LUBIANA (in sloveno Ljubljana, in ted. Laibach; A. T., 77-78)
Città della Iugoslavia, centro della Slovenia, situata a 290 m. s. m. in una boscosa stretta della zona collinare, fra il Ljubljansko Polje (Laibacher Feld) a nord, dove scorre la Sava, e il Ljubljansko Barje (Laibacher Moor) a sud, dove impaluda il fiume Ljubljanica (Lubiana) di risorgenza carsica. Essa si addensa attorno a una piccola altura isolata e coronata da un castello (m. 364), cosicché, per la sua situazione, domina le vie naturali che lungo la Sava vengono dalla Pianura Pannonica verso le Alpi, come quelle che, attraverso il valico di Longatico (m. 494), scendono alla conca di Gorizia e alla Pianura Veneta, e le altre che salgono al Carso Carniolino o vanno alla Carniola orientale.
Attualmente la città è capoluogo del banato della Drava ed è nodo ferroviario, oltre che per Trieste e l'Italia, per Klagenfurt e la Carinzia, per Zagabria e la Croazia, per Varaždin e l'Ungheria, per Ogulin e la Dalmazia. È quindi città che si è accresciuta rapidamente negli ultimi tempi, tanto che la sua popolazione, fra il 1880 e il 1921, si è più che raddoppiata e la sua superficie si è aumentata del 20% (1931: ab. 59.768).
Oltre che mercato agricolo di tutta la regione, e soprattutto per la regione del Carso che ha alle spalle, essa è diventata città industriale con fabbriche di calzature e di macchine, ecc.
Come capoluogo spirituale della Slovenia ha attorno a sé una grande zona d'influenza, dovuta a una colta classe borghese.
Rovinata ripetutamente dai terremoti (l'ultimo del 1895) la vecchia città, a vie strette, più volte ricostruita, è circondata a nord dal Lubiana, e a sud da un canale derivato da esso. Sulla riva sinistra del fiume si stendono i nuovi quartieri ampî e regolari, attorno alla grande stazione ferroviaria, coi recenti palazzi delle Poste, della Giustizia e del Museo nazionale, nonché una galleria di quadri. I quartieri industriali moderni si allungano, oltre la stazione, verso il Ljubjiansko Polje.
La conca di Lubiana ha un clima continentale (media del gennaio −2°,5, del luglio 19°,6), ma piogge abbastanza abbondanti estive e autunnali. Il Ljubljansko Polje, irrigato dalla Sava, è coltivato e abitato da popolazione slovena distribuita in piccole borgate accentrate, specialmente lungo l'orlo delle pendici boscose; la maggiore di queste è Kranj (Krainburg). All'angolo NO. del Ljubljansko Barje disabitato, sta Vrhnika (Ober Laibach, ab. 6000) l'antico Nauportus dei Romani, che era il centro della regione. L'influsso tedesco è visibile ancora, così nella conoscenza di questa lingua, come nel tipo delle coltivazioni e nella forma delle case; ma il numero dei Tedeschi, che nel 1880 rappresentava il 22,8% della popolazione, era sceso al 14,7% nel 1910, e il censimento iugoslavo del 1921 denuncia solo il 13% di Tedeschi. Lo sviluppo commerciale della città portò in essa, alla fine del sec. XIX, anche numerosi Italiani, oggi però assai ridotti.
Lubiana, nella sua qualità di centro culturale del popolo sloveno, possiede oltre all'università, quattro ginnasî-licei, un istituto tecnico, due scuole commerciali, due istituti magistrali e una ricca biblioteca di stato con 120.000 volumi, 500 incunaboli e 600 manonoscritti. Un'intensa attività scientifica viene svolta da varie società che pubblicano rassegne e annali e la vita letteraria si rispecchia nelle principali riviste letterarie e nella bene organizzata attività di varie case editrici. L'arte musicale e corale, iniziata già nel secolo XVII, viene coltivata nel conservatorio, dall'istituto musicale della Glasbena Matica e da varie società corali. La vita teatrale si svolge in due teatri stabili, nell'Opera nazionale e nel Teatro drammatico, con repertorî classici e moderni. Le arti belle, che hanno avuto negli ultimî decenni un forte sviluppo e artisti di valore, sono rappresentate nella raccolta della Galleria nazionale, mentre il vasto Museo nazionale offre un chiaro quadro storico della civiltà nelle terre slovene.
