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ANDRONICO, Lucio Livio

di Massimo Lenchantin De Gubernatis - Enciclopedia Italiana (1929)
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ANDRONICO, Lucio Livio (L. Livius Andronīcus)

Massimo Lenchantin De Gubernatis

Da Taranto condotto schiavo a Roma nel 272 entrò, come litterator, nella casa di un Livio da cui fu affrancato. Il prenome T (Titus), dato da alcune fonti, è dovuto a scambio con il prenome dello storico patavino. Che il patrono sia stato un Livio Salinatore risulta da S. Girolamo sotto l'anno 1830 da Abramo, cioè 187 a. C. (p. 137 Helm); ma ad identificarlo con il vincitore di Sena Gallica, oltre alla difficoltà del prenome L e non M - difficoltà non insormontabile, poiché un liberto poteva talora assumere un prenome diverso da quello del patrono - si oppone la cronologia. M. Livio Salinatore, console la prima volta nel 219 e la seconda nel 207, difficilmente avrebbe potuto essere il padrone dello schiavo giunto a Roma, sia pure in giovane età, nel 272. Le fonti antiche (Accio?) hanno forse confuso M. Livio Salinatore, console nel 207 (anno in cui si cantò il partenio di A.) con il patrono del poeta. Per i modesti bisogni della sua scuola, A. volse nell'"orrido" saturnio gli episodî più interessanti dell'Odissea: opera rozza, ma importantissima come primo tentativo di schiudere ai Romani la bellezza dei capolavori greci. Nel 240 (cfr. Cic., Brut., 18, 72), A. rappresentò rifacimenti d'una tragedia e di una commedia greca (cfr. Cassiod., Chron., p. 128 Mommsen), adattando alla lingua latina i metri ellenici. Accio riferiva al 197 questa prima rappresentazione, con evidente errore combattuto validamente da Cicerone (loc. cit.). La struttura del dramma latino, costituito da diverbia e cantica, presenta divergenze sensibilissime in confronto con la tecnica greca, e non è da escludere l'influenza etrusca. Dall'Etruria venivano gl'istrioni (cfr. Vollmer, Römische Metrik, nell'Einleitung in die Altertumswissenschaft di Gercke e Norden, 3ª ed., I, 8, p. 2). L'aneddoto che Livio, nel recitare un suo dramma, abbia perso la voce e si sia fatto sostituire nel canto da un giovanetto riducendosi alla mimica, è un mito etiologico per spiegare un uso che era generalmente seguito nel teatro latino (cfr. Liv., VII, 2, 8). Delle tragedie si hanno nove titoli: Achilles, Aiax Mastigophorus, Equos Troianus, Aegisthus, Hermiona, Andromeda, Danae, Ino, Tereus; delle commedie tre: Gladiolus, Ludius, Verpus (?). Nel 207, dopo spaventosi prodigi, un coro di ventisette fanciulle cantò, per ordine dei pontefici, un partenio in onore di Giunone Regina, composto dal nostro A. (cfr. Liv., XXVII, 37, 7). Gli eventi da quel giorno volsero propizî, e i Romani, per riconoscenza verso il poeta i cui versi avevano placato le divinità corrucciate, istituirono il "collegio degli scrittori e degli istrioni" nel tempio di Minerva sull'Aventino (cfr. Fest., p. 446, 29 Lindsay). Che Livio nei ludi tarentini del 249 abbia composto un carme in onore di Proserpina è arguta, ma non dimostrabile ipotesi del Cichorius (Römische Studien, Lipsia 1922, p. 1. segg.). Secondo il Cichorius stesso (ibid., p. 7), la morte di A. cadrebbe tra il 207 e il 200. Infatti nel 200 fu cantato solennemente un carme espiatorio di P. Licinio Tegula. Ma l'onore di comporre il carme, dice il Cichorius, sarebbe certo toccato a Livio A., se fosse stato ancora in vita: argomento che è ben lungi dall'essere perentorio.

Per i frammenti dell'Odyssia v. W. Morel, Fragmenta poetarum latinorum, Lipsia 1926, pp. 7-17; per quelli delle tragedie, Ribbeck, Tragicorum romanorum fragmenta, 3ª ed., Lipsia 1897, pp. 2-7; per quelli delle commedie: Ribbeck, Comicorum romanorum fragmenta, 3ª ed., Lipsia 1898, pp 3-5.

Bibl.: Leo, Geschichte der röm. Literatur, I, Berlino 1913, pp. 55-70; Schanz-Hosius, Geschichte der röm. Litteratur, I, Monaco 1927, pp. 45-49; E. Curcio, Storia della letteratura latina, I, Napoli 1920, pp. 121-130; P. Lejay, Hist. de la litt. latine des origines à Plaute, Parigi 1923, pp. 205-227.

Vedi anche
tragedia Opera e rappresentazione drammatica che si caratterizza, oltre che per il tono e lo stile elevato, per uno svolgimento e soprattutto una conclusione segnati da fatti luttuosi e violenti, da gravi sventure e sofferenze. L’età classica 1. La t. greca. La t. di Eschilo, Sofocle, Euripide, e degli altri ... atellana Antica farsa romana con maschere fisse (per es. Bucco, Dossenno, Macco, Pappo) e dallo spirito grossolano. Ebbe dapprima linguaggio e carattere popolare e contadinesco; prese forma letteraria al tempo di Silla e si usò recitarla dopo la tragedia, sull'esempio del teatro greco. Uno dei più noti cultori ... Scevola Mariòtti Filologo classico italiano (Pesaro 1920 - Roma 2000). Prof. (dal 1956) nelle univ. di Urbino e (dal 1963) di Roma, socio nazionale dei Lincei (dal 1992). Si è occupato in particolare di letteratura latina arcaica e della problematica connessa alla tradizione dei testi antichi in età medievale e umanistica. ... Telamone (gr. Τελαμών) Mitico figlio di Atteo e di Glauce, secondo una tradizione più antica, di Eaco (e quindi fratello di Peleo e zio di Achille), secondo la versione più diffusa. Esiliato da Egina per l’uccisione del fratellastro Foco, andò a Salamina, dove sposò Glauce, figlia del re Cicreo, cui successe ...
Tag
  • COMMEDIA GRECA
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  • SENA GALLICA
  • PROSERPINA
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    Enciclopedia on line
    Il primo poeta romano di cui abbiamo frammenti; fu portato a Roma da Taranto ancor fanciullo, dopo la guerra Tarentina (272 a. C.), schiavo di un Livio Salinatore, dal quale fu poi affrancato e preposto all'educazione dei suoi figli. Abbiamo pochi frammenti della sua Odyssia, versione latina in versi ...
Vocabolario
lùcio
lucio lùcio s. m. (f. -a) [prob. voce di origine fonosimbolica]. – Nome pop. tosc. del tacchino.
andróne
androne andróne s. m. [dal lat. andron -onis «passaggio», gr. ἀνδρών -ῶνος «appartamento degli uomini», der. di ἀνήρ ἀνδρός «uomo»]. – 1. Presso gli antichi Greci, in senso lato, la parte della casa riservata ai soli uomini (sinon. quindi...
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