RONCONI, Luca
Regista teatrale e d’opera, nato a Susa (Tunisia) l’8 marzo 1933 e morto a Milano il 21 febbraio 2015. In sessant’anni di attività, con più di duecento regie, ha reinventato il teatro esplorando le strutture drammaturgiche, con la scelta di testi celebri e sconosciuti, antichi e contemporanei, di natura teatrale, letteraria e saggistica. Ha ricercato ogni volta una recitazione antinaturalistica e antipsicologica, espandendo il tempo e lo spazio della rappresentazione, con la creazione di durate estese e imponenti allestimenti scenici. Impegnato in importanti istituzioni culturali e nell’ambito formativo, Ronconi ha diretto la Biennale di Venezia (1975-76), ha fondato il Laboratorio di Prato (1976-79), è stato direttore artistico del Teatro stabile di Torino (1988-93), di Roma (1994-98) e del Piccolo di Milano (1999-2015). Ha insegnato all’Accademia Silvio d’Amico, alla scuola del Teatro stabile di Torino, alla scuola del Piccolo Teatro, che ora porta il suo nome, e ha fondato nel 2002 insieme a Roberta Carlotto il Centro teatrale Santacristina in Umbria.
Diplomato all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico di Roma (1953), R. realizzò la sua prima regia con La buona moglie (1963), dopo aver lavorato per dieci anni come attore. Il successo internazionale giunse con l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1969), nella versione di Edoardo Sanguineti, costruito con scene simultanee per un pubblico itinerante (versione per la TV nel 1975). Seguirono, tra i più importanti: Orestea (1972), sette ore di durata, affondo sulle origini della tragedia; Utopia (1976), montaggio di cinque testi di Aristofane presentato alla Giudecca; Le Baccanti (1978), con la performance straordinaria di Marisa Fabbri sola in scena, al Magnolfi di Prato; Ignorabimus di Arno Holz (1986), dodici ore con una scenografia di cemento, mattoni e marmo, iniziale riflessione su un ‘teatro della scienza’; Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus (1990), con le azioni di oltre sessanta attori su praticabili mobili al Lingotto di Torino.
Nel 1996 diresse Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda, nel quale i personaggi, riflettendosi nella molteplicità dei punti di vista narrativi, parlano di se stessi in terza persona e danno vita a un ‘racconto’ che si presenta come forma alternativa al dialogo tipicamente teatrale. Negli anni successivi: Lolita (sceneggiatura di Vladimir V. Nabokov, 2001), con un allestimento ironico da set cinematografico; Candelaio di Giordano Bruno (2001); Quel che sapeva Maisie di Henry James (2002), con la grande prova d’attrice di Mariangela Melato; Infinities (2002), da cinque saggi sui principi logico-matematici del concetto di infinito commissionati all’astrofisico John D. Barrow; Le rane di Aristofane (2002), al Teatro greco di Siracusa, con l’inserimento di ritratti di uomini politici che provocò forti polemiche da parte del governo in carica; Amor nello specchio di Giovan Battista Andreini (2002), a Ferrara, di fronte al palazzo dei Diamanti, su una superficie di 60 m di specchi. Per i Giochi olimpici invernali di Torino (2006), in collaborazione con Walter Le Moli, dette vita al Progetto Domani, cinque spettacoli su temi universali, dalla scienza alla politica, dalla guerra all’economia (Troilo e Cressida, Trilogia della guerra, Lo specchio del diavolo, Il silenzio dei comunisti, Biblioetica).
Negli anni successivi portò in scena Odissea doppio ritorno (Itaca di Botho Strauss e L’antro delle ninfe da Omero a Porfirio); due Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate (2008) e Il mercante di Venezia (2009); Giusto la fine del mondo (2009) di Jean-Luc Lagarce; Nora alla prova, da Casa di bambola di Henrik Ibsen (2010); due testi del giovane drammaturgo argentino Rafael Spregelburd (La modestia, 2011, e Il panico, 2013); Santa Giovanna dei macelli (2012), prima esperienza con un’opera di Bertolt Brecht; In cerca d’autore. Studio sui Sei personaggi (2012) di Luigi Pirandello; Pornografia di Witold Gombrowicz (2013); Danza macabra di August Strindberg (2014). Il suo ultimo lavoro teatrale fu Lehman Trilogy (2015) di Stefano Massini, centosessant’anni di storia del capitalismo, raccontata tramite le vicende della famiglia Lehman.
Bibliografia: F. Quadri, Il rito perduto: Luca Ronconi, Torino 1973; L. Ronconi, G. Capitta, Teatro della conoscenza, Roma-Bari 2012. Sul sito www.lucaronconi.it, ideato dal Centro teatrale Santacristina in collaborazione con www.ateatro.it, è possibile trovare una ricca raccolta di informazioni biografiche e approfondimenti critici, di foto e video, sulle attività teatrali, liriche e pedagogiche di Ronconi.