VISCONTI, Lucia
– Figlia legittima di Bernabò Visconti (v. la voce in questo Dizionario), signore di Milano, e della sua consorte, Regina Della Scala, Lucia venne alla luce nella capitale ambrosiana nel 1372.
Non sappiamo molto della sua infanzia o educazione, se non che visse prima a Milano, nel palazzo di S. Giovanni in Conca, e più tardi alla corte viscontea di Pavia. Come le molte altre figlie di Bernabò, Lucia fu presto al centro dei tentativi del padre e poi del cugino, Gian Galeazzo, di consolidare – mediante legami matrimoniali – i rapporti fra il dominio visconteo e gli altri potentati europei.
Nel 1382, quando Lucia era ancora bambina, un primo accordo fu negoziato con Luigi I d’Angiò, secondogenito del re di Francia ed erede designato alla Corona di Napoli. Lucia avrebbe dovuto sposare il primogenito di Luigi (il futuro Luigi II) in cambio del mantenimento di duemila lance a servizio dell’Angiò in occasione della sua imminente discesa in Italia. Oltre a maritare la figlia a un aspirante al regno meridionale, Bernabò puntava a bilanciare l’influenza esercitata dal nipote e rivale (Gian Galeazzo Visconti) nell’area francese, specie a seguito del matrimonio fra questi e Isabella di Valois. Tuttavia, nel settembre di quello stesso anno, Luigi I d’Angiò morì in Puglia, lasciando il giovane Luigi II alle cure della madre e spingendo Bernabò ad affrettare i preparativi per le nozze di Lucia. Per Gian Galeazzo, l’asse fra Bernabò e il ramo cadetto della famiglia reale francese rappresentava ora una minaccia concreta, al punto che pochi mesi più tardi decise di liberarsi dello zio, mandando così in fumo l’unione fra Luigi e Lucia.
Lucia divenne dunque, insieme agli altri discendenti rimasti di Bernabò, una pedina nella strategia europea di Gian Galeazzo, il quale considerò anzitutto Enrico di Lancaster.
Nonostante fosse vedovo e padre di molti figli, Enrico rappresentava un partito eccellente per la cugina Lucia: era di sangue plantageneto, essendo nipote di quel Lionello Plantageneto duca di Clarence sposato brevemente a Violante Visconti, sorella di Gian Galeazzo, nonché cugino dello stesso re d’Inghilterra, Riccardo II. Lucia ebbe modo di incontrarlo in almeno due occasioni, grazie al soggiorno di questi a Pavia nel 1393 e di nuovo nel 1398, quando si presentò ufficialmente come suo pretendente. Nonostante l’entusiasmo della futura sposa, Gian Galeazzo pose una condizione fondamentale all’avallo dell’unione: Enrico, che era stato esiliato dal re e cugino ormai da qualche anno, doveva prima riottenere il favore della corte inglese. Com’è noto, esso si spinse ben oltre: nell’autunno del 1399, assicuratosi il supporto di truppe francesi, Enrico rientrò a Londra trionfante e imprigionò re Riccardo, facendosi incoronare suo successore con il nome di Enrico IV. La possibilità di sposare il nuovo sovrano alla figlia di un signore spodestato fu presto abbandonata.
Nel mentre, il duca di Milano aveva già pensato a due partiti alternativi per Lucia. Da una parte, vi era Gabriele Maria Visconti, figlio naturale dello stesso Gian Galeazzo; dall’altra, stava l’opportunità ben più allettante di stabilire un legame con Federico di Turingia, erede del marchesato di Meissen e soprattutto rampollo di una casa tedesca (quella dei Wettin) tradizionalmente opposta ai principi di Baviera – tre dei quali erano sposati ad altrettante figlie di Bernabò ed erano da tempo ostili a Gian Galeazzo.
In occasione dei negoziati con gli ambasciatori tedeschi, Lucia fu indotta a mettere su carta una dichiarazione in merito alle sue volontà, datata 11 maggio 1399. Nello scritto, essa figura interrogata dalla sorella Caterina, al tempo duchessa di Milano quale seconda moglie di Gian Galeazzo, davanti a due cancellieri e notai di corte, nonché in presenza di un gruppo dei più influenti cortigiani ducali. Lucia asseriva così il suo amore per Enrico, ma davanti all’incertezza della posizione di questi, accettava che si procedesse alle trattative con gli ambasciatori tedeschi, scartando invece l’ipotesi di un legame con Gabriele a causa della sua giovane età.
