DELLA TORRE, Ludovico
Nacque a Verona nel 1581 da Guido e da Laura Sambonifacio; il suo battesimo e registrato il 23 ottobre nella parrocchia dei Ss. Fermo e Rustico.
Padrino fu Bartolomeo Cartolari, canonico veronese e dottore in legge, poi vescovo di Chioggia, consigliere di giustizia del duca di Parma e Piacenza Ranuccio Farnese e gonfaloniere perpetuo di Santa Chiesa. Il padre, marchese Guido, era discendente del ramo veronese dei nobili Torriani, conti di Valsassina: "profondo nelle scienze legali", come lo definisce il Litta, egli ricoprì numerosi incarichi pubblici. La madre, Laura Sambonifacio, apparteneva a una delle più antiche e illustri famiglie del Veronese. Il matrimonio, secondo quanto il D. racconta, sarebbe stato per nove anni fecondo e per trentasei casto. Da esso nacquero quattro figli; il D. fu il terzogenito, dopo Alda e Domenico e prima di Giovanni; ma sappiamo che almeno un altro figlio maschio morì alla nascita o subito dopo.
La famiglia abitava in un aristocratico palazzo in stradone S. Fermo; dalle cifre di estimo (del 1584, del 1605 e del 1625) essa appare notevolmente agiata; il reddito consentiva il mantenimento prima di nove, poi di venti, infine di quindici domestici. A Roverchiara di Caselle, presso Verona, gli "illustrissimi marchesi" possedevano, nel 1627, "250 campi, stimati ducati 70 il campo". Dopo la morte del padre, avvenuta probabilmente nel 1621, e quella immediatamente successiva della madre, il D. convisse con il fratello maggiore, Domenico, sposato con la contessa Angela Giusti.
Non sappiamo dove e come il D. abbia compiuto gli studi; sembra certo, invece, che nessuno dei tre fratelli avesse conseguito il dottorato in giurisprudenza, come ancora nel testamento si augurava il padre. Nei documenti ufficili, infatti, i loro nomi sono sempre preceduti dal titolo di marchese e mai da quello di dottore. Tuttavia, così come il padre, essi ricoprirono numerose cariche pubbjiche in Verona. Il D. in particolare, splendente "dì honori e di ricchezze e di riputatione", fu consigliere cittadino dal 1622 al 1630; provveditore di Comune nel 1622 e nel 1630; oratore a Venezia per perorarvi interessi cittadini nel 1626 e nel 1627; conservatore della Pace nel 1616, nel '19, nel '23, nel '24, nel '27 e nel '28; fece parte della curia del podestà nel 1621 e nel '24; fu consigliere dell'ospedale dei Ss. Giacomo e Lazzaro nel 1623 e 1624; governatore della B. Vergine Maria in Campagna nel 1617 e priore della stessa nel 1629; elettore del priore della S. Casa di pietà nel 1629, '30 e '31; preside alla Custodia dell'Adige nel 1624; nel 1628, insieme al dottor Antonio Vidale, accompagnò i revisori e provveditori sopra il fiume Adige della Repubblica di Venezia ad ispezionare i territori veronesi e padovani bagnati dall'Adige e da altri fiumi; fu ancora preside della Pia Opera di carità nel 1618; protettore di Mendicanti nel 1631; prefetto delle Scuole pubbliche nel 1622 e nel '26; deputato al Fontico della farina nel 1631; preside della distribuzione del fieno nel 1630; fabbriciere dell'Arena nel 1630; fabbriciere della cappella del Ss. Crocifisso di S. Nicolò nello stesso anno. Sappiamo che nel 1625, in occasione dell'anno santo, fece un lungo soggiorno a Roma e, infine, che ebbe dei contatti con la famiglia e con l'ambiente che ruotava intorno ai Farnese, principi di Parma.
Il D. era, insomma, un uomo di prestigio, un esperto e autorevole amministratore cittadino. Direttamente collegate a queste sue funzioni pubbliche sono le due orazioni gratulatorie al doge Francesco Contarini che ci sono pervenute, una delle quali è datata 1624; e ancora i Discorsi sopra i rimedi alle inondazioni delle acque, indirizzati ai signori "dell'Ufficio sopra la custodia delle acque di Verona".
