CONTI, Lucido
Terzogenito di Ildebrandino, signore di Valmontone e di Berarda (di casato non identificato), fu fratello di Alto, Grato, Sagace e Giacomo. La data di nascita deve essere fissata al 1388, poiché quando il 30 dic. 1396 ricevette da Bonifacio IX un canonicato della basilica di S. Pietro il C. era nel nono anno di età.
Questa concessione - che costituisce la prima notizia sicura sul C. - premiava la fedeltà della famiglia all'obbedienza romana. Dopo il concilio di Piso, però, il padre del C., Ildebrandino, si schierò dalla parte del pontefice pisano: lo testimonia, tra l'altro, il passaggio, avvenuto tra il 1410 e il 1411 all'obbedienza pisana, dell'abbazia di Subiaco della quale Ildebrandino è più volte indicato nelle fonti come "padrone". E nel 1411il C., che aveva compiuto studi per diventare notaio pontificio, venne nominato da Giovanni XXIII cardinale diacono di S. Maria in Cosmedin.
Partecipò sin dall'inizio ai lavori del concilio di Costanza. Le fonti lo indicano tra i cardinali presenti il 5 nov. 1413 alla processione con cui si inaugurò il concilio. Nel marzo 1415 si recò a Sciaffusa per ottenere da Giovanni XXIII la rinuncia al soglio pontificio e successivamente fu presente alla sua condanna. Nel luglio dello stesso anno assistette alla rinuncia di Gregorio XII e poi fu tra coloro che prepararono la missione del re dei Romani, Sigismondo, presso Benedetto XIII. Si occupò anche di questioni ereticali: nel settembre 1415 fu presente all'abiura di Girolamo da Praga e l'anno successivo fu tra coloro che citarono i seguaci di Wycliff e di Hus a comparire davanti al concilio. Nel 1417, infine, partecipò al giudizio di condanna contro Benedetto XIII e nel novembre fu tra i fautori della scelta del cardinale Oddone Colonna - la cui madre, Caterina Conti, era sorella del padre del C., Ildebrandino - come pontefice.
Terminati i lavori del concilio, il nuovo papa, Martino V, gli affidò l'incarico di protettore dell'Ordine dei serviti. Lasciata Costanza, il C. si recò a Firenze, ove risiedette nel convento servita dell'Annunziata fino al 1420. In questo periodo provvide al restauro della biblioteca del convento e fondò un ospizio per i poveri. Il C. donò all'Annunziata una grande statua d'argento e nel 1420, prima di lasciare Firenze, risolse una vertenza relativa all'attribuzione delle rendite della cattedrale di Oxford. Nel settembre 1420, infine, partì da Firenze al seguito del pontefice e si trasferì a Roma.
Nel 1429 Martino V lo nominò legato pontificio a Bologna. Nel settembre di quell'anno si era conclusa la ribellione della città alla S. Sede iniziata l'anno precedente. Il C. giunse a Bologna alla fine del medesimo mese e subito tolse l'interdetto alla città. Il nuovo accordo con la Chiesa non aveva, però, messo fine alle lotte tra le fazioni bolognesi. In particolare i Canetoli sì opponevano al ritorno del legato in città e all'inizio del 1430 fomentarono numerosi disordini e uccisero aderenti alla fazione Bentivoglio e sostenitori della S. Sede. Il 3 aprile il C., temendo per la propria incolumità, lasciò Bologna e si rifugiò prima a Cento e poi a Ferrara.
Mentre si trovava a Bologna era stato nominato da Martino V (27 nov. 1429) arciprete di S. Pietro in Roma. Il nuovo beneficio si veniva ad aggiungere ad altri ricevuti in precedenza e confermati nel motu proprio di nomina ad arciprete. Tra questi benefici sono il monastero di S. Maria de Rosellis, nella diocesi di Segni, il priorato cluniacense di Saint-Pierre d'Allevard, nella diocesi di Grenoble, e l'abbazia di Fonte Avellana. Il C., inoltre, aveva ricevuto alcuni priorati in Germania e in Austria, nonché l'abbazia della Trinità dei camaldolesi presso Perugia. Era anche titolare della parrocchia di S. Colomba a Colonia, di due parrocchie nel Brabante, del decanato di Incourt, nella diocesi di Liegi, e dell'abbazia benedettina di S. Nicola de Calamitis in Calabria: a questi benefici rinunziò durante il pontificato di Eugenio IV, dietro riscossione di pensioni a vita.
Prese parte al conclave in cui venne eletto, nel marzo 1431, Eugenio IV e sottoscrisse la capitolazione elettorale insieme con gli altri cardinali. Nell'aprile dello stesso anno venne nominato dal nuovo pontefice camerario del Sacro Collegio. I suoi rapporti con Eugenio IV furono ottimi e il papa ricompensò la fedeltà dei C. concedendo numerosi favori ai suoi fratelli Alto e Grato. Quando nel 1434 Eugenio IV fu costretto a lasciare Roma, il C. si rifugiò con Giordano Orsini nel castello di Galeria. Raggiunse quindi il pontefice a Firenze dove lo troviamo l'anno successivo tra i cardinali che consigliarono il papa di inviare un legato al concilio di Basilea. Successivamente si trasferì a Bologna, ove risiedette presso il convento dei serviti e ove morì il 9 sett. 1437.
Nel 1435 era morto il padre Ildebrandino, lasciando nel testamento tutti i suoi possedimenti al C. come erede universale. Alcune delle terre paterne erano, peraltro, in mano al fratello del C. Alto, il quale dal 1407 teneva i castelli di Valmontone, Lugnano e Sacco. Il C. non gliene richiese la restituzione. Ma quando morì senza aver fatto testamento, i fratelli Grato e Sagace si ritennero danneggiati e impugnarono il testamento paterno. Ricorsero al parere del noto giurista Paolo di Castro (cfr. Pauli de Castro, Consilia, Venetiis 1571, n. 464, f. 206rv). Le loro ragioni non furono, però, accolte.
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