VARTHEMA, Ludovico
de. – Di Varthema si ignorano le date di nascita e morte.
Sua città natale fu presumibilmente Bologna, visto che egli si dice bolognese, e che tale lo dice, definendolo «familiaris noster delectissimus», il cardinale Raffaele Riario, all’epoca camerlengo di Giulio II, nel privilegio premesso alla prima edizione romana (1510) dell’Itinerario da lui composto. Nondimeno, la ricerca di una famiglia Varthema a Bologna è finora risultata vana (Donattini, 2008). È possibile che il padre – il quale, si legge in un passo dell’Itinerario, era medico – vi si fosse stabilito provenendo da altra località. Il nome, nel quale Pietro Amat di San Filippo notava «una tedesca impronta» (1878, p. 10), si trova in forme diverse: Varthema, Vartema, Barthema, Bartema, Verthema, Vertema; in latino: Vartomanus, Vertomannus, Vartomaus, Barthomaus; in tedesco: Vartomans, Wartemanus, Warthomanus, Warthemanus. Resta senza conferme l’ipotesi che si tratti di un toponimico da collegarsi a Vertemate, piccola località presso Como; e non corrisponde al caso una famiglia Vertema blasonata rintracciata da Amat di San Filippo a Genova.
L’Itinerario narra il suo settennale viaggio in Oriente, svoltosi approssimativamente dal 1500 al 1507, ma non dice quasi nulla delle altre circostanze della sua vita. Sappiamo che nel 1517 era già morto senza lasciare eredi perché così risulta dal privilegio di stampa concesso all’editore Étienne Guillery dal cardinale Riario in data 10 giugno 1517, premesso alla seconda edizione romana dell’Itinerario. Vari indizi fanno ritenere che nel 1500, al momento di iniziare il suo viaggio, Varthema fosse abbastanza giovane, ma già uomo fatto. In particolare lo suggerisce la sua vasta esperienza di cose militari: circostanza che, unita al fatto che il testo dell’Itinerario è preceduto da lettera dedicatoria alla duchessa di Tagliacozzo, Agnesina Montefeltro Colonna, figlia di Federico di Montefeltro e moglie di Fabrizio Colonna, indusse Amat di San Filippo a ipotizzare, peraltro senza alcuna conferma documentaria, che Varthema avesse esercitato il mestiere delle armi alle dipendenze del duca di Urbino.
Il nome Varthema non compare nell’edizione latina dell’Itinerario stampata a Milano nel 1511 nella traduzione di Arcangelo Madrignani, dove il testo figura opera «Ludovici Patritii Romani». E «Luis patricio romano» è detto l’autore nella traduzione castigliana di Christobal de Arcos (Siviglia 1520), fatta sul testo latino di Madrignani. Ciò si spiega con il fatto che in due occasioni, nel testo, Varthema viaggiatore dichiara ai suoi interlocutori orientali di essere «romano», con ciò intendendo italiano, o più genericamente occidentale. Quanto a «patrizio», è probabile che il titolo gli fosse stato conferito dai suoi potenti protettori romani. Che Varthema abbia soggiornato a lungo a Roma appare provato dalla conoscenza dettagliata della città che egli dimostra in più occasioni (non rammenta invece mai Bologna). Secondo il traduttore spagnolo, avrebbe avuto a Roma moglie e figli, ma tale informazione potrebbe derivare semplicemente dal passo dell’Itinerario in cui Varthema se li attribuisce.
Al riguardo, così come a molti altri propositi, il problema è quanta fede attribuire al testo di Varthema, di cui esistono ben poche conferme esterne. Fra queste spiccano: un passo dei Diarii di Marino Sanuto (1882) relativo a «uno bolognese venuto di Coloqut» che il 6 novembre 1508 «fo in colegio» e «referì molte cosse di quelle parte; adeo tutti remaseno stupidi di li ritti e costumi de India. Et per colegio li fo donato ducati 25 per il suo referir» (col. 662); il privilegio datato 29 luglio 1508 con cui il re Manuel di Portogallo confermò a Varthema il titolo di cavaliere concessogli in India dal viceré Francisco de Almeida (Schefer, 1888, pp. XLVIII s.); una lettera dello stesso Varthema a Vittoria Colonna (Giudici, 1928, pp. 35 s.) inserita nel codice contenente l’unico manoscritto conosciuto dell’Itinerario (Firenze, Biblioteca nazionale, Landau-Finaly, 9). Il codice appartenne evidentemente a Vittoria, a cui nella lettera Varthema scrive di volergliene far dono per averlo essa ascoltato con interesse quando, invitato dalla duchessa Agnesina nel suo feudo di Marino, raccontava dei suoi viaggi.
