BUZZACARINI, Ludovico
La sua nascita in Padova deve porsi, probabilmente, nel decennio 1470-1480. Il padre, Antonio, aveva infatti sposato Maria Zabarella nel 1465; il B. è il penultimo, o l'ultimo, degli otto figli nati da questa unione, conclusasi con la morte di Antonio, avvenuta fra il gennaio e il giugno 1483. Rimasto privo del padre, fu affidato alle cure materne e a quelle di uno zio paterno, Duse, in giovanissima età. Ancora cinque anni dopo, nel 1488, il fratello maggiore, Francesco, appare, nel contratto delle sue nozze con Adriana Capodivacca, sotto la tutela della madre e dello zio. Il nome del B., minorenne o "emancipato", si trova, spesso, comunque, in atti notarili dell'ultimo ventennio del sec. XV e oltre, fino al 1507.
Si tratta di divisioni di beni con i cugini paterni, di suddivisioni interne del patrimonio tra fratelli e soprattutto di una lite che vede gli orfani di Antonio e di Venceslao contendere l'eredità dello zio Zorzi, canonico e uomo di cultura, ai cugini Giovanni, Pataro e Giovan Francesco, illustri membri del Consiglio della città e giureconsulti i primi due, canonico e storiografo il terzo. Appare, infatti, vivo da queste testimonianze il senso della tradizione di una famiglia dalle origini lontane, forse modeste (secondo cronache di poco posteriori), ma resasi illustre nel tempo fino a divenire, all'epoca della signoria dei da Carrara, una delle più importanti del ceto nobiliare patavino. Stirpe potente era in Padova quella dei Buzzacarini, anche nella seconda metà del Quattrocento, per il patrimonio vastissimo, le parentele con tutte le grandi famiglie padovane e con altri "rami" della stessa "gens" rappresentati da feudatari dell'Italia settentrionale. Famiglia, però, anche con un notevole prestigio in campo religioso (legami con la Curia romana) e, soprattutto, culturale. La scuola di diritto patavina, particolarmente fiorente fra Quattrocento e Cinquecento, annovera, fra i suoi illustri rappresentanti, alcuni cugini del B. fra cui quell'Arcoano che, anche dopo lo sconvolgimento della guerra della lega di Cambrai, sarà richiamato dalla Signoria di Venezia all'insegnamento nello Studio.
Il B. comunque non si laurea e non partecipa nemmeno (forse per la giovane età) all'esercizio di quel potere che i nobili esercitavano in seno al Consiglio della comunità, ove, nei primi anni del Cinquecento, sedevano alcuni Buzzacarini. Di questi soprattutto uno, il già ricordato Giovanni di Bonifacio, anima l'ostilità dei patrizi padovani contro Venezia.
Il B. resta ugualmente, però, nell'alveo della tradizione familiare che, accanto ad uomini di curia e di cultura, doveva anzi, e soprattutto, la sua affermazione a "huomini bravi, et armigeri, et per via delle arme fatti grandi, ricchi e potenti" (cfr. Bertoldo). La sua figura appare, infatti, per la prima volta presentata con plastica efficacia, nella cronaca di Giovan Francesco; dell'esercito veneziano, nel 1509, fanno parte anche 4.000 guastatori: "Ludovico Bucakrim sopra i diti... questo era uno bravo champo" (Buzzacarini, Historia..., B.P. 1.55 I, c. 146v). Il B. era, dunque, un giovane capitano allo scoppio della guerra fra Venezia e la lega: un uomo d'arme che, come tutta la sua famiglia, si presenta però, quasi subito, nei suoi veri sentimenti accesamente filoimperiali. Subito dopo la rotta di Agnadello, infatti, si unisce all'esercito di Massimiliano. Da allora, assieme soprattutto al cugino Aleduse, uno dei principali capitani padovani unitisi alle truppe "alemanne", è protagonista di alcuni degli episodi più drammatici della lotta di Padova "imperiale" contro gli eserciti veneziani vittoriosi nelle sanguinose giornate del luglio 1509. Non appare mai solo in queste azioni, ma accanto ad altri esponenti della sua famiglia maggiori di lui per età e autorità militare o per prestigio diplomatico. Ed è questo il significato della sua figura: un uomo d'arme, giovane e ardito, inserito in una prestigiosa e facoltosa compagine familiare che in questa guerra vede la possibilità di un enorme accrescimento del proprio potere politico. Il B. è al comando dei suoi: dopo l'ardimentosa fuga dal castello ormai invaso dai Veneziani il 17 luglio 1509 riesce, attraverso i suoi possessi e con la complicità di suoi soggetti, a riparare nel Mantovano. Ma, quando (nel settembre) è inviato da parte imperiale, insieme a Giovan Francesco, lo storico, e a Nicolò Sanguinazzo a chiedere ai contadini di Bovolenta la resa a condizioni onorevoli, deve fuggire insieme con i compagni al tiro delle frecce tanto che "Vedendo questi zentilhomeni questa ostination, i ditti tornò dalla Maestà Cesarea, e ghe disse..., quisti villani... Vostra Maestà mandé el suo Campo a farghe cognoscere el suo errore, zachè i vol così" (Buzzacarini, c. 200rv). Dopo questa impresa, del B. si perdono tracce certe. Muore durante la guerra; probabilmente prima del 1514, certamente al seguito dell'esercito imperiale.