Monumenti. - La parte monumentale della città, adagiata sotto l'antico castello, risale al Sei- e Settecento, quando, dopo la vittoria della Controriforma, vennero maestri italiani, specie veneti (fra i quali l'architetto padre A. Pozzo, il pittore Giulio Quaglia e lo scultore Iacopo Contieri). Sorsero allora le imponenti costruzioni: la cattedrale di S. Niccolò, la chiesa di S. Giacomo, la chiesa dei francescani e quella delle monache, ricche di pregevoli pitture e sculture; oltre a questi il Municipio e il Palazzo vescovile. La maggior parte degli altri edifici pubblici sono della fine dell'Ottocento o sono stati costruiti dopo la guerra mondiale e dànno al resto della città l'aspetto moderno. Tra i monumenti di cui Lubiana abbonda, notiamo la bellissima fontana di F. Robba (1751), i monumenti moderni a F. Miklošič, a P. Trubar, a I. V. Valvasor, a Napoleone e a re Pietro. Tra le nuove chiese è degna di menzione quella nel sobborgo di Šiška dell'architetto J. Plečnik.
Storia. - Lubiana corrisponde all'antica Emona, stazione illirica, sorta da villaggi di palafitticoli nella regione paludosa tra la Sava e il suo affluente Lubiana, occupata poi dai Taurisci. L'importanza commerciale del suo territorio - situato al varco dell'Ocra (ad Pirum) - è adombrata dalla leggenda degli Argonauti che dall'Istro penetrano per il Savo e scendono poi per terra al Mare Adriatico presso le foci del Timavo. Nel 34 a. C. fu fatta Colonia Iulia e ascritta alla tribù Claudia da Augusto, il quale nel 14 d. C. la cinse di mura turrite. Congiunta con Aquileia mediante la strada che per Aidussina, Longatico e Nauporto conduceva oltre le Alpi Giulie a Celeia (Cilli) e a Petovio, la città di Emona, che dapprima apparteneva alla provincia della Pannonia Superiore, fu assegnata all'Italia e diede soldati alle truppe urbane e legionarie. La città, di pianta quadrata, era difesa da ventidue torri quadrilatere, quattro rotonde agli angoli, e da doppio fossato; aveva foro, terme e altri edifici pubblici.
Ripopolata a partire dal sec. VI da Sloveni e più tardi da coloni tedeschi, Lubiana, diventata città nel 1260, fu insieme con la Carniola, dal 1282, stabile possesso degli Asburgo. Nel 1461 la città divenne sede vescovile, nel 1788 arcivescovile. Dal 1809 al 1813 fu la capitale delle Provincie Illiriche. Nel sec. XIX divenne centro del movimento nazionale degli Sloveni.
Bibl.: P. Sticotti, Ad Tricensimum, in Mem. stor. Forogiul., IX, p. 373 segg.; Patsch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 2504 seg., s. v. Emona; Th. Mommsen, Corpus Inscr. Lat., III, pp. 483, 489; A. Müllner, Emona, 1879; W. Schmid, Emona, in Jahrbuch für Altertumskunde, VII (1913-18); J. Vrhovec, Die wohllöbliche landesfüsrtliche Hauptstadt Laibach, Lubiana 1886; J. Wenzel, Zur Bildungsgeschichte des Laibacher Feldes und Laibacher Moores, in Lotos, LXX, Praga 1922; W. Kröhn, Verkersgeographie vonb Krain, Königsberg 1911.
