JACOBILLI, Ludovico
Nacque a Roma il 13 giugno 1598, da Angelo e Camilla Scarinci, e fu battezzato nella parrocchia di S. Lorenzo in Damaso. Padrino di battesimo fu Cesare Baronio, che fu nominato tra i tutori e curatori dello J. alla morte del padre (1600) e al quale lo J. avrebbe fatto sempre riferimento in seguito come guida spirituale e modello di comportamento.
Sia la famiglia paterna dello J., sia quella materna avevano importanti legami con la Curia romana. La madre, che lo J. sosteneva discendere dalla stessa famiglia di Pio V (ma la genealogia è confutata da Giustiniani, p. 412), era nipote ed erede di monsignor Giovanni Pietro Ghislieri. Della famiglia paterna, una tra le più antiche e prestigiose dell'Umbria, è documentata la residenza a Foligno dal XII secolo e la presenza nelle più alte magistrature civiche romane nel XIV secolo. Gli Jacobilli non si radicarono però mai definitivamente a Roma e preferirono risiedere a Foligno, sebbene Francesco, bisnonno dello J., tesoriere e appaltatore pontificio, tra il 1564 e il 1567 avesse fatto edificare un sontuoso palazzo in via del Corso, destinato nei suoi progetti a divenire la residenza romana della famiglia. Il palazzo del Corso fu venduto a Orazio Rucellai nel 1583, appartenne in seguito ai Caetani e infine ai Ruspoli. Anche un altro palazzo, in piazza di Spagna, fu venduto e divenne, dopo il 1653, sede dell'ambasciata di Spagna. Dal XVII secolo unica residenza romana degli Jacobilli, rimase un palazzo adiacente alla chiesa di S. Carlo ai Catinari, assegnato allo J. nel 1625 (Metelli, p. 217).
Dopo avere ricevuto una prima educazione a Foligno, lo J. studiò logica e filosofia al Collegio romano; nel 1619 si laureò in diritto civile e canonico all'Università di Perugia, trasferendosi poi definitivamente a Foligno, da dove si recò solo saltuariamente a Roma per motivi di studio. Nel 1622 fu ordinato sacerdote. La carica più prestigiosa da lui ricevuta fu quella di protonotaro apostolico; in una sua autobiografia dichiarò di avere rifiutato altre dignità ecclesiastiche oltre questa "per la salute dell'anima sua e del prossimo" (Giuliani, p. 5), impegnandosi invece a operare "per sola carità" (ibid.). Alla morte del fratello Francesco, matematico e astronomo, avvenuta nel 1623, lo J. divenne tutore e curatore dei beni del nipote Angelo, erede del fedecommesso e della primogenitura istituita dal bisnonno Francesco. Si trovò così ad amministrare un ingente patrimonio costituito da case e terreni a Roma e a Foligno.
Questa attività non lo distrasse dalle sue ricerche erudite. Lo J. fu instancabile esploratore degli archivi e delle biblioteche dell'Umbria allo scopo di raccogliere cronache e annali di città, genealogie di famiglie, biografie di letterati, vite di santi e beati dell'Umbria. Tra il 1626 e il 1663 pubblicò ben 28 volumi e molti di più (circa 35) ne lasciò manoscritti. Intessé una fitta rete di rapporti di collaborazione e di amicizia con storici ed eruditi. Promosse l'opera dello storico e archeologo Durante Dorio, che nella sua Istoria della famiglia Trinci (Foligno 1638) lo ringrazia per il suo generoso aiuto e unisce la sua alla gratitudine di tutti "gli amici d'istorie" (p. 255). Tra questi amici, oltre a Dorio vi furono certamente F. Ughelli, che nella sua Italia sacra definisce lo J. "amicus noster" (Ughelli - Coleti, col. 682) insieme con l'erudito fiorentino Carlo di Tommaso Strozzi, Vincenzo Armanni e Felice Ciatti. Dopo la morte di Dorio (1645), tutta la sua biblioteca andò nel 1653 a incrementare la già importante raccolta di libri dello J., "di tutte l'arti liberali e scienze, con molti belli quadri, statue, inscrittioni e medaglie antiche e di stima" (Foligno, Biblioteca comunale, Mss., F.105, n. 21, cc. 129-135: L. Jacobilli, Breve sommario degli uomini illustri di casa Jacobilli e d'altri apparentatisi in detta casa [c. 131], pubblicato in Giuliani, p. 5). Alla ricerca storiografica e genealogica appartengono il Discorso della città di Foligno, cronologia de' vescovi, governatori e podestà (Foligno 1646; ed. anast. Bologna 1972) e la Bibliotheca Umbriae, seu De scriptoribus provinciae Umbriae (Foligno 1658; ed. anast. Bologna 1973). Ma è alla storia sacra e all'agiografia che lo J. dedicò gran parte del suo lavoro. Tra il 1647 e il 1661, sempre a Foligno, pubblicò in tre volumi la sua opera più importante: Vite de' santi e beati dell'Umbria (ed. anast. Bologna 1971).
