LUCA di Giovanni da Siena
Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo scultore attivo a Firenze e a Orvieto nella seconda metà del XIV secolo; figlio di Giovanni, molto probabilmente nacque a Siena o nelle terre circostanti.
Si deve ritenere che quel Luca del maestro Vanni, "borsaio, operaio sopra tutti e' bottini e tutte le fonti di Siena" (Bargagli Petrucci), ma non maestro di pietra (Romagnoli, p. 242) che negli anni Sessanta lavorava nella città toscana e faceva parte del suo governo, fosse un'altra persona.
Secondo Becherucci (1977), L. doveva essere a Firenze alla fine dell'ottavo decennio del XIV secolo per realizzare l'Angelo annunciante già nel tabernacolo al lato della porta del campanile del duomo (oggi Firenze, Museo dell'Opera del duomo) e il Cristo nel clipeo posto sul timpano sopra la medesima porta. Quest'ipotesi, basata prevalentemente sull'analisi stilistica, tuttavia non ha incontrato pareri favorevoli. Secondo Kreytenberg (1981), seguito da altri, la prima scultura sarebbe di Iacopo di Piero Guidi e il tondo di Francesco Sellaio.
Le prime testimonianze documentarie che fanno menzione dell'attività di L. risalgono agli anni Ottanta e lo attestano attivo a Firenze: l'11 dic. 1385 veniva infatti pagato dall'Opera del duomo 20 fiorini per una statua di angelo (Poggi, p. 9, doc. 44) ed entro il 16 ottobre dell'anno seguente doveva averne terminata un'altra per il medesimo compenso (ibid., docc. 46, 48); L. riceveva inoltre acconti "pro figura unius agnoletti" (Poggi, p. 10, docc. 49-51). Tra gli angeli musici destinati alla facciata di S. Maria del Fiore, quello con la ribeca e l'altro con la cornamusa (oggi Firenze, Museo dell'Opera del duomo) sono apparsi connotati da caratteri senesi e ciò ha permesso di assegnare le due sculture a L. (Kauffmann).
L'attribuzione, nonostante alcune critiche, è stata generalmente accettata e il tentativo di G. Brunetti (1969) di ascrivere a Giovanni d'Ambrogio il primo musico e, anche se più dubitativamente, al figlio di questo, Lorenzo, il secondo, di fatto è rimasto senza seguito (Becherucci tornava a fare il nome di L. nel 1977, e così la letteratura critica successiva).
Per le prime due sculture L. veniva tuttavia pagato 5 fiorini in meno rispetto agli altri artisti attivi alla stessa serie di statue menzionati nei documenti (Iacopo di Piero Guidi e Piero di Giovanni); ciò ha fatto pensare che gli angeli da lui realizzati fossero di dimensioni minori o comunque che la lavorazione fosse condotta in maniera meno accurata (Brunetti, p. 249). Nell'aprile del 1386 L. assumeva il compito di eseguire la figura della Carità per la loggia della Signoria, poi completata da Iacopo di Piero Guidi.
Secondo una notizia riportata da Milanesi, che non menziona però la sua fonte, nel 1387 L. era ad Orvieto in qualità di capomastro della Fabbrica del duomo e vi è attestato sicuramente, con tale qualifica, ancora nel 1390 (Milanesi; Fumi).
Sin dal 1364 nel cantiere orvietano si erano avvicendati in questo ruolo altri due scultori senesi: Paolo d'Antonio e Giovanni di Stefano; a uno di loro, o a più d'uno, si associano alcune statue dei profeti collocate in facciata e le cinquantadue teste virili entro quadrilobi intorno al rosone.
Personalità distinta da L. dovrebbe essere un certo Luca di Giovanni, maestro di legname più volte citato nei documenti senesi, che risulta impegnato dal 1389 e fino al 1397 (anno della sua morte) nei lavori del coro del duomo di Siena: se così non fosse L. risulterebbe contemporaneamente capomastro a Orvieto e maestro di legname a Siena.
Nel 1390 L. riceveva il compito di realizzare la "pila" per il fonte battesimale del duomo di Orvieto, già cominciato da altri (Milanesi, p. 319; Fumi, pp. 325-327). A L. sono stati attribuiti in merito a questa commissione, la scena del Battesimo su una faccia della vasca ottagonale e tre piccoli rilievi sull'orlo superiore di essa (Eissengarthen; Kreytenberg, 1981, p. 53); egli però non dovette mai portare a termine l'opera, dal momento che nel 1402 vi risultano ancora al lavoro Pietro di Giovanni Tedesco, Cristoforo Teutonico e Iacopo di Piero Guidi.
