SINCROTRONE, Luce di
Radiazione elettromagnetica emessa da particelle subatomiche cariche che si muovono con velocità relativistica in un campo magnetico.
I primi studi sull'irraggiamento di radiazione elettromagnetica da parte di un elettrone non relativistico in moto in una traiettoria circolare con i metodi dell'elettrodinamica classica risalgono al 19° secolo e sono dovuti a J. Larmor (1898), A. Liénard (1898) e a G.A. Schott (1907), che tentò di spiegare la natura discreta degli spettri atomici nel contesto del modello di Bohr dell'atomo. Dopo questo lavoro passarono circa 30 anni senza significativi progressi. Negli anni Quaranta, il soggetto fu rivitalizzato dall'attività connessa alla costruzione di macchine acceleratrici di particelle. A questo periodo si riferiscono le indagini sistematiche (1948) da parte del gruppo dell'università di Mosca (D. Ivanenko, A.A. Sokolov e I.M. Ternov) e, indipendentemente, da parte di J. Schwinger negli Stati Uniti (1946, 1949). Dal 1952 in poi il numero di studi dedicati alla l. di s. è cresciuto molto rapidamente e oggi è disponibile un'analisi teorica dettagliata dello spettro irraggiato da elettroni relativistici nel limite sia classico che quantistico. Dal punto di vista sperimentale, la l. di s. fu studiata nel 1946 da J.P. Blewett al betatrone da 100 MeV dei laboratori General Electric (Schenectady, New York) e osservata visualmente per la prima volta l'anno successivo da F. Haber (o da G. Knowlton), tecnici del gruppo di H.C. Pollock. Negli anni seguenti il gruppo di Pollock studiò con sistematicità le proprietà della l. di s. misurando la distribuzione dell'intensità nel visibile a varie energie degli elettroni. Nel 1953 F.A. Korolev e collaboratori studiarono le caratteristiche della l. di s. e la sua interazione con il fascio di elettroni al sincrotrone FIAN di 250 MeV dell'Istituto Lebedev di Mosca. Nel 1956 D.H. Tomboulian e P.L. Hartman analizzarono la radiazione visibile e ultravioletta emessa dall'elettrosincrotrone di 320 MeV della Cornell University di Ithaca (New York) e confrontarono i loro risultati con la teoria, ottenendo un ottimo accordo. Poco più tardi (1963) R. Madden e K. Codling utilizzarono l'elettrosincrotrone di 180 MeV del National Bureau of Standards (Washington) per studi spettroscopici su gas rari e furono i primi a dimostrare l'alta potenzialità spettroscopica della l. di sincrotrone. In Italia l'uso della radiazione di sincrotrone per studi spettroscopici sui solidi ha avuto inizio negli anni Sessanta presso i Laboratori Nazionali di Frascati nell'ambito di una collaborazione fra l'Istituto Superiore di Sanità, l'università di Roma e quella di Parigi Sud. Inizialmente fu utilizzato l'elettrosincrotrone da 1 GeV, e poi le ricerche proseguirono con la costruzione di un laboratorio dedicato alla l. di s. emessa dall'anello di accumulazione Adone. Dagli anni Sessanta si sono rapidamente moltiplicati in tutto il mondo i progetti di utilizzazione della l. di s. nei campi della fisica atomica, della fisica dello stato solido e della biologia. Dall'uso parassitico di elettrosincrotroni e anelli di accumulazione costruiti per lo studio delle particelle elementari si è passati, negli anni Ottanta, allo sviluppo di macchine acceleratrici (anelli di accumulazione) dedicate alla l. di s. e dotate di vari dispositivi magnetici che permettono di migliorare le caratteristiche del fascio fotonico emesso.
