MASTRONARDI, Lucio
– Nacque a Vigevano, il 28 giugno 1930, da Luciano e da Maria Pistoja.
La madre era maestra elementare nella cittadina; il padre, ispettore scolastico originario di Cupello, in Abruzzo, era stato costretto al pensionamento nel 1923 per le sue idee politiche. Come la sorella Letizia, di sei anni più grande, il M. sperimentò le conseguenze delle scelte del genitore e affrontò un percorso scolastico contrastato: fra bocciature, ritiri ed esami sostenuti da privatista, sempre sotto il severo indirizzo paterno. Paralleli si imposero ripetuti cambi di residenza, mentre la Libreria Letizia, aperta dalla famiglia nel 1931, divenne oggetto di insistiti controlli di polizia.
Alla licenza magistrale, conseguita a Pavia nel 1949, seguì l’iscrizione alla facoltà di magistero di Genova, presto abbandonata. Dall’autunno del 1950 il M. ebbe vari incarichi di supplenza nella sua città: dalla casa circondariale al doposcuola, dall’educazione dei contadini nell’area rurale della Morsella alla scuola popolare. Entrato in ruolo nel 1955 presso la scuola elementare G. Vidari, da dicembre al marzo dell’anno successivo affidò al locale Corriere di Vigevano i racconti d’esordio: Posteggiatore, Serata indimenticabile, Dalla santa e Ricordi di tempi andati (sui nn. del 22 e 29 dic. 1955 i primi, e del 5 e 12 gennaio e 1°, 8 e 15 marzo 1956 i secondi). In quegli stessi mesi il M. avviava la stesura di un romanzo dalla «duplice ambizione», Il calzolaio di Vigevano, stabilendo un decisivo contatto epistolare con E. Vittorini.
All’autore siciliano, ammirato per l’opera e l’attività editoriale, il M. presentava l’abbozzo di un’opera nata sotto il segno di un’intenzione poetica «alta» e, soprattutto, «altra» rispetto a quella che avrebbe sostenuto le sue pagine più autentiche. Fu la forbice censoria di Vittorini a sfrondare dell’eccedenza (il manzoniano inquadramento nella Storia e l’impegno ideologico della narrativa neorealista e resistenziale) la inedita, originale «realtà morale dei personaggi» e la innata «capacità di trasformare una congerie di dati passionali, idiomatici e geografici, in una realtà vera, umana e vivacemente rappresentativa del mondo tipico (provinciale) della pianura vigevanese» (lettera al M., 30 nov. 1956).
La revisione del Calzolaio, conclusa nel marzo 1958, portò alla sua pubblicazione l’anno successivo (giugno 1959) nel numero inaugurale della «rivista-collana» diretta da Vittorini e I. Calvino, Il Menabò.
Molti sono i modelli chiamati in causa dall’opera prima del M., tutti da riconsiderare nella effettiva incidenza: dalla «commedia umana» del naturalismo (H. de Balzac e Ch. Dickens) alla coralità dei Malavoglia di G. Verga, dal rovesciamento del topos novecentesco dell’inettitudine al comportamentismo degli scrittori statunitensi. Nonché le reminiscenze di L. Pirandello e A. Moravia, i contatti con G. Fenoglio, i pastiches linguistici di C.E. Gadda e G. Testori, l’anarchismo sperimentale di L. Bianciardi.
Nel romanzo l’ascesa di Mario Sala, detto Micca, e di Luisa, due voci distinguibili appena nell’unisono della febbrile operosità degli scarpari di Vigevano, prende le mosse dai mesi fra il 1935 e il 1936, nei giorni della guerra d’Etiopia. Trascinati da un impetuoso desiderio di ascesa sociale, tipico in quegli anni della seconda generazione di artigiani, i due «operari» fattisi «industrialotti» sono ingranaggi di un sistema che ha il suo innesco nello sforzo di produzione bellica e nell’avvento della società del benessere i moventi fisiologici. A muoverli la legge deterministica del «dané fanno dané», incalzante sulla strada che vede avvicendarsi scalate e cadute.
Come suggerito dallo stesso M., il filtro di una poetica del «mondo in piccolo» era in grado di trasporre nel microcosmo emblematico della ricca provincia settentrionale investita dal boom economico la lunga vicenda di trasformazione dell’Italia del neocapitalismo, ora, come nel Calzolaio, vitalisticamente sospesa fra artigianato e industria ora, come nelle prove successive, condotta dalla selvaggia logica economica sulla soglia della dissoluzione. Ingredienti primari della rappresentazione sono la feroce deformazione grottesca e lo speciale impasto linguistico che pervade di dialettalità narrazione e dialoghi: «una variante del neorealismo in atto» (p. 2200), avrebbe sintetizzato E. Montale, prima e importante voce della bibliografia critica.
