TORNABUONI, Lucrezia
Nacque a Firenze il 22 giugno 1427 da Francesco Tornabuoni, membro di un’importante famiglia cittadina, e da Marianna, detta Nanna, Guicciardini. Ricevette una buona educazione come risulta da carteggi di personaggi legati alla famiglia.
Sposò il 3 giugno 1444 Piero de’ Medici (1416-1469), figlio di Cosimo il Vecchio e di Contessina Bardi, apportando una considerevole dote. Da lui ebbe 5 figli: Maria (ma è stato ipotizzato che forse fosse una figlia naturale di Piero; L. Tornabuoni, Lettere, a cura di P. Salvadori, p. 5 nota 9) che sposò Lionetto de’ Rossi; Bianca (1445-1478) che sposò Guglielmo dei Pazzi; Lucrezia detta Nannina (1448-1493) che sposò Bernardo Rucellai; Lorenzo il Magnifico (1449-1492); Giuliano (1453-1478), oltre ad altri due figli morti dopo il parto.
Nella maggior parte della storiografia medicea ottocentesca la sua figura è confinata a quella di madre del Magnifico, senza un’analisi del ruolo sociale, culturale e politico da essa sostenuto. In realtà il suo fu un ruolo complesso all’interno della famiglia che allora andava costituendo il suo predominio nella società e nella vita politica fiorentina. Lo stesso Piero de’ Medici in alcune occasioni la ragguagliava su alcuni importanti avvenimenti e ricorreva ai suoi consigli.
Stretti rapporti mantenne con la famiglia d’origine, in particolare con i fratelli Filippo e Giovanni, che compaiono spesso nelle lettere giovanili; Giovanni sarebbe poi divenuto uno dei principali agenti medicei a Roma. Assente da Firenze, Lucrezia ragguagliava inoltre il consorte sui familiari, come quando nel 1463 da Pisa gli scriveva in varie missive della malattia che affliggeva il piccolo Giuliano allora di dieci anni.
Fu amica del poeta Luigi Pulci e fu sua ispiratrice per Il Morgante. Quando nel 1478 morì il figlio Giuliano, Pulci le inviò un’elegia. Anche il poeta Bernardo Bellincioni le fece recapitare sue opere e la ringraziò per avergli mandato un suo scritto: «Io ò fatto a sicurtà del vostro libro, chome d’ogn’altra simile vostra opera. Ell’è piaciuta assai ad chi lla desiderava vedere» (cit. in Tomas, 2003, p. 103 nota 123). Fu in rapporto con Angelo Poliziano, con Michele Del Giogante, e il segretario e notaio mediceo Gentile Becchi fu precettore dei suoi figli. Poliziano, che nel 1478 si trovava alla villa di Cafaggiolo con i giovani Medici, in una celebre lettera scriveva: «Io mi sto in casa al fuoco in zoccoli et in palandrano, che vi parrei la malinconia se voi mi vedessi […] e non fo né veggo né sento cosa che mi diletti […]. Non trovo qui la mia monna Lucretia in camera, colla quale io possa sfogarmi, et muoio di tedio» (cit. in L. Tornabuoni, Lettere, cit., p. 154). Lucrezia inoltre seguì da vicino in prima persona l’educazione e formazione culturale dei propri figli.
Donna colta, fu autrice di diverse opere. Scrisse i Poemetti sacri, le Laudi, cinque poemi con la Vita di S. Giovanni Battista, Storia di Giuditta, di Esther, di Susanna e di Tobia; scrisse anche sonetti burleschi. Ebbe una ricca biblioteca con opere di Aristotele, Sallustio, Tolomeo e come è stato rilevato la «sua produzione poetica nacque certamente dalla consuetudine con la poesia della cerchia medicea» (Pezzarossa, 1978, p. 38).
Assieme a membri della cerchia familiare e dei figli si recò spesso alle stazioni termali di Petriolo, Bagni di Macereto e Bagno a Morbo, che contribuì notevolmente a restaurare e in cui fece costruire un edificio per la famiglia. In una missiva del 1467 del figlio Lorenzo a lei inviata mentre si trovava a Bagno a Morbo si augurava che le cure termali le giovassero.
Nella ricerca della consorte per il primogenito Lorenzo, si recò con Becchi nel 1467 a Roma per conoscere Clarice Orsini, futura moglie del Magnifico, che descrisse accuratamente in una missiva al marito Piero, oltre a informarlo dettagliatamente dei possedimenti e averi che la famiglia aveva: «Era vestita alla romana, col lenzuolo, la quale mi pareva in quello abito molto bella, biancha e grande […] e à una dolce maniera, non però sì gentile chome le nostre, ma è di gran modesta e da ridulla presto a’ nostri chostumi» (cit. in L. Tornabuoni, Lettere, cit., pp. 62 s.; Pezzarossa, 1978, pp. 22 s.). Durante il ritorno a Firenze si ammalò sembra abbastanza gravemente e la comitiva si dovette fermare per alcune settimane a Foligno; da qui Becchi ragguagliava dettagliatamente il figlio Lorenzo dell’evolversi della malattia e della guarigione.
Una parte delle sue lettere al di fuori della cerchia familiare sono andate perdute. Molte persone e clientes medicei si rivolsero a lei per ricevere elemosine, per favori, per conforto, per consigli, per sollecitarne la protezione o affinché intervenisse presso il marito o il figlio Lorenzo. A lei si rivolsero anche membri della famiglia Strozzi, esiliati da Firenze, perché intercedesse presso il coniuge ed il figlio per il loro rientro in patria, come si evince da una lettera della Tornabuoni del 1465 a Filippo Strozzi a Napoli: «[…] vegho prendete sicurtà in me chome desideravo et confermate l’amicitia con opere. Parlai con Piero quanto mi commettesti, in quella forma che meglio credetti sattisfare al desiderio mio verso di voi. Tutto udì volenterissimo et dissemi volervi rispondere lui in ogni modo et chosì credo farà, perché alla affectione che lui vi porta et a quello che io gli sento parlare di voi, desidera fare chosa che vi piaccia» (cit. in L. Tornabuoni, Lettere, cit., p. 61).
Alla morte del marito Piero il Gottoso (2 dicembre 1469) aumentarono i suoi compiti di rappresentanza in seno alla famiglia e il suo ruolo pubblico. Si dedicò largamente ad attività benefico-assistenziali e iniziative caritatevoli, in questo aiutata dal notaio Francesco di Antonio Dovizi, e si affiancò al figlio Lorenzo nella complessa gestione della politica familiare.
Lucrezia conferì elargizioni a monasteri femminili e donazioni di doti a donne indigenti. In diverse lettere inviate al figlio Lorenzo intercedé a favore di varie persone che si erano rivolte a lei per avere un favore. Da alcune lettere a lei inviate dai fattori delle ville medicee si è inoltre informati che coordinò varie attività relative alla gestione patrimoniale di questi beni, del trasporto e della vendita dei prodotti dei loro possedimenti, così come degli affitti dei beni medicei e suoi propri in città e si adoperò anche in prima persona alll’acquisto di alcune proprietà. In questi anni inoltre si rivolsero a lei notai, cancellieri, potestà, vicari. Venne anche informata su importanti vicende politiche italiane, come la morte di Galeazzo Maria Sforza a Milano nel 1476 e la congiura contro Bona, così come da Roma il cancelliere Papino di Artimino nel 1480 la informava sugli sviluppi della situazione politica mediterranea, sulla presa di Otranto da parte dei turchi, sul loro ritorno a Costantinopoli e sugli incontri tra ambasciatori e rappresentanti delle grandi potenze a Roma.
Dalla tragica esperienza della congiura dei Pazzi (26 aprile 1478), in cui il figlio Giuliano venne ucciso e Lorenzo ferito, e di fronte ai pericoli della successiva guerra contro Sisto IV dovette essere molto provata, anche se dai suoi carteggi di questo periodo niente appare e si scorge il suo animo forte.
La sua morte è registrata nel Libro de’ morti di Firenze: «Marzo 1482. Mona Lucrezia di Piero di Chosimo de’ Medici riposta in San Lorenzo a dì 26 detto» (Archivio di Stato di Firenze, Magistrato della Grascia, Libro dei morti, ad datam).
Alla sua morte vari autori ne tracciarono un elogio ricordandone l’amicizia e il rispetto di cui godeva. Francesco da Castiglione scrisse al Magnifico una epistola (épitre) consolatoria e Ugolino Verino compose un epigramma in suo onore, Eulogium in obitu Lucretiae Tornabuonae (Rochon, 1963, p. 53 nota 85). In una lettera alla duchessa Eleonora d’Aragona Lorenzo il Magnifico piange la morte di «mia madre carissima […]. De che io resto tanto sconsolato quanto la E. V. po’ pensare, havendo perduto non solamente la madre, ma uno unico refugio di molti mia fastidi et sublevamento de molte fatiche» e nello stesso giorno della morte al duca d’Este: «Il perché io mi trovo tanto male contento, quanto più si possa dire, perché oltra a l’havere perduto la madre, che solo a ricordarla me crepa il core, io anchora ho perduto uno instrumento che mi levava di molte fatiche» (L. de' Medici, Lettere, a cura di R. Fubini et al., VI, 25 marzo 1482, pp. 285-287).
Secondo vari autori sarebbe raffigurata nell’affresco di Domenico Ghirlandaio, commissionato dalla famiglia Tornabuoni, nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Maria Novella a Firenze.
La maggior parte delle lettere di Lucrezia Tornabuoni e le 476 lettere a lei inviate si trovano in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato (cfr. Archivio Mediceo avanti il Principato. Inventario, a cura di A. Panella, I-IV, Roma 1963, ad ind.); Carte Strozziane, IIIa serie, n. 131, cc. 137, 183; cfr. inoltre Firenze, Biblioteca nazionale, Manoscritti Ginori Conti, 29, 36, 1-9, nove lettere scritte a N. Michelozzi; Biblioteca Moreniana, Raccolta Frullani, 1839, lettera a Piero de’ Medici. Le sue lettere sono pubblicate in L. Tornabuoni, Lettere, a cura di P. Salvadori, Firenze 1993, con un’ampia scelta di lettere a lei inviate alle pp. 95-169. Le lettere del figlio Lorenzo a lei sono edite in L. de’ Medici, Lettere, I-XVI, a cura di R. Fubini et al., Firenze 1977-2011, passim. Alcune opere letterarie sono edite in: L. Tornabuoni, Le Laudi, a cura di G. Volpi, Pistoia 1900; F. Pezzarossa, I poemetti sacri di L. T., Firenze 1978, che pubblica anche una nota biografica della Tornabuoni, i suoi molteplici contatti letterari, con vasta bibliografia precedente delle opere (pp. 7-36) ed elenco dei manoscritti (pp. 113-125 e 251-255). Alcune sue opere sono pubblicate in traduzione inglese in: L. Tornabuoni, Sacred narratives, a cura di J. Tylus, Chicago 2001.
A. Fabroni, Laurentii Medicis Magnifici vita, II, Pisa 1784, p. 9; Tre lettere di L. T. a Piero de’ Medici, a cura di C. Guasti, Firenze 1859, dove sono pubblicate anche varie lettere a lei inviate importanti per conoscere incarichi di rappresentanza da lei svolti; G. Levantini Pieroni, L. T. donna di Piero di Cosimo de’ Medici, Firenze 1888; V. Rossi, L’indole e gli studi di Giovanni di Cosimo dei Medici. Notizie e documenti, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, 1893, vol. II, pp. 38-60, 129-150, passim; B. Felice, Donne medicee avanti il Principato, L. T., Firenze 1907, pp. 21-36 (estratto da Rassegna nazionale, 1905, n. 146); G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo, I, Firenze 1924 (ristampa Firenze 1986), pp. 57-72; Y. Maguire, The women of the Medici, London 1927, pp. 60-126, 220-243; M. Bandini Buti, T. L., in Poetesse e scrittrici, II, Roma 1942, pp. 309-311; G. Pieraccini, L’effige di L. T., madre di Lorenzo de’ Medici, in Rivista d’arte, s. 3, XXVII (1951-52), vol. II, pp. 177-184; A. Rochon, La jeunesse de Laurent de Medicis (1449-1478), Paris 1963, ad ind.; F. Pezzarossa I poemetti sacri, cit.; E. Micheletti, Le donne dei Medici, Firenze 1983, pp. 28-38; N.R. Tomas, The Medici women. Gender and power in Renaissance Florence, Aldershot 2003, pp. 28 s., 49-59, 84 s., 93 s. e ad ind.; F.W. Kent, Lorenzo de’ Medici and the art of magnificence, Baltimore-London 2004, pp. 17, 19, 56, 65, 87, 124, 137; O. Gori, Una donna del Rinascimento. Contessina Bardi, Vernio 2012, pp. 20 nota, 22, 41 s., 46, 55 nota, 57, 72 s., 76, 78 nota, 84 nota, 85.