Le proprietà principali della l. di s. si possono dedurre da quelle di un dipolo oscillante sottoposto a una trasformazione di Lorentz. Se si considera una particella carica (elettrone o positrone) in moto uniforme su una traiettoria circolare, essa è soggetta all'accelerazione centripeta dovuta alla variazione istantanea della sua direzione di moto. Assimilando la carica in moto a un'antenna classica, si ha irraggiamento di energia elettromagnetica a spese dell'energia cinetica della particella. Se la velocità della particella v è prossima alla velocità della luce c, la distribuzione angolare dell'intensità emessa, vista da un osservatore inerziale, risulta confinata nel piano orbitale entro uno stretto cono, di semiapertura ≈1/γ, dove γ=(1−β2)−1/2 con β = v/c, tangente alla direzione istantanea di moto della particella. La maggior parte dell'energia viene irraggiata a frequenze multiple (armoniche) della frequenza fondamentale. La ridistribuzione di energia tra le varie armoniche è tale che la massima intensità irraggiata si trova in corrispondenza di una pulsazione critica ωc≅γ3ω0, dove ωo è la pulsazione fondamentale. Altre caratteristiche peculiari della l. di s. sono la polarizzazione lineare nel piano dell'orbita, la struttura temporale a impulsi e l'ampia regione spettrale ricoperta che si estende dall'infrarosso ai raggi X. Tutte queste proprietà possono essere calcolate esattamente una volta noti i parametri della sorgente, il che rende la l. di s. una sorgente di calibrazione ideale.
La potenza istantanea P emessa da una particella in moto di carica e, massa a riposo m, momento p ed energia E=(c2p2+m2c4)1/2 è:
dove γ = E/(mc2). Nel caso particolare in cui la particella sia costretta da un campo magnetico esterno uniforme e costante a descrivere una traiettoria circolare di raggio R, il momento p cambia rapidamente in direzione mentre la perdita di energia per rivoluzione è piccola rispetto all'energia totale. Se nella [1] si trascura il termine (1/c2)(dE/dt)2 rispetto a (dp/dt)2 si ottiene:
La potenza totale irraggiata è dunque direttamente proporzionale alla quarta potenza dell'energia della particella e inversamente proporzionale alla quarta potenza della sua massa a riposo (A. Liénard, in L'éclairage électrique, 16, 5, 1898). Per questa ragione l'emissione di l. di s. è importante solo per elettroni (o positroni) e non per protoni della stessa energia totale.
La distribuzione angolare istantanea della luce emessa è quella di un dipolo relativistico. A un dato punto di osservazione x molto distante dalla sorgente e al tempo t, i campi elettrico E(x,t) e magnetico H(x,t) irraggiati da una carica e dotata di velocità istantanea β c=v e accelerazione β≡dβ/dt sono dati da:
dove n≡R/R. La grandezza R(t′) è la distanza dalla carica in moto al tempo t′=t−R(t′)/c. Nell'espressione del campo elettrico, il primo termine rappresenta il campo di velocità creato da una carica in moto uniforme; perciò, in un sistema inerziale la particella è ferma e quindi non irraggia. Esso non contiene l'accelerazione e, a grandi distanze, decresce come R−2. Il secondo termine descrive il campo di accelerazione che decresce come R−1, è proporzionale all'accelerazione β ed è perpendicolare a n. Questo termine e il corrispondente termine magnetico costituiscono il vero campo di radiazione della particella. A causa del termine (1−β·n)3 al denominatore della [3], la direzione di emissione zero forma un piccolo angolo con quella della velocità della particella. Il cono di radiazione (cioè il lobo principale di radiazione, nel quale si trova la maggior parte della potenza irraggiata) ha semiapertura γ−1 che, per elettroni di 5 GeV, corrisponde a un angolo di circa 0,1 mrad (direzionalità della l. di sincrotrone). La distribuzione angolare tridimensionale della radiazione emessa ha l'aspetto indicato nella fig. 1, rispettivamente nel caso classico (β≪1, distribuzione dipolare di Larmor) e relativistico (β≈1).