Il M. entrò, insomma, nel cuore del dibattito riacceso intorno al confronto fra la cultura letteraria e la «sfida al labirinto» della nascente civiltà industriale di massa e proseguì in perfetta flagranza temporale con l’uscita dei pur diversissimi romanzi di O. Ottieri, P. Volponi e Bianciardi. Ma le «short stories vigevanesi» intersecarono del pari la definizione critica di una «linea espressionistica» della letteratura italiana compiuta da G. Contini nel Saggio introduttivo a La cognizione del dolore di Gadda (Torino 1963). Da ultimo, proprio da Vigevano, «città campione del nord», G. Bocca iniziò il suo viaggio-inchiesta nella «provincia toccata dal miracolo economico» (Mille fabbriche nessuna libreria, in Il Giorno, 14 genn. 1962).
Nel 1960, al termine di una lunga assenza per ragioni di salute, il M. riprese l’insegnamento all’istituto elementare Regina Margherita. Un nuovo racconto, L’assicuratore, uscì in due puntate sul bimestrale Il Caffè (nn. 1 e 2, febbraio e aprile 1961). Si caricarono di ansiosa sospensione in quei mesi la ripresa del Calzolaio per la pubblicazione in volume e l’attesa del giudizio sul secondo romanzo, al fuoco incrociato dei pareri di Calvino e Vittorini.
Il 1° ott. 1961, a seguito di un violento alterco con un controllore ferroviario, il M. fu ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Alessandria. Processato per direttissima e condannato, riprese la scuola solo nel febbraio 1962. Con un’ampia promozione editoriale in maggio vide la stampa nei «Coralli» di Einaudi Il maestro di Vigevano (Torino), mentre a novembre fu la volta del Calzolaio, nella medesima redazione del Menabò. Il Maestro, Premio Prato in settembre, alimentò tuttavia la contrarietà cresciuta nei concittadini per la diretta individuazione di personaggi e circostanze della cronaca vigevanese divenuti bersaglio di articoli e racconti pubblicati dal M. fra l’estate e l’autunno del 1962. Il 14 ottobre di quell’anno, prelevato dalla sua casa in esecuzione della sentenza passata in giudicato (e sospesa l’anno seguente), il M. trascorse due giorni nel carcere di Vigevano, narrati poi nel racconto Le mie prigioni apparso il 28 ottobre su L’Unità. Allontanato dalla scuola, attese a una poco nota attività di paroliere per le cantanti Laura Betti e Maria Monti e alla stesura de Il meridionale di Vigevano (Torino 1964), accolto tiepidamente dalla critica alla sua uscita. Complici anche le polemiche rilanciate già nell’autunno 1963 dalle riprese del film ispirato al Maestro (interpreti A. Sordi e Claire Bloom, regia di E. Petri).
Dall’«egli»-«essi» corale della Vigevano del Calzolaio emergono nei successivi romanzi due «io» narrativi (e autobiografici) dialettici. Rappresentanti di un ceto impiegatizio improduttivo e iperbolicamente retorico (quello scolastico di Antonio Mombelli), formalistico e dimidiato dal suo marchio razziale di provenienza (quello statale di Camillo), il «maestro» e il «meridionale» escono dall’entropia del sistema che trascina chi ne è particella e al «fare» sostituiscono il «pensare», convinti di riuscire a elaborare il senso di immobilità e inconsistenza. I due nuovi capitoli della trilogia separano i registri linguistici e abbandonano il tratto convulso e gridato del dettato che gira ora a vuoto su se stesso.
La più intensa fase creativa del M. parve a questo punto interrompersi. Fra il 1962 e il 1966 si diluirono le collaborazioni all’Unità e le prove narrative, non sempre compiute, riscontrate dai rilievi epistolari di Calvino. Erano le premesse di un «divorzio» consumatosi intorno alla crescente attenzione del M. per i linguaggi sperimentali (non ultimi il cinema di F. Fellini e L. Buñuel) e la televisione, e all’acutizzarsi della nevrosi.
