LUDOVICO da Fabriano
Nato a Fabriano nella seconda metà del XV secolo, fu segretario del cardinale Ippolito d'Este, che rappresentò come oratore a Roma presso le corti dei papi Alessandro VI, Giulio II e Leone X dal 1501 al 1513. A questo periodo e al ricco carteggio che intercorse in quegli anni con il porporato ferrarese e, occasionalmente, con il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, si riferiscono le notizie che possediamo su di lui; nelle sue missive L. si sottoscrive sempre con la città di provenienza, Fabriano, a volte con il patronimico Domizi anteposto al "da Fabriano", come in una lettera del 1505 e in altre del dicembre 1507 e dei primi mesi dell'anno successivo.
Gli studi che condusse non sono noti; dovettero tuttavia seguire un percorso umanistico, come si rileva dalla scrittura in volgare e occasionalmente in latino delle sue lettere. La corrispondenza di L. iniziò il 28 genn. 1501 da Cesena, dove fu inviato da Ippolito d'Este presso Cesare Borgia (il Valentino) per curare alcuni negozi riguardanti le rispettive famiglie, in un momento in cui si andavano sempre più serrando le trattative per il matrimonio tra Lucrezia Borgia, sorella del Valentino, e Alfonso d'Este, fratello del cardinale ed erede del Ducato di Ferrara. Alla breve missione in Romagna, ne fece seguito un'altra tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1503 a Napoli, dove di nuovo egli si era recato per sbrigare alcuni affari del cardinale. Il 16 giugno L. giunse a Roma con l'incarico di tutelare gli interessi di Ippolito e riferire ogni informazione sulla corte vaticana, poco tempo dopo che il cardinale aveva lasciato la città: era un periodo in cui i rapporti tra Ippolito e papa Alessandro VI erano peggiorati, dopo l'intesa che invece era seguita al matrimonio della fine di dicembre 1501 tra Lucrezia Borgia e Alfonso d'Este. Molto serrata nei primi mesi a Roma, la corrispondenza di L. si interruppe il 9 agosto per riprendere il 9 del mese successivo: un silenzio che testimonia la difficile crisi sopraggiunta in Vaticano dopo la morte di Alessandro VI il 18 agosto, la grave infermità del figlio Cesare Borgia e i successivi disordini nella città. Le comunicazioni dovettero essere difficoltose, se solo nelle lettere di settembre e ottobre L. poté riferire delle esequie del papa; in una lunga lettera del 4 ottobre, degna di attenzione, nel dare notizia dell'elezione del nuovo pontefice Pio III, forniva la descrizione minuta degli addobbi e degli accessori del conclave, allegando un inedito schizzo con la sistemazione di tutti i cardinali.
Dopo la notizia dell'improvvisa morte del papa appena eletto, comunicata il 18 ottobre, e un'altra lettera del 21 successivo, le missive di L. si interruppero, per riprendere con un messaggio isolato del novembre 1504, al quale seguiva, dal marzo 1505, una corrispondenza che proseguì poi ininterrotta fino al 1513.
Tali lacune epistolari, più che addebitarsi a un'assenza di L. da Roma, sarebbero da attribuirsi a una dispersione o forse a un'accidentale distruzione del carteggio a causa delle fiamme, testimoniata dalle tracce di bruciature, spesso molto rilevanti, presenti in quasi tutta la corrispondenza diretta al cardinale Ippolito, consistente in circa 400 lettere.
Con le prime informazioni del 1505, il 28 maggio L. avvisò da Roma della morte, avvenuta il giorno prima, del cardinale Ascanio Sforza, potente familiare dell'Estense; nel complesso, trapela nell'epistolario il difficile compito dell'oratore a Roma in un periodo in cui il papa Giulio II, uscito eletto nel conclave seguito alla morte di Pio III, era fortemente ostile agli Este; a motivo di ciò, durante il suo pontificato furono sporadiche le presenze del cardinale Ippolito a Roma. Ai primi di novembre 1506 era quindi L. a seguire Giulio II durante la presa di Bologna, da dove inviava dettagliate informazioni al cardinale Ippolito sulle intenzioni del pontefice e sui provvedimenti adottati in quella città; da lì ripartiva verso la metà di marzo 1507 e faceva ritorno a Roma il 26 di quel mese. Pochi giorni dopo, il 4 aprile, informava il cardinale come in S. Pietro il papa avesse riferito della morte di Cesare Borgia, anticipando quindi una notizia che, forse per pietà, sarebbe stata annunciata alla sorella Lucrezia solo il 22 successivo, con grande angoscia della duchessa di Ferrara.
