MARIANI, Lucio
MARIANI, Lucio. – Nacque a Roma il 4 ag. 1865 da Cesare e da Virginia Barlocci.
I genitori del M. erano pittori di buon livello, in particolare il padre, che fu autore di numerosi affreschi (come quelli nella cattedrale di Ascoli Piceno e quelli nella sala della Maggioranza del ministero delle Finanze a Roma).
Dopo gli studi nel liceo classico E.Q. Visconti, conclusi con licenza d’onore, nel settembre 1884 il M. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma, dove si laureò nel luglio 1888 al termine di un percorso di studi non esaltante. Nel settembre 1888 si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia della medesima Università, presso la quale conseguì la laurea con il massimo dei voti, nell’agosto 1890, discutendo una tesi sulla città di Cori e le sue antichità.
Dopo un viaggio d’istruzione in Germania e in Svizzera, nel 1891 il M. partecipò al concorso per la Scuola nazionale d’archeologia e ne risultò vincitore insieme con L. Savignoni e G. Patroni. Nei tre anni della Scuola fu allievo di importanti archeologi e storici dell’arte come E. Löwy, R. Lanciani e L. Pigorini, che contribuirono in modo significativo a formare la sua metodologia d’insegnamento.
Durante il primo anno, a Roma, ebbe modo di collaborare alla realizzazione del catalogo del Museo di Corneto-Tarquinia. Dopo alcuni mesi passati a Napoli, si trasferì ad Atene per frequentare l’ultimo anno della Scuola d’archeologia. Nell’agosto 1893 raggiunse Creta per partecipare all’esplorazione dell’isola iniziata da F. Halbherr nel 1884. Là rimase tre mesi, dedicandosi a una serie di ricognizioni nei diversi siti archeologici e allo studio del materiale precedentemente rinvenuto: espose i risultati delle sue ricerche nella monografia Antichità cretesi (in Monumenti antichi dell’Acc. nazionale dei Lincei, 1895, vol. 6, coll. 153-348), in cui analizzò per primo la classe ceramica dei vasi di Kamares.
Tornato in Italia, il M. ricevette una serie di incarichi riguardanti l’organizzazione delle raccolte archeologiche in alcuni musei (tra cui Palazzo ducale a Venezia). Il 5 genn. 1895 fu assunto come aiutante nel Museo nazionale romano, di cui realizzò il catalogo in collaborazione con D. Vaglieri. Il 2 marzo 1895 fu chiamato a far parte, insieme con D. Gnoli e M.S. De Rossi, della Commissione archeologica municipale, sorta per tutelare il patrimonio archeologico di Roma. Il 31 ott. 1895 fu nominato vice ispettore nei musei, nelle gallerie e negli scavi d’antichità con un contratto triennale e, in tale veste, collaborò alla realizzazione delle Notizie degli scavi d’antichità, contribuendo con molteplici articoli su materiali di diversi siti archeologici. Il 2 febbr. 1896 sposò Emma Simonetti, da cui avrebbe avuto 7 figli.
Nell’ottobre 1897 vinse il concorso per la cattedra di archeologia presso l’Università di Pavia, primeggiando su L. Savignoni e G. Patroni. Sin dall’inizio dell’insegnamento incentrò la sua attenzione sul legame tra l’archeologia e la storia dell’arte, con un approccio metodologico mutuato da quello di Löwy. Nel 1898, dopo una serie di lutti familiari, tra cui la morte della madre e del primo figlio, ottenne la conferma dell’insegnamento e gli fu assegnata anche la cattedra di storia antica.
Tra il 1897 e il 1902 il M. si recò a più riprese nella località abruzzese di Alfedena (l’antica Aufidena), dove dal 1879 lo studioso A. De Nino aveva effettuato campagne di scavo che avevano portato alla luce centinaia di tombe. Inizialmente il M. fu incaricato di organizzare il materiale in previsione dell’apertura del locale museo e si dedicò inoltre all’esplorazione della necropoli di Campo Consolino. I risultati delle prime campagne di scavo, dedicate prevalentemente alla necropoli, furono esposti nella monografia Aufidena: ricerche storiche ed archeologiche nel Sannio settentrionale (in Monumenti antichi dell’Acc. nazionale dei Lincei, 1901, vol. 10, coll. 224-638), che si segnalò per la sua completezza e divenne un testo fondamentale per lo studio della località abruzzese. Negli ultimi anni della sua attività ad Alfedena il M. si dedicò agli scavi dell’acropoli sul monte Curino rinvenendo due edifici da lui datati intorno al III sec. a.C.
