BRUTO, Lucio Giunio (L. Iunius Brutus)
La figura di colui che, avendo liberata Roma dalla tirannide dei Tarquinî ed essendo stato il primo console, assieme a Collatino, fu l'istauratore della libertà nell'Urbe, è avvolta nella leggenda, tanto che non è mancato chi ne ha revocata in dubbio l'esistenza.
La sua effigie compare, assieme a quella di Servilio Ahala (v.), su un denaro coniato da M. Bruto intorno al 59 a. C. (anno in cui quest'ultimo rivestì la carica di tresvir monetalis) e su un aureo del 44-42 a. C., fatto coniare in Macedonia da L. Pedanio Costa, legato del cesaricida.
Il primo console di Roma ha nell'aureo una testa sottile e rotonda, coperta di un'abbondante capigliatura; la fronte termina con un angolo ed è solcata da una ruga orizzontale che contribuisce a dare energia al personaggio. Il naso è alto e diritto, le gote ed il mento sono coperti da una barba arricciata. Nel denaro la testa è un po' più larga, ma, a parte questa ed altre lievi differenze, e nonostante che i due profili siano stati disegnati in epoca e luoghi diversi, la loro sostanziale identità depone a favore di un modello comune.
Sappiamo da Cicerone (Phil., ii, 11) che Bruto, l'uccisore di Cesare, che si vantava discendente del primo console, conservava il ritratto di questo presunto antenato nell'atrio della sua casa. Sul Campidoglio assieme alle statue del re, era anche una statua di B. maggiore, con una spada sguainata in mano, (Plut., Brutus, i; Cass. Dio, xliii, 45; Plin., Nat. hist., xxxiii, 4; Suet., Divus Iulius, 8o). A proposito dell'esistenza di un modello determinato, la West vede nell'energia di B. una fierezza un po' selvatica e pensa ad una fusione della tendenza idealizzatrice ellenistica con quella naturalistica italica. Il ritratto potrebbe essere così collocato nel periodo tra la fine del III sec. e l'inizio del II sec. a. C. Era senza dubbio un ritratto "di ricostruzione", privo, cioè di elementi tratti dalla realtà fisionomica del personaggio.
I tipi delle monete non hanno un preciso riscontro con nessuno dei busti che si sono voluti volta a volta identificare con il ritratto di L. Giunio Bruto. Una rassegna di molte di queste identificazioni è compiuta dal Bernoulli, che osserva giustamente come esse siano state quasi sempre dettate da motivi tipologici e psicologici (individui barbuti con espressione dura). Ciò vale anche per il ritratto marmoreo su busto d'alabastro, che si trova al Museo Naz. di Napoli (Guida Ruesch n. 1070); di un uomo dalla barba corta, dal naso diritto (ma restaurato!) e dalla fronte obliqua; a questo ritratto che, a giudizio comune, si avvicina più di ogni altro al tipo delle monete, non si può peraltro dare il nome di Bruto. Tra le varie identificazioni proposte, la più antica e la più suggestiva, sebbene mancante di ogni fondamento positivo, è quella del cosiddetto Bruto in bronzo del Museo Capitolino, la cui testa, ben conservata, opera di un notevole bronzista italico, collocata su una base moderna, fu donata alla città di Roma nel XVI sec., nella evidente presunzione che si trattasse di B.; identificazione basata, sin da allora, su dati psicologici.
Bibl.: E. Q. Visconti, Iconografia rom., vol. I, Milano 1818, p. 25; J. J. Bernoulli, Röm. Ikon., I, Stoccarda 1881, p. 18 ss.; R. West, Röm. Porträt-Plastik, I, Monaco 1933, p. 47; F. Poulsen, Die Römer der republ. Zeit und ihre Stellung zur Kunst, in Die Antike, XIII, 1937, p. 130; S. L. Cesano, I Fasti della Repubblica Romana sulle monete di Roma, in Studi di Numismatica, I, 1942, p. 137, fig. 25; O. Vessberg, Studien zur Kunstgesch. der römischen Republik, Lund-Lipsia 1941, p. 122 e p. 169. Per il cosidd. B. Capitolino: G. Kaschnitz Weinberg, in Röm. Mitt., XLI, 1926, p. 133; R. Bianchi Bandinelli, Il "B. Capitolino", scultura etrusca, in Dedalo, VIII, 1927, p. 5 ss.; C. Albizzati, in Historia, II, 1928, p. 618 ss.