Il congresso di Lubiana. - Fu la prosecuzione e la conclusione del congresso di Troppau in cui si presero quelle decisioni alle quali a Lubiana non furono apportati che gli ultimi tocchi. In seguito alla rivoluzione del luglio 18z0, l'Austria avrebbe avuto diplomaticamente il diritto d'intervenire da sola nel Regno di Napoli per il trattato del 12 giugno 1815 col re Ferdinando e per la domanda che il medesimo re cautamente adombrava nelle sue lettere confidenziali all'imperatore d'Austria. Castlereagh, ministro degli Esteri inglese, consigliava appunto a Metternich di seguire questa via più semplice e sbrigativa, ma Metternich, per vincere ogni velleità d'opposizione della Russia e della Francia e non per virtuosismo da diplomatico, come credeva Castlereagh, fu costretto a fare della questione napoletana una questione europea e a porla come tale al congresso di Troppau. A Troppau la diplomazia russa vinceva nella forma, perché riusciva a inserire il problema napoletano nel problema generale europeo della lotta della legittimità contro la rivoluzione; la diplomazia austriaca invece vinceva nella sostanza, poiché perveniva a farsi dare dall'Europa il mandato d'intervenire a Napoli da sola, dopo che fossero falliti tutti i mezzi pacifici per ricondurre all'ordine i Napoletani (protocollo del 19 novembre 1820). Tra questi mezzi il principale era quello d'invitare a Lubiana il re di Napoli e di Carlo mediatore tra le grandi potenze e il suo popolo. Se queste decisioni segnarono il più pieno accordo tra le cosiddette corti del Nord (Russia, Prussia e Austria), esse sdegnarono la diplomazia britannica, che si allarmò al pericolo di una federazione europea assolutista e continentale e, pur non dando torto a Metternich nella questione di fatto - l'intervento a Napoli -, si sentì in dovere di protestare in nome di quelle libertà su cui riposava da secoli la vita politica dell'Inghilterra contro i principî generali assolutisti proclamati a Troppau. Più che mai disorientata restò la diplomazia francese, che si perdette in una serie di atti contraddittorî. Oltre l'intervento del re di Napoli, il fatto nuovo che doveva dare al congresso di Lubiana il suo aspetto più caratteristico era anche l'intervento dei plenipotenziarî di tutti gli stati italiani (circolare-invito di Metternich alle corti d'Italia del 24 dicembre 1820). Ed era questa l'incognita del congresso di Lubiana, perché facendo leva sul re di Napoli e sulle corti d'Italia, la diplomazia russa e la francese speravano di svolgere fino in fondo il tentativo di mediazione e creare a Napoli un regime costituzionale sul tipo di quello francese del 1814, liberamente elargito dal sovrano. Per sventare queste mire, Metternich prese tutte le precauzioni. Il ministro degli Esteri napoletano, duca di Gallo, incaricato dal Parlamento di accompagnare il re a Lubiana, fu arrestato prima a Mantova (7 gennaio), poi a Gorizia (14 gennaio), contro ogni buona fede diplomatica, e il re Ferdinando diede i suoi pieni poteri per il congresso a una creatura di Metternich, il principe Ruffo, già suo ministro a Vienna, che aveva rifiutato di giurare fedeltà alla costituzione. Per paralizzare ogni velleità d'azione diplomatica del governo costituzionale di Napoli, Metternich fece ordinare dal re Ferdinando ai diplomatici costituzionali di abbandonare i loro posti di Londra e di Parigi e di venire in Austria. In quanto agli stati italiani, prima di tutto il Metternich fece scegliere dai singoli sovrani persone a lui gradite; secondariamente escogitò per il congresso di Lubiana una procedura tale, che poneva i plenipotenziarî italiani nella posizione di non potere fare altro che ratificare