LUDOVICO da Casoria (al secolo Arcangelo Palmentieri)
Nacque a Casoria, non distante da Napoli, l'11 marzo 1814, terzogenito di Vincenzo, vinaio, e Candida Zenga. Studiò presso il convento francescano dei minori riformati nella vicina Afragola, dove in seguito entrò vestendone l'abito nel 1832. Trascorse l'anno di noviziato nel convento di S. Giovanni del Parco presso Lauro nel Nolano. Dal 1841 insegnò fisica, matematica e filosofia in alcuni istituti privati e nel convento di S. Pietro ad Aram di Napoli. Del 1847 è la svolta della sua azione sacerdotale verso un intenso impegno sociale: a S. Pietro ad Aram aprì una piccola infermeria per religiosi e iniziò a radunare intorno a sé un gruppo di terziari di ambo i sessi che lo seguissero nell'opera assistenziale verso i bisognosi. Tali congregazioni fiorirono poi soprattutto nel basso Lazio e nel Napoletano.
Nel 1852, finanziato da ricchi benefattori, acquistò in località Scudillo di Capodimonte, presso Napoli, un edificio che fu detto Casa della palma e che ospitò un piccolo convento francescano e un'infermeria-farmacia per religiosi poveri e malati delle zone di Napoli e Caserta.
Sollecitato dal sacerdote genovese G.B. Olivieri, L. iniziò a occuparsi anche del riscatto dalla schiavitù e della conversione dei bambini dell'Africa nera accogliendone nel 1854 i primi due nella Casa della palma con l'idea di istruirli ed educarli ai valori cattolici. Nelle sue intenzioni questi bambini, educati all'interno di appositi collegi, avrebbero frequentato il noviziato a Napoli e poi, affiancati a missionari italiani, sarebbero tornati a evangelizzare l'Africa, in modo che, come affermò lo stesso L., "l'Africa convertirà l'Africa".
Nel 1856 l'iniziativa ebbe l'approvazione e l'appoggio finanziario di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, e nel 1858 le regole ottennero il nulla osta dai superiori dell'Ordine. Il numero dei fanciulli sistemati presso la Casa della palma (e i più piccoli, in seguito, presso l'istituto S. Raffaele) crebbe raggiungendo la cifra di 45 nel 1859 (Capecelatro, p. 116), tanto che molte famiglie dell'aristocrazia napoletana furono indotte a sostenere finanziariamente il loro mantenimento. Nel 1859 L., insieme con suor Anna Lapini, fondatrice delle suore stimmatine, diede vita a Napoli a una analoga istituzione per le bambine africane e per le fanciulle in difficoltà, la cui direzione fu in seguito affidata alle suore elisabettine.
Tra il 1865 e il 1866, dopo che la congregazione di Propaganda Fide ebbe scelto nel 1864 la stazione di Scellal presso Assuan come base di partenza per l'evangelizzazione dell'Africa centrale e come sede di un ospedale e dimora per missionari affidati alla sua supervisione, L. intraprese un viaggio di qualche mese in Egitto cui prese parte anche don D. Comboni, già impegnato nell'evangelizzazione dell'Africa. Tuttavia, per mancanza di fondi, la missione rimase in vita solo fino all'ottobre del 1866.
Molti anni dopo, nel 1883, L., non dandosi per vinto, ottenne l'approvazione dal Consiglio dei ministri per una missione cattolica (dotata di chiesa e scuola) presso Assab, in Eritrea, ma anche questa iniziativa, malgrado l'appoggio del ministro degli Esteri P.S. Mancini, non riuscì a imporsi stabilmente.
L'8 dic. 1859 L. aveva intanto fondato la Congregazione dei frati della carità, detti anche bigi dal colore dell'abito.
I primi bigi erano fratelli laici cui in seguito si aggiunsero alcuni sacerdoti, tutti professanti la regola del Terz'Ordine francescano con particolare cura per l'istruzione dei giovani popolani in condizioni disagiate e l'assistenza agli infermi. I primi luoghi di destinazione dei bigi furono l'ospedale degli Incurabili di Napoli e quello militare di Caserta. In seguito furono in prima linea nelle più importanti fondazioni di L. a Napoli, Sorrento, Assisi, Roma e Firenze, nonché, dal 1861, impegnati nell'opera missionaria in Africa. Ai frati bigi L. aggiunse nel 1866 le suore di S. Elisabetta, dette anche bigie del Terz'Ordine o elisabettine, per molti versi corrispettivo femminile della congregazione maschile: tra le loro mansioni vi erano la preghiera per i moribondi, il seppellimento e l'esumazione dei morti e la preghiera per le loro anime: da ciò derivò loro il nome di ausiliatrici del Purgatorio.
Alle due congregazioni L. affidò la gestione dei numerosi collegi e istituti di carità da lui fondati, che fiorirono in modo stupefacente nell'area centromeridionale della penisola, raggiungendo complessivamente il numero di oltre 200, rivolti a poveri, indigenti, orfani, bambini, malati e anziani: nel 1862 L. aveva tolto a Napoli migliaia di ragazzi dalla strada e istituito, con l'intento di educarli, l'Opera degli accattoncelli la cui sede principale sarebbe divenuta l'istituto S. Raffaele; inoltre, per insegnare loro un mestiere, predispose una tipografia e varie officine. Fondò sempre a Napoli nel 1866 un collegio per giovani di classi abbienti chiamato La Carità e successivamente un ospizio marino per vecchi pescatori a Posillipo, cui rimase particolarmente legato e al quale nel 1883 affiancò nelle vicinanze un ricovero per circa 200 fanciulli scrofolosi.
