BROCADELLI (Broccadelli), Lucia
Nacque a Narni il 13 dic. 1476 da Bartolomeo e da Gentilina Cassio. La famiglia era fra le più considerevoli della città; un fratello del padre, Domenico, fu vicario di Alessandro VI e un fratello della madre, Simone, fu auditore di Rota. Gli agiografi della B. fanno risalire alla sua infanzia le prime manifestazioni di santità, come divinazioni e profezie. È certo, comunque, che la spiritualità della B. trovò molto presto fonte di ispirazione nella figura di S. Caterina da Siena e fu incoraggiata ad orientarsi verso santi domenicani dal p. Martino da Tivoli, suo confessore. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1490, e un periodo di conflitti tra la madre e gli zii paterni per stabilire con chi dovesse vivere la B., quest'ultima fu data in sposa al conte Pietro di Alessio da Milano. Dopo aver contrastato a lungo la volontà dei parenti, la B. finì col consentire al matrimonio; ma, avendo fatto voto di castità, convinse il marito ad assecondare tale suo proposito.
Raccontano i biografi che "ogni sera lasciava andare a letto lo sposo, e poi entrata nella camera, aspergevala tutta con l'acqua santa, e preso in mano un crocifisso, con quello andava intorno intorno benedicendo le mura, et il letto", e dopo altre pratiche devote, "spogliatasi metteva il Crocifisso tra lo sposo e lei, e così colcatasi se ne restava in letto, passando la notte più in oratione che in dormire" (Marcianese, pp. 43 s.). Nei tre anni di vita coniugale la B. si andò orientandò sempre più verso certi tipi di pratiche religiose; la devozione a s. Caterina da Siena e a s. Domenico (le cui vite venivano fatte leggere a mensa), l'uso quotidiano della disciplina, la comunione frequente si associano in lei a una devozione molto viva al Cristo della passione. Si ricorda, per esempio, la sua pratica abituale di rievocare singoli momenti della passione (ogni giovedì santo raccoglieva i familiari e ad essi e a dodici poveri raccolti per l'occasione lavava i piedi); come pure la grande impressione in lei suscitata da una rappresentazione sacra della passione in cui il marito sosteneva la parte di Gesù.La sua aspirazione a una maggiore perfezione di vita religiosa le suscitava intanto conflitti col marito e l'avviava alla scelta di un diverso status, che in un primo tempo ella credette di aver trovato nella vita eremitica per poi orientarsi invece verso il terz'ordine domenicano.
Infatti i biografi raccontano che una notte, travestita da uomo, si recò a un romitorio presso Narni a cui era molto legata, con l'intento di trattenervisi; ma "le apparvero due religiosi vestiti dell'habito di S. Domenico, i quali consolandola, le dissero che non era volere di Nostro Signore, ch'ella facesse vita eremitica, ma che vivendo in compagnia d'altri prendesse l'habito di S. Caterina da Siena" (ibid., p. 81).
L'8 maggio dell'anno 1494 vestì l'abito delle terziarie domenicane dal p. Martino da Tivoli; in seguito alla violenta reazione del marito, l'anno successivo fu inviata a Roma, dove risiedette nella casa già abitata da s. Caterina da Siena. Nel gennaio 1496 fu mandata a Viterbo con l'incarico di riformare un monastero dell'Ordine; "fu qui che, nella notte del 25 febbr. 1496, durante una delle sue consuete meditazioni sulla passione, fu rapita in estasi e le si rivelarono i segni delle stimmate, che dovevano essere del suo immediato assurgere santità. A partire da questa data, e per circa un decennio la B. si trovò a vivere sulla ribalta della storia, al centro dell'interesse di grandi personaggi e di intere popolazioni; poi, altrettanto improvvisamente, l'interesse che la circondava venne meno, e la seconda metà della sua vita trascorse completamente nell'ombra.
Una volta resa di pubblico dominio la notizia della comparsa delle stimmate, la B. fu sottoposta a numerose visite di controllo da parte di commissioni formate dalle autorità locali o inviate direttamente da Alessandro VI. Nello stesso tempo, la fama della sua santità e in maniera particolare le doti profetiche e divinatorie che le venivano attribuite resero particolarmente apprezzata dai suoi concittadini la sua presenza in Viterbo.
Erano gli anni in cui la presenza e il consiglio di religiose in fama di santità erano soprattutto ricercati ed apprezzati da parte di signori e comunità cittadine: a Mantova i Gonzaga avevano in Osanna Andreasi la loro patrona, a Perugia i Baglioni si rivolgevano a suor Colomba Guadagnoli, a Viterbo la B. (che aveva profonda venerazione per le due religiose suddette) godeva di una posizione analoga; il fenomeno doveva continuare con Angela Merici a Brescia la quale, doveva anch'essa ispirarsi al modello di chi l'aveva preceduta in una posizione analoga, e in particolare a quello della Brocadelli.