Stando all’Itinerario, il viaggio di Varthema iniziò a Venezia dove egli si imbarcò per Alessandria, da cui proseguì per il Cairo, poi per Beirut, poi per Damasco dove si fermò «alcuni mesi». Ne ripartì l’8 aprile 1503, sotto il nome di Yunus che conservò fino al suo rientro nel mondo cristiano, con una carovana diretta alla Mecca, avendo indotto con denaro il comandante della scorta armata mamelucca a consentirgli di farne parte. Dopo quaranta giorni, diversi scontri con i predoni nei deserti dell’Hijiaz e una sosta a Medina a visitare la tomba di Maometto, la carovana raggiunse la Mecca e vi compì i riti dovuti. Qui Yunus, con l’aiuto di un mercante che lo nascose in casa sua, lasciò la scorta mamelucca con cui avrebbe dovuto tornare a Damasco e raggiunse invece Zida (Jeddah) da cui si imbarcò per Aden. Qui, sospettato di essere una spia dei portoghesi, venne arrestato e messo ai ferri. Liberato per intercessione di una delle mogli del sultano, che si era invaghita di lui, percorse l’interno dello Yemen visitandone molte città. La nave su cui successivamente si imbarcò ad Aden sostò in Etiopia, a Zeila e a Berbera; traversò poi l’Oceano Indiano settentrionale raggiungendo la costa del Gujarat e tornò verso Ovest, all’imbocco del Golfo Persico, fermandosi a Ormuz. Di qui Varthema procedette nell’interno della Persia con l’intenzione di raggiungere Sambragante (Samarcanda), ma dovette rinunziarvi per lo stato di guerra in cui trovò la regione, a cui Izmail Scià stava imponendo la conversione allo sciismo. A Shiraz incontrò il mercante persiano Cozazionor, conosciuto durante lo hajj alla Mecca, che gli propose di viaggiare insieme. Con lui Varthema sostò a Eri (Herat), dove l’amico persiano gli diede in moglie una sua nipote. I due proseguirono poi per Ormuz, donde si imbarcarono per il lungo viaggio che di tappa in tappa, su imbarcazioni diverse in buona parte noleggiate da Cozazionor, li avrebbe portati sino alle Molucche, fino allora mai raggiunte da un europeo. In una città portuale del Bengala incontrarono due mercanti «cristiani» – probabilmente due nestoriani cinesi – che fecero loro da guida a Pegu (Birmania), a Malacca, a Sumatra, a Banda, alle Molucche, tornando dalle quali i quattro sostarono al Borneo e a Giava. Tornati a Malacca, e separatisi qui dai due nestoriani, Varthema e Cozazionor proseguirono per l’India e si fermarono a Calicut, già visitata nel viaggio di andata. Qui Yunus decise di tornare a essere Ludovico: abbandonando con uno stratagemma l’amico persiano e l’identità mamelucca, all’inizio di dicembre del 1505 fuggì a Cananore presso la flotta portoghese, lì appena giunta al comando di don Lorenzo de Almeida, figlio del viceré don Francisco. Militando agli ordini di don Lorenzo, Varthema partecipò alla battaglia navale in cui la flotta indiana venne sanguinosamente sconfitta e fu successivamente nominato dal viceré suo agente commerciale («fattore») a Cochin, incarico che svolse per «circa un anno et mezo». Dopo «sette anni fora de casa mia», e avendo partecipato alla battaglia di Ponany al termine della quale Almeida lo fece cavaliere, salpò da Cochin il 6 dicembre 1507 con la flotta di Tristao da Cunha, sulla nave S. Vincenzo del fiorentino Bartolomeo Marchionni. Dopo varie soste, di cui la più lunga in Mozambico, doppiato il Capo di Buona Speranza arrivò a Lisbona nel luglio del 1508. Prima di proseguire per Roma fu ricevuto dal re che gli confermò il privilegio concessogli da Almeida.