Altro compito di L. quale segretario di Ippolito d'Este a Roma, palesato dal carteggio, fu quello di mantenere rapporti epistolari con i vicari delle numerose diocesi del cardinale nelle sue funzioni di vescovo di Eger, Ferrara, Modena, di arcivescovo di Capua e di Milano; così come fu sua premura riferire tutte le notizie che in quegli anni giungevano a Roma da ogni parte d'Europa (Inghilterra, Portogallo, Francia, Spagna). Nel suo carteggio trova quindi eco la notizia delle recenti scoperte geografiche: il 3 luglio 1508 informava come "la regina di Spagna si nomina regina di molti regni, delle isole delle Canarie e di quel mondo nuovo trovato dagli spagnoli"; il 5 luglio riferisce della richiesta al papa da parte degli oratori di Spagna per "tre vescovi per questa terra nova ovvero isole adquistate verso ponente". A queste notizie seguivano un avviso, dei primi di gennaio 1509, con le nuove da Rodi, le mosse dei Turchi e la consistenza del loro esercito, informazioni che stavano a cuore al cardinale fin da quando era stato arcivescovo in Ungheria, terra sempre minacciata dalle pressioni turche.
Nella primavera del 1507 era sorto un problema relativo al palazzo dell'arcipresbiterio, spettante dalla fine del 1501 al cardinale Ippolito dopo la sua nomina ad arciprete di S. Pietro: espropriati il giardino e l'intero palazzo tra il maggio e il giugno di quell'anno per far posto ad alcune fabbriche contemplate dai progetti del Bramante per S. Pietro, L. consigliò al suo signore di acquistare il palazzo appartenuto al cardinale portoghese Jorge da Costa; tuttavia non venne ascoltato da Ippolito che in seguito preferì stabilire la propria residenza vicino a Campo de' Fiori.
Altro personaggio di cui riferisce al proprio signore da Roma fu il piccolo Federico Gonzaga, figlio di Isabella d'Este e nipote del cardinale Ippolito; dal luglio 1510 il Gonzaga era stato consegnato nelle mani di Giulio II, in qualità di ostaggio in virtù della mediazione offerta dal pontefice per la liberazione dalla prigionia veneziana del padre del piccolo, il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga. Divenuto in poco tempo beniamino del papa, Federico non mancava di distrarre l'anziano Giulio II assistendolo in occasione delle frequenti infermità, come quando, il 23 ag. 1511, guardato con ammirazione dai medici - informava quasi con orgoglio L. - "el signor Federico da Gonzaga hieri con sue bone paroline li fece pigliar una taza di brodo consumato con doi torli d'ovo dentro".
Il 27 maggio 1512 L. chiese una licenza di un mese al cardinale per recarsi a Fabriano - da dove era assente da sei anni - per curare alcuni suoi interessi. La richiesta non fu esaudita; nei mesi successivi, infatti, continuarono ininterrotte le sue relazioni in un periodo in cui era intervenuto un peggioramento nei rapporti fra il papa e il cardinale dopo le voci giunte a Roma, e riferite dall'agente estense in quello stesso mese di maggio, che Ippolito avesse sputato sulla statua di Giulio II, opera di Michelangelo, i cui resti vennero portati a Ferrara dopo la distruzione dell'effigie, avvenuta durante la recente caduta di Bologna.
Il 13 luglio il segretario commentava l'arrivo a Roma del duca Alfonso d'Este e la sua sottomissione al pontefice, poi disattesa dopo la fuga dell'Estense a Marino protetto dai Colonna; in quella stessa data riferiva la volontà di Federico Gonzaga, durante la presenza a Roma dello zio duca, di chiedere licenza al papa di tornare a casa. Il 15 agosto il carteggio di L. si interrompe di nuovo per riprendere il 25 maggio 1513: non è noto se durante tale periodo gli fosse stata concessa la licenza chiesta un anno prima; è certo che dal 1( luglio cessano definitivamente i suoi rapporti dalla corte pontificia sul cui soglio, dopo la morte di Giulio II (21 febbraio), era salito Leone X.
Con tale definitivo silenzio si può ipotizzare che la morte di L. avvenisse poco dopo, nella stessa estate del 1513.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Ambasciatori Italia, Romagna, b. 1; Venezia, b. 13; Napoli, b. 7; Roma, bb. 11, 18-19; Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, b. 858; L. Ariosto, Lettere, a cura di A. Stella, Milano 1965, p. 4; L. von Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1912, pp. 611, 901; G. Bertoni, Poesie, leggende e costumanze del Medioevo, Modena 1927, p. 209; G. Natali, Ricordi e amici marchigiani di Ludovico Ariosto, Pesaro s.d., passim; M. Folin, Rinascimento estense. Politica, cultura, istituzioni di un antico Stato italiano, Bari 2004, ad indicem.