Nell'ottobre del 1390, L. avanzava una serie di richieste alla Fabbrica del duomo di Orvieto: quanto doveva restare, se un anno o due, 10 fiorini per ciascun mese di lavoro e il pagamento per un S. Paolo in pietra rossa (oggi scomparso o comunque non rintracciato) già iniziato "per comandamento del camarlengho"; necessitava inoltre di un mese d'anticipo e non voleva sfuggire alle verifiche del "dottiere" (l'addetto al controllo della "dotta", l'unità temporale di lavoro), ma richiedeva di poter fare "figure o neuna altra cosa" eventualmente anche la notte e soprattutto "libertà del lavorìo, come capo maestro d'esso lavorìo" (Milanesi, p. 320; Fumi, p. 326), denotando così consapevolezza delle proprie capacità professionali.
Sul principio del dicembre del 1390 L. era malato e chiedeva alla Fabbrica del duomo di Orvieto un aiuto economico, e alla fine dello stesso mese prometteva di risolvere il suo debito con lavoro corrispondente ai 108 denari e 10 soldi ricevuti (Milanesi, p. 321; Fumi, p. 327).
Non è dato sapere la data di morte di L., che dovette avvenire plausibilmente tra il 1391 e il 1402.
Le poche opere assegnate a L. testimoniano un fare vigoroso e originale, una formazione classica. Probabilmente proprio questa educazione ha suggerito in passato l'ipotesi che egli fosse stato maestro del ben più famoso Jacopo della Quercia (Della Valle; Romagnoli).
Fonti e Bibl.: G. Della Valle, Storia del duomo di Orvieto(, Roma 1791, pp. 118, 285, 289, 366; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800 (XIX secolo), III, Firenze 1976, pp. 241-248; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 319-322; K. Frey, Die Loggia dei Lanzi zu Florenz, Berlin 1885, pp. 305, 307; L. Fumi, Il duomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 312, 322, 325-327, 482 s. (rist. anast. a cura di L. Riccetti, Orvieto-Perugia 2002); F. Bargagli Petrucci, Le fonti di Siena e i loro acquedotti. Note storiche dalle origini fino al MDLV, II, Documenti, Siena-Firenze-Roma 1906, p. 259; G. Poggi, Il duomo di Firenze. Documenti sulla decorazione della chiesa e del campanile tratti dall'Archivio dell'Opera, (1909), a cura di M. Haines, Firenze 1988, pp. XL-XLII, 9 s., docc. 44, 46, 48-51; K. Rathe, Der figurale Schmuck der alten Domfassade in Florenz, Wien-Leipzig 1910, pp. 62, 83, 104-106; H. Kauffmann, Florentiner Domplastik, in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, XLVII (1926), pp. 146, 148, 151 s.; E. Carli, Il duomo d'Orvieto, Roma 1965, pp. 68, 76; Il Museo dell'Opera del duomo a Firenze, a cura di L. Becherucci - G. Brunetti, I, Venezia s.d. (ma 1969), pp. 22, 249 s.; J. Eissengarthen, Die gotischen Tauf- und Weihwasserbecken in der Toskana, dissertazione, Marburg 1975, pp. 64-66; L. Becherucci, Un'Annunciazione nel duomo di Firenze, in Scritti di storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, a cura di M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto - P. Dal Poggetto, Milano 1977, I, pp. 184-195; E. Carli, Gli scultori senesi, Milano 1980, p. 27; G. Kreytenberg, L'"Annunciazione" sopra la porta del campanile nel duomo di Firenze, in Prospettiva, 1981, n. 27, pp. 53-55; Id., Firenze. Scultura. Secolo XIV, in Enc. dell'arte medievale, VI, Roma 1995, pp. 241 s.; Id., Le sculture trecentesche all'esterno e all'interno, in La cattedrale di S. Maria del Fiore a Firenze, II, a cura di C. Acidini Luchinat, Firenze 1995, p. 83; L. Riccetti, La "Loggia del duomo" e i cantieri delle cattedrali: indirizzi di ricerca, in Il duomo di Orvieto e le grandi cattedrali del Duecento. Atti del Convegno internazionale, Orvieto( 1990, a cura di G. Barlozzetti, Torino 1995, pp. 300, 327; L. Castelnuovo Tedesco, in The Dictionary of art, XIX, London-New York 1996, pp. 752 s.; E. Bassan, Umbria. Scultura. Secoli XII-XIV, in Enc. dell'arte medievale, XI, Roma 2000, p. 415; J. Poeschke, Die Skulptur des Mittelalters in Italien, II, Gothik, München 2000, p. 179; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 426.