ACCIO, Lucio (L. Accius)
Poeta latino nato a Pesaro nel 170 a. C. e morto intorno all'84 a. C. Era di origine servile, scrisse tragedie di cui restano 45 titoli e 700 versi, ed alcune altre di argomento romano (praetextae) Brutus e Decius (seu Aeneadae); inoltre gli Annales, un'operetta in metro sotadeo, Pragmatica, Praxidica o Parerga.
Suo amico e protettore fu D. Giunio Bruto Callaico, la cui stirpe A. celebra nella praetexta Brutus, e, quando il generale dopo le vittorie in Spagna dedicò il tempio di Marte nel Campo Marzio (Plin., Nat. hist., xxxvi, 26), A. sembra che componesse l'iscrizione dedicatoria in versi saturnî (Schol. Bob. in Cic., Arch., xxvii, p. 359). Sembra che fosse di statura molto piccola ma di animo fiero e superbo. A questo suo fisico sembrano da riferire le parole di Lucilio che di lui scrive: quare pro facie, pro statura Acciu' status (Libro xx). L'unica immagine che conosciamo è quella convenzionale raffigurata nel rovescio di alcuni contorniati del tardo impero, nel cui dritto appare il busto di Orazio (v. vol. v, pag. 708); Accio è rappresentato come figura seduta ammantata, nello schema del filosofo e letterato greco, con volto giovanile sbarbato, contraddistinta dalla leggenda accivs. Sappiamo da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 19) che egli stesso aveva dedicato una statua nell'aedes delle Camene, forse dono votivo per una vittoria in un concorso per una tragedia.
Bibl.: P. Marx, in Pauly-Wissowa, I, 1894, c. 142 ss.; A. Alföldi, Die Kontorniaten, Lipsia 1942, p. 127, n. 223, tav. XVIII, nn. 11-12 e p. 89.