CHIERICATI, Ludovico
Nato a Vicenza il 31 maggio 1482 da Belpietro e da Mattea Corradi d'Austria, lasciava ancor giovane, sull'esempio del fratello Francesco, la vita secolare per prendere l'abito dei minori osservanti. L'11 maggio 1528 veniva consacrato da Clemente VII arcivescovo alla cattedra di Antivari e primate di Serbia (Barbarani, 1750; Wadding, 1933), ma si tratterà di elezione tutt'affatto formale giacché la presenza turca nei Balcani impedirà al presule eletto di prendere possesso della sua diocesi. Proprio nel 1528, del resto, il C. era suddelegato dal fratello alla sua vicelegazione della piovincia del Patrimonio di S. Pietro e, creato conte palatino da Clemente VII l'anno dopo, dallo stesso pontefice sarà investito, nel 1535, della carica di governatore di Narni e del suo contado. Non risulta, però, che l'accumularsi delle dignità e delle prebende, così come il giro delle relazioni personali frattanto instaurate (lo troviamo in corrispondenza epistolare col cardinal Capuano, col cardinal d'Aracoeli, col cardinal de' Medici, poi Pio IV, coi duchi di Mantova, ecc.: Zorzi, 1909), allontanassero il C. per lunghi tratti dalla sua Vicenza, dove lo constatiamo promotore di opere di carità, patrocinatore zelante di iniziative ecclesiastiche (col fratello Francesco benedice il 22 sett. 1532 la chiesa di S. Marco di Montegalda all'indomani della sua cessione da parte dei minori osservanti, estinti, al Terz'Ordine di S. Francesco; il 17 apr. 1546 consacrerà la chiesa di S. Lucia a Vicenza; ecc.), e raccoglitore instancabile, per la sua residenza sita in Borgo San Vito Intus, di libri e di oggetti d'arte, soprattutto medaglie e tappeti (Arch. di Stato di Vicenza, Notarile,B. Piacentini, b. 6157, n. 160). Che papa Paolo III lo inviasse a Trento per la sessione inaugurale del concilio, il 13 dic. 1545, in qualità di suffraganeo del cardinale N. Ridolfi vescovo vicentino, pertanto non sorprende; né stupisce che, avendo seguito in quel ruolo le tornate del 1546 ed essendosi a Trento riportato nella primavera del 1547, fosse ancora chiamato da Vicenza, dov'era subito dopo rientrato, a causa del trasferimento dell'assise ecclesiastica a Bologna, per rappresentare ancora quella diocesi nella nuova sede (Zorzi, 1909; Mantese, 1964). Non si può dire, tuttavia, che, nella circostanza, il C. spiccasse per offerta di contributi rilevabili ed apprezzabili: ne conseguirà, sostanzialmente, l'instaurazione di un legame di stima e di affetto col cardinal Cristoforo Madruzzo al quale favorirà proprio in occasione delle trasferte tridentine - d'accordo con gli esecutori testamentari, tra cui quel Girolamo Gualdo che sorprendentemente lo accuserà poco più tardi di aver patrocinato la sottrazione a Vicenza di tanto patrimonio - la cessione dello "studiolo" di Valerio Belli, le cui "anticaglie", nel gennaio 1547, già risultano trasmigrate in quel di Trento (Zorzi, 1909; 1920).