gli atti compiuti dai plenipotenziarî delle grandi potenze; in terzo luogo non trascurava al principio di ogni seduta, in cui dovessero intervenire, di catechizzare e far catechizzare gl'inviati italiani. Per permettere poi all'Inghilterra di continuare a fiancheggiare l'Austria nella questione di fatto, senza compromettersi nella questione di diritto, Metternich fece dare ai verbali delle sedute del congresso la forma del journal e non quella più impegnativa del protocollo. Previsto tutto ciò, l'unica opposizione seria che Metternich dové incontrare a Lubiana come a Troppau (Opava) fu quella del ministro russo G. A. Capodistria, che egli chiamava il poeta del congresso e che era secondato dal marchese De La Ferronnays; ma contro il primo egli poteva far leva sugli altri plenipotenziarî russi Pozzo di Borgo e Nesselrode e sullo stesso zar Alessandro, e al secondo poteva opporre gli altri plenipotenziarî francesi J. Caraman e L.-C. Blacas. Dopo alcune sedute preliminari di lunghe schermaglie tra Metternich e Capodistria, nella seduta del 16 gennaio 1821 si notificò al Ruffo che l'Europa voleva la fine del regime rivoluzionario a Napoli e che le potenze erano pronte a ricorrere alle armi se non avessero potuto ottenere ciò con la mediazione del re di Napoli. Il 19 gennaio re Ferdinando accettò tale ufficio e scrisse un messaggio al suo popolo esortandolo a sottomettersi al volere delle grandi potenze. La Francia, che aveva cercato di ostacolare la politica austriaca, finì col capitolare (25 gennaio) e l'inviato inglese lord Stewart, pur non apponendo la sua firma ai verbali, riconobbe nel governo di Napoli un governo di settarî e di soldati ribelli. Fatto tutto, il 26 gennaio furono invitati alle sedute i plenipotenziarî italiani, che approvarono l'operato del congresso, salvo l'inviato del papa, cardinale Spina, che proclamò la neutralità assoluta della S. Sede, per non esporsi alle rappresaglie dei rivoluzionarî di Napoli. Infine si rese edotto dei risultati del congresso il povero Gallo, che terminò così ingloriosamente la sua fortunosa carriera di diplomatico.
L'ultima battaglia del congresso si combatté intorno al problema del riassetto interno del regno di Napoli. Capodistria propose la sospensiva su tale questione, che doveva essere risolta, a parer suo, a Napoli dal re Ferdinando, assistito dai provati consiglieri del luogo; ma tutti gli furono addosso (8 febbraio). E allora Capodistria si mise a caldeggiare un regime costituzionale, che desse qualche soddisfazione ai Napoletani senza ledere il principio di legittimità, ma Metternich giunse a dire che avrebbe combattuto tale regime, anche se fosse stato liberamente concesso da re Ferdinando. Dopo un ultimo tentativo del La Ferronnays di salvare l'autonomia del regno di Napoli e le prerogative sovrane del re, il 20 febbraio 1821 fu approvato un progetto di sistema di governo elaborato dal Metternich, in cui si concedevano alle Due Sicilie soltanto alcuni organi consultivi (consulte e deputazioni provinciali). Il progetto venne ratificato dai plenipotenziarî italiani, salvo qualche brontolio del duca di Modena, che avrebbe desiderato un ritorno puro e semplice al Medioevo (21 febbraio). Il 25 febbraio il congresso fu chiuso.
Bibl.: N. Bianchi, Storia documentata della diplomazia europea in Italia, II, Torino 1865; A. Stern, Geschichte Europas, ..., II, Lipsia 1894; M. Avetta, Al congresso di Lubiana coi ministri di re Vittorio Emanuele I, in Risorgimento italiano, 1923, pp. 1-50, 347-398; C. K, Webster, The foreign policy of Castlereagh, Londra 1925-1930, pp. 310-36; A. Alberti, Atti del Parlamento delle Due Sicilie del 1820-21, IV e V, Bologna 1931.