Quasi contemporaneamente Jean Bolland dava alla luce i primi volumi degli Acta sanctorum (1643-58). Bolland e lo J. intrattennero rapporti epistolari e molte sono le testimonianze del contributo offerto dall'erudito folignate all'opera del gesuita di Anversa, cui inviava preziose trascrizioni di antichi testi. Le vite da lui scritte di s. Domenico da Sora, s. Costanzo da Perugia e s. Messalina da Foligno furono tradotte e pubblicate da Bolland nel secondo volume di gennaio degli Acta sanctorum, uscito nel 1643. Nel 1660 i due bollandisti Gottfried Henschen e Daniel van Papebroeck nel loro viaggio in Italia intrapreso alla ricerca di manoscritti agiografici fecero visita allo J., considerato il punto di riferimento essenziale per la ricerca di documenti sui santi umbri. Proprio in quell'occasione si crearono le premesse per il futuro discredito di tutta l'opera dell'erudito folignate. Lo J. donò ai due pellegrini copie di manoscritti creduti persi, relativi alle vicende dei martiri spoletini. Qualche anno dopo, quelle copie rivelarono avere pochi riscontri con gli originali ritrovati. L'episodio meritò l'autorevole condanna dell'intera opera dello J. da parte dei bollandisti della seconda generazione, molto più critici dei primi e impegnati a raffinare la loro metodologia per distinguere tra vere e false narrazioni agiografiche. Conrad Ianninck giudicò le affermazioni dello J. scarsamente attendibili, dandogli l'appellativo di "fumosa fax" (Acta sanctorum, I, Iulii, pp. 20, 24, 26).
Il dibattito tra difensori e detrattori si riaccese nei primi anni del Novecento a seguito di un articolo anonimo su La Civiltà cattolica che ribadì il giudizio dei bollandisti. All'articolo fece eco F. Savio, che, pur riconoscendo allo J. i meriti di raccoglitore indefesso sul campo, lo accusò di non avere saputo distinguere sempre il vero dal falso. M. Faloci Pulignani, che avrebbe in seguito pubblicato l'inventario completo dei manoscritti della sua biblioteca, non esitò a difendere la buona fede e il rigore dello J. nei limiti della ricerca del suo tempo e a riconoscerlo come uno dei padri dell'agiografia. Nonostante le polemiche sulla sua attendibilità, lo J. è stato sempre uno degli scrittori più citati e consultati da chiunque abbia intrapreso ricerche sull'Umbria da qualsiasi punto di vista, per la gran mole di dati da lui raccolti, che ne fanno una fonte indispensabile. La storiografia più recente ha rivolto grande attenzione alla sua opera, superando il dibattito sul vero e il falso delle sue affermazioni e riconoscendo la peculiarità del suo lavoro nel legame tra territorio, erudizione ed esperienza religiosa. Gli è stato così riconosciuto il merito di avere raccolto testimonianze preziose non solo della religiosità del suo tempo, delle tradizioni e delle leggende popolari legate alla sua terra, ma anche dei luoghi e delle istituzioni ecclesiastiche, dotando così l'Umbria di una specifica identità religiosa che prima non aveva.
Lo J. morì a Foligno il 13 marzo 1664. Per sua volontà, fu sepolto nella chiesa di S. Feliciano di Mormonzone.
Con testamento del 20 maggio 1663 (Arch. di Stato di Perugia, sez. di Foligno, Notai, 30, Notaio S. Roberti, cc. 16-26v), a cui allegò un minuzioso inventario (editi in Metelli, pp. 255-288), lasciò al nipote Angelo i suoi beni mobili e immobili, tra cui una quadreria di 114 dipinti, in gran parte ritratti di parenti illustri e personalità legate alla famiglia, nonché di santi e beati di Foligno. Al seminario di Foligno, cui aveva già donato circa 5000 volumi (l'atto di donazione in Foligno, Arch. storico della Diocesi, Instrumenta et testamenta, 1661-62, cc. 328-334), lasciò i restanti 3500 volumi della sua biblioteca, stendendone un accurato inventario. Si trattava, oltre che di uno prezioso strumento di lavoro, di una delle più importanti raccolte librarie sulla storia dell'Umbria, che lo J. volle rimanesse aperta "per benefitio pubblico". La biblioteca dello J. esiste ancora oggi ed è sempre proprietà del seminario vescovile di Foligno. L'inventario completo dei manoscritti fu pubblicato da M. Faloci Pulignani: Inventario dei manoscritti della Biblioteca Jacobilli di Foligno, in Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XLI, Firenze 1930.
