BIANCHINI, Ludovico
Napoletano, nato l'11 agosto 1803, morto il 10 giugno 1871. Uomo politico ed economista di non comune valore, esordì arricchendo di note la terza edizione del Breve cenno della scienza del benessere sociale di B. Cantalupo (1825); poi trattò svariati argomenti di finanza, di economia pubblica, di storia economica con chiarezza ed equilibrio, con ricerca accurata e coscienziosa. Così i saggi sui principî del credito pubblico (1827), sull'influenza della pubblica amministrazione sull'industria e sulla circolazione delle ricchezze (1828), sui porti franchi (1834), sulle raffinerie di zucchero nel reame delle Due Sicilie (1835), sui contratti alla voce (1835), sulla conversione della rendita del debito pubblico (1836) ecc. Più tardi allargò il campo delle sue ricerche con un Discorso dell'associazione doganale alemanna dalle sue origini fino al presente (1843) e con un importante studio Sulle riforme doganali della Gran Brettagna, che ebbe da Riccardo Cobden lusinghiero giudizio. Ma i suoi scritti principali sono: La storia delle finanze del regno di Napoli (1834-35), in tre volumi (la terza edizione riveduta ed accresciuta è del 1859), opera fondamentale, poiché il B. poté consultare gli archivi e trarne materia nuova ed ignorata, e ancora oggi consultata con profitto per la ricchezza delle notizie; la Storia economica-civile di Sicilia (Napoli 1841, in due volumi) che è complemento della prima; e la Scienza del ben vivere sociale e della economia pubblica e degli stati, con larghe digressioni storiche, che fu pubblicata in due parti nel 1841 e nel 1855. Si ha anche notizia dell'esistenza d'un'importante opera inedita sulla Storia dei principali avvenimenti d'Europa e specialmente del regno delle Due Sicilie, che si conserva nella Biblioteca Nazionale di Napoli.
L'attività del B. non si esaurì tutta nel campo degli studî economici. Successore di Giuseppe Ricciardi nella direzione del Progresso, l'importante rivista napoletana sul modello della toscana Antologia (settembre 1834), l'abbandonò nel 1837 per assumere l'alto ufficio di capo del Dipartimento degli affari interni della Sicilia. Nel 1847 fu intendente di Catanzaro, nel 1848, durante il breve governo costituzionale, consigliere, poi avvocato generale della Gran corte de' conti; indi passò nel 1852 alla Consulta di stato. Salito al trono Ferdinando II, fu nel ministero Troya direttore degl'Interni e dal settembre 1855 della Polizia generale. Mite ed onesto, appartenente a "quella schiera di borbonici liberali e municipalisti, che dette uomini di solida e quadrata intelligenza come il Cenni e il Savarese", ebbe dalla parte reazionaria del governo e del paese attacchi e censure. Dopo la morte di Ferdinando II tornò al suo ufficio di consultore di stato e per breve tempo tenne la cattedra di economia politica nell'università. Caduta la monarchia borbonica, della quale era stato convinto sostenitore, si ritrasse a vita privata.
Bibl.: E. De Vincentiis, la caduta della monarchia borbonica in un'opera inedita di L. Bianchini, in Arch. Stor. Ital., 1925, p. 771 segg.