Proprio da questa particolare congiuntura politica e religiosa doveva nascere un lungo e aspro conflitto tra la città di Viterbo ed Ercole I di Ferrara. Questi, colpito dalla fama della B., si rivolge ad Alessandro VI chiedendogli che la religiosa venisse inviata a Ferrara per poterlo assistere coi suoi consigli e la sua protezione spirituale. L'ordine subito trasmesso alla B. dal papa suscitò la reazione assolutamente ostile della città che, dal 1497 al 1499, ostacolò con ogni mezzo possibile l'effettuazione del progetto. La partenza della B. da Viterbo era considerata come una gravissima menomazione del prestigio della città, oltre che un danno sostanziale per la perdita di una consigliera fornita di doti così straordinarie. La B., invitata a recarsi a Roma dietro minaccia di scomunica con un breve del 18 genn. 1498, si mostrò sempre disposta all'obbedienza, ma tutti i tentativi di farla uscire da Viterbo, prima in maniera palese poi coi sotterfugi più strani, si scontrarono con l'attenta vigilanza dei suoi concittadini. La situazione fu sbloccata solo con l'intervento di quell'abile negoziatore che fu Felino Sandei, il quale, recatosi a Viterbo, riuscì a convincere il podestà a lasciar uscire di nascosto la B., celata in una cesta di biancheria. Ercole I d'Este poté così accoglierla a Ferrara, dopo un viaggio di ventitrè giorni, il 7 maggio 1499.
Accolta con particolare solennità dal duca, che vedeva così esaudito il suo desiderio, la B. trascorse i suoi primi anni a Ferrara sempre sotto il segno di un favore eccezionale. Il 2 giugno 1499, appositamente per lei, vennero fondati nell'addizione "erculea" della città il monastero e la chiesa intitolati a S. Caterina da Siena ed eretti canonicamente con una bolla di Alessandro VI del 29 maggio 1501; l'ingresso solenne della B. e del primo nucleo di terziarie domenicane (o "senesi") si ebbe il 5 agosto.
Ma la vita del monastero non fu tranquilla; la volontà di Ercole I di vederlo sempre più fiorente e cospicuo, insieme alla posizione eccezionale della B., che la esentava in qualche modo dalla osservanza della regola comune, furopo le cause fondamentali di conflitti che ne turbarono l'esistenza. Vennero fatte venire quattordici consorelle da Narni per accrescere il nucleo originario; nel settembre 1503 dieci suore del monastero domenicano di S. Caterina vergine e martire furono inviate a regolare la vita delle terziarie, ma la cosa si risolse in un ulteriore motivo di tensioni.
Continuava intanto ad aumentare la fama della B., legata fondamentalmente al fenomeno delle stimmate; lo stesso Ercole I stese una relazione in proposito e ne parlò ampiamente in una lettera ai magistrati di Norimberga del 23 genn. 1501 (ibid., pp. 163 ss.). Testimonianze sulle stimmate e sui fenomeni di divinazione furono rilasciate anche da Pietro Tranese, "suffraganeo" di Ferrara, Nicola Maria d'Este, vescovo di Adria, Ippolito d'Este arcivescovo di Milano, e altri. Bernardo da Recanati, vescovo di Venosa e medico di Alessandro VI, la visitò il 18 genn. 1502 rilasciando una dichiarazione sulle stimmate (ibid., pp. 198-201). Ma ciò che, forse ancor più delle stimmate, colpiva la sensibilità dei contemporanei era il fenomeno della divinazione di pensieri e di avvenimenti; la B. fu sottoposta a prove di fronte a commissioni di teologi e, come testimoniò Ippolito d'Este, "consummatissimorum mentis arcana theologorum... divino afflata spiritu, et cognovit, et ipsis aperta voce detexit" (ibid., p. 185). Il monastero era diventato così il centro di una diffusa curiosità e di continue visite (fra le altre, quelle di Stefana Quinzani e Caterina da Racconigi, che confermano i legami ideali e personali intercorrenti tra queste figure di mistiche). Ne restava turbata la vita comunitaria e ne derivavano conflitti talora anche aperti e violenti tra le singole religiose e la B., accusata di "governo assoluto" e di "esser favorita così grandemente dal principe" (ibid., p. 209). La scomparsa delle stimmate e la morte di Ercole I cambiarono completamente la condizione della B., dimenticata ben presto dai contemporanei e ridotta all'osservanza della regola all'interno del monastero; le venne tolta la facoltà, di cui aveva fin allora goduto, di entrare e uscire a suo piacimento e di scegliersi il confessore, e fu sottoposta alla sorveglianza di una consorella.
Morì il 15 nov. 1544.
Fonti e Bibl.: Ferrara, Archivio della Curia Arcivescovile, Residui Ecclesiastici E.14: mss. Processi della b. Lucia da Narni,e Vita della b. Lucia copiata dall'originale di sua mano;Bibl. Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5461, f. 118v; B. Zambotti, Diario ferrarese, in Rerum Ital. Script., 2 ed., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, pp. 307, 312, 326, 332, 349; Diario ferrarese di anonimo,ibid., pp. 256, 273, 279; S. Razzi, Vite dei santi e beati,così huomini come donne del sacro Ordine de' frati predicatori, Firenze 1577, pp. 151-157; P. F. G. Marcianese, Vita della b. Lucia di Narni..., Viterbo 1663; D. Ponsi, Vita della b. Lucia da Narni, Roma 1911; G. A. Scalabrini, Memorie istoriche delle chiese di Ferrara, Ferrara 1773, pp. 87 s.; L. A. Gandini, Sulla venuta in Ferrara della beata suor Lucia da Narni, Modena 1901; Année Dominicaine, XI, Lione 1902, pp. 569-597; M. C. De Ganay, Le beate domenicane, Roma 1933, pp. 85-104; G. Brugnola, Labeata Lucia da Narni del terz'ordine domenicano, Milano 1935; D. Balboni, La beata Lucia da Narni terziaria domenicana (1476-1544), in Atti e mem. della Deput. prov. ferrarese di storia patria, n.s., IV (1946-49), pp. 144-146; Bibliotheca Sanctorum, III, coll. 547 s.