Fonti e Bibl.: M. Giustiniani, Lettere memorabili, I, Roma 1667, p. 412; Acta sanctorum, I, Februarii, p. 362, n. 5; Iulii, trattato preliminare, p. 1; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 682; G. Degli Azzi, Corrispondenza letteraria di L. J. da Foligno e di Eugenio Gamurrini coll'erudito fiorentino Carlo di Tommaso Strozzi, in Boll. della R. Deputazione di storia patria dell'Umbria, X (1904), pp. 521 s.; F. Savio, I primordi del cristianesimo nell'Umbria, in Boll. della R. Deput. di storia patria per l'Umbria, XX (1914), pp. 155-166; M. Faloci Pulignani, I primordi del cristianesimo in Umbria, ibid., pp. 549-571; M. Battistini, I padri bollandisti Henschenio e Papebrochio nell'Umbria del 1660, in Miscellanea francescana, XXXIV (1934), 1, pp. 53-59; P.L. Meloni, Monasteri benedettini in Umbria tra VIII e XI secolo nella storiografia di L. J., in Aspetti dell'Umbria dall'inizio del secolo VIII alla fine del secolo XI. Atti del III Convegno di studi umbri… 1965, Gubbio 1966, pp. 287 s.; E. De Pasquale, Brevi note bibliografiche su L. J., in Boll. stor. della città di Foligno, I (1969), pp. 83-88; S. Giuliani, L. J., in Gazzetta di Foligno, 1976, n. 40, p. 5; C. Leonardi, Problemi per una edizione dei legendari spoletini, in Atti del I Convegno di studi storici ecclesiastici… 1976, Spoleto 1977, p. 116; R. Volpi, Il recupero del termine "Umbria" in età moderna, in Orientamenti di una regione attraverso i secoli: scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell'Umbria. Atti del X Convegno di studi umbri… 1976, Perugia 1978, pp. 116 s.; A. Buoncristiani, Il culto dei santi e delle loro reliquie nelle opere agiografiche di L. J., in Boll. stor. della città di Foligno, VI (1982), pp. 107-125; C. Pietrangeli, Palazzo Ruspoli, Roma 1992, pp. 7 s.; I. Heullant-Donat - E. Irace, "Amici d'istorie". La tradizione erudita delle cronache di Gualdo e la memoria urbana in Umbria tra Medioevo ed età moderna, in Quaderni storici, 1996, n. 93, pp. 549-581; S. Cabibbo, Storia di genere, storie di santi. Le rappresentazioni della santità femminile nell'Umbria di L. J., in Istituzioni, Chiesa e cultura a Terni fra Cinquecento e Settecento. Atti del Seminario di studio… 1995, a cura di T. Pulcini, Terni 1997, pp. 245-257; La biblioteca Jacobilli tra passato e futuro, a cura di R. Tavazzi, Foligno 2000; R. Michetti, "Ventimila corpi di santi": la storia agiografica di L. J., in Erudizione e devozione. Le raccolte di vite di santi in età moderna e contemporanea, a cura di G. Luongo, Roma 2000, pp. 73-158; A. Anselmi, Il palazzo dell'ambasciata di Spagna presso la S. Sede, Roma 2001, pp. 39-42; R. Michetti, L. J. e gli ordini religiosi dell'Umbria. Note sulla storia dei cappuccini tra XVI e XVII secolo, in I cappuccini nell'Umbria del '500, 1525-1619, a cura di V. Criscuolo, Roma 2001, pp. 63-75; M. Sensi, Bibliografia di L. J., in L. Jacobilli, Vite de' santi e beati di Foligno, Foligno 2001 (ed. anast. dell'ed. ibid. 1628), Appendice, pp. XXVI-XLIII; G. Metelli, Verso una biografia critica di L. J.: fortuna e declino del casato, in Boll. della Deputazione di storia patria per l'Umbria, IC (2002), 1, pp. 185-289; L. J. (1598-1664) nel IV centenario della nascita. Giornate di studio… 1999, a cura di F. Conti, Foligno 2003.