Varthema non dà alcuna indicazione di tempo circa l’inizio del suo viaggio, ma se si accetta che nell’autunno del 1507 mancasse da casa da sette anni si deve porre la sua partenza da Venezia nel 1500, ipotizzando perciò che prima di recarsi alla Mecca egli avesse trascorso almeno due anni al Cairo, o in Siria, forse facendosi effettivamente mamelucco, anche se stando al testo si sarebbe solo finto tale. Appare certo che egli fosse in grado di comunicare in un approssimativo arabo parlato (usato frequentemente nell’Itinerario per i dialoghi), come pure che avesse una sommaria conoscenza di preghiere e riti musulmani. La sua descrizione dello hajj fu giudicata corretta da Richard Francis Burton, il che fa ritenere che Varthema vi abbia effettivamente partecipato. La descrizione dell’interno dello Yemen, che egli fu probabilmente il primo europeo a percorrere, trova conferma in quella fattane più di due secoli dopo da Carsten Niebuhr (Beschreibung von Arabien, Copenhagen 1772). Perciò l’affidabilità di Varthema nelle parti dell’Itinerario che riguardano l’Arabia Deserta e Felice non viene contestata, se non per la romanzesca vicenda della «regina» nera dello Yemen innamorata di lui. Né viene messo in forse il suo soggiorno in India al servizio dei portoghesi, di cui esistono conferme in fonti narrative e documentarie portoghesi. Tuttavia, stando alle poche date da lui fornite, Varthema avrebbe compiuto il percorso da Damasco alle Molucche in un tempo troppo breve per essere ritenuto credibile. Lo hanno considerato in maggiore o minore misura menzognero Garcia da Orta (1563), Joseph-François Lafitau (1733), Pieter Anton Tiele (1875), Charles Schefer (1888), Jean Aubin (1996). Lo hanno ritenuto invece affidabile George Percy Badger (1863), Richard Carnac Temple (1928), Paolo Giudici (1928), i quali, pur non ignorando dubbi e interrogativi, ritengono sostanzialmente veritiere anche le parti più contestate: il viaggio in Persia e quello a Banda e alle Molucche. Al riguardo Pietro Barozzi (1996), considerando che le distanze indicate da Varthema e le dimensioni da lui attribuite alle isole sono vistosamente errate, ha avanzato l’idea che egli abbia raggiunto non Banda, bensì Bintan, al largo di Singapore, e non le Molucche, bensì le Bunguran, da cui avrebbe proseguito per il Borneo e per Giava. Tuttavia, Varthema fu il primo a descrivere la pianta della noce moscata (Myristica fragrans) e quella dei chiodi di garofano (Caryophyllus aromaticus) proprie rispettivamente di Banda e delle Molucche. Probabilmente, non essendo un navigatore e non intendendosi di cartografia, egli confuse miglia e leghe e non ebbe chiara la direzione del viaggio, il che rende difficile identificare il suo percorso, dove non già descritto da altri. Fu invece preciso nel riferire di piante e animali, riti, usi e costumi, tratti della civiltà materiale e della vita economica. In Birmania, Siam, Indonesia e nelle isole delle spezie registrò da osservatore di passaggio ciò che il caso gli presentava, a volte senza capirlo, ma del Malabar indù descrisse efficacemente il sistema delle caste, le strutture familiari, le abitudini e i tabù alimentari e sessuali. Varthema vide affermarsi l’islam sciita nell’altopiano iranico, visitò l’ultimo grande Stato induista della penisola indiana, l’impero di Narsinga, poco più di mezzo secolo prima della sua scomparsa, sbarcò in un’Indonesia in fase di transizione che trovò «pagana», cioè induista, mentre dieci anni dopo Duarte Barbosa la trovò islamizzata, cooperò agli esordi dell’impero coloniale portoghese in India. Scritto «vernacula et vulgari lingua et ab homine fere idiota» (così nel privilegio d Riario premesso alla seconda edizione) l’Itinerario nonostante il periodare faticoso e a volte oscuro non manca di vivacità. Ed è una testimonianza di incalcolabile valore su mondi lontani spariti.