Dall’anno scolastico 1963-64 il M. fu trasferito in qualità di bibliotecario alla direzione didattica di Abbiategrasso. Nell’ottobre 1965 si candidò senza successo come indipendente nelle liste cittadine del Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP). Nel 1968, mentre Contini includeva alcune pagine del Calzolaio nella Letteratura dell’Italia unita 1861-1968 (Firenze 1968, pp. 1033-1035), ebbero inizio gli anni sereni della residenza a Milano, incaricato all’ispettorato scolastico della VII circoscrizione e, dal 1970, alla sezione musicologia della Biblioteca Sormani. Sul n. 46 de L’Approdo letterario (aprile-giugno 1969) uscì il racconto La ballata del vecchio calzolaio, nato dal concorso di delusioni politiche e della difficile stagione emotiva. Al proprio successo editoriale e all’etichetta di irregolare applicatagli suo malgrado, il M. aveva guardato con sorriso smitizzante nella prosa Io, un ribelle (in L’Unità, 8 dic. 1963); in Racconto stracciato (ibid., 14 marzo 1965), invece, la scoperta denuncia sociale aveva portato a negare la stessa possibilità etica del narrare. Dopo la ricomposta ferocia del Meridionale, ma con l’anticipazione forte della Ballata, l’elaborazione formale estrema condusse, nel marzo 1971, alla pubblicazione per Rizzoli del romanzo rifiutato da Calvino, A casa tua ridono (Milano).
Mentre la ricorrente fenomenologia del riso (marchio sociale per l’inettitudine e segnale di nevrosi) vi raggiunge l’apice, pienamente si realizza anche l’individuazione del movente della letteratura in continui «ritorni di angoscia». L’adesione di forma espressiva e realtà raffigurata diventa ancora più stretta nella scomposizione e ricomposizione di episodi e pensieri dell’intera opera e del romanzo stesso: con significativa inversione dei termini rispetto alla coeva letteratura di fabbrica è la contemporaneità, con i suoi caratteri di alienazione, a farsi metafora della malattia e non questa di quelli.
Il 6 nov. 1972, alla notizia della reimmissione in servizio, il M. ebbe un acceso scontro con il dirigente della scuola di Abbiategrasso e subì un nuovo arresto e una breve detenzione nel carcere milanese di S. Vittore. Il 1973, apertosi con il dolore per la perdita della madre (23 febbraio), proseguì con il matrimonio con la collega Lucia Lovati. In luglio la serie televisiva Racconti italiani ospitò uno sceneggiato tratto dal Calzolaio, diretto da E. Fenoglio e interpretato da N. Svampa e Maria Monti. Superata una profonda crisi nervosa che lo condusse a tentare il suicidio buttandosi dalla finestra della propria abitazione nell’autunno 1974, nel febbraio dell’anno seguente il M. accolse con gioia la nascita della figlia Maria, seguita dalla pubblicazione della silloge di racconti sparsi e in parte inediti L’assicuratore (Milano 1975), insignita in giugno del premio D’Annunzio.
Collocato in pensione nell’ottobre 1976, il M. vide raccolti in Gente di Vigevano (Milano 1977), e per la cura di S. Pautasso che scrisse la prefazione (pp. 5-10), i romanzi della trilogia e i racconti Gli uomini sandwich e, con titolo mutato, La ballata dell’imprenditore. Mai abbandonato, il progetto di un romanzo sperimentale incentrato sull’adolescenza, In mancanza di, tornò allora a impegnare le sue giornate. La prostrazione fisica e psichica lo costrinse, nel dicembre 1978, a un nuovo ricovero presso il policlinico di Pavia dove gli fu diagnosticata una neoplasia polmonare.
Il 24 apr. 1979, vergato un biglietto di congedo, il M. lasciò la propria abitazione di Abbiategrasso: il suo corpo fu recuperato dalle acque del Ticino il 29 aprile.
I testi narrativi d’esordio del M. furono ripresi, con una nota di R. Marchi e con il titolo Racconti, in Alfabeta, III (1981), 31, pp. 15-17; poi, come Quattro racconti (1955-1956), a cura dello stesso Marchi (Pavia 1981); infine in appendice a Per M. Atti del Convegno di studi, Vigevano… 1981, a cura di M.A. Grignani (Firenze 1983), pp. 117-132; alle pp. 133-167 dello stesso volume Grignani raccolse dieci racconti pubblicati da L’Unità negli anni 1962-66. Manca, invece, una silloge degli scritti giornalistici. La trilogia è stata ripubblicata nel 1994 nel volume Il maestro di Vigevano, Il calzolaio di Vigevano, Il meridionale di Vigevano (Torino), con introduzione di G. Tesio. L’inedito L’industrialotto è stato stampato in A casa tua ridono e altri racconti (ibid. 2002), anch’esso con introduzione di G. Tesio. Una pagina del registro scolastico del M., sul tema cultura e scuola, risalente all’anno 1960-61 fu pubblicata nel venticinquennale della morte con il titolo M., lezioni giù dalla cattedra, in Corriere della sera, 9 apr. 2004.
Fonti e Bibl.: Le lettere del M. a Vittorini sono conservate a Torino, nell’Arch. storico Einaudi, i corrispettivi di Vittorini restano, invece, fra le carte del M. presso la famiglia (Abbiategrasso); alcuni brani furono resi noti dallo stesso Vittorini nella presentazione del Calzolaio (Notizia su L. M., in Il Menabò, 1959, n. 1, pp. 101-103) e da Grignani in Per M. Atti del Convegno…, cit.; per l’epistolario con Calvino si vedano I. Calvino, I libri degli altri. Lettere 1947-1981, a cura di G. Tesio, con una nota di C. Fruttero, Torino 1991, ad ind., e Id., Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano 2000, p. 1383. Alla corrispondenza editoriale è dedicata la tesi di laurea di A.M. Ramazzina, L’epistolario Mastronardi - Einaudi: la resa del quotidiano fra vita e idioletto, Università degli Studi di Pavia, facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1997-98. Il carteggio con S. Pautasso è, invece, stralciato dallo stesso nelle introduzioni alle opere del M. da lui curate e da Tesio nell’edizione 1994 dei romanzi. La storia della critica del M. ha il suo asse portante nelle recensioni; cfr. per Il calzolaio: M. Rago, La ragione dialettale, in Il Menabò, 1959, n. 1, pp. 104-123; E. Montale, Letture, in Corriere della sera, 31 luglio 1959 (poi in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Milano 1996, II, pp. 2199-2202); F. Antonicelli, Libri in vetrina. Un romanzo dialettale, in La Stampa, 11 ag. 1959. Si rimanda a P. Pallavicini - A. Ramazzina, M. e il suo mondo, Milano 1999, per la dettagliata ricostruzione della vita e la ricca rassegna stampa locale e nazionale riportata. Per gli approfondimenti e la ricezione in antologie e storie letterarie di lavori del M. durante la sua vita e negli anni immediatamente successivi alla morte, si vedano ancora: I maestri del racconto italiano, a cura di E. Pagliarani - W. Pedullà, Milano 1964, pp. 583-588; G. Contini, Espressionismo letterario, in Enc. del Novecento, Roma 1977, II, p. 799; S. Pautasso, M. e i suoi tipi, in Nuova Antologia, CXII (1977), 2115-2117, pp. 534-538; A. Asor Rosa - U. Fragapane, La trilogia di M., in Letteratura italiana (Marzorati), Novecento. I contemporanei. Gli scrittori e la cultura letteraria nella società italiana, diretta da G. Grana, Milano 1979, X, pp. 9224-9234. Una stagione critica distanziata dalla minuta cronaca biografica si avviò dopo la morte; tra gli altri vedi: I. Calvino, Il castoro e il calzolaio, in La Repubblica, 6 giugno 1981; G.C. Ferretti, L. M., in Belfagor, XXXVI (1981), 5, pp. 555-568 (poi, rivisto e con il titolo Il mondo in piccolo (ritratto di L. M.), in Per M., cit., pp. 23-36); R. Rinaldi, M.: storia di uno scavo interrotto, in Il romanzo come deformazione. Autonomia ed eredità gaddiana in M., Bianciardi, Testori, Arbasino, Milano 1985, pp. 9-30; C. Aliberti, Guida alla lettura di L. M., Foggia 1986. Per la recente riflessione critica si veda: Scuola e società nella Vigevano dei Mastronardi, a cura di M.A. Arrigoni - M. Savini - A. Stella, Milano 1998; A. Menetti, Al dio sconosciuto: storia e confessione in L. M., in Studi novecenteschi, XXVII (2000), 60, pp. 399-421; F. Merlanti, «Intanto tengo d’occhio la realtà». L. M. e l’ossessione del romanzo industriale, in Élite e storia, II (2002), 1, pp. 62-90; M. Novelli, L. M. tra verismo e grottesco, in Nuova Antologia, CXL (2005), 2233 (gennaio-marzo), pp. 203-212; Id., Quando i cinesi eravamo noi, in Letture, LX (2005), 622, pp. 123-130; G. Turchetta, «Il calzolaio di Vigevano» di L. M., in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, XVI, Il secondo Novecento. Le opere 1938-1961, Torino-Roma 2007, pp. 609-638. Inoltre cfr. le due più note interviste: G.C. Ferretti, Il riccio di Vigevano, in Rinascita, 21 marzo 1964 e G. Bocca, A casa tua ridono, in Il Giorno, 11 ag. 1971.