L'amicizia tra il C. e il celeberrimo orafo conterraneo datava d'altronde, di molti anni avanti. ed è testimoniata non solo da una sua lettera del 1529 al fratello Francesco (Zorzi, 1915), ma dal ritratto che Valerio gli fece e che, nel 1650 si conservava nel "Wunderkammer" dei Gualdo in Pusterla, dove pure constatiamo registrato un "pezzo di gesso con l'effige" del Belli plasmato dal C., ed ancora un suo "tondo" pure "in gesso... nel quale con sotilissimo lavoro, sta figurata di bassorilievo tutta la vita, morte e ressuretione del nostro Salvatore", e un suo "impronto del Salvatore dorato" e "sue medaglie di casa d'Este, et altre cose belle" (Gualdo [1650], 1972, pp. 55-56). In effetti, precisamente all'amichevole rapporto col Belli si può condurre l'origine dell'inclinazione per l'attività plastica, ancorchè sempre esercitata come dilettante e preferibilmente, sebbene non esclusivamente, limitata all'uso del gesso secondo un "secreto trovato" da lui. Così, nel gennaio 1538, la duchessa di Mantova lo ringraziava di un "bel dono fabricato dalle [sue] mani, che in vero sono opere che non si vedono a' tempi nostri" e, alla loro volta, Paola ed Angelica Gonzaga gli esprimevano riconoscenza per "alchuni impronti adorati" mentre, di nuovo, Paola gli si professava grata per "queli beli tondini che aveano il Crucifixo in mezo et altre bele stampete" (Zorzi, 1909). E, ancora, se è significativo che il C., giusta una sua lettera al Madruzzo del 25 maggio 1546, volentieri s'applicasse a lavorare, "per suo passatempo di sua mano", "quadretti tratti dalle opere del q. Valerio Vicentino..., unico e celeberrimo" nella sua arte (Bonelle, 1762), merita prendere atto di una disponibilità un poco inattesa ad affrontare pure soggetti mitologici, come quello della "Helena trogiana" offerta allo stesso Madruzzo, tornato da Augusta nel giugno 1548, laddove la presenza nel guardaroba del papa di una "pace di legno fatta con... ori" donata dal C. a Giulio III, che di nuovo il Madruzzo constata in una comunicazione epistolare del 25 ag. 1560 (Zorzi, 1909), attesta la sperimentazione da parte dell'artista di tecniche e materiali diversi da quelli preferiti e privilegiati.
In tal senso l'ipotesi del Giovanelli (1812), secondo cui il C. sarebbe stato "versatissimo" imitatore di monete antiche, merita considerazione quando si tenga conto ch'egli disponeva, con un suo testamento del 5 apr. 1557 (non più reperibile oggi, ma noto al Morsolin, 1889), la divisione tra gli eredi designati di "omnes medaleas auri et argenti cum aliis stampis ipsius reverendissimi [testatoris]". È precisamente una medaglia, ad ogni modo, recante il ritratto dell'autore (forse identificabile nel pezzo inventariato da L. Moscardo, 1672), l'opera del C. che è giunta più vicino a noi (Armand, 1887), insieme con il "tondo in gesso" che appartenne ai Gualdo e che fu veduto, nella sua patente evidenza di imitazione del "cofanetto" del Belli attualmente al Museo degli argenti di Firenze, dal Morsolin presso gli eredi Piovene a Vicenza (1889) e dallo Zorzi presso gli eredi di Angelo Valmarana, sempre a Vicenza (1920). Il legame stabilito con il Madruzzo indurrà il C., che pur sembra aver declinato un'offerta di provvisione ove avesse accettato di "stanciare" a Trento avanzatagli per conto del cardinale il 7 febbr. 1551 (il 9 ott. 1550 aveva solennemente consacrato il santuario della Spina, nella chiesa di S. Corona di Vicenza), a recarsi per brevi soggiorni, durante gli anni Cinquanta, presso la corte del prelato amico: ma, a partire dal 1560 circa, non pare di riscontrarne ulteriori, e sia pur brevi, allontanamenti dai Berici. Sin dal 6 sett. 1547, presso il monastero vicentino di S. Maria degli Angeli, aveva dettato testamento (Arch. di Stato di Vicenza, Notarile,B. Piacentini, b. 6157, n. 160) chiedendo di essere sepolto "in terra" e "in habitu fratrum minorum cum mitria et patro archiepiscopali" davanti alla sua cappella nella chiesa di S. Biagio, ed allegava il testo dell'epitaffio che già aveva dettato (Faccioli, 1776) e l'elenco dei suoi beni mobili, predisposto tra 1541 e 1544, tra i quali figurano, per l'appunto, numerosi i libri e i tappeti, su cui insiste, dopo un codicillo irrilevante del 24 apr. 1548 (Arch. di Stato di Vicenza, Notarile,B. Piacentini, b. 6158, n. 47), una successiva redazione delle ultime volontà espressa il 25 febbr. 1551 (ibid., b. 6163, n. 28), perfezionata il 7 ottobre successivo (ibid., b. 6168, n. 60), mentre su "medaleas" e "stampi" indugia l'ulteriore versione del 5 apr. 1557, sostanzialmente ribadita da un codicillo del 25 ag. 1565 (Ibid., Notarile,G. M. Righi, b. 7030, alla data). Dopo aver definitivamente precisato le proprie disposizioni testamentarie tra 16 e 17 giugno 1573 (Ibid., Elenco dei testamenti del notaio F. Zannoni: il documento non è stato però reperito), il C. si spegneva a Vicenza, ultranovantenne, il 4 luglio 1573. La sua effigie ci è stata tramandata da un ritratto, probabilmente dipinto da Alessandro Maganza, che si conserva presso il Civico Museo di Vicenza (Inv. A 52).
