MOMBELLO, Luca
– Nacque da Antonio a Orzivecchi, forse nel 1518 o, più plausibilmente, nel 1520. La prima ipotesi è stata dedotta da due polizze, una del 1568 l’altra del 1588, appartenenti alla quarta quadra di S. Faustino, uno degli antichi quartieri di Brescia, che lo dicevano nato nel 1518. Il 1520, invece, si evince da un documento del 1548 in cui lo stesso M. si dichiarava pittore ventottenne (tutte le testimonianze sono conservate presso l'Archivio di Stato di Brescia; Fappani, p. 208). Scarse anche le notizie relative alla formazione: inizialmente umile ma abile intagliatore di cornici, verso il 1553, in età piuttosto matura, è citato, con Francesco Ricchino, Girolamo Rossi e Piermaria Bagnatore (Zanotto), come uno fra i più promettenti allievi di Alessandro Bonvincino, detto il Moretto.
Proprio la sua prima attività di creatore di soase – spesso sovraccariche di elementi decorativi, andate a costituire nel tempo un sempre più cospicuo gruppo di anconette portatili a lui attribuite e note a Venezia come «cornici Sansovino» (Bayer, 1988, p. 252) –, sembra caratterizzare il passaggio alla dimensione pittorica che lo vuole esecutore, in origine, di dipinti quasi sempre di piccole dimensioni, popolati da fiori e animali curati leziosamente nei minimi particolari e che gli procurarono il singolare epiteto di pittore delle monache (Fappani, p. 209).
Difficile risulta pure stabilire un’esatta cronologia per la sua vasta e fluttuante produzione che, spesso frutto di lavoro di bottega, non firmata né datata, porta la critica a effettuare continue revisioni ed espunzioni dal corpus dell’artista, che risulta così ancora in fase di definizione, anche a causa delle numerose tele presenti sul mercato antiquario o in collezioni private. Una delle sue prime opere certe è l’Adorazione dei magi di Coccaglio (1549 circa; chiesa della Natività di Maria), che mostra affinità con la maniera del Romanino e con la scuola veneta (Guerrini, p. 13), e un suo contributo è forse da rintracciare nell’Incontro di Abramo con Melchisedek (1554-55; Brescia, duomo), pala commissionata al Moretto e poi ultimata dagli allievi. Ma deve essere del tutto respinta l’ipotesi, non suffragata da documenti, secondo cui sua sarebbe la Madonna e i ss. Marco e Daniele (Ponte di Brenta, chiesa dei Ss. Marco e Daniele) che, pur mostrando forti rimandi all’ambito bresciano e una strana iscrizione «Luca-Moretto 1588» (citata nella Storia di Brescia, p. 1084, ma non rilevata nella recente catalogazione), presenta forti affinità con la maniera di Parrasio Micheli.
Dal sapore tardo-gotico una Natività (1540-60; Castiglione delle Stiviere, Museo Aloisiano), mentre le tele Incoronazione della Madonna tra angeli musicanti, Umiltà e Pudicizia (post 1540 - ante 1560), Presentazione di Gesù al Tempio (post 1540-ante 1550), Immacolata Concezione (post 1550 - ante 1574), Incoronazione della Vergine, Ritratto di giovane donna con ricche vesti e gioielli e una S. Elena (post 1550 - ante 1599; tutti conservati a Brescia nella Pinacoteca Tosio Martinengo), rivelano i modi attardati del M., riscattati in parte da vivacità cromatico-compositiva.
Rispetto alla maniera eccentrica del maestro, la pittura del M. si caratterizza per uno stile particolarissimo, di certo molto più morbido (Nicoli Cristiani) che, puntando soprattutto sulla preziosità e sulla ricerca quasi ossessiva del dettaglio, tenta di fondere, originalmente, tradizione veneta a immaginario nordico e manierismo mantovano di ascendenza romana (Sgarbi).