Nell’aprile 1900 lasciò l’ateneo di Pavia e si trasferì in quello di Pisa, dove occupò la cattedra di archeologia precedentemente tenuta da G. Ghirardini, che lì aveva introdotto nuove metodologie d’insegnamento derivate dall’archeologia tedesca. Appena arrivato, inserì nella didattica un ulteriore elemento di novità con l’acquisto di una macchina da proiezione e l’uso costante delle diapositive nelle lezioni. Il M. insegnò a Pisa dal 1900 al 1914, ricoprì per due volte l’incarico di preside della facoltà di lettere (1903-04 e 1912-13) e fece parte del Consiglio accademico dell’Università pisana.
Nel febbraio 1901 il M. presentò la domanda per la promozione a professore ordinario, approvata a pieni voti nel novembre dello stesso anno. In seguito alla sua decisione di continuare a risiedere a Roma, per motivi personali e di studio, ebbe numerosi contrasti con il rettore dell’Università di Pisa, D. Supino, culminati nel 1913 con un’inchiesta formale presso il Consiglio di Stato, che terminò con un nulla di fatto.
Durante gli anni di insegnamento a Pisa il M. non trascurò i suoi incarichi presso la Commissione archeologica municipale di Roma, realizzando numerosi articoli per il Bullettino della commissione stessa, in cui analizzò criticamente le principali sculture antiche rinvenute nell’area della capitale.
Nel 1904 fu nominato membro dell’Accademia di S. Luca a Roma, di cui divenne il segretario nel 1913. Nel 1908 divenne membro corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei e nel 1912 entrò a far parte del Consiglio superiore delle Antichità e belle arti, mantenendo questo ruolo fino al luglio del 1919. Fu inoltre tra i fondatori della Società italiana di archeologia e storia dell’arte, nonché incaricato per alcuni anni della redazione della rivista Ausonia.
Nel febbraio 1913 il M., accettando una proposta di Halbherr, entrò a far parte del coordinamento del servizio archeologico del ministero delle Colonie, incarico che ricoprì fino al 1923, quando tale ufficio fu soppresso. In quegli anni il M. coordinò il lavoro degli archeologi in Libia, tra i quali spiccano i nomi di S. Aurigemma e L. Ghislanzoni, e presentò in più occasioni i risultati dei loro scavi alla comunità archeologica italiana. Dopo alcuni viaggi in Libia e a Creta, per visionare l’operato delle missioni archeologiche italiane, nel 1914 il M. ottenne il trasferimento presso il ministero delle Colonie e cessò di fatto il suo insegnamento a Pisa, anche se nominalmente restò negli annali dell’Università pisana fino al 1918.
Lo scoppio della prima guerra mondiale e la conseguente partenza di Löwy dall’Italia, crearono le premesse affinché nell’ottobre 1915 gli venisse affidata la supplenza della cattedra di archeologia e storia dell’arte dell’Università di Roma, che il M. mantenne fino al 1918, quando gli fu notificato il trasferimento come professore ordinario dall’Università di Pisa a quella di Roma. Qui entrò in contatto, fra collaboratori e allievi, con personalità di rilievo quali G. Lugli, G.Q. Giglioli e R. Bianchi Bandinelli.
Dal 1915 il M. fu direttore del Museo dei gessi dell’Università stessa, dei Musei Capitolini e del Museo Barracco, riunendo su di sé incarichi di particolare importanza nel campo dell’amministrazione archeologica del Comune di Roma. A questo si aggiunse, nel medesimo periodo, la nomina a segretario della Commissione archeologica comunale e a direttore del Bollettino della commissione stessa.
Nell’aprile 1919 il M. si recò in Libia per sovrintendere all’inaugurazione del Museo di Tripoli. Alla fine dello stesso anno cadde vittima di quella che dapprima sembrò una forte influenza, ma che poi risultò trattarsi di encefalite letargica. La malattia inizialmente non gli impedì di continuare a svolgere i suoi incarichi, ai quali, dal 1920, vennero nuovamente ad aggiungersi le sedute del Consiglio superiore delle Antichità e belle arti.
Gli ultimi anni della sua vita furono segnati da un progressivo indebolimento fisico, dovuto all’avanzare della malattia.
Il M. morì a Roma il 30 ag. 1924.
La figura del M. – che seppe coniugare la formazione di storico dell’arte classica con l’esperienza di scavo e la competenza nella musealizzazione dei reperti archeologici – si inserisce a pieno titolo nel processo di sviluppo dell’archeologia italiana tra il XIX e il XX secolo.
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