FIESCHI, Luca
Nacque nella seconda metà del sec. XIV da Carlo, della potente famiglia ligure dei conti di Lavagna, consignore di Pontremoli e di Varese Ligure, e da Donella, figlia di Giberto da Correggio. Del padre condivise la scelta di campo filofrancese: il F. fu l'uomo d'azione della famiglia, incaricato di intervenire militarmente per destabilizzare Genova da cui i Fieschi erano stati allontanati, favorendo i progetti francesi.
Nel 1394, il 19 agosto, venne eletto doge Antonio Guarco, contro cui si formò una vasta coalizione; il F. mise insieme un contingente di circa 600 uomini, si avvicinò alla città e si arroccò in Carignano, presso la chiesa di S. Maria in Vialata, che costituiva il centro del quartiere dei Fieschi. Ai primi di settembre il Guarco fu costretto alla fuga in Savona, mentre a Genova sbarcò Antoniotto Adorno, da tempo ostile ai Fieschi. Nei disordini che accompagnarono questo cambio di regime andò distrutto il palazzo dell'arcivescovato in S. Silvestro, dove si erano rifugiati i guelfi, contando sull'appoggio dell'arcivescovo Giacomo Fieschi. Per ritorsione, il F. distrusse la villa di Antonio Giustiniani in Albaro, ma fu poi costretto a lasciare la città. Il clima di violenze continuò e sfociò nella dedizione di Genova alla Francia (1396). Il nuovo regime fu appoggiato dai Fieschi, che restituirono alla Repubblica i castelli da loro occupati in precedenza. Nel 1402 il F. si recò a Milano, per assistere ai funerali del duca, Gian Galeazzo Visconti.
Gli anni di dominio francese su Genova furono caratterizzati, all'inizio, dal debole controllo esercitato di fatto sulla città da parte della potenza straniera; solo con l'arrivo del governatore Jean Le Maingre, detto il Boucicaut, venne iniziata una politica "forte", per rendere effettiva la dominazione. Nel 1404 il F. fece parte della spedizione organizzata dal Boucicaut contro Cipro. L'isola era insorta contro il cattivo governo di Antonio Guarco, che il governatore genovese aveva inviato come podestà di Famagosta. Grazie all'appoggio francese, in questi anni i Fieschi dovettero riprendere il controllo di Varese Ligure, che nel 1386 il padre del F., Carlo, aveva venduto alla Repubblica genovese.
Il F. giocò un ruolo decisivo negli avvenimenti drammatici che portarono Pisa alla perdita della sua libertà. Dopo che Gabriele Maria Visconti, con l'appoggio del Boucicaut, aveva ceduto i suoi diritti sulla città a Firenze (22 ag. 1405) scoppiò, nel settembre, la rivolta pisana. Nel giugno del 1406 il F. era stato eletto capitano generale dei Fiorentini, al comando di 75 lance e 35 balestrieri, con il soldo di 500 fiorini d'oro al mese. Dopo l'occupazione di Vicopisano avvenuta il 16 luglio, vennero allestiti dagli assedianti due campi, per stringere la morsa su Pisa, che il 9 ottobre fu costretta ad arrendersi; le prime truppe ad entrare in città furono quelle guidate dal Fieschi.
Il 12 apr. 1407 egli venne inviato con altri tre ambasciatori a Marsiglia, presso l'antipapa Benedetto XIII, con il quale Genova si era schierata.
Nello stesso tempo il F. fu coinvolto nelle aspre lotte per il controllo di Pontremoli, conteso alla famiglia Fieschi da altri potenti confinanti, tra cui i Rossi di Parma; nel 1405 il vescovo di Verona, lacopo dei Rossi, e suo fratello Pietro avevano venduto metà del borgo a un cugino del F., Antonio Fieschi. Nel 1408, tuttavia, Pietro tentò di riprendere il controllo di Pontremoli, assoldando un forte contingente composto da 400 cavalieri e 700 fanti. Il F. riuscì, però, ad assediare Grondola e a far prigioniero il Rossi.
Nel frattempo, il duro dominio imposto dal Boucicaut su Genova provocò una violenta reazione: la città si ribellò. Il F. rimase però accanto al Boucicaut e cercò di spingerlo ad un estremo tentativo per riprendere sotto il suo controllo Genova. Il nuovo regime, guidato da Teodoro Il Paleologo, marchese del Monferrato, iniziò una energica campagna militare nella Riviera di Levante, per togliere ai guelfi ed ai Fieschi quei castelli che costituivano una continua minaccia per il governo genovese. La resistenza guelfa si fece accanita a Portofino, i cui abitanti, guidati dal F. e dal cardinale Ludovico Fieschi, tentarono una disperata opposizione, asserragliandosi nella chiesa di S. Giorgio. Il cardinale chiese aiuto al Boucicaut, ma il 28 dic. 1409 Portofino fu conquistata. I beni degli abitanti vennero confiscati; il F. ed il cardinale Ludovico dovettero lasciare le Riviere, per cui anche gli uomini di Recco preferirono arrendersi senza combattere, il giorno dopo. Per ritorsione, a Recco fu distrutto il palazzo che il F. vi possedeva. I loca nelle Compere del Comune genovese, di cui i Fieschi erano titolari, vennero confiscati, per ricavare i finanziamenti necessari alle operazioni militari contro la stessa famiglia.
Il F. non si diede per vinto: occupò il castello di Tugio, in posizione strategicamente delicata nella Riviera orientale, mentre Teodoro reagì, mettendo sotto il suo controllo Savignone. Nel novembre del 1410 il F. assoldò 60 cavalieri e, approfittando dell'assenza del marchese, scese verso Genova, tra l'indifferenza degli abitanti della Valbisagno. Raggiunto il monastero di S. Spirito, alla periferia cittadina, fu costretto a fermarsi per la pronta reazione di Corrado Del Carretto, luogotenente del marchese. Le truppe del F. furono messe in fuga ed inseguite sino alla chiesa di S. Martino degli Erchi; nello scontro seguito, vennero uccisi sei cavalieri del F. ed uno catturato.
In seguito, il regime guidato da Teodoro si sentì abbastanza forte da poter restituire alla famiglia i loca che erano stati ad essa confiscati. Pur rinunciando ad azioni dirette contro Genova, il F. continuò a creare ostacoli al regime del Paleologo. Nel 1411 egli si alleò coi Fregoso che, con l'appoggio di Firenze, intendevano occupare Genova. Sempre in quest'anno, Maria, figlia del F., sposò a Firenze Marsilio, figlio di Francesco da Carrara.
Il 15 apr. 1414 da Bologna Giovanni XXIII comunicò ai vescovi di Bitonto e di Brugnato la sua decisione di assegnare al cardinale Ludovico ed al F. in feudo Borgovalditaro. In questi anni il F. dovette collaborare strettamente con il cardinale suo parente che accompagnò anche al concilio di Costanza (qui, il 15 maggio 1415, egli ricevette in prestito 60 fiorini d'oro da Giovanni de' Medici).
Il F. morì tra il 15 maggio 1417, quando Gian Luigi Fieschi, suo nipote, provvide a creare un vassallo a Pontremoli, anche a suo nome, ed il 1419, anno in cui suo figlio Antonio risulta ormai amministrare il feudo.
Dal matrimonio del F. con Linò Fieschi nacquero Maria, Donella (che sposò Iacopo d'Appiano, signore di Piombino) ed Antonio; secondo altri, anche Bianca e Sobrana.
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