PITTORIO, Ludovico
PITTORIO (Bigi, Bigus), Ludovico (Luigi). – Il suo vero nome era Ludovico (o Luigi) Bigi (Bigus). Nacque a Ferrara da Giovanna e da Simone Bigi, nel 1452 secondo le informazioni offerte da Giuseppe Faustini nel XVIII secolo (Biblioteca degli scrittori, c. 248r-v), o nel 1454 secondo altri (nella prefazione all’edizione del Psalterio davidico, stampata a Bologna, Er. B. Faelli, nel 1524, dichiarava di avere settant’anni).
Possedeva, insieme con i suoi tre fratelli, Giovanni Maria, Paolo e Giacomo, beni nel territorio di Fusignano, concessigli prima del 1477 dal conte Teofilo Calcagnini, allora governatore di quel castello. In quell’anno Pittorio chiese al duca di Ferrara di poter trasportare in città vino, beni di consumo e legname senza pagare il dazio.
A Ferrara fu allievo di Battista Guarini. Ebbe dunque modo di studiare il latino e il greco, solo in età più matura la filosofia, la teologia e le Sacre Scritture. Delle vicende poco liete dell’infanzia e della giovinezza, rattristate dalla morte del padre e da altre sventure, si lamenta in una poesia (Ferrara, Biblioteca comunale, Mss., cl. I.396), dedicata a Ludovico Trotti (il condottiero estense fatto prigioniero dai veneziani nella battaglia di Argenta del 1482).
In quello stesso anno celebrò con una poesia il compleanno del figlio del duca di Ferrara, il principe Alfonso, nato nel 1476, ma quei versi narrano nel contempo anche la malattia del signore estense e il dolore provato dal poeta nei medