MINGUZZI, Luciano. –
Nacque il 24 maggio 1911 a Bologna, da Armando, proveniente da una famiglia benestante di mugnai, e da Violante Fiorini, figlia di lavandai.
Il padre si era trasferito a Bologna per seguire la sua passione artistica e aveva frequentato i corsi d’intaglio presso la scuola d’arte e i corsi regolari di scultura presso l’Accademia di belle arti. Realizzò due opere monumentali per i caduti in guerra, a Castello d’Argile e a Tossignano in Romagna, considerate dal figlio «nelle sculture di quel genere, fra le più significative di tutta la regione» (L. Minguzzi, Diritti e rovesci, Verona 1996, pp. 9, 73).
Di carattere volitivo e ribelle, il M. trascurò gli studi commerciali ai quali era stato indirizzato e, dopo aver tentato di lavorare per quattro mesi come impiegato di terza categoria alla Comfer (Commercio Ferro), intraprese la carriera artistica frequentando per un anno l’accademia privata di G. Regazzi al fine di entrare all’Accademia di belle arti di Bologna. Nel 1929, superati gli esami di ammissione, cominciò a seguire i corsi di scultura di E. Drei, di incisione di G. Morandi e a frequentare le lezioni di storia dell’arte tenute da R. Longhi all’Università, studiando con ammirazione le opere di M. Rosso e di A. Martini (ibid., pp. 140-156). Pur nelle grandi difficoltà finanziarie della famiglia (a causa delle quali il padre tentò il suicidio), si dedicò allo studio e al lavoro dividendo con suo padre e altri artisti un atelier a palazzo Bentivoglio e iniziando a partecipare ai Littoriali dell’arte di Firenze e Roma come anche alle mostre del sindacato degli artisti.
A Verona, dove svolse il servizio militare, scoprì e studiò attentamente, oltre alla porta di S. Zeno, «il grande Cristo in pietra del Rigino e il Maestro di s. Anastasia del museo di Castelvecchio […] di un’altezza che solo raramente la scultura di tutti i tempi ha raggiunto» (ibid., p. 205). Nel 1934, grazie a una borsa di studio di 2000 lire, si recò a Parigi per due mesi e visitò assiduamente i grandi musei, dal Louvre, al Petit-Palais, al Jeu de Paume. Si appassionò alla pittura degli impressionisti considerandola più moderna della scultura, la quale, escluse le opere di A. Rodin e H. Daumier, gli apparve «ancora attardata su moduli neoclassici» (ibid., p. 90). A Parigi conobbe il mercante L. Zborowski, il quale lo introdusse alla conoscenza della scultura di A. Modigliani, che suscitò nel M. una grande ammirazione.
Al ritorno in Italia, abbandonò le mostre littoriali e scelse manifestazioni di più largo respiro: dal 1934 fu costantemente presente alle Biennali veneziane, anche se, proprio in quell’anno, il M. fu umiliato dal segretario generale della mostra, A. Maraini, che non apprezzò il suo gruppo in terracotta Pugili corpo a corpo. Seguì per lui un periodo di crisi e per diversi mesi lasciò la scultura dedicandosi soprattutto all’insegnamento della plastica alla scuola d’arte P. Selvatico di Padova. Dal 1935 iniziò a partecipare alle Quadriennali romane e l’anno successivo, sempre a Roma, si abilitò all’insegnamento del disegno. Nel 1938 vinse il concorso per un rilievo destinato al salone centrale della Biennale di Venezia (Zattini, p. 23). Nel 1939 presentò alla Quadriennale di Roma una statua di Eva gravida, modellata in cera a grandezza naturale (Milano, Museo Minguzzi).
L’opera destò scalpore e fu tolta dall’esposizione ma, grazie all’interessamento di F. Carena e M. Marini, la statua fu collocata nello studio del segretario della Quadriennale e ottenne il successo della critica.
La scultura del M., debitrice dell’arte di A. Martini oltre che degli studi condotti sull’arte antica, già si rivelava autonoma e nuova nella forza del modellato, nella concretezza tematica e nell’espressività. Tra la fine degli anni Trenta e la prima metà degli anni Cinquanta, attraverso figure di ragazzi, donne, giocolieri, acrobati e saltimbanchi, è la plasticità del corpo umano in movimento a essere felice protagonista delle opere del M. (Acrobata cinese, 1937, Trieste, Civico Museo Revoltella; Acrobata al trapezio, 1951, Roma, Galleria nazionale d’arte moderna; Donna che salta alla corda, 1951, collezione privata). Presenti anche personaggi provenienti dall’ambito delle Sacre Scritture (Tobiolo, 1939, collezione privata o i Due ladroni, 1942, ubicazione ignota: Pirovano, 2002, p. 70) e animali ripresi più volte e trattati in modo espressionistico (Gallo, 1949-50, Stoccolma, Museo d’arte moderna; Cane fra le canne, 1950, New York, Museum of modern art; Caprone, 1952, L’Aja, Museo comunale). Molti dei temi trattati dall’artista ricorrono, declinati in molteplici soluzioni formali e tecniche, lungo tutto l’arco della sua lunga attività. Il M. scrisse con orgoglio delle proprie radici culturali: «Discendiamo dagli Etruschi, siamo nipoti dell’Antelami, figli di Cosmè Tura, del Cossa, di Jacopo della Quercia, di Nicolò dell’Arca, giù fino a Crespi e a Morandi che ha esaltato il calore umano degli oggetti più umili e comuni» (Diritti e rovesci, p. 269). La saldezza di tali premesse elimina del tutto nel processo creativo del M. il ricorso a modelli reali: «tutto quello che volevo fare l’avevo in testa» (Aldrovandi Baldi, p. 55).
