PETRONI, Ludovico
PETRONI, Ludovico. – Secondogenito di Francesco di Salimbene e di Nese di Domenico Ruffaldi, fu battezzato a Siena il 30 maggio 1409.
Fu forse uno dei tre allievi senesi di Guarino Veronese, citati nell’orazione funebre tenuta da Ludovico Carbone (Ludovicus Petri, un mero errore di scrittura per Ludovicus Petroni). Si sposò in giovane età, nel 1430, con Marianna di Alessio di maestro Guccio cuoiaio. Da lei ebbe due figli (Alfonso e Francesco) e due figlie, una delle quali, Cristofana, sposò nel 1456 Bartolomeo Landucci.
Indirizzato agli studi giuridici secondo la tradizione familiare, nel 1435 fu chiamato a leggere nello Studio senese; nonostante i molti viaggi e gli impegni connessi alla carriera diplomatica, esercitò per tutta la vita la professione forense, come attestano vari documenti lungo tutta la vita. Conte palatino e cavaliere cesareo, Petroni è però noto soprattutto per la sua attività di governo e di ambasciatore della Repubblica senese. Negli anni 1435-43 il suo itinerario di ambasciatore segue queste tappe: Arcidosso, Montefiascone (1435), Farnese (marzo 1436), Acquapendente (gennaio 1438), Firenze (marzo-dicembre 1440, in occasione della guerra con i Visconti), Roma (1442), Sansepolcro e Iesi (1443).
Nel 1443 fu nominato cavaliere da Eugenio IV, durante il soggiorno da gennaio a luglio del pontefice a Siena, e la sua attività proseguì con pari intensità negli anni successivi: Firenze (settembre 1444, e di nuovo 1445), Napoli ove si legò di amicizia con Alfonso d’Aragona che fu in guerra con la Repubblica senese e che gli scrisse diverse lettere personali (1446, 1448). Il 1450 fu per Petroni un anno intenso e ricco di successi. Nel gennaio fu scelto da Francesco Sforza, duca di Milano, come componente del consiglio segreto milanese; nel maggio, a Siena, investì del cavalierato Pietro di Niccolò Bulgarini, eletto rettore dell’ospedale di Santa Maria della Scala; in agosto fu a Roma e Napoli, e nei mesi successivi a Siena si oppose con altri del Monte dei nove alla congiura ordita da Antonio di Checco Rosso Petrucci, dal quale lo divideva oltre che la linea politica anche la Weltanschauung: l’austero Petroni, attentissimo all’onore, definiva «re de’ cialtroni» Petrucci il quale, insieme alla sua cerchia, praticava un umanesimo ‘radicale’ con comportamenti di ‘libertinaggio intellettuale’. A una nuova congiura di Petrucci, Petroni si sarebbe opposto anche nel 1453 e infine nel 1456, quando i Petrucci furono esiliati in perpetuo (almeno nelle intenzioni di chi emanò il provvedimento). Nel frattempo, il 7 febbraio 1452, Petroni, «come uno dei maggiori gentiluomini di Toscana de’ suoi tempi, portò lo stendardo imperiale nella venuta a Siena dell’imperadore Federigo», a cui rivolse una breve orazione di saluto; pochi giorni dopo fu inviato a Pisa per scortare a Siena Eleonora di Portogallo, futura sposa dell’imperatore.
È possibile conoscere minutamente viaggi e ambasciate di Petroni negli anni successivi (1454-60) anche grazie a un suo prezioso ‘diario’, o meglio copialettere (nonostante le lacune esistenti nei mesi di luglio 1455-gennaio 1456 e giugno 1456-luglio 1457) che riporta anche lettere di corrispondenti illustri (Francesco, Biancamaria e Galeazzo Sforza, Tranchedini, Sanseverino, Medici). Petroni risulta presente a Milano nel febbraio 1454 e nuovamente alla corte sforzesca nell’inverno 1455 (sino a marzo, quando rientrò a Siena per occuparsi dei contrasti tra la Repubblica e il conte di Pitigliano). La sua familiarità con i maggiori protagonisti della vita politica italiana dell’epoca fece sì che il 26 giugno venisse eletto per il Monte dei nove gonfaloniere maestro del Concistoro e nel luglio ufficiale di Balìa, chiamato a gestire la guerra contro Iacopo Piccinino; secondo Sigismondo Tizio (ante 1528), fu personalmente coinvolto nell’esecuzione sommaria di Giberto da Correggio (sospettato di intelligenza con Piccinino), gettato da una finestra del palazzo comunale (6 settembre 1455) e solo successivamente condannato in un processo postumo. In conseguenza di questi eventi, Petroni corse qualche rischio di incolumità a Milano (febbraio 1456), quando fu affrontato da Manfredi da Correggio. Nel 1456 sovraintese all’assedio di Perignano, e nel 1457 fronteggiò un ennesimo complotto filopetrucciano che portò al bando di Francesco Patrizi e al confino di Goro Lolli (per il rientro del quale in Siena Petroni si sarebbe speso successivamente per compiacere Pio II); nel 1458 era poi a Piombino.
