Machon, Louis
Nato a Toul, in Lorena, nel 1603, intraprese la carriera ecclesiastica (fu canonico di Toul e poi arcidiacono di Port, nei pressi di Nancy); agente del cardinale Richelieu, si mise in seguito al servizio del cancelliere Pierre Séguier. Accusato di aver falsificato dei sigilli, conobbe la prigione, la disgrazia e il bando. Autore di varie ‘mazarinades’ durante la Fronda, si stabilì in Guyenne come bibliotecario della famiglia Pontac di Bordeaux, ma ormai ridotto allo stato di semplice parroco di paese. Morì dopo il 1673.
Compose varie opere di argomento religioso, morale e politico, quasi tutte rimaste manoscritte: tra esse, una Apologie pour Machiavelle... en faveur des Princes et des Ministre d’Estat, tuttora inedita, di cui restano due manoscritti autografi composti a 25 anni d’intervallo (1643, con dedica a Richelieu; 1668, con dedica ad Arnauld de Pontac). Si tratta di un’opera di vasta mole (985 pagine manoscritte) tesa a riabilitare il pensiero di M.: il primo libro commenta tredici «maximes» tratte dai Discorsi; il secondo ne tratta dieci ricavate dal Principe. Le massime sono quelle più scandalose e più censurate dagli antimachiavellici, ai quali va in effetti attribuita la loro formulazione letterale. Basta vedere le prime sette:
1. Qu’il est permis d’usurper, et conquerir des Estats par la force des armes; 2. Que le prince doibt entretenir les seditions et dissentions parmy ses sujets, pour le bien de son Estat; 3. Qu’il fault appaiser les seditions, et emotions populaires, par la force et la violence; 4. Que la cruauté qui tend a bonne fin n’est blasmable; et que celle qui profite est louable; 5. Qu’il fault suivre la Religion par raison d’Estat, quoy que fausse et erronée, comme son principal appuy; 6. Qu’il fault accommoder la Religion a l’Estat, pour le bien et conservation d’iceluy; 7. Que l’Eglise Romaine apporte la confusion dans ses Estats
1. È lecito ursurpare e conquistare degli Stati con la forza delle armi; 2. Il principe deve mantenere le sedizioni e i dissensi tra i suoi sudditi, per il bene del suo Stato; 3. Bisogna placare le sedizioni, e i moti popolari, con la forza e la violenza; 4. La crudeltà che persegue un buon fine non è deprecabile; e quella che dà frutto è degna di encomio; 5. Bisogna seguire la religione per ragion di Stato, pur se falsa o erronea, in quanto suo principale sostegno; 6. Bisogna adeguare la religione allo Stato, per il bene e la conservazione di quest’ultimo; 7. La Chiesa Romana porta la confusione nei suoi Stati.
E così via. Dopo l’enunciato di ogni massima, Machon cita dei passi, brevi o lunghi, del testo originale in italiano (Tutte le opere, edizione detta della Testina →), poi nella loro traduzione francese (Jacques Gohory per i Discorsi e Gaspard d’Auvergne per il Principe) e, su questa base, argomenta in difesa della filosofia politica di M. (talvolta perfino della stessa formulazione estremizzata, non autoriale, della massima), sfruttando un plesso assai ampio di fonti: storici e filosofi antichi, Bibbia, padri della Chiesa, concili, diritto romano e diritto canonico, casuisti, teologi e autori moderni (di cui, secondo i casi, palesa o tace i nomi: Justus Lipsius, Montaigne, Pierre Charron, Hugo Grotius, François La Mothe Le Vayer, Blaise Pascal ecc.). L’Apologie è un mosaico di citazioni esplicite o implicite, ma gli interventi estremanente decisi di Machon delineano una dottrina radicale della ragion di Stato a uso del sovrano assoluto o dei suoi ministri, fondata sulla difesa e lo svolgimento delle più urtanti ‘massime’ del Segretario fiorentino. Per un verso, Machon denuncia gli abusi interpretativi che trasformano i testi machiavelliani nel catechismo diabolico di una politica tirannica ed empia: al contrario, l’insegnamento di M. sarebbe compatibile con quello della Scrittura, dei Padri della Chiesa e della teologia più ortodossa. Per un altro verso, così facendo, Machon prova che M., anche nelle sue formulazioni più aspre, coglie il senso profondo del pensiero politico di tutti i tempi, tanto pagani quanto cristiani. Nel dire così, Machon allude a un sostrato naturalistico cui ogni teoria e pratica politica risponderebbe.
L’Apologie non è del tutto ignorata dalla storiografia (cfr. Procacci 1965; Thuau 1966), ma non ha ancora ricevuto l’attenzione che merita dagli studiosi di Machiavelli. L’edizione critica del manoscritto del 1665, a cura di Jean-Pierre Cavaillé, è ormai nella sua fase conclusiva.
Bibliografia: A.-F. Artaud, Machiavel, son génie et ses erreurs, 2 voll., Paris 1833; R. Céleste, Louis Machon, apologiste de Machiavel et de la politique du Cardinal de Richelieu, Bordeaux 1882; L. Derôme, Machiavel, ses doctrines, sa mémoire, III. Le conflit des théories de Machiavel avec l’opinion, «Le correspondant», juillet 1882; R. Céleste, Louis Machon. Nouvelles recherches sur sa vie et ses oeuvres, Bordeaux 1883; K.T. Butler, Louis Machon’s Apologie pour Machiavelle - 1643 and 1668, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 1940, 3, pp. 208-27; G. Procacci, Studi sulla fortuna del Machiavelli, Roma 1965; É. Thuau, Raison d’État et pensée politique à l’époque de Richelieu, Paris 1966, pp. 334-50; P. Donaldson, Machiavelli and mystery of State, Cambridge 1988, pp. 186-222; G. Ferretti, Machiavellismo e Ragion di Stato in un inedito di Louis Machon, «Il pensiero politico», 1989, 22, 2, pp. 288-300; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Bari 1995, pp. 465-73; J.-P. Cavaillé, Dissimulations. Jules-César Vanini, François La Mothe Le Vayer, Gabriel Naudé, Louis Machon et Torquato Accetto. Religion, morale et politique au XVIIe siècle, Paris 2002, pp. 267-332.