Un osservatore che riceve la l. di s. prodotta da un elettrone relativistico che percorre un arco di orbita, di raggio R, sotteso da un angolo ≈1/γ vede un impulso di radiazione di durata τ = R/(cγ3) pari alla differenza tra il tempo richiesto dall'elettrone per percorrere l'arco e quello richiesto dalla luce per attraversare la corda sottesa dall'arco. L'impulso di luce contiene frequenze fino alla pulsazione critica ωc≈1/τ = cγ3/R = ω0γ3 che cade nella regione dei raggi X molli. Se le particelle hanno velocità distribuite statisticamente intorno a un valore medio, le armoniche sono confuse in un continuo e, in pratica, lo spettro di l. di s. irraggiato dagli acceleratori di particelle si può considerare continuo. Per un ampio intervallo di energie degli elettroni, la distribuzione spettrale della l. di s. è approssimabile con una legge di potenza.
La potenza irraggiata nell'unità d'intervallo di lunghezza d'onda da un singolo elettrone su tutto lo spazio è data da:
dove è la lunghezza d'onda critica o caratteristica e K5/3(η) è la funzione di Bessel modificata di seconda specie dell'argomento adimensionale η. La funzione Gn(y), con n=3 e y=λc/λ=ω/ωc,
e quindi la potenza P(λ), ha un massimo per ym=λc/λm=2,38. Per y≫1, cioè per lunghezze d'onda molto minori della lunghezza d'onda critica, G3(y) diminuisce quasi esponenzialmente, mentre per y≪1 è pressoché indipendente dall'energia degli elettroni (fig. 2).
Per gli usi spettroscopici della l. di s. è più utile, in luogo della [4], una relazione in termini di flusso spettrale Φ=d3N/(dt dθ dλ/λ) (o semplicemente flusso), cioè di numero di fotoni N emessi nell'unità di tempo entro una larghezza percentuale di banda passante (b.p.), dλ/λ=dω/ω, e un elemento di angolo dθ sul piano orbitale (integrato sul piano verticale, cioè sull'angolo azimutale ψ). Se si considera una corrente I di elettroni circolanti di energia E, il flusso Φ espresso in numero di fotoni/(s mrad 0,1% b.p.) è:
Φ = 2,46 × 1013 EIG1(y) [6]
dove I è misurata in A ed E in GeV. Pertanto il flusso per unità di corrente I e unità di energia E è la funzione ''universale'' di y rappresentata nella fig. 3. Si definiscono anche la brillanza spettrale ΦV = d3N/(dt dΩ dλ/λ) (o brillanza), espressa in numero di fotoni/(s mrad2 0,1% b.p.), dove dΩ = δθ dψ è l'elemento di angolo solido, e la brillanza (spettrale) della sorgente Φs=d4N/(dt dΩ dS dλ/λ), espressa in numero di fotoni/(s mrad2 mm2 0,1% b.p.), dove S è l'area della sorgente emettente. Quest'ultima grandezza è la vera figura di merito che caratterizza la sorgente di l. di s. rispetto alle sorgenti di radiazione convenzionali (laser, lampade a scarica, tubi a raggi X, ecc.). L'intensità irraggiata ha componenti polarizzate parallelamente e perpendicolarmente al piano orbitale. Per un osservatore che si trova sul piano orbitale, ψ = 0, la radiazione è polarizzata linermente: sopra, ψ>0, e sotto, ψ〈0, il piano orbitale la polarizzazione è ellittica con opposta ellitticità. La componente perpendicolare è sempre minore di quella parallela eccetto a grandi angoli ψ. Se si integra la [4] su λ, si ottiene la potenza totale irraggiata dall'elettrone in un giro, cioè la [2]. Nella tab. 1 sono raccolti alcuni parametri importanti della l. di s. espressi in unità SI.