L’elezione di Pio II (agosto 1458) ampliò l’influenza di Petroni, legato ai Piccolomini, e lo portò a mediare per la riammissione dei nobili al governo, voluta dal papa, il quale lo ricompensò nell’ottobre di quell’anno con il titolo di cavaliere. Contiguità al papa suggerisce anche la sua elezione (con Niccolò Severini) a rappresentante di Siena alla dieta di Mantova (settembre 1459), in occasione della quale trattò con il papa anche di politica senese, sostenendo la linea dura del governo popolare contro i ribelli del 1456, e cercendo di non rivelare il sostanziale disinteresse della Repubblica per i progetti di crociata. In quell’anno compì anche un pellegrinaggio a Loreto.
Non sembrano molto fondate le dicerie, riferite nel Cinquecento da Tizio, di un coinvolgimento di Petroni nel simbolico ‘attentato’, nell’estate 1460, contro la fontana, fatta costruire da Pio II nel convento senese di S. Francesco, da oppositori del Piccolomini. Pio II gli conferì nel successivo ottobre un ulteriore riconoscimento, cioè la carica di senatore di Roma. A Roma era nuovamente nell’agosto 1461, in fitta corrispondenza con il Concistoro senese, e anche dal marzo al maggio 1462.
Negli anni successivi, la carriera di Petroni proseguì a Siena: capitano del popolo (luglio-agosto 1463, novembre-dicembre 1469, luglio-agosto 1472), provveditore di Biccherna (1467). Fu però per l’ennesima volta a Roma nell’ottobre 1464, presso il nuovo papa Paolo II, e mantenne stretti rapporti con Cosimo e Lorenzo de’ Medici, circostanza ben conosciuta in città (nel 1472 gli antifiorentini dipinsero il marzocco sulla sua abitazione, in occasione della guerra di Volterra). Nel 1473-74 fu podestà di Sovana, uno dei suoi ultimi incarichi.
La sua situazione economica, secondo quanto risulta dalla lira del 1466, fu buona, nonostante le spese inerenti al suo status sociale: «Truovomi chavaliere e bisogniasi tenere famegli e chavagli, che l’arte de’ chavagleri a Siena è graveza»; aveva a suo carico «in chasa boche dieci». Fu comproprietario di una bottega con il fratello Petrone, gerosolimitano, e di una casa con un altro fratello, Salimbene. Con alcuni giuristi concittadini, come Tommé Docci e Mariano Sozzini, fu in rapporti professionali (sottoscrivendo un consilium con loro), ma anche d’affari (nel 1453 ricevette da Sozzini e da Bartolomeo di Chele Benintendi due «piazze» nel castello di Petriolo). Ma la sua attività nota in quanto giurista non va al di là di qualche arbitrato (lite tra le comunità di Monterotondo e Volterra, 1468; dispute tra la certosa di Maggiano, legata ai Petroni da secolari rapporti, e l’abbazia della Ss. Trinità ad Alfiano; rappresentante dello stampatore romano Pietro Massimi per la rivendicazione di una «vena di ferro», nel Grossetano, gennaio 1473).
La data della morte di Ludovico Petroni è indicata da Isidoro Ugurgieri Azzolini al 22 ottobre 1478.