Nel 1940 lo scoppio della guerra e la morte del padre lo segnarono profondamente; in quell’anno conobbe personalmente Martini, che gli serbò parole d’incoraggiamento, e cominciò a studiare le sculture di O. Zadkine, P. Picasso, G. Manzù, Marini, R. Melli e a lavorare al Ritratto della madre (Milano, Museo Minguzzi) terminato nel 1942 ed esposto in quell’anno, con altre 14 sculture, alla XXIII Biennale di Venezia dove gli fu riservata la sua prima sala personale. La mostra ebbe ottime recensioni, ma non fu venduto alcun pezzo. A Bologna, invece, ricevette l’incarico di realizzare un Aratore in gesso per l’ingresso della Fiera del Littorale i cui proventi gli consentirono di affrontare le spese per due fusioni in bronzo: l’Apollo e Dafne (Bologna, collezione Stame) e il Ratto delle Sabine (ubicazione ignota). In questi anni partecipò attivamente alla Resistenza.
L’attività didattica, dal 1943, proseguì al liceo artistico di Bologna e, dal 1951, in quello di Milano dove, dal 1956 al 1975, fu titolare della cattedra di scultura all’Accademia di Brera. Alla fine della guerra, nel 1945, a Bologna fondò il gruppo Cronache con i pittori A. Borgonzoni, C. Corsi, G. Ciangottini, P. Mandelli e I. Rossi. Nuovamente a Parigi nel 1948 conobbe molti artisti tra cui Zadkine, A. Giacometti, R. Birolli, R. Guttuso, B. Cassinari.
La carriera artistica del M. fu costellata di premi e riconoscimenti. Nel 1950 vinse il Gran Premio per la scultura alla XXV Biennale di Venezia e nel 1951 il terzo premio per la scultura internazionale alla I Biennale di San Paolo del Brasile.
Trasferitosi a Milano, il M. partecipò al concorso per la realizzazione della V porta del duomo di Milano e risultò tra i quattro scultori ammessi a sostenere la prova di secondo grado che superò nel 1953 ex aequo con L. Fontana.
I due artisti furono invitati a sostenere una prova ulteriore; il M. ottenne la commissione nel 1958 e la porta fu inaugurata nel 1965. La lunga gestazione dell’opera costituì una sorta di percorso di ricerca parallelo, ma spesso intrecciato, alla produzione scultorea non religiosa. Il prestigio ricavato dall’impresa gli valse altri importanti incarichi dello stesso genere.
Alla XXVI Biennale veneziana del 1952 ricevette, con H. Matisse, uno dei due Gran premi speciali e nel 1953 vinse a Londra il terzo premio per il concorso internazionale per il monumento al Prigioniero politico ignoto.
In questo periodo la sua scultura si fa più drammatica sia nei temi sia nell’elaborazione plastica. Le terribili esperienze vissute negli anni della guerra vengono sublimate in opere come Gli uomini del Lager (1957, Milano, Museo Minguzzi) nelle quali sagome di corpi incompleti, martoriati, senza volto, sono bloccate in strutture metalliche scatolari inquietanti, luoghi di ostensione e insieme di martirio.
Nel 1955 presentò una personale alla galleria del Milione a Milano, dove tornò nuovamente nel 1958 e nel 1965. La sua attività fu riconosciuta a livello internazionale. Nel 1956 la personale tenuta alla VII Quadriennale ricevette il Premio Roma. Fu presente a Londra, Anversa (1955, 1959, 1961, 1973) e a New York, dove fu invitato per la mostra The new decade (1955). Sempre a New York, tra il 1956 e il 1969, la galleria di Catherine Viviano gli organizzò cinque personali. Nel 1959 fu invitato a Documenta 2 (Kassel) e nel 1960 ebbe una sala personale alla XXX Biennale veneziana. Nello stesso anno fu allestita a Palazzo Strozzi un’ampia antologica e il M. fu nominato accademico di S. Luca.
Tra gli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta l’attività espositiva fu particolarmente intensa, numerosissime le mostre in tutto il mondo (per una dettagliata cronologia espositiva cfr. Pirovano, 2002, pp. 375-380). Nel 1963 fu inoltre nominato membro dell’Accademia del disegno a New York e nel 1965 gli fu conferita la medaglia al merito artistico da parte del ministero della Pubblica Istruzione e la cattedra di scultura a Salisburgo.