L'applicazione pratica della l. di s. è stata possibile grazie allo sviluppo delle macchine acceleratrici di elettroni e positroni. Nella fase iniziale (anni Cinquanta-Sessanta) sono stati utilizzati gli elettrosincrotroni, in cui gli elettroni, iniettati da acceleratori lineari o da microtroni a energie dell'ordine di alcune decine di MeV, sono accelerati fino a energie dell'ordine del GeV da un campo elettrico alternato a radiofrequenza e mantenuti su un'orbita stabile mediante un campo magnetico crescente durante il ciclo di accelerazione. Alla fine del ciclo di accelerazione, gli elettroni sono rimossi da opportuni bersagli inseriti nella ciambella, il ciclo di accelerazione ripreso, e così di seguito. La qualità del fascio di fotoni prodotto dagli elettrosincrotroni è mediocre, a causa delle instabilità spazio-temporali e della variazione da ciclo a ciclo del numero di elettroni accelerato. Dopo l'introduzione degli anelli di accumulazione (anni Sessanta-Settanta), sviluppati originariamente per realizzare l'urto particella-antiparticella per lo studio delle interazioni forti, gli elettrosincrotroni sono stati abbandonati nelle ricerche con l. di sincrotrone. Negli anelli di accumulazione gli elettroni circolano in pacchetti (bunches) quasi monoenergetici, in sincronismo con il campo a radiofrequenza applicato (alcuni MHz), che rifonde al fascio l'energia persa per l'emissione di l. di sincrotrone. L'energia irraggiata varia da qualche keV/giro a bassa energia (≈0,5 GeV), fino ad alcuni MeV/giro a energie di alcuni GeV. A queste energie, il problema principale diventa il rifornimento di energia agli elettroni ed è necessario ricorrere a cavità a radiofrequenza superconduttrici. Un impulso di radiazione arriva all'osservatore ogniqualvolta un pacchetto di elettroni attraversa la porzione di orbita osservata. La durata dell'impulso è determinata dalla lunghezza dei pacchetti ed è generalmente di pochi ns. Il numero di impulsi nell'unità di tempo dipende dal numero di pacchetti accumulati (da 1 a 1000 nei più grandi acceleratori): nel modo a pacchetto singolo, esso corrisponde alla frequenza fondamentale della macchina, negli altri casi a una sua armonica.
Il flusso di fotoni Φ(λ) irraggiato da un anello di accumulazione, nelle sezioni magnetiche curve, è dell'ordine di 1013 fotoni/(s mrad 0,1% b.p.) a lunghezze d'onda prossime a λc: esso è molto stabile e decresce lentamente, con una costante di tempo di 8÷10 ore, che è il tempo medio di decadimento del fascio accumulato. Durante il moto gli elettroni eseguono piccole oscillazioni intorno all'orbita ideale (oscillazioni di betatrone e di sincrotrone), e quindi il fascio elettronico ha dimensioni finite e una divergenza angolare intrinseca. La brillanza spettrale richiede piccole deviazioni (standard) angolari del fascio di elettroni dall'orbita ideale, σ'x (in orizzontale) e σ'y (in verticale), mentre la brillanza della sorgente richiede anche una sorgente emittente di piccole dimensioni, cioè piccole deviazioni (standard) spaziali σx e σy. Per ottenere grandi brillanze bisogna ridurre il valore dell'emittanza, definita come εi=Ϛiσ'i con i=x,y, e per questo si usa una particolare ottica elettronica. Nei più moderni anelli di accumulazione per l. di s., come quello da 6 GeV denominato ESRF (European Synchrotron Radiation Facility) in funzione a Grenoble (Francia), la dimensione media del fascio di elettroni è di ≈0,1 mm, le emittanze sono di 10−8÷10−9 mrad e la brillanza della sorgente Φs può superare 1014 fotoni/(s mrad2 mm2 0,1% b.p.) nei magneti curvanti. La qualità dei fasci di elettroni circolanti negli anelli di accumulazione ha permesso di sviluppare geometrie di accelerazione diverse da quelle dei magneti curvanti, che adattano le proprietà spettrali della luce di s. alle richieste degli esperimenti. Mediante opportune strutture magnetiche periodiche inserite nelle sezioni diritte delle macchine è possibile spostare la distribuzione spettrale della l. di s. a energie più alte (con magneti wiggler), o concentrare l'emissione entro un intervallo spettrale stretto (con magneti ondulatori).