La cronologia delle opere e dell’attività letterario-culturale di Petroni si intreccia ovviamente con la sua vita pubblica, così intensa. Risale al 1435 una sua prima orazione in volgare, con prefazione latina (Piacenza, Biblioteca comunale Passerini-Landi, mss. Angelo Genocchi-Landi, 31, cc. 13 s.). Nel maggio 1453 indirizzò un sonetto (lo ho sentito e visto la gran fama) a Francesco Accolti d’Arezzo, giureconsulto, letterato e maestro nello Studio senese. Nel citato ‘diario’ rimane traccia dello stretto rapporto epistolare che legò Petroni all’umanista milanese Lodrisio Crivelli, nonché dei suoi rapporti con il rimatore toscano Filippo da Massa e con altri corrispondenti con i quali scambiò testi e manoscritti (Poggio, Curzio Rufo, Leonardo Bruni, del quale trascrisse personalmente dal latino la Politica e Guerra dei Goti). L’opera più importante di Petroni fu la volgarizzazione, completata nel maggio 1456 e dedicata a Galeazzo Sforza primogenito di Francesco duca di Milano, della Guerra de’ Goti di Procopio, già tradotta dal greco in latino, nel 1441, da Leonardo Bruni. Nella dedicatoria egli esponeva gli obiettivi della traduzione («acciò che si possi fare equiperatione delli fatti hodierni à quelli di quel tempo»), che fu anche completamento e integrazione sulla base di altre fonti (a proposito della morte di Totila); nella prefazione Petroni esaltava lo Sforza, pacificatore dei suoi tempi. La traduzione è tradita da diversi manoscritti (Venezia, Biblioteca Marciana, It. 7, 32 [4821]; Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barberiniano latino, 3960, e Chigiano, M VI 133, cc. 4r-119r; Milano, Biblioteca Trivulziana, 78; Firenze, Biblioteca Nazionale, Magliabechiano XXIII 42; Londra, British Library, ms. Additional, 1559) e fu edita a Firenze (Giunti, 1526) e Venezia (Niccolò d’Aristotele detto Zoppino, 1528; Gabriele Giolito, 1548 [non 1542]). Nel 1471 volgarizzò la parte delle Guerre puniche di Appiano relativa alla terza guerra punica nella traduzione latina del Decembrio (con cui era in rapporti già dagli anni Quaranta) e dedicò l’opera a Paolo di Poggio Lucchese (Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Chigiano, M VI 133, cc. 121r-175v). Petroni fu inoltre con molta probabilità il committente di un prezioso breviario con miniature di Sano di Pietro e bottega, appartenuto alle Clarisse di Maggiano (ora Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, ms. X IV 2). Commissionò infine alcune copie della cronaca di Buondono Buondoni che aveva rintracciato nella biblioteca del suo «consorte» cardinale Riccardo Petroni.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Balìa, 490, n. 26; 491, nn. 11, 14; 494, nn. 44, 73; Concistoro, 1933, n. 91; 1934, n. 39; 1935, n. 99; 1939, n. 49; 1944, n. 88; 1946, nn. 56, 60; 1951, n. 75; 1952, nn. 96, 99; 1955, n. 99; 1956, n. 55; 1957, nn. 90, 91; 1962, n. 35; 1966, nn. 83, 86, 89, 99; 1969, n. 17; 1970, nn. 54, 60, 64, 65; 1976, n. 84; 1982, nn. 23, 79; 1983, n. 2; 1986, nn. 86, 89; 1990, n. 25; 1991, n. 1; 1995, nn. 42, 43, 45, 56, 66, 70, 78, 88; 1997, nn. 8, 24, 32, 38; 2000, n. 24; 2001, nn. 2, 6, 22, 29, 40, 47, 48; 2003, nn. 6, 9, 25, 61, 72; 2019, nn. 9, 11; 2031, nn. 12, 19, 26, 30, 34; Particolari famiglie senesi, 145, «Petroni» (lettere e ‘diario’ o copialettere, costituito da un registro cartaceo ritrovato a frammenti tra le scritture concistoriali, mutilo, di cc. 116, dove sono registrati avvenimenti e corrispondenza in arrivo e partenza dal dicembre 1454 al luglio 1460, con alcune lacune); ms. D 94, c. 147r (A. Falorsi, Raccolta manuscritta degli autori senesi, inizi sec. XVIII); Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, Autografi Porri, 2.96, 2.96/1; Archivio di Stato di Firenze, Signori, legazioni e commissarie, Risposte verbali di oratori, 1, c. 1r-v; Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, E XXVIII/3; Parigi, Bibliothèque nationale, Fondi Italiani, ms. 1595, c. 94v; G. Tommasi, Dell’historie di Siena, Venezia 1625, p. 116; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, p. 310, II, p. 34; A. Zeno, Dissertazioni vossiane, I, Venezia 1752, pp. 89 s.; F. Argelati, Biblioteca degli volgarizzatori, Milano 1767, I, p. 189, III, pp. 297-299; T. Villa, Addizioni e