Il 21 giugno 1399, Lucia sottoscrisse una seconda dichiarazione, nella quale rinunciava a qualsiasi diritto sull’eredità di Bernabò. Una settimana più tardi, fissata la dote a 70.000 fiorini, le nozze per procura con Federico furono celebrate a Pavia. Secondo gli accordi, Gian Galeazzo avrebbe dovuto scortare Lucia fino a Trento entro la Pasqua dell’anno successivo. Nel frattempo, però, l’ennesimo rivolgimento politico mise fine ancora una volta al futuro coniugale della donna: Roberto, uno dei principi di Baviera, aveva detronizzato l’imperatore Venceslao, con l’accusa – fra le tante – di avere rinunciato a una ricca porzione dell’impero tramite la concessione del titolo ducale a Gian Galeazzo. Isolato e sotto crescenti pressioni, il marchese di Meissen fu costretto a richiamare in tutta fretta i propri rappresentanti. Naufragava in questo modo anche la seconda prospettiva matrimoniale di Lucia.
Qualche anno dopo, morto Gian Galeazzo (settembre 1402), davanti alla disgregazione del dominio visconteo Lucia colse l’occasione per sottoscrivere una terza dichiarazione, datata 24 febbraio 1403. In essa, impugnò duramente la validità delle nozze celebrate per procura con Federico di Turingia: a suo dire, queste non solo non erano state consumate, ma le erano state tragicamente imposte dal duca. A supporto di questa versione dei fatti, Lucia portava la testimonianza del proprio confessore, già confidente della stessa duchessa, nonché quella delle sue damigelle d’onore e di alcuni cortigiani milanesi. Poco più di un anno dopo, il papa confermò l’annullamento del matrimonio, permettendo così a Visconti di considerare altri pretendenti.
All’inizio del 1406, ormai trentaquattrenne e con alle spalle già tre matrimoni sfumati, Lucia rimaneva l’unica figlia legittima di Bernabò senza un marito. Messa da parte in una corte ostile a seguito della dipartita della sorella e duchessa Caterina, una via d’uscita le venne finalmente offerta dall’amato Enrico di Lancaster, ora Enrico IV d’Inghilterra. Questi le propose la mano di un nobile inglese a lui molto vicino: Edmondo, conte del Kent, nonché membro di un casato da tempo intrecciato alla famiglia reale, quello degli Holland.
Il contratto matrimoniale, patteggiato da Gaspare Visconti del ramo di Oleggio, un nobile milanese con precedenti esperienze nel negoziare con gli inglesi, fu siglato il 22 maggio 1406. Esso prevedeva il pagamento di una dote di 70.000 fiorini – gli stessi promessi al marchese di Meissen. Milano era tenuta a saldare 12.000 fiorini il giorno successivo alla consumazione delle nozze, mentre i restanti denari dovevano pagarsi in sette rate annue da circa 8000 fiorini ciascuna. Con tutta probabilità, fu proprio la promessa di un così ricco bottino a richiamare l’attenzione degli Holland, i quali avevano sostenuto spese consistenti durante i conflitti causati dall’ascesa di Enrico IV.
Il 24 gennaio 1407, raggiunta l’Inghilterra con una piccola scorta passando per la Francia, Lucia sposò Edmondo nella cattedrale di S. Maria di Southwark, a due passi dal Tamigi. Seguirono i festeggiamenti nel palazzo di Enrico Beaufort, vescovo di Winchester e fratello del re, alla presenza dello stesso sovrano e di molti esponenti della comunità italiana di residenti a Londra – soprattutto mercanti veneziani e fiorentini, con i quali Visconti strinse poi legami sia commerciali sia di amicizia.
A riprova della positiva accoglienza riservatale, il 4 maggio 1408, a poco più di un anno dalle nozze, Lucia ricevette una letter of denization: la patente con cui i sovrani inglesi erano soliti concedere gli stessi diritti dei sudditi d’Oltremanica a individui stranieri (specie l’accesso privilegiato alle corti del regno e in genere una condizione fiscale più favorevole).