Edizioni. Itinerario de Ludovico de Varthema Bolognese nello Egypto, nella Surria, nella Arabia deserta et felice..., Roma, E. Guillery - E. Nani, 1510; Itinerario de Ludovico de Varthema Bolognese..., Roma, E. Guillery, 1517; Itinerario de Ludovico de Varthema..., Venezia, G. Rusconi, 1517, rist. 1518 e 1520; Itinerario de Ludovico de Verthema..., Milano, G.A. Scinzenzeler, 1519, rist. 1523, 1525; Itinerario de Ludovico de Varthema [...] agiontovi alcune isole..., Venezia, F. Bindoni e M. Pasini, 1535; Itinerario de Ludovico de Varthema..., Venezia, M. Pagan, s.d.; Itinerario di Ludovico di Barthema..., in G.B. Ramusio, Delle navigationi et viaggi, I, Venezia 1550, rist. 1554, 1563, 1606, 1613; Viaggio di Varthema in Oriente, Bologna 1884; Itinerario di Ludovico de Varthema..., a cura di A. Bacchi Della Lega, Bologna 1885; Itinerario, a cura di P. Giudici, Milano 1928, rist. 1929 e 1950; Itinerario di Ludovico di Barthema, in G.B. Ramusio, Navigazioni e viaggi I, a cura di M. Milanesi, Torino 1978; Itinerario, a cura di E. Musacchio, Bologna 1991. In latino: Ludovici Patritii Romani novum Itinerarium [...] interprete Archangelo Madrignano, Mediolani 1511; Ludovici Romani Patritii navigationum [...] libri VII, in S. Grynaeus, Novus orbis regionum ac insularum veteribus incognitarum, Basileae, J. Hervagius, 1532, rist. 1537 e 1555. In tedesco: Die Ritterlich und lobwirdig rayss des gestrengen und ueber all ander weyt erfarnen ritters und Landtfarers herren Ludowico vartomans von Bolonia..., Augspurg, H. Miller, 1515; Die Ritterlich und lobwirdig reisz des gestrengen [...] herren Ludowico Vartomans von Bolonia..., Strassburg, J. Knobloch, 1516; Die Ritterlich und lobwirdig raiss..., Franckfurd 1517, rist. Augspurg 1518 e 1530, Franckfurd am Mayn 1548; Hodoeporicon Indiae Orientalis; das ist Warhafftige Beschreibung der ansehnlich Lobwurdigen Reyss, Welche [...] Ludwig di Barthema von Bononien..., Leipzig 1608, rist. 1610 e 1615. In spagnolo: Itinerario del venerable varon micer Luis patricio romano..., Sevilla, J. Cromberger, 1520, rist. 1523 e 1576. In francese: in Historiale Description de l’Afrique, tierce partie du monde [...] Tome II contenant les Navigations des capitaines Portugalois et autres..., Lyon, J. Temporal, 1556; Les voyages de Ludovico de Varthema, ou le Viateur [...] traduits [...] par J. Balarin de Raconis..., a cura di C. Schefer, Paris 1888; Le voyage de Ludovico de Varthema..., trad. di P. Teyssier, Paris 2004. In fiammingo e olandese: Die Ridd’lyche reyse van Heer Lodevijck Vortmans van Bolonien..., Antwerpen, J. van Liesveldt en S. Cock, 1544; De Uytnemende en seer wonderlijcke Zee-en-Landt-Reyse van Ludowick di Barthema..., Utrecht, G. Nieuwenhuysen en W. Snellaert, 1654 e 1655. In inglese: The navigation and voyages of Lewes Vertomannus, Gentleman, of the citie of Rome [...] Translated out of Latine into Englyshe by Richarde Eden..., in The History of Travayles in the West and East Indies..., London 1577; The Travels of Ludovico di Varthema [...] translated from the original Italian edition of 1510 [...] by John W. Jones, a cura di G.P. Badger, London 1863; The Itinerary of Ludovico di Varthema..., a cura di R. Carnac Temple, London 1928. In portoghese: Itinerario, trad. di V. Spinelli, Lisboa 1949.