correzioni… alla Biblioteca degli volgarizzatori, Milano 1767, V, p. 636; F.A. Vitale, Storia diplomatica de’ Senatori di Roma, II, Roma 1791, pp. 412, 444; L. Banchi, I rettori dello spedale di Santa Maria della Scala di Siena, Bologna 1877, p. 113; L. Banchi, Il Piccinino nello Stato di Siena e la Lega italica, in Archivio storico italiano, IV (1879), pp. 44-58, 225-245; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891 (rist. anast., Firenze 1977), pp. 275, 501 s.; I. Sanesi, Sonetti inediti di Messer Francesco Accolti d’Arezzo. Nozze Cassin-D’Ancona, Pisa 1893; L. Zdekauer, Lettere volgari del Rinascimento senese, in Bullettino senese di storia patria, IV (1897), pp. 237-286, in partic. p. 270; S. Borghesi - L. Banchi, Nuovi documenti per la storia dell’arte senese, Siena 1898, pp. 219 s.; P. Pardi, Il processo postumo di Giberto da Correggio, in Bullettino senese di storia patria, VIII (1901), pp. 274-309, in partic. p. 279; N. Mengozzi, Il pontefice Paolo II ed i Senesi, in Bullettino senese di storia patria, XXI (1914), pp. 141-174, in partic. p. 169; F. Battaglia, Enea Silvio Piccolomini e Francesco Patrizi: due politici senesi del quattrocento, Firenze 1936, p. 98; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 4; V. Zaccaria, L’epistolario di Pier Candido Decembrio, in Rinascimento, III (1952), pp. 85-118; C. Corso, Francesco Accolti d’Arezzo lettore di diritto nello Studio di Siena, in Bullettino senese di storia patria, LXII-LXIII (1955-56), pp. 22-78, in partic. pp. 27 s.; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-1474, 1477-1492, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 502, 504, 508, 511 s., 519, 521; V. Zaccaria, Sulle opere di Pier Candido Decembrio, in Rinascimento, VII (1956), pp. 13-74, in partic. pp. 48 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum, London 1965-89, I, 1965, pp. 71, 101, 180, 245, 265, 327, II, 1967, pp. 71, 453, 489, 572; III, 1983, p. 305; IV, 1989, pp. 73, 108, 181; A.A. Strnad, Studia Piccolominea, in Enea Silvio Piccolomini Papa Pio II, a cura di D. Maffei, Siena 1968, pp. 295-390, in partic. p. 315; L. Cerioni, La diplomazia sforzesca nella seconda meta del Quattrocento e i suoi cifrari segreti, I, Roma 1970, pp. 93, 207; P. Nardi, Mariano Sozzini: giureconsulto senese del Quattrocento, Milano 1974, pp. 42 s., 93, 107; G. Fioravanti, Università e città: cultura umanistica e cultura scolastica a Siena nel ’400, Firenze 1981, pp. 16, 46 s.; M. Ascheri, Siena nel Rinascimento: istituzioni e sistema politico, Siena 1985, p. 52; M. Ascheri, Siena nel Rinascimento: dal governo di “popolo” al governo nobiliare, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento: Atti del V e VI Convegno: Firenze... 1982; Torino... 1983, Firenze 1985, pp. 405-430, in partic. p. 428; G. Fioravanti, Classe dirigente e cultura a Siena nel Quattrocento, ibid., pp. 473-484, in partic. p. 479; I. Polverini Fosi, “La comune dolcissima patria”: Siena e Pio II, ibid., pp. 509-521, in partic. pp. 514 s.; G. Minnucci - L. Košuta, Lo Studio di Siena nei secoli XIV-XVI: documenti e notizie biografiche, Milano 1989, pp. 196-198, 201, 282; P. Pertici, Una “coniuratio” del reggimento di Siena nel 1450, in Bullettino senese di storia patria, IC (1992), pp. 9-47, in partic. p. 20; M.A. Ceppari - E. Jacona - P. Turrini, Schiave, ribaldi, signori a Siena nel Rinascimento, Siena 1994, p. 198; P. Pertici, La città magnificata: interventi edilizi a Siena nel Rinascimento. L’Ufficio dell’Ornato 1428-1480, Siena 1995, pp. 57, 69, 104; P. Pertici, La furia delle fazioni, in Storia di Siena. Dalle origini alla fine della Repubblica, a cura di R. Barzanti - G. Catoni - M. De Gregorio, Siena 1995, pp. 383-394, in partic. p. 392; M.A. Ceppari Ridolfi - P. Turrini, Fontana di San Francesco, l’acqua di Pio II, in Siena e l’acqua: storia e immagini della città e delle sue fonti, a cura di V. Serino, Siena 1997, p. 89; P. Turrini, “Per honore et utile de la città di Siena”, Siena 1997, pp. 18, 107, 169 s.; P. Turrini, Ludovico Petroni, diplomatico e umanista senese, in Interpres. Rivista di studi quattrocenteschi, XVI [I della II serie] (1997, ma 1999), pp. 7-59; S. Tizio, Historiae Senenses, III, t. IV, a cura di P. Pertici, Roma 1998, pp. 358, 374, 377 s.