Uno wiggler è un apparato costituito da tre o più poli magnetici di polarità alternata. Se inserito in una sezione diritta, libera dal campo magnetico, lo wiggler produce una piccola oscillazione locale dell'orbita degli elettroni, dell'ordine del mm, senza deflettere l'orbita originaria in quanto l'integrale di campo è nullo. L'induzione magnetica dello wiggler Bw è di alcuni T. Se Bw è maggiore (minore) del campo dei magneti curvanti, lo spettro di l. di s. è spostato verso le energie maggiori (minori). Poiché il raggio di curvatura è inversamente proporzionale a Bw, ciò permette di modificare la pulsazione critica ωc senza cambiare l'energia degli elettroni. Tale dispositivo funge quindi da traslatore di lunghezza d'onda. Al crescere del numero di poli, e quindi di oscillazioni (da circa 20 a 100), si ha interferenza tra i campi elettromagnetici emessi dall'elettrone in punti diversi della sua traiettoria. Gli effetti di coerenza, trascurabili in uno wiggler, sono importanti negli ondulatori in cui l'emissione è distribuita su varie armoniche λj con j=1,2,3,... Lo spettro emesso appare policromatico, se raccolto entro un piccolo angolo di osservazione, mentre, se raccolto su un'area grande, tende a quello di un magnete curvante moltiplicato per il numero di poli N. Per un'opportuna larghezza e divergenza del fascio di elettroni, la brillanza Φs è N2 volte quella di un magnete curvante con campo magnetico uguale a quello massimo dell'ondulatore. In queste condizioni gli ondulatori possono generare brillanze Φs=1018 fotoni/(s mrad2 mm2 0,1% b.p.), tre o quattro ordini di grandezza superiori a quelle dei magneti curvanti. Un numero consistente di anelli di accumulazione per l. di s. sono in funzione nel mondo. Nella tab. 2 sono riportate le caratteristiche di alcune di queste macchine acceleratrici.
La richiesta principale nell'uso della l. di s. è quella di massimizzare la potenza radiante che incide sul campione entro una data larghezza di banda spettrale. La larghezza di banda Δλ/λ o Δω/ω è definita dal sistema di monocromatizzazione ed è tipicamente ≤10−3. L'area irraggiata dipende dall'esperimento ma, in generale, è preferibile o necessario che il fascio sia focheggiato. Per es., nelle misure di fotoemissione risolta in angolo è necessario che un fascio monocromatico sia focheggiato su un'area di circa 1 mm2 con una convergenza 〈3°. Nelle applicazioni biologiche e nella microscopia con raggi X si richiedono larghezze focali≤100 μm2. Altre applicazioni necessitano di fasci paralleli e monocromatori a cristallo. A causa del grande intervallo spettrale ricoperto dalla l. di s., è necessario adattare alle sorgenti vari tipi di monocromatori e configurazioni ottiche diverse, a seconda della regione spettrale interessata. Per ottenere il massimo flusso sulla fenditura di uscita di un monocromatore è necessario adattare l'accettanza del monocromatore all'emittanza della sorgente e, nel contempo, massimizzare la trasmissione della linea ottica e del monocromatore. Per assicurare un'elevata trasmissione, la linea ottica deve accettare tutta la radiazione nel piano verticale e il maggior angolo solido orizzontale in modo compatibile con la distribuzione spaziale irraggiata. Il progetto di tale linea deve comprendere gli elementi ottici riflettenti (generalmente specchi), il loro profilo, la loro distanza dalla sorgente e dall'immagine e l'angolo d'incidenza della radiazione. Per ottenere riflettività adeguate è necessario usare angoli d'incidenza radente di pochi mrad (inferiori all'angolo critico), soprattutto nella regione dei raggi X molli (λ〈30 nm), e quindi diventa importante lo studio della geometria e della struttura microscopica delle superfici riflettenti, dei materiali che li ricoprono e delle aberrazioni geometriche. Poiché non esistono materiali trasparenti a lunghezze d'onda minori di 105 nm, le linee ottiche (fig. 4) sono accoppiate direttamente all'anello di accumulazione in ultravuoto (10−8÷10−10 torr). Esse sono dotate di opportune valvole rapide, sezioni di pompaggio con pompe ioniche e turbomolecolari e stopper per interrompere il fascio di luce. La lunghezza di tali linee ottiche è determinata da vari fattori quali, per es., il raggio di curvatura dei magneti curvanti, la posizione di distanza minima dei separatori di fascio (beam splitter), i requisiti di sicurezza contro le radiazioni e le richieste degli esperimenti. Spesso un singolo canale di luce alimenta più stazioni sperimentali o porte, con diversa accettanza angolare.