Tali caratteristiche affiorano a tratti nel Matrimonio mistico di s. Caterina e santi (Brescia, chiesa di S. Maria in Calchera), nel Cristo in Gloria e i ss. Sebastiano, Antonio Abate e Rocco (1570 circa; Capovalle, chiesa di S. Giovanni Battista), nell’Immacolata (1580 circa; Brescia, basilica di S. Maria delle Grazie), nel Noli me tangere (Bergamo, Accademia Carrara), nella Maria Maddalena (Breno, Museo Camuno) o nella Madonna con Bambino e i ss. Sebastiano, Rocco e Giuseppe (1580; Brescia, chiesa di S. Giuseppe), commissionata all’artista dal nobile Andrea Ganassoni, una delle poche tele firmata e datata che rimanda, per struttura, alla Madonna e i ss. Giacomo e Rocco (Carcina, chiesa parrocchiale), riferita al M. da tutta la letteratura artistica tranne che da Guerrini che la vuole di G.B. Moroni.
L’opera, che tradisce influenze moroniane nell’esile profilo della Vergine, potrebbe essere un possibile lavoro di collaborazione fra i due allievi del Moretto (Anelli, 1992, p. 26).
Negli ultimi anni della sua vita il M. sembra essersi trasferito a Quinzano d’Oglio: tra le carte del notaio Scipione Gandino un ser Bernardo, figlio del defunto ser Luca de Mombelli compare più volte come maritato «ad una di Quinzano» e possidente di poca terra in contrada Berette. Del M. sembra essere anche l’abitazione citata in un documento del 1596 come «proprietà Mombelli», confinante con la casa del medico Giovanni Planerio (i documenti, custoditi presso l'Archivio di Stato di Brescia, sono riportati da Casanova, p. 13), committente con i fratelli Giuseppe e Pietro della suggestiva pala col Sogno di s. Giuseppe (1570; Quinzano, chiesa di S. Giuseppe).
Per la Confraternita della Concezione dello stesso paese indorava (1587) l’ancona della cappella della Concezione nella chiesa di S. Maria delle Grazie (Casanova), testimonianza di come il M. continuasse ad esercitare la sua prima professione. Se interamente a lui si devono il Polittico del Rosario (Gussago, chiesa di S. Maria Assunta) e una piccola e sovraffollata Madonna del Rosario (Pezzaze, chiesa di S. Apollonio), ancora da valutare è l’affresco di omonimo soggetto presente a Borgo San Giacomo (1587, chiesa di S. Rocco), località che sembra comunque influenzata dalla presenza diretta dell’artista.
Il M. morì a Quinzano tra il 1588 e il 1596.
Fonti e Bibl.: F. Nicoli Cristiani, Della vita e delle pitture di Lattanzio Gambara: aggiuntevi brevi notizie a più celebri ed eccellenti pittori bresciani, Brescia 1807, p. 170; F. Zanotto, Storia della pittura veneziana, Venezia 1837, p. 38; Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 1082-1084; V. Sgarbi, Aspetti della «Maniera» nel Veneto, in Paragone, XXXI (1980), 369, p. 73; L. Anelli, Un’ignota «Maddalena» di L. M., in Commentari dell’Ateneo di Brescia, CLXXX (1981), pp. 289-293; S. Guerrini, Note e documenti per la storia dell’arte bresciana dal XVI al XVIII secolo, in Brixia Sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia, n.s., XXI (1986), pp. 11-13, 68 s.; A. Bayer, La «Soasa» a Brescia: la cornice nella prima metà del '500, in Alessandro Bonvicino «il Moretto» (catal., Brescia), Bologna 1988, pp. 247-252; L. Anelli, Moretteschi bresciani del secondo Cinquecento e del Seicento: da L. M. a Tommaso Bona, in Civiltà bresciana, I (1992), pp. 23-47; Enciclopedia bresciana, a cura di A. Fappani, IX, Brescia 1992, pp. 208 s.; T. Casanova, L’attività di L. M. in Quinzano, in L’Araldo nuovo di Quinzano, IV (1997), 38, pp. 12 s.; L. Anelli, Dopo Moretto: tra «morettismo» e maniera nei dipinti della Pinacoteca Tosio Martinengo, in Brescia nell’età della Maniera: grandi cicli pittorici della Pinacoteca Tosio Martinengo (catal., Brescia), a cura di E. Lucchesi Ragni - R. Stradiotti, Cinisello Balsamo 2007, pp. 97-109; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 51.