Fonti e Bibl.: Trento, Bibl. civica, G. G. Tovazzi, Tecnologium universale, c. 53; G. Gualdo jr., 1650. Giardino di Cha Gualdo, a cura di L. Puppi, Firenze 1972, pp. 55 s.; Vicenza, Bibl. Bertoliana, Mss. Gonzati, 26.8.1: F. Tomasini, Geneal. istoria, I, p. 762; ibid., 26.7.2: G. Marchi, Mem. di famiglie vicentine, II, cc. 200 s.; Ibid., G. Da Schio. Memorabili, Lettera C, sub voce; G. Marzari, La Historia di Vicenza [1590], Vicenza 1604, II, pp. 197-198; F. Visdomini, Lettere... scritte a nome di diversi cardinali e d'altri principi secolari, Venezia 1620, p. 115; L. Moscardo, Note overo Memorie del Museo del conte L.M. nobile veronese, Verona 1672, p. 466; F. Barbarano, Historia eccles. di Vicenza [1650 circa], IV, Vicenza 1750, pp. 99-100, 106, 411-421; VI, ibid. 1762, pp. 162-163; P. Bonelle, Notizie istoriche critiche della Chiesa di Trento, Trento 1762, p. 422; Angiolgabriello di Santa Maria [P. Calvi], Bibl. e st. di scrittori... di Vicenza, II, Vicenza, 1775, p. CX n.; G. T. Faccioli, Musaeum lapidarium Vicentinum, I, Vicenza 1776, p. 207 n. 40; III, ibid. 1804, p. 93 n. 12; B. Giovanelli, Intorno all'antica zecca trentina, Trento 1812, p. 123; G. Maccà, Storia del territ. vicentino, VI, Caldogno 1813, pp. 247-249; N. Basilio, Il Museo Gualdo di Vicenza nei secoli XVI-XVII, a cura di L. Panizza, Vicenza 1854, passim; A. Armand, Les médailleurs ital. des quinzième et seizième siècles, Paris 1887, III, p. 234; D. Bortolan, S. Corona, Vicenza 1889, p. 235; B. Morsolin, L. C., in Arte e storia, VI (1889), 31, pp. 1 s.; Id., L. C., in Riv. ital. di numismatica, III(1890), pp. 137-141; G. Zippel, Relazioni d'arte fra Trento e Vicenza nel Cinquecento, Padova 1904, passim; G. G. Zorzi, Di alcuni documenti inediti sul Concilio di Trento, in Arch. trentino, XXIV (1909), pp. 185-199; Id., Come lo "Studio" di V. Belli trasmigrò a Trento, in L'Arte, XVIII (1915), pp. 254-257; Id., Alcuni rilievi sulla vita e le opere di V. Belli,ibid., XXXIII (1920), pp. 192 s.; L. Wadding, Annales Minorum, XVI, Quaracchi 1933, p. 302; C. Manaresi, Geneal. della famiglia Chiericati, Vicenza 1960, p. 28; G. Mantese, Memorie stor. della Chiesa vicentina, Vicenza 1964, pp. 193, 362-363, 445-446, 924, 963; G. Barioli-A. Ballarin, in Il gustoe la moda nel Cinquecento vicentino, Vicenza 1973, pp. 96-97; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlex., VI, p. 492.