Differenti tipi di monocromatori sono usati con la l. di sincrotrone. Nella regione XUV (10÷1000 eV) si utilizzano monocromatori a reticolo, a incidenza normale e a incidenza radente, dotati di reticoli convenzionali od olografici. Nella regione dei raggi X molli (energie>1000 eV) si usano monocromatori a cristallo. Un problema importante nei raggi X è la soppressione delle armoniche di lunghezza d'onda λ/2,λ/3, ecc. A tal fine si utilizzano filtri assorbenti, specchi a riflessione totale, riflessione di due cristalli identici leggermente disallineati e riflessioni multiple da cristalli differenti. Il fattore di soppressione è tipicamente 103 per la seconda armonica e un ordine di grandezza maggiore per le altre armoniche. Talora è preferibile cambiare l'energia degli elettroni nell'anello di accumulazione senza agire sul sistema ottico.
Da alcuni anni l'impatto della l. di s. sulla ricerca nei campi della fisica, chimica, biologia e sulla scienza dei materiali è considerevole. L'interazione di questa radiazione con la materia presenta aspetti molteplici legati sia alla grande varietà di sistemi che si possono studiare, sia all'ampio intervallo spettrale della sorgente. Tra i primi studi con l. di s. sugli atomi (spettroscopia atomica), ricordiamo la fotoionizzazione dell'elio e di altri gas nobili. La distribuzione spettrale della l. di s. consente di variare con continuità l'energia dei fotoni e quindi di produrre transizioni elettroniche dallo stato fondamentale di un atomo a vari stati eccitati legati, risonanti (autoionizzati) o situati sopra il livello di vuoto. In tal modo possono essere determinate le energie di legame degli elettroni nei vari orbitali atomici, le sezioni d'urto parziali e totali di fotoassorbimento e di fotoemissione e la loro dipendenza dall'energia dei fotoni su un ampio intervallo di energie. Al posto degli elettroni si possono raccogliere gli ioni positivi in diversi stati di ionizzazione e misurare la sezione d'urto di ionizzazione in funzione dell'energia dei fotoni incidenti (spettrometria di massa). L'alto flusso di fotoni consente di eccitare contemporaneamente più elettroni e di studiarne l'interazione dall'analisi del profilo di riga. Infine la direzionalità e la polarizzazione della l. di s. permettono lo studio della distribuzione angolare dei fotoelettroni in funzione della direzione del vettore elettrico della radiazione. Gli studi di fotoionizzazione e i processi inversi (ricombinazione) sono applicabili anche alle molecole (spettroscopia molecolare). Variando simultaneamente l'energia dei fotoni e quella degli elettroni fotoemessi in modo che la loro differenza rimanga costante e uguale a quella di un particolare orbitale molecolare, si misura la sezione d'urto parziale di eccitazione, lo spettro vibrazionale e la natura legante o antilegante di questo orbitale. La comprensione di questi processi è fondamentale per un gran numero di fenomeni, come la catalisi, i trasferimenti di energia tra molecole e gruppi molecolari, le reazioni fotochimiche e per lo sviluppo delle tecniche di spettroscopia nella ricerca applicata (per es. nei laser). La fisica dei solidi è un altro campo di grande interesse e di ricerca attiva. Vari studi hanno riguardato la spettroscopia di assorbimento e di emissione nella regione dell'ultravioletto da vuoto e dei raggi X. Tra le