BONATI, Luchino de' (Luchino Bianchino, Bianchini, Bianchino Parmigiano)
Da un rogito del 10 giugno 1506 del notaio Clementino Franconi (Parma, Archivio Notarile, filza 582; riportato da Scarabelli Zunti) risulta che questo intagliatore e intarsiatore parmigiano era figlio di un Giovanni.
Pur mancando documenti sulla sua formazione, è certo che il B. apprese l'arte dell'intarsio da Cristoforo da Lendinara, del quale terminò il lavoro d'intarsio dei seggi a cassapanca nella sacrestia dei consorziati nel duomo di Parma. Alcune spalliere di questo complesso sono oggi prive del relativo sedile: su tre di queste si legge un'iscrizione (con la data 1491) nella quale il B. manifesta la sua gratitudine per Cristoforo (v. Ronchini, pp. 9 s.; Quintavalle, 1959, p. 91).
I pannelli intarsiati dal B., riconoscibili per il taglio verticale e per il nesso prospettico che li subordina a un comune punto di vista, raffigurano vedute di Parma chiaramente riconoscibili.
Il grande bancone, con sportelli intarsiati con oggetti di culto, al centro di questa sacrestia, secondo il Quintavalle faceva parte del complesso finito nel 1491 (v. anche Ronchini).
Il 24 apr. 1493 furono commissionate al B. le porte della cattedrale e quelle del battistero (Pezzana, p. 29 dell'App.; Ronchini, p. 16): i documenti non ci dicono quante e quali. Lo Scarabelli Zunti riporta un rogito del 14 dic. 1497 del notaio Piermaria Prati nel quale Gregorio Beliardi fa l'atto di consegna dei grossi bulloni per le porte del duomo e del battistero in casa di Luchino nel quartiere di S. Andrea; e ancora un pagamento "pro resto facture portarum Ecclesiae maioris et Babtisterii" del 4 ag. 1509.
Resta oggi solo la porta centrale del duomo, intagliata a rosoni, con la data 1494 e la firma; secondo il Quintavalle (1962, p. 45) sarebbero del B. anche quelle laterali e quella del transetto (le porte del battistero vennero rifatte nel secolo XIX).
Certo è che per queste porte sorsero dispute tra i fabbricieri e il Comune: quelli volevano le porte in legno, il Comune in bronzo (v. Pezzana; Scarabelli Zunti; Ronchini, p. 16). Secondo lo Scarabelli Zunti, nello stesso periodo in cui lavorava alle porte il B. eseguì una cassa "foggiata a guisa di urna sepolcrale" per una "casa di Prato", "preziosa anticaglia" venduta a Genova da un amico dello Scarabelli e oggi dispersa.
L'opera più importante del B. sono gli stalli e il grande leggìo corale già nel convento di S. Paolo a Parma e ora nell'oratorio della Trinità dei Rossi, lavoro che si svolse nel periodo delle due badesse Cecilia Bergonzi (morta nel 1507) e Giovanna Piacenza, gli stemmi delle quali appaiono sugli stalli.
Oltre alla firma e al nome della badessa Giovanna, in un'iscrizione si legge la data MDX che alcuni hanno ritenuto incompleta (Scarabelli Zunti). Le tarsie rappresentano vedute del complesso del convento di S. Paolo e delle sue proprietà (nel leggìo).
Già il Lottici (in Thieme-Becker) aveva messo in evidenza l'attività di architetto del B. in base a un documento del 24 luglio 1490 che lo indica operoso alla Porta Nuova e a quella di S. Michele (Arch. di Stato di Milano, Archivio Ducale,Registro Missive, n. 182, f. 33r).
In effetti da documenti riportati dallo Scarabelli Zuriti risulta che nel 1521 il B. era eletto ingegnere della Comunità di Parma, che nel 1522 veniva pagato per lavori al ponte di Caprazucca e che nel 1523, data "la sua grave età", gli fu associato nell'ufficio di ingegnere della Comunità Aristotele Zucchi. L'anno dopo il B. restituiva addirittura l'incarico ma il suo successore, Bartolomeo Spinelli, era obbligato a dargli metà del suo stipendio. Questo fa pensare che egli fosse veramente molto vecchio e infatti non abbiamo documenti riferentisi al B. dopo il 1524. Il Ronchini (p. 19) cita un documento per cui il B. sarebbe stato eletto ingegnere della Camera apostolica il 16 ott. 1523.
Sono attribuiti al B. due stalli nella sacrestia dei canonici della cattedrale di Parma, decorati da tarsie con ampie vedute della città e da altri ricchi lavori d'intaglio e intarsio (Ronchini; Quintavalle) e un grande armadio, ora diviso in due parti, nella sala dei codici e manoscritti (sacrestia superiore), nelle cui tarsie con vedute urbane appaiono anche oggetti di culto (Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, III, Provincia di Parma, Roma 1934, p. 28).
Il B. ebbe un figlio, Gian Francesco, che sposò Ginevra, figlia dell'intagliatore Marco Antonio Zucchi (Ronchini, pp. 14, 19).
Fonti e Bibl.: Parma, Museo di Antichità, ms. 101: E. Scarabelli-Zunti, Memorie e documenti di Belle Arti parmigiane,sub voce Bianchini; A. Ronchini, Intorno alla scoltura in legno..., Modena 1876 (estratto da Atti e Mem. delle RR. Deputaz. di st.patria per leprovince modenesi e parmensi, VIII [1876]), pp. 9-19 e passim); G. Bertoluzzi, Nuovissima Guida... di Parma, Parma 1830, pp. 24, 62, 73, 144, 155; A. Pezzana, Storia della città di Parma, Parma 1859, V, pp. 183, 249, 436, e 29 dell'App.; A. C. Quintavalle, Cristoforo da Lendinara, Parma 1959, pp. 89-91; Id., Luchino Bianchino, in La Critica d'arte,IX (1962), pp. 36-54; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, p. 590, sub voce Bianchino Luchino.