Grandi antologiche gli furono dedicate nel 1970 a Prato, nel chiostro romanico della cattedrale e nel 1973 alla Rotonda di via Besana a Milano. In quell’anno ricevette l’incarico della porta del Bene e del Male della basilica di S. Pietro in Vaticano inaugurata nel 1977.
Il mito e il ricordo, in armonica relazione con il quotidiano, prendono corpo in molte delle sue sculture tra gli anni Ottanta e Novanta (Dafne, 1981-84, Milano, Museo Minguzzi), affiancando opere dalle tematiche più quotidiane come il Monumento al Carabiniere in piazza Diaz a Milano. Numerosi in questi anni anche i disegni dalle cromie accese e vigorose (molti conservati al Museo Minguzzi di Milano). Nuove mostre personali si svolsero nel 1985 alla galleria Il Milione a Milano e, nel 1986, al Palazzo dei diamanti a Ferrara e alla galleria La loggia a Bologna.
Nel 1987 ricevette l’incarico per le porte lignee della chiesa Stella Maris a Porto Cervo (Sardegna), inaugurate l’anno seguente. Tra il 1988 e il 1989 prese parte con altri artisti alla rassegna Scultura italiana del XX secolo, evento itinerante in Giappone (Gifu, Niigata, Gunma, Shimonoseki, Fukuyama).
In quegli anni, parallelamente alla conclusione delle 24 formelle della porta di S. Fermo Maggiore a Verona (inaugurata nel 1997), tornò nelle sue opere, con solidità e vivacità corporea, il tema dell’uomo (Nuotatori, 1990; Grande contorsionista - Op là, 2000, Milano, Museo Minguzzi).
Negli ultimi anni della sua vita il M. partecipò ancora a esposizioni nazionali e internazionali. Fu invitato nel 1991 al Städtische Kunsthalle di Mannheim e Kunsthalle di Darmstadt. Per i suoi ottanta anni una grande mostra antologica gli fu dedicata al Castello Sforzesco di Milano (1992); l’anno successivo espose con G. Manzù e A. Fabbri alla Rocca Malatestiana di Cesena. Nel 1994 espose alla mostra Disegno e scultura nell’arte italiana del XX secolo a Milano e una personale fu organizzata alla Galleria civica di arte moderna di Saint-Vincent. L’anno seguente espose, a Milano, alla mostra La città di Brera. Due secoli di scultura.
Il 24 maggio 1996 fu inaugurato il Museo Minguzzi a Milano in cui si conserva un cospicuo numero di schizzi, bozzetti, opere scultoree, pittoriche e grafiche organizzate cronologicamente e per aree tematiche. Due grandi antologiche si svolsero nel 1998 a Firenze e a Bologna, dove gli fu conferito il premio Marconi. Nel 1999, una grande retrospettiva gli fu dedicata a Vicenza. Moltissime le opere di Minguzzi nei musei di tutto il mondo (Pirovano, 2002, pp. 371-375; Zattini, p. 23).
Il M. fu operoso nel suo studio di via Solferino a Milano fino alla morte, avvenuta in quella città il 30 maggio 2004.
Fonti e Bibl.: J.P. Jouvet, M.: disegni - acqueforti - litografie, Verona 1974; G. Mascherpa, I Nobel italiani. Medaglie dello stabilimento Stefano Johnson, Milano 1978, pp. 10 s., 15, 19; G. Marchiori, Porta del Bene e del Male, S. Pietro in Vaticano, Bologna 1981; L. M. mostra antologica dell’opera grafica: 1950-1983 (catal.), a cura di E. Di Martino, Reggio Emilia 1983; L. Visintin, Il duomo in mano, Milano 1986, pp. 36-45; L. Cavallo, M. ci dà un «Nuotatore» gigante, in Arte, XXI (1991), 218, pp. 90-92; G.B. Sannazzaro, Le porte di bronzo del duomo di Milano, Milano 1991, pp. 92-101; M. al Castello Sforzesco: sculture e disegni (catal.), a cura di M. De Micheli, Milano 1992; Manzù, M., Fabbri, tre maestri della scultura contemporanea (catal.), Cesena 1993, pp. 33-59; C. Pirovano, M. La porta di S. Fermo Maggiore a Verona, Verona 1997; A. Paolucci, L. M., Cesena 1998; M.: sculture e disegni (catal., Vicenza), a cura di F. Butturini, Verona 1999; A. Aldrovandi Baldi, Luciano «delle porte»: a colloquio con lo scultore L. M., in IBC, Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, IX (2001), 2, pp. 54-56; C. Pirovano, M. Sculture, Milano 2002; L. M.: sinestesie & coscienza (catal.), a cura di M. Zattini, Cesena 2005.
R. Canuti