applicazioni più recenti ricordiamo il dicroismo circolare magnetico con raggi X, che permette lo studio degli stati elettronici dei materiali magnetici, e la spettroscopia EXAFS (Extended X-Ray Absorption Fine Structure) per l'analisi della struttura atomica locale di vari materiali. Nel settore delle superfici dei solidi, le tecniche impiegate sono principalmente la fotoemissione e la luminescenza. Negli esperimenti di fotoemissione la distribuzione continua e la direzionalità della l. di s. rendono versatile la tecnica permettendo l'analisi di fotoelettroni di ben definito stato iniziale o finale in funzione del momento angolare e/o dell'energia dei fotoni (fotoemissione parziale). Gli effetti di risonanza nelle sezioni d'urto dei fotoelettroni e la dispersione delle bande di valenza nei solidi cristallini sono tra gli aspetti più interessanti e moderni studiati con questa spettroscopia. Con l'impiego della l. di s. la spettroscopia di luminescenza, che studia il decadimento di un sistema eccitato, è stata estesa all'ultravioletto da vuoto e viene spesso utilizzata per misurare tempi di vita dell'ordine del picosecondo.
La l. di s. ha rivitalizzato un gran numero di tecniche classiche nella regione dei raggi X, quali la diffrazione, la diffusione a piccolo angolo, la topografia, la microscopia e la litografia. Molte di queste tecniche trovano ampia applicazione in biologia e nella scienza e tecnologia dei materiali. Negli studi su materiali biologici, un fattore talvolta limitante è l'intensità delle sorgenti convenzionali. I campioni hanno spesso dimensioni ridotte, diffrangono debolmente la radiazione, essendo per lo più costituiti di atomi leggeri, e alcuni fenomeni interessanti, come la contrazione di un muscolo, sono di natura transiente. La l. di s. ha i requisiti utili per superare queste difficoltà: l'alta brillanza permette esposizioni brevi e la struttura temporale a impulsi rende possibile lo studio della dinamica di nervi e muscoli con l'ausilio di tecniche di rivelazione basate sull'impiego di rivelatori sensibili alla posizione e all'energia. Si può aumentare, se necessario, la diffusione di un atomo particolare in una molecola complessa scegliendo le lunghezze d'onda dei raggi X prossime a quelle di una soglia di assorbimento dell'atomo nella matrice (diffusione anomala).
La diffusione a basso angolo viene usata per misurare fluttuazioni della densità elettronica con periodicità maggiori di 2 nm. Nella microscopia X l'alta brillanza della sorgente e il miglioramento degli elementi ottici e dei rivelatori hanno permesso lo sviluppo di microscopi X a scansione con risoluzione submicrometrica. Nella litografia X l'uso di una sorgente intensa e ben collimata come la l. di s. riduce i tempi di esposizione e migliora la risoluzione tramite un'opportuna scelta dell'intervallo spettrale e della distanza maschera-campione. Va infine segnalato il crescente interesse della medicina per la l. di s. che trova applicazione in alcune tecniche diagnostiche (angiografia, mammografia, ecc.).
Bibl.: A.A. Sokolov, I.M. Ternov, Synchrotron radiation, New York 1968; J.D. Jackson, Classical electrodynamics, ivi 1975; Synchrotron radiation, a cura di C. Kunz, Berlino 1979; Handbook of synchrotron radiation, a cura di E.E. Koch, Amsterdam 1983; G. Margaritondo, Introduction to synchrotron radiation, Oxford 1988.