Nonostante le buone premesse, il matrimonio ebbe un inizio difficile. Nel 1406, Edmondo aveva avuto una relazione breve ma problematica con Costanza, unica figlia del duca di York, capostipite della famiglia rivale dei Lancaster di Enrico IV. A pochi mesi dalle nozze di Lucia, Costanza diede alla luce una figlia illegittima, frutto del travagliato legame con Edmondo. Non sappiamo quali fossero state le ricadute di questo evento sulla vita matrimoniale dei due, ma è lecito sospettare che Lucia, quale discendente di un ricco e potente casato italiano, fosse ben rispettata sia a corte sia tra le mura domestiche. La stessa argenteria della coppia sembra suggerire una certa parità di status, avente questa il biscione visconteo rappresentato in egual misura a fianco delle insegne degli Holland.
A ogni modo, il tanto atteso matrimonio era destinato a durare solo un anno e mezzo. Nel settembre del 1408, Edmondo morì nel corso di una spedizione in Bretagna per conto del re. Piuttosto che rientrare nell’ostile Milano, Lucia stabilì di fermarsi in Inghilterra, specie nel castello di Cottingham, da dove sperava di poter meglio gestire le terre ereditate dal marito. Tuttavia, tali proprietà ammontavano a una modesta frazione dei beni degli Holland: molti di questi erano passati alle sorelle di Edmondo, le quali erano anch’esse sue eredi; altri vennero impiegati per ripagare almeno in parte i debiti da questi contratti durante le recenti guerre.
Nel tentativo di proteggere il suo ridotto patrimonio dai molti creditori rimasti, Lucia presentò diverse suppliche alle corti inglesi, nelle quali lamentava la persecuzione di cui fu oggetto. In aggiunta, non mancò di avvalersi della sua personale vicinanza al re, il quale le garantì la protezione di un terzo dei beni avuti in eredità. Di contro, Enrico non poté esserle d’aiuto nel recuperare ciò di cui lei stessa era creditrice, ovvero le residue rate dotali, per un totale di 58.000 fiorini, somma che i nuovi duchi di Milano si guardarono bene dal saldare. Per placare le rimostranze dei suoi creditori, Lucia finì con il devolvere loro parte dei titoli relativi alla dote ancora da riscuotersi – mossa che a sua volta incoraggiò alcuni creditori ad avanzare una serie di reclami alla corte milanese.
Succeduto al padre nel 1413, Enrico V cercò di venire incontro ai problemi di Lucia attraverso la concessione di alcune lettere di corsa. Questi erano documenti emessi dalla Corona che autorizzavano il portatore a impadronirsi con la forza di ciò che gli era dovuto, con il risultato che la rappresaglia dei creditori di Lucia fu presto rivolta contro i mercanti milanesi a Londra. Nei decenni successivi, la circolazione e successiva messa a frutto di queste lettere giunse a mettere a rischio l’intera tratta commerciale fra Lombardia e Inghilterra.
Nel settembre del 1411, spinta forse dalle ristrettezze economiche o forse da un crescente isolamento alla corte inglese, Lucia ottenne dal papa il permesso di trasferirsi in un istituto religioso di sua scelta. Non sappiamo da quando cominciò ad avvalersi della dispensa papale, ma a partire almeno dal luglio del 1421 essa figura residente nel convento delle clarisse di Aldgate, una destinazione già molto popolare fra le vedove londinesi. Con lei, vi erano cinque dame di compagnia, tre paggi e una piccola corte composta da oltre venti servitori, fra cui un fattore, un maggiordomo, un cuoco, un cappellano, un medico e persino un buffone.
Morì nel convento il 14 aprile 1424, all’età di cinquantadue anni. Fu seppellita nella chiesa degli agostiniani, non lontano dalla torre di Londra.
La sua vicenda ha risvolti tutto sommato duplici. Da una parte, la sorte e le azioni degli uomini negarono a Lucia di diventare regina ben due volte, frustrando pure il suo desiderio di sposare altri pretendenti. Dall’altra, la principessa milanese dimostrò in più occasioni di saper esercitare il proprio volere di donna e poi vedova di un casato importante, specie nell’asserire i suoi sentimenti e nel proteggere i propri beni all’interno dello scontro politico e finanziario del tempo.
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