Quest'ultimo è un testo di natura prettamente tecnica, corredato di disegni, molto probabilmente autografi, assai ben curati e completo di tavole riassuntive. Ma l'autore dimostra anche, oltre ad una specifica competenza, il gusto dell'argomentazione erudita: quando si sofferma su questioni di carattere generale ricorrono frequenti le citazioni da Aristotele, Virgilio, Plinio e altri autori classici. Non a caso: accanto alla intensa zattività pubblica, il D. ne coltivò una di scrittore che restò forse ignota ai contemporanei, dal momento che tutte le sue opere rimasero inedite.
Probabilmente tra il 1622 e il 1623, cioè subito dopo la morte della madre, è possibile datare un'opera breve, di appena venti carte, intitolata Idea della madre di fameglia, espressa nella vita, et morte della s.ra Laura Sanbonifatio della Torre, da uno de' figliouli (ms. in Padova, Bibl. universitaria ms. 247).
È un testo che, pur variamente giudicato nel suo valore di trattato pedagogico, interessa soprattutto come testimonianza diretta di mentalità e di comportamenti dell'epoca. Infatti, mentre tesse l'elogio della madre, il D. descrive anche l'interno di una casa patrizia e ne segue gli avvenimenti, la vita quotidiana. La "madre di fameglia" ne è evidentemente al centro: l'opera educativa che compie è un "benefitio" più "universale della città che della casa"; il buon cittadino è anzitutto un figlio che ha colto i frutti "saporitissimi ... del buon esempio, della retta educatione e del buon governo della casa". Se poco importa la sua bellezza, la buona madre sarà invece preferibilmente di nobile casato, giacché la nobiltà "fra i beni esterni, è più di tutti unita e dipendente dalla virtù". Si tratta di una virtù prima di tutto cristiana, naturalmente, che arriva in Laura Sambonifacio a un tal grado di perfezione da farla aderire, come già accennato, al voto di castità proprio della vita monastica.
L'altra opera del D., composta nel 1626, divisa in cinque libri, si intitola Aio, overo dell'educatione del giovane prencipe;i due manoscritti dell'opera che si conoscono (uno dei quali è finito, chissà attraverso quali vie, in Ungheria, nella Biblioteca universitaria di Debrecen; l'altro è conservato in Mantova, Bibl. comunale, ms. 71 [A. III. 71), recano entrambi un imprimatur del 1636, segno forse del desiderio di qualche congiunto o amico di veder pubblicata l'opera.
L'Aio è un trattato di argomento educativo, strutturato in forma di dialoghi, gonfio di esempi e citazioni tratte dai classici. Non si occupa tanto dell'educazione del principe, come viene indicato nel titolo, ma piuttosto dell'educazione in generale, alla luce dei dettami dell'etica cattolica. I cinque dialoghi in cui si divide trattano, nell'ordine, del precettore, della madre e dell'educazione femminile, del fanciullo e dell'educazone fisica, dell'educazione morale del ragazzo, infine della sua educazione politica e religiosa.
Il D. morì a Verona il 13 marzo 1632, celibe, dopo essere scampato all'epidemia di peste del 1630. Non risulta che abbia lasciato testamento.
Altre opere del D.: Padova, Bibl. univers., ms. 247: In congratulatione al Prencipe di Venetia Francesco Contarini l'anno 1624; In congratulatione al Prencipe di Venetia, oratione seconda ... ; Verona, Bibl. civica, ms. 1922: Discorsi sopra i rimedi alle inondazioni delle acque. All'Ill. Sig. dell'Ufficio sopra li custodi delle acque di Verona.
Bibl.: M. Masante, Notizia di un manoscritto ital. inedito d'argomento pedagogico, esistente nella Biblioteca ungherese di Debrecen, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, classe di scienze morali, storiche e filologiche, LXV (1929), pp. 391-400; P. Verrua, Il trattato sulla madre di fameglia di L. D., in Atti dell'Acc. di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 5, XVII (1939) pp. 1-13; L. Volpicelli, "L'idea della madre di fameglia" di L. D., in Studi in onore di P. Silva, Firenze 1957, pp. 337-64; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Torriani di Valsassina, tav. XI.