Fonti e Bibl.: F. Lopes de Castanheda, Historia do descobrimento e conquista da India pelos Portugueses, Coimbra 1551-1561, Lisboa 1833, II, 2, pp. 80-84; J. De Barros, Asia de J. De Barros: dos feitos que os Portugueses fizeram no descobrimento e conquista dos mares e terras do Oriente. Primera Decada, Lisboa 1557, X, cap. 4, pp. 388 s.; G. da Orta, Coloquios dos simples e drogas da India, Goa 1563, Lisboa 1987, I, pp. 106 s., 111 s.; J.-F. Lafitau, Histoire des découvertes et conquestes des Portugais dans le Nouveau Monde, Paris 1733, pp. 222 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, pp. 362 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana antica e moderna, Modena 1787-1794, VII, 1, p. 211; R.F. Burton, Personal Narrative of a Pilgrimage to El-Medinah and Mecca, II, London 1855-1856, p. 352; G.P. Badger, Introduction a The travels of V., London 1863, pp. XVII-CXXI; A. De Gubernatis, Memoria intorno ai viaggiatori italiani nelle Indie orientali dal sec. XIII a tutto il sec. XVI, Firenze 1867, pp. 53-62; Id., Storia dei viaggiatori italiani nelle Indie Orientali, Livorno 1875, pp. 19-21, 120-126; P.A. Tiele, De Europeers in den Maleischen Archipel, I, Amsterdam 1875, p. 2; P. Amat di San Filippo, Biografia dei viaggiatori italiani colla bibliografia delle loro opere, Roma 1875, pp. 117-124; Id., Della vita e dei viaggi del bolognese L. di V., in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, V (1878), pp. 3-73; E. Masi, L. de V., in La Rassegna settimanale di politica, lettere, scienze ed arti, II (1878), 12, pp. 196-199; M. Sanuto, I diarii, VII, Venezia 1882, col. 662; G. Mazzoni, Un viaggiatore del secolo XVI, L. di V., in Id., In Biblioteca, Bologna 1886, pp. 279-307; C. Schefer, Introduction a Les voyages de L. di V., Paris 1888, pp. V-LXX; H. Cordier, Deux voyageurs dans l’Extrème-Orient au XVe et au XVIe siècles. Essai bibliographique. Niccolò de’ Conti - L. de V., in T’oung-Pao, X (1899), pp. 380-404; R. Carnac Temple, Discourse on V., in The Itinerary..., London 1928, pp. XVII-LXXXV; P. Giudici, Introduzione a L. Varthema, Itinerario, Milano 1928, pp. 9-77; R. Fantini, Sulla patria di L. de V., in Bollettino della R. Società geografica italiana, s. 6, VI (1929), pp. 256-259; E. Casamassima, Ludovico degli Arrighi detto Vicentino, copista dell’Itinerario di V., in La Bibliofilia, LXIV (1962) pp. 117-162; L.D. Hammond, Travelers in disguise. Narratives of Eastern travels by Poggio Bracciolini and L. de V., Cambridge (Mass.) 1963, pp. VIII-XXXI; M. Milanesi, in G.B. Ramusio, Navigazioni e Viaggi, I, Torino 1978, p. 758; I. Luzzana Caraci, Scopritori e viaggiatori del Cinquecento, Milano-Napoli 1991, pp. 283-294; E. Musacchio, Introduzione a Itinerario, Bologna 1991, pp. 3-16; J. Aubin, Préface (1996) a Le voyage de L. di V., Paris 2004, pp. 11-28; P. Barozzi, L. De V. e il suo Itinerario, Roma 1996; M. Maragi, Un singolare viaggiatore bolognese del ’500: L. V., in Strenna storica bolognese, XLVIII (1998) pp. 281-306; E. Waiblinger, Reisende des Cinquecento. Sozialer Typus und literarische Gestalt, Heidelberg 2003, pp. 171-219; M. Donattini, Il mondo portato a Bologna: viaggiatori, collezionisti, missionari, in Bologna nell’età moderna, II, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008, pp. 563-570; C. Forti, Sull’Itinerario di L. di V., in L’Europa divisa e i nuovi mondi. Per Adriano Prosperi II, a cura di M. Donattini - G. Marcocci - S. Pastore, Pisa 2011, pp. 21-31.