LUCULLO, Lucio Licinio
Figlio di Lucio Licinio Lucullo, il pretore del 104 a. C., nacque probabilmente nel 106. Fu, come questore e come proquestore, agli ordini di Silla nella guerra mitridatica e nell'86 fu incaricato di una missione a Cirene e in Egitto e di raccogliere una flotta apprestando le basi navali per la difesa contro la flotta nemica alleata ai pirati. Nell'85 L. restò fedele a Silla, e a Pitane si rifiutò di collaborare con Fimbria prestandogli man forte per ottenere su Mitridate una vittoria decisiva. Dall'84 all'80 L. restò in Asia per la gestione finanziaria e per l'esazione del tributo straordinario di guerra di 20.000 talenti imposto da Silla. Nel 79 ebbe l'edilità curule; nel 77 la pretura, nel 76 fu propretore in Africa. Nel 74 otteneva il consolato con M. Aurelio Cotta, e in virtù di tale carica difese energicamente, contro il tribuno L. Quinzio, la legislazione sillana. Resosi vacante il governo proconsolare della Cilicia, L. riuscì a ottenere per sé e per il collega Cotta dal Senato questa provincia in luogo di quella che gli era stata assegnata, per avere così il comando contro Mitridate. L. ebbe 5 legioni, di cui 4 di veterani: il suo piano era di contrapporre la flotta romana alla flotta di Mitridate e di cercare d'invadere il Ponto dalla Frigia. All'inizio delle ostilità Cotta fu gravemente sconfitto a Calcedone da Mitridate; e anche Cizico, porta dell'Asia, era gravemente minacciata, se non fosse intervenuto a salvarla, con un colpo di mano di sua iniziativa, C. Giulio Cesare. Grazie a questo vantaggio L., dopo lunga preparazione, riuscì a liberare la città e a obbligare Mitridate a riparare a Nicomedia, capitale della Bitinia. L., con flotte fornitegli dagli alleati, riuscì a svolgere una serie di operazioni per mare, mentre Mitridate, che aveva subite gravi perdite, riparava a Eraclea. Nel 73 stesso L., dopo essersi assicurata la superiorità marittima, iniziò le operazioni per l'invasione del Ponto, cingendo d'assedio Amiso sotto le cui mura dovette svernare (73-72). Nel 72 L. catturò Cabira e Amiso, infliggendo due grandi sconfitte a Mitridate e costringendolo a rifugiarsi in Armenia mentre in Tracia Marco L., suo fratello, otteneva importanti successi. Nelle provincie asiatiche riconquistate L. prese provvedimenti fiscali ispirati a maggiore moderazione, procurandosi in Roma molte inimicizie e, per contro, grande favore nelle provincie. Mitridate aveva intanto trovato in Armenia, presso Tigrane, un alleato che si rifiutò di consegnarlo ai Romani, e L., dopo aver passato l'inverno 70-69 ad Efeso, conquistò Eraclea e Sinope, sempre procedendo al riordinamento e alla pacificazione dei paesi ellenistici. Infine condusse una campagna contro Tigrane (69), culminata nell'assedio di Tigranocerta, che fu conquistata, e in successive operazioni che avrebbero potuto portare a eventi decisivi; sennonché, per gl'intrighi della politica romana L. fu richiamato e, non avendo mai saputo farsi amare dai suoi soldati, fu da essi abbandonato e dovette interrompere un'opera così splendidamente condotta verso la vittoria, e con poche spese per lo stato romano. La sua carriera politica era finita (66). Gli odî e le passioni di parte gli ritardarono di tre anni gli onori del trionfo (63). Nel 61 ostacolò, per differenza di vedute e forse per risentimento gli ordinamenti di Pompeo, poi fu teste nel processo di Clodio e, nel 59, uno degli avversarî della lex Iulia agraria; morì probabilmente nel 57. Ricchissimo, L. fu innovatore nella piscicoltura, importò in Italia il ciliegio, e fu uno dei principali fautori dell'introduzione in Roma della cultura e del fasto orientale-ellenistico. Scrisse pure una storia della guerra marsica. Sposò Clodia, figlia di Appio Claudio Pulcro e poi Servilia, figlia di Q. Servilio Cepione. Ne scrisse la vita Plutarco. Della sua ricca e complessa personalità è passato alla storia più che altro l'aspetto di fastoso gaudente.
Bibl.: W. Drumann e P. Groebe, Geschichte Roms, IV, Lipsia 1910, pagine 134-188; Th. Reinach, Mithridate Eupator, Parigi 1890. pp. 199 segg., 318 segg.; T. Rice-Holmes, The Roman Republic, I, Oxford 1923, p. 178 segg.; The Cambridge Ancient History, IX, Cambridge 1932, passim.