GONZAGA, Ludovico
Nacque a Mantova il 21 ag. 1460, quintogenito maschio del marchese Ludovico III Gonzaga e di Barbara di Hohenzollern.
Fin dai primi anni la sua figura può essere adottata a rappresentare emblematicamente le esperienze del raffinato e colto prelato rinascimentale. Avviato precocemente alla carriera ecclesiastica, divenne nel 1471, a soli undici anni, protonotario apostolico. Dal 1477 iniziò quindi a frequentare studi giuridici, alternando la propria presenza tra lo Studio ferrarese e l'Università di Bologna, dove il fratello Francesco, cardinale e vescovo di Mantova, era legato pontificio. In seguito alla morte del padre, avvenuta nel giugno 1478, tutti i beni feudali del defunto marchese vennero frazionati fra i numerosi figli. In base a un successivo accordo fra di essi, che fissò definitivamente la divisione del territorio mantovano, al G. e a suo fratello Rodolfo spettarono, con diritto di consignoria, Ostiano, Solferino, Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere, Marmirolo e Luzzara.
Dopo aver trascorso l'estate e l'inverno del 1479 a Bologna, alla fine del 1480, il G. seguì il fratello cardinale a Roma, dove rimase fino all'aprile del 1482. L'anno successivo, dopo la morte di Francesco, che lo aveva designato nel proprio testamento erede della diocesi di Mantova, il G. divenne, con investitura pontificia del 27 ottobre, vescovo eletto di Mantova e questo titolo lo accompagnò fino alla sua morte, dato che non riuscì mai a ottenere la consacrazione. Non dovette trascorrere molto tempo dall'elezione, che la corte mantovana e lo stesso G. cominciarono a intraprendere iniziative presso la Curia pontificia per far ritornare a Mantova il galero cardinalizio a beneficio del vescovo eletto. Fu con tale scopo che il G., già nella primavera del 1484, si recò a Roma, dove si trattenne fino al termine dell'estate, ripartendo solo una volta che fu avvenuta l'elezione del nuovo pontefice Innocenzo VIII. Durante questo soggiorno romano non ottenne il tanto agognato berretto, ma ebbe modo di procurarsi preziosi reperti che costituirono il primo nucleo della sua preziosa collezione archeologica.
Negli anni successivi il G. risiedette spesso tra Sabbioneta, Ostiano e Quingentole. Se tale lontananza dalla sede episcopale di Mantova fu forse, nei primi anni della sua elezione, il frutto di una libera scelta, essa si rese poi necessaria in seguito agli avvenimenti del 1487, che segnarono l'inizio degli insanabili contrasti che caratterizzarono da allora in poi i rapporti fra il G. e la corte mantovana. Sul finire di quell'anno egli fu coinvolto, insieme con i fratelli Gianfrancesco e Rodolfo, nell'accusa di avere organizzato una congiura contro il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, loro nipote, per impadronirsi dello Stato. L'accusa faceva seguito all'altro analogo oscuro tentativo avvenuto qualche anno prima contro il defunto fratello del G., il duca Federico I, padre di Francesco. Veri o presunti che fossero tali addebiti, ciò che è noto con certezza è che i tre rimasero prudentemente presso i rispettivi possedimenti.
In conseguenza di quegli episodi, il G. preferì da allora in poi esercitare il ministero episcopale lontano da Mantova, delegandone quasi del tutto le funzioni al vicario generale e al vescovo suffraganeo. Scelse quindi come personale dimora Quingentole, dove, nella villa vescovile, fissò per lungo tempo la propria residenza; vi soggiornò infatti in modo quasi continuo dal 1489 al 1496, intraprendendovi lunghi e costosi lavori di abbellimento e arricchendola con le proprie preziose collezioni. La sua passione per l'architettura, che dovette ereditare dal padre Ludovico, ci viene confermata dai numerosi lavori di ingrandimento che avviò negli altri suoi palazzi di Ostiano, Castel Goffredo e Gazzuolo, affidati prevalentemente all'architetto-orafo Ermes Flavio de Boni da Padova, un artista al quale fece ricorso più di una volta anche per arricchire la sua già pregevole raccolta di medaglie. Se dunque furono rarissime le presenze a Mantova, sua sede episcopale, tuttavia non trascurò di farvi eseguire diverse opere, quali, nel 1484, l'erezione di un Monte di pietà o, dall'anno precedente, i lavori per l'edificazione della cappella del Sangue di Cristo nella cattedrale, opera, quest'ultima, che non vide mai conclusa e il cui progetto alla sua morte fu del tutto abbandonato.
L'aspro dissidio insorto nel 1487 con i marchesi di Mantova si rivelò per il G. ancor più grave, poiché, stante l'esplicita avversione del marchese Francesco II nei confronti della sua elezione, significò per lui il definitivo addio a ogni illusione di conseguire la dignità cardinalizia, mentre a Mantova la scelta per rincorrere presso la Curia romana l'alta dignità ecclesiastica fu fatta cadere sul protonotario Sigismondo Gonzaga, fratello del marchese. E forse proprio per contrastare con la propria immagine tali manovre, e apparire allo stesso tempo a Roma ben più degno per quel titolo di quanto potesse esserlo il nipote, il G. raccolse attorno a sé una corte raffinata e sfarzosa, nella quale già in passato erano traslocati quasi in blocco i servitori del fratello Francesco cardinale, e alla quale si aggiunsero poi letterati e artisti quali Giovanni Muzzarelli, Niccolò Lelio Cosmico, Niccolò Tebaldeo, Timoteo Bendedei, Giovanni Bonavoglia. Dal 1501 il G. trasferì la propria residenza quasi stabilmente a Gazzuolo presso l'omonimo nipote figlio del fratello Gianfrancesco e lì, in concordia con questo, poté manifestare in pieno il suo mecenatismo, espressione del suo amore per le arti, le lettere, le rappresentazioni teatrali e l'astrologia. Tutti questi interessi, oltre a essere confermati dall'inventario dei suoi beni, redatto subito dopo la sua morte, sono testimoniati anche dall'ottava novella della parte I di Matteo Bandello, per il quale l'"Illustrissimo e reverendissimo monsignore Lodovico Gonzaga, vescovo di Mantova, qui in Gazuolo abitava, che egli sempre vi tenne una corte onoratissima di molti e vertuosi gentiluomini, come collui che si dilettava de le vertù e molto largamente spendeva". Dotato di ottima cultura (sembra che scrivesse egli stesso commedie), il G. possedette inoltre una ricca biblioteca, ereditata in gran parte dal fratello cardinale. Così come già fu per la corte di quest'ultimo, anche quella del G. avrebbe potuto dunque reggere convenientemente il confronto con una qualsiasi fra le tante che animavano la Curia romana, e tuttavia essa dovette rimanere relegata negli angusti spazi feudali di Gazzuolo, una scelta che divenne definitiva dopo il 1505, quando il suo giovane rivale Sigismondo Gonzaga ottenne la porpora da Giulio II.
Ancor più rammaricato in seguito a quella nomina, il G. morì sei anni dopo a Gazzuolo, il 19 genn. 1511, dopo aver dettato il proprio testamento. Il 13 febbraio successivo, come richiesto nelle sue ultime volontà, la sua salma venne tumulata nella cattedrale di Mantova.
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