Sua moglie Daria Businello è già costretta, infatti, nell'agosto del 1509, con la moglie di Gerolamo, fratello del B., e la moglie di Aleduse a Venezia, praticamente in prigionia; la sua casa è stata saccheggiata il giorno stesso dell'entrata dell'esercito veneziano in Padova; i suoi beni, colpiti da confisca, vengono a poco a poco venduti a vantaggio della Signoria. Subito dopo la fine della guerra le due figlie Maria ed Elisabetta, orfane anche di madre, imploreranno alla Repubblica la restituzione della dote materna "per poter vivere". Se, però, la vicenda del B. e del suo nucleo familiare si conclude drammaticamente, non tramonta, neppure per la bufera di Agnadello, la potenza della famiglia pur decimata di uomini e di ricchezze: già il 27 ott. 1517 il giureconsulto Arcoano appare fra gli eletti per il nuovo estimo della città; lentamente, ma con sicurezza, nonostante il controllo della Repubblica, i Buzzacarini, insieme con altri gruppi nobiliari di sentimenti filoimperiali, riescono a riconquistare, nel seno della città, la potenza, il carattere, i "problemi" tipici della tanto discussa nobiltà di "terra" del dominio veneziano.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Padova, Archivio privato Selvatico Estense (Famiglia Buzzacarini), bb. 672, 743, 735; Archivio civico antico, Consiglio del Comun, Atti (1501-1520), vol. XII, pp. 1r-204v, passim; Prove di nobiltà, vol. 24, cc. n.n.; Padova, Archivio privato Emo Capodilista, reg. 60, pergamena 39; Padova, Biblioteca civica, B.P. 1619: Albero geneal. dei Buzzacarini, ad nomen; B.P. 860 IIII: I. Bruti Patavini annalia quedam, c. 14v; B.P. 1356: Historia di Giovan Francesco Buzacharin padovano dall'anno 1492 sin 1520 (le citazioni sono tratte da altro esemplare in tre tomi: B.P. 1.55, c. 146v; B. P. 2.55, cc. 180v, 181r, 183v, 199v-201r e passim); B. P. 669 III: Mem. infauste alla città di Padova di alcune cose occorse in occasione della Lega di Cambrai dall'anno 1509 fino l'anno 1514 come pure di altre..., cc. 46r, 57r, 88v e passim. In particolare, per riferimenti alla famiglia, cfr. B.P. II/1618: A. Buzzacarini, Mem. stor. generali sulla nobile famiglia marchesi Buzzacarini; B.P. 1361: B. Bertoldo, Cronica della origine e fondatione della Città di Padova e delle famiglie di essa..., I-a; B.P. 146: A. Descalzi, Le famiglie del Consiglio di Padova, ad nomen; Padova, Biblioteca universitaria, ms. 151: I. D. Spazarini Historia Patavina et gesta aliorum Principum, c. 153r; Estratto dall'Historia di Gio. Francesco Buzzacarino Padovano, la quale incomincia l'anno MCCCCXCII e termina l'anno MDXX, a cura di D. Manfrin, Padova 1858, pp. 11-13; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1882-1893, VIII, col. 543; IX, coll. 16, 117, 118; XXXVI, col. 332 e passim; A. Bonardi, Gian Francesco Buzzacarin e la sua storia, in Boll. del Museo civico di Padova, II (1899), pp. 85-95; Id., I padovani ribelli alla Repubblica di Venezia (a. 1509-1530)..., Venezia 1902, pp. 371, 376, 480 s., 5193 544 e passim; A. Gloria, Di Padova dopo la lega stretta in Cambrai dal maggio all'ottobre 1509..., Padova 1863, pp. 29, 31, 40 e passim.