago per la realizzazione del Central Music Hall, avviando lo studio di architettura Adler & Sullivan. La forza di quest’unione, che dura quindici anni, si fonda sull’equilibrio tra la preparazione tecnica e le capacità imprenditoriali del primo e la non comune sensibilità artistica del secondo. Le opere realizzate tra il 1880 e il 1885 (il Borden Block, il Rotschild Store, gli edifici Jeweler’s, Revell, Ryerson e Troescher, fino al Mac Vickers Theater) testimoniano un interesse per le problematiche strutturali legate alla compresenza di muratura e parti metalliche, con soluzioni linguistiche che rivelano incertezze e tentativi ancora legati al repertorio di forme offerto dallo storicismo.
Con l’Auditorium (1886-1889), un edificio polifunzionale comprensivo di albergo e uffici, nato come sede dell’Opera Festival, lo studio Adler & Sullivan si inserisce a pieno titolo nel filone di ricerca della Scuola di Chicago, proponendo una semplificazione linguistica ispirata alla tendenza neoromanica di Henry Richardson. L’edificio, realizzato in muratura con parti accessorie in ferro, presenta una gradazione verticale modulata sul motivo delle archeggiature e si conclude con una massiccia torre di diciassette piani che impone una revisione del sistema di fondazione. Alla severità esteriore fa da contrappunto lo spazio interno, articolato a partire dalla sala per audizioni che si qualifica per una fastosa decorazione, svincolata da ogni riferimento stilistico.
Una ricerca plurivoca
L’influenza di Richardson, che si riscontra in alcuni edifici contemporanei e in particolare nel Walker Warehouse (1889-1890), si attenua nelle opere successive che riflettono differenti direzioni di ricerca. Le case unifamiliari, realizzate con il contributo determinante di Frank Lloyd Wright che dal 1888 al 1893 collabora allo studio, mostrano una complessa connotazione formale in relazione alla diversa destinazione degli ambienti interni. Alcuni edifici a destinazione teatrale (la Pueblo Opera House e il progetto per l’Opera di Seattle del 1890, ma soprattutto lo Schiller Building del 1893) evidenziano un acceso dualismo tra interno ed esterno e una metodologia compositiva fondata sull’assemblaggio di parti virtualmente indipendenti. Mentre alcune costruzioni funerarie (le tombe Ryerson, Getty e Wainwright) o religiose (la Kehilath Anshe Ma’ariv Synagogue del 1890) rivelano un’aspirazione alla sintesi che si concreta in una chiara definizione geometrica del volume.
Nei primi anni Novanta prende avvio anche la ricerca sul tema del grattacielo che trova nel Wainwright Building di Saint Louis (1890-1892) un eccellente esordio. L’edificio, che si propone come “l’espressione logica” della struttura a telaio metallico, ben risolve l’antinomia tra la serialità della zona centrale destinata a uffici e la ricerca di una gradazione architettonica in senso prospettico: basamento e cornicione interrompono l’accentuazione verticale, mentre l’aumentato spessore dei pilastri d’angolo delimita lateralmente il volume.
Non mancano alcune contraddizioni nell’esibizione del tema strutturale, prima fra tutte il ritmo accelerato dei montanti verticali che falsano in facciata la reale distanza tra i pilastri, ma una deroga dalla sincerità costruttiva è del tutto accettabile per Sullivan laddove consenta di accentuare la componente espressiva.
Al vertice di una parabola
La partecipazione alla Fiera Colombiana del 1893 (dove il Transportation Building si segnala per la mirabolante emergenza decorativa della Golden Doorway) viene comunemente considerata come un momento limite nel percorso professionale di Sullivan, avviando la fase declinante che lo porterà all’isolamento e all’indigenza degli ultimi anni. Ma l’interpretazione contrasta decisamente con la qualità delle opere realizzate in questo periodo (tra cui il Chicago Stock Exchange, l’Union Trust Building di Saint Louis e il Guaranty Building di Buffalo), dove la dialettica tra struttura e decorazione raggiunge momenti di raro equilibrio tra istanze tecnologiche ed espressive.
La vera cesura nella carriera di Sullivan va piuttosto ricercata nella separazione da Adler che lascia lo studio nel 1895. Se le commesse si fanno più rade – anche in conseguenza della crisi che coinvolge l’economia americana – la sua vena creativa non accenna a esaurirsi, come testimonia il ricco apparato ornamentale, naturalistico e antropomorfo, nella facciata del Bayard Building di New York (1897-1899).
Alle realizzazioni di fine secolo appartengono anche i magazzini Schlesinger & Meyer (ribattezzati Carson, Pirie & Scott e ripetutamente ampliati nel corso del Novecento), dove il rapporto dialettico tra struttura e decorazione si radicalizza nel contrasto tra l’iterazione seriale delle cellule-ufficio e l’esuberante ornamentazione del basamento commerciale, che qui tradisce la propria funzione di richiamo pubblicitario.
Il contributo teorico
Accanto all’attività progettuale Sullivan si applica in una vasta serie di scritti e conferenze che profilano, in una prosa ispirata e irruente, una concezione vitalistica dell’architettura. In un articolo del 1888 su “Style”, Sullivan definisce lo stile come la risposta dell’organismo all’ambiente circostante, mentre in un saggio del 1892 (Ornament in Architecture) fa esplicito riferimento a un “sistema organico di decorazione”, assumendo la metafora del legame tra l’albero e le foglie. A questo contesto problematico va ricondotto anche l’intervento sul tema progettuale del grattacielo (The Tall Office Building Artistically Considered del 1896) che – a margine di una tripartizione concettuale dell’edificio in: basamento, serie indifferenziata di piani e attico – contiene il fortunato aforisma “la forma segue la funzione”. Al di là di ogni interpretazione funzionalista, la formula si pone infatti come un equivalente architettonico del principio evoluzionista di una dipendenza reciproca tra organo e funzione. Ma è soprattutto il rapporto tra struttura e decorazione a occupare il cuore della riflessione teorica di Sullivan; e ponendosi sempre più apertamente nei termini di una dialettica tra ragione e sentimento la sua riflessione si configura poi, negli ultimi scritti, come opposizione ancestrale di maschile e femminile.
Lo scarto del nuovo secolo
I primi decenni del Novecento, che vedono Sullivan progressivamente emarginato dal contesto professionale di Chicago, sono segnati da interventi di piccole dimensioni che registrano uno scarto sempre più marcato tra l’investimento progettuale e la reale entità dell’incarico. Ne sono una prova gli edifici bancari realizzati in provincia (in particolare la National Farmer’s Bank di Owatonna, la Merchants’ National Bank di Grinnel e la People’s Saving Loan Association Bank di Sidney) che si qualificano per un trattamento cromatico delle superfici – detto tapestry brick – e per un’ornamentazione esuberante che ha valso loro l’appellativo di boîtes à miracles.
Negli ultimi anni della propria vita Sullivan intensifica l’attività pubblicistica, tentando un bilancio della recente esperienza dell’architettura americana. Nel 1901-1902 pubblica i Kindergarten Chats, una sorta di testamento spirituale nella forma letteraria del dialogo tra discepolo e maestro. Nel 1924 dà alle stampe un’autobiografia fortemente romanzata e raccoglie in un volume – A System of architectural Ornament – alcuni dei suoi disegni ornamentali, ormai decontestualizzati da ogni problematica strutturale.