A Napoli inoltre, nel 1884, creò un'opera "De' casi disperati", un fondo di denaro per le situazioni urgenti e di estrema gravità. Anche nella penisola sorrentina fiorirono le sue iniziative: nel 1868, nella zona chiamata Deserto, sorsero una casa con scuola agraria e convitto per fanciulli orfani e poveri, un'altra scuola nel Piano di Sorrento gestita dalle elisabettine e un ospizio per poveri. Nel 1871 aprì ad Assisi un istituto per ciechi e sordomuti, dopo che già uno era sorto a Napoli; un altro sarebbe nato in seguito a Firenze; nel 1879 fondò a Roma una scuola che poi cedette a don G. Bosco, e nel 1883 inaugurò l'istituto dell'Immacolata come scuola gratuita per fanciulli poveri, convitto per gli orfani e seminario. A Firenze fece edificare nel 1874 una chiesa dedicata al S. Cuore di Gesù dopo che già in città aveva istituito un orfanotrofio con tipografia e varie botteghe adiacenti.
Nel campo della cultura L. fondò a Napoli nel 1864 l'Accademia cattolica di religione e scienza: vi aderirono eruditi e scrittori anche da altre parti d'Italia, fra cui G. Capponi e N. Tommaseo con il quale L. fu in contatto epistolare. Scopo dell'Accademia era di promuovere i valori della dottrina cattolica rispetto alla crescente diffusione della cultura laica, ma ebbe vita breve per problemi organizzativi. Identica sorte toccò ai periodici napoletani La Carità, fondato nel 1865, e L'Orfanello (1873), poi fusi insieme in La Carità e l'orfanello, che contengono molti pensieri, massime e brevi trattazioni del religioso. Oltre a questi periodici si ricorda il successivo mensile Novità musicali: canti del padre Ludovico da Casoria, che toccava temi cari a L., il quale era in stretto contatto con i due musicisti napoletani F. Parisi e F. Taglioni e considerava la musica centrale nei suoi metodi educativi. Nel 1882, in occasione del settimo centenario dalla nascita di s. Francesco, promosse celebrazioni in tutta Italia e offrì un pranzo per cinquemila poveri a Posillipo, dove aveva fatto edificare per l'occasione, e secondo una sua idea, un monumento al fondatore dell'Ordine dei minori con ai suoi piedi Dante, Giotto e Colombo. Organizzò anche, l'anno dopo, un congresso del Terz'Ordine francescano a Napoli nella chiesa di Donna Regina.
Personaggio religioso di rilievo della seconda metà del secolo XIX, L. fu stimato dai papi Pio IX e Leone XIII e sostenuto nella sua opera dai re delle Due Sicilie Ferdinando II e Francesco II. Nel novembre del 1860 fu scelto dal governo piemontese, tramite il cardinale A. Capecelatro, per portare le scuse al cardinale S. Riario Sforza, arcivescovo di Napoli che essendosi rifiutato di sottostare alle condizioni a lui imposte da G. Garibaldi arrivato in città, era stato esiliato e si era stabilito a Roma. La missione si concluse positivamente con il rientro del RiarioSforza a Napoli il 30 novembre. Esponente di punta dei neoguelfi napoletani, L. fu rispettato anche da uomini di posizioni differenti come P.E. Imbriani e L. Settembrini che nel 1870 intervennero nella seduta del Consiglio comunale chiedendo che non gli fosse tagliato l'assegno di sussidio e gli fosse concessa una dilazione per lo sgombero di uno stabile (Capecelatro, p. 430). La sua importanza rimane legata al carattere fortemente sociale del quale improntò la sua azione caritativa e che gli consentì nella pratica la fondazione capillare di istituti e collegi, quando, a metà dell'Ottocento, il ruolo dei terziari risultava per certi versi antiquato e bisognoso di rinnovamento.
L. morì il 30 marzo 1885 nell'ospizio marino di Posillipo. La dichiarazione dell'eroicità delle virtù risale al 13 febbr. 1964 e la beatificazione è del 18 apr. 1993.
Fonti e Bibl.: Beatificationis et canonizationis ven. servi Dei p. Ludovici a Casauria responsio ad alias novas animadversiones promotoris generalis fidei, I-II, Romae 1957 (Altera pars documentorum); Ludovico da Casoria, Epistolario, a cura di G. D'Andrea, I-III, Napoli 1989; P. Paribello, Attività socio-religiosa dei padri L. da C., Bonaventura da Sorrento e compagni in scritti inediti, 1870-1888, Napoli 1991; M. Le Monnier, Vie du p. Ludovic de C. d'après( Alphons Capecelatro, Parigi 1892; A. Capecelatro, Vita del ven. p. L. da Casoria, Roma-Tournay 1893; J. Schmidlin, Manuale di storia delle missioni cattoliche, III, Milano 1929, pp. 93 s.; G. Nardi, Il ven. p. L. e i collegi dei moretti, Milano 1932; A. Gemelli, Il francescanesimo, Milano 1947, pp. 285, 298-303, 305 s., 315, 317 s., 334, 347 s., 362, 365-370, 377, 381 s.; L. Di Stolfi, Figure francescane nella vita del Tommaseo, in Frate Francesco, VIII (1961), aprile-giugno, pp. 75-82; G. D'Andrea, P. L. da Casoria O.F.M., San Marino 1976; S. Garofalo, La carità sfrenata, il ven. p. L. da C. francescano, Napoli 1985; L. Fabiani, Vita popolare illustrata del ven. p. L. da C., Assisi 1989; Diz. illustrato di pedagogia, II, pp. 571-577; Enc. cattolica, VII, col. 1639; Bibliotheca sanctorum, VIII, coll. 307-311; Seconda app., col. 1075; G. D'Andrea, Rep. bibliografico dei frati minori napoletani, pp. 143 s., 175-177; Enc. Italiana, XXI, p. 597.