MAGRINI, Luciano
Nacque a Trieste il 2 genn. 1885 da Enrico, noto musicista, e Livia Marini.
Giovanissimo, fondò nella sua città natale, con alcuni studenti triestini che frequentavano l'Università di Vienna, una sezione del Partito repubblicano italiano (PRI) ma, scoperto dalla polizia asburgica, fu costretto a fuggire a Udine. Qui, nel 1903, pubblicò un numero unico di Trieste o morte!.
Da Udine si mosse a piedi per raggiungere Forlì, dove, dal 3 al 5 ott. 1903, si svolse il VII congresso nazionale del PRI nel cui ambito rappresentò Trieste e l'Istria. Successivamente, sempre a piedi, raggiunse Milano, dove iniziò la carriera giornalistica per vari fogli variamente legati al suo partito.
Aveva esordito nel 1902, collaborando a L'Educazione politica, la rivista di A. Ghisleri; entrò, quindi, a L'Italia del popolo, di cui fu prima correttore di bozze e poi redattore dal 1904 al 1905, allorché questo cessò le pubblicazioni. Tentò, allora, di far rinascere la storica testata di Ghisleri, la Rivista repubblicana, tentativo fallito dopo solo cinque numeri, nel luglio del 1906.
Del 1907 è il suo primo libro, Il pericolo tedesco (Milano s.d.) sulla Triplice Alleanza - su cui dava, ovviamente, un giudizio negativo - seguito da Il tramonto della Triplice Alleanza. Alla vigilia della guerra (ibid. 1908). Individuato da C. Treves per le sue competenze di politica estera, questi lo chiamò a Il Tempo, dove lavorò come redattore dal 1908 al settembre 1910; quando il giornale chiuse il M. passò a Il Secolo, dove rimase fino al 1923 e dove si segnalò definitivamente come inviato di vaglia.
Nell'esercitare la professione, il M. fu influenzato dalla formazione mazziniana che lo portava a interessarsi delle classi più disagiate e a prenderne le parti; del resto non fu certamente un inviato "da salotto", ma anzi seguì le notizie laddove altri non osavano. Ne sono testimonianza gli articoli e i libri in cui raccolse i resoconti di guerra o di viaggio, per esempio quelli relativi allo scontro tra Grecia e Turchia nel corso della crisi balcanica del 1912-13, cui partecipò anche come combattente in favore della causa greca (Le isole, l'Albania e l'Epiro: maggio 1912 - giugno 1913: ristampa delle corrispondenze inviate al "Secolo", Milano s.d. [ma 1913]). Durante la prima guerra mondiale, unico giornalista, seguì la ritirata delle truppe serbe (autunno 1915) e le sue corrispondenze furono pubblicate anche dai giornali inglesi (poi raccolte in La Serbia invasa [ibid. 1922]); dai due viaggi compiuti in Russia dopo la Rivoluzione d'ottobre e dalle relative corrispondenze trasse: Nella Russia bolscevica (maggio-giugno 1920) (ibid. 1920) e La catastrofe russa. Dal fallimento comunista alla rinascita capitalista (Milano s.d. [ma 1922]).
Nel 1923, a causa della fascistizzazione del giornale, lasciò Il Secolo, insieme con M. Borsa, G. Ferrero, C. Spellanzon, C. Russo e P. Schinetti. Si trasferì, quindi, al Corriere della sera dove rimase fino al 1925, lasciandolo quando L. Albertini fu costretto alle dimissioni. Di lì andò a La Stampa, finché, nel 1927, per evitare compromessi con il regime, si ritirò dal giornalismo.
Il M. aveva inoltre collaborato a La Ragione, organo del PRI, dal 1907 al 1912, al giornale che ne prese il posto, L'Iniziativa, a La Rivoluzione liberale di P. Gobetti, a La Rassegna dell'Est e a Il Messaggero.
Durante il regime fascista fu costantemente sorvegliato e, dal 19 marzo all'8 giugno 1933, anche imprigionato, con l'accusa di aver tentato di ricostituire il partito socialista; il 4 dic. 1933, la commissione istruttoria dichiarò, tuttavia, il non luogo a procedere per insufficienza di prove. Il M. rimase comunque in contatto con gli ambienti antifascisti, e più tardi partecipò alle riunioni che, alla fine del 1944, portarono alla designazione di Borsa quale direttore del Corriere della sera dopo la Liberazione.
Dagli anni Trenta aveva iniziato a collaborare con Albertini alla raccolta dei materiali necessari alle opere storiche che questi andava componendo.
Il rapporto tra i due era di lunga data, e infatti Licata scrive che al M., che "fino al 1923 fu solo un collaboratore personale, dato che lavorava per altri giornali, Albertini affidò vere e proprie missioni segrete, destinate a cogliere in anticipo i sotterranei umori della politica estera" (p. 105). Di fatto con la sua conoscenza delle lingue e l'approfondita preparazione culturale, il M. contribuì in modo rilevante alla redazione dei due volumi di Albertini, usciti postumi: Le origini della guerra del 1914 (Milano 1942); e Venti anni di vita politica (I-V, Bologna 1950-53), di cui collazionò il materiale ancora non ordinato e suggerì il titolo.
