MONALDESCHI, Luca
– Figlio di Berardo, capo fazione in Orvieto, nacque presumibilmente intorno alla metà del secolo XIV.
Il M. fu un esponente di punta della fazione dei Muffati, accanto al fratello Corrado, in una delle aspre fasi della contesa interna in Orvieto che si dipanò per oltre due secoli. Se la divisione in fazioni non fu esclusiva della cittadina umbra, a Orvieto lo scontro assunse una dimensione strutturale. Tra la fine del secolo XIV e gli inizi del XV, la ragione del continuo mutare degli schieramenti, in un convulso giro di alleanze tra famiglie eminenti, città e poteri sovrani non derivava più dall’iniziale scelta per i guelfi o per i ghibellini. Orvieto gravitava intorno a Roma e al Papato e i Monaldeschi avevano perduto la loro identità unitaria, seguendo nel loro dividersi le spaccature interne alla compagine guelfa. Al tempo del M. i conflitti sorgevano per nuove ambizioni signorili nelle terre dell’odierna Umbria, ma sempre in legame con altre, più generali vicende. In particolare, lo scisma d’Occidente ebbe effetti anche in Orvieto, dove il tradizionale antagonismo bipartito trovava nuova ragion d’essere: da un lato, i Melcorini, legati all’obbedienza romana; dall’altro, i Muffati (prima detti Beffati), favorevoli a Clemente VII.
Nel 1385 tra le due fazioni si giungeva a una tregua, nella quale il M. compare tra gli esponenti di spicco dei filoavignonesi. Non fa stupore, allora, che Clemente VII, nel settembre del 1389, conferisse la città di Orvieto al M. e al fratello Corrado, affinché la governassero per lui. Pochi mesi dopo, morì il papa «romano» Urbano VI e fu eletto Bonifacio IX. Era questi, ora, a tentare di portare le parti a un accordo. Una tregua venne effettivamente stipulata, ma anche questa volta l’esito fu incerto e parziale. Giunta notizia in Orvieto dell’uccisione di Pietro Orsini, dei Melcorini, da parte del conte di Montorio, il M. – che non faceva parte della delegazione portatasi a Roma dal pontefice ma era rimasto a controllare la città – fece distruggere la rocca. Si giungeva a una nuova tappa del conflitto tra Melcorini e Muffati, per la composizione del quale furono nominati, da un lato, il conte Francesco Montemarte ed esponenti di altri rami dei Monaldeschi rispetto a quello del M., che dall’altro versante era a capo dei Muffati insieme con il fratello Corrado. Nonostante il raggiungimento di un accordo e la riforma degli ordinamenti civici concordata tra le due parti – ai Sette subentrava un organo composto da quattro esponenti, due per parte, i Signori conservatori della pace –, gli equilibri interni in Orvieto rimanevano comunque assai precari tanto che, nel 1395, per garantire una relativa tranquillità interna, la città fu affidata alla signoria di Biordo Michelotti. Orvieto e gli Orvietani divennero importante elemento di uno scacchiere più ampio, del quale Roma era il centro. Così come altri esponenti di punta della cittadina, il M. e il fratello Corrado assunsero ruoli di rilievo: nel 1399 Bonifacio IX concedeva ai due fratelli il vicariato di Bolsena mentre, nel dicembre 1404, era Innocenzo VII a confermare a Corrado e al M. il castello di Civitella d’Agliano. Ma il processo di inserimento nella sfera romana doveva ancora misurarsi con le tensioni prodotte dallo scisma e con le ambizioni che famiglie aristocratiche e regie nutrivano per il controllo di territori più o meno vasti. In particolare, l’inizio del secolo XV fu contrassegnato dall’ambizioso disegno di Ladislao d’Angiò Durazzo di formare un Regno d’Italia in una penisola che soffriva, anche sul piano territoriale, le divisioni della Chiesa nelle diverse obbedienze. In questo progetto rientrava anche l’occupazione del Patrimonio: diverse terre dei dintorni di Orvieto furono devastate da assoldati perugini e sono note devastazioni di castelli del M. e del fratello intorno alla metà del 1413. Il coinvolgimento del M. in tali vicende non si limitò, però, ai suoi interessi personali: il 14 luglio 1413, i conservatori della pace gli scrissero affinché si adoperasse perché lo stato di tregua tra i seguaci di Giovanni XXIII e quelli di Ladislao avesse effettivamente corso.
Con la morte di Ladislao non finirono però i problemi per il M., per Corrado e, in generale, per i Muffati. Alla fine del 1414, più documenti mostrano che Tommaso Carafa, reggente per conto della regina Giovanna II, perseguitò i Muffati, che solo l’anno successivo, grazie al sostegno dei Fiorentini, riuscirono a rientrare con la forza in Orvieto.
Sono ancora vicende relative alle convulse fasi di quegli anni a dare notizie del M., con la tregua tra Braccio da Montone e Muzio Attendolo Sforza, al servizio della parte papale, in seguito alla quale quest’ultimo rilasciava da Viterbo, il 22 sett. 1418, un salvacondotto in favore di alcuni orvietani, tra cui il Monaldeschi.
Solo con l’ascesa di Martino V (1417) si ristabilì in pieno il potere papale nelle terre del Patrimonio e dell’odierna Umbria. In quello stesso anno, il papa riconobbe l’autorità di diversi signori locali, al fine di garantirsene la fedeltà. Tra questi, al M. furono assegnati diversi castelli e terre intorno a Bolsena: tra l’altro, fu fatto castellano di Rocca Ripescena, con il diritto di utilizzare per sé gli introiti del castello, oltre ad avere diritto al pagamento di un salario annuo di 100 fiorini.
Negli ultimi anni di vita il M. si pose stabilmente al servizio di Martino V: nel 1424 fu delegato dal pontefice a ricevere Todi in soggezione mentre nel 1426, in giugno, giurava che avrebbe agito per la pace e l’unione nella città natale, nel quadro del consolidamento del potere papale.
Il 20 ott. 1429 il M. morì lasciando Orvieto in uno stato relativamente riappacificato che, tuttavia, avrebbe retto solo per pochi anni.
Stando a Ceccarelli, il M. ebbe tre figli da Livia di Cataluccio di Galasso di Bisenzio: Aluigi, Gentile e Brandolino, frate camaldolese, premorto al M. di pochi mesi, il 12 apr. 1429.
Fonti e Bibl.: Ricordi di ser Matteo di Cataluccio, a cura di L. Fumi, in Rer. ital. Script., 2a ed., XV, 5, p. 429; Braccii Perusini vita et gesta, a cura di R. Valentini, ibid., XIX, 4, p. 190; Codice diplomatico della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1887, pp. 584, 587 s., 608, 625, 664 s., 667, 674, 679, 682; A. Ceccarelli, Breve historia sopra l’albero et vite delli signori Monaldeschi d’Orvieto, Perugia 1582, p. 12; P. Partner, The Papal State under Martin V, London 1958, pp. 64, 74, 79.