Il 26 apr. 1945, perse il figlio Leonida, ucciso dai Tedeschi durante un'azione di guerra a Pessina Cremonese, in provincia di Cremona, uno dei luoghi di residenza del M. nel corso del conflitto.
Nel dopoguerra, tornò al giornalismo e ai giornali del suo partito, dirigendo L'Italia del popolo, quotidiano del PRI, per tutta la vita del giornale, dal 2 ott. 1945 al 14 giugno 1946, quindi La Voce repubblicana, dal 1 settembre al 15 ott. 1946 e collaborando con l'Idea repubblicana e La Costituente. Nel 1947 tentò di riportare in vita una testata gloriosa, L'Educazione politica, ma la rivista non andò oltre il primo anno di vita. Il M. entrò anche in politica, venendo eletto all'Assemblea costituente per il collegio unico nazionale, sempre nelle file del PRI. Nel quarto governo De Gasperi, dal 22 dic. 1947 al 23 maggio 1948, fu sottosegretario al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale (ministro A. Fanfani) e, in questo ruolo, si interessò in particolare di emigrazione, un tema che gli era caro fin dal 1924.
Sull'argomento pubblicò, in seguito, L'emigrazione agricola nella Francia del Sud Ovest (s.l. né d., estr. da Boll. quindicinale dell'emigrazione, III [1949], 6) e redasse anche un Bollettino dell'emigrazione per conto della Società umanitaria di Milano.
Alle elezioni del 18 apr. 1948 si presentò nel X Collegio, Venezia-Treviso, e nel collegio unico nazionale, nelle liste del PRI, ma non fu rieletto. La sua insoddisfazione nei confronti del mondo politico, che datava già dall'epoca del suo impegno ministeriale, crebbe fino a quando, nel 1951, per protestare contro l'alleanza fra il suo partito e la Democrazia cristiana (DC) nelle elezioni amministrative, il M. uscì dal PRI.
Si dedicò allora ad approfondire lo studio della cultura cinese, sua antica passione nata nel 1923, nel corso di un viaggio in Estremo Oriente come inviato del Corriere della sera, e confermata da un nuovo soggiorno nel 1926, quando era alla Stampa, da cui erano nati i volumi: Attraverso il Giappone (Milano 1925); La Cina d'oggi (ibid. 1925); In Cina e in Giappone (ibid. 1927). Nel 1954, dunque, fondò l'Istituto culturale italo-cinese, con sede a Milano, creato al fine di migliorare la conoscenza reciproca tra i due Paesi.
A questo scopo dedicò gli ultimi anni della sua vita, dirigendo l'Istituto e pubblicando opere del pensiero cinese, studi originali, e una rivista, Quaderni di civiltà cinese.
Il M. morì a Milano il 9 dic. 1957.
Fra le opere del M., oltre a quelle già citate nel testo, si ricordano ancora: I congolesi d'Italia: per l'epurazione del giornalismo nazionale, Pavia 1908; Il Montenegro: la fine di un regno, Milano 1922; La Germania d'oggi, ibid. 1926; Marocco, ibid. 1926; In Brasile, Torino 1926; India, Milano 1927; La caduta e l'assassinio dello zar Nicola II, ibid. 1928; Dalla Birmania alle rovine di Angkor, ibid. 1928; Il dramma di Seraievo. Origini e responsabilità della guerra europea, ibid. 1929; Il buddismo in Cina, ibid. 1956. Sue introduzioni o prefazioni si trovano nei seguenti volumi: C.F. Ferrari, Libro del calmo pensare, ibid. 1943; N. Meoni, La questione sociale e le imprese economiche, Torino [1945]; Lao Tzu, Tao-te-King, Milano 1956; Meng-tzu, Il libro di Mencio, ibid. 1959.
Fonti e Bibl.: Necr., in Quaderni di civiltà cinese, IV (1958), pp. 131-137; Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Casellario politico centrale, b. 2935, ad nomen; A. Albertini, Vita di L. Albertini, Roma 1945, p. 264; M. Borsa, Memorie di un redivivo, Milano-Roma 1945, pp. 243-247, 424 s.; L. M., Milano 1959; Aspetti e figure della pubblicistica repubblicana italiana, Genova-Milano-Torino 1962, ad ind.; G. Rumi, Il Secolo, in 1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica e stampa in Italia, a cura di B. Vigezzi, Bari 1965, p. 422; O. Bariè, L. Albertini, Torino 1972, ad ind.; A. Benini, Vita e tempi di A. Ghisleri (1855-1938), Manduria 1975, p. 278; G. Licata, Storia del Corriere della sera, Milano 1976, ad ind.; A. Spinelli, I repubblicani nel secondo dopoguerra (1943-1953), Ravenna 1998, ad ind.; L. Albertini, I giorni di un liberale. Diari 1907-1923, a cura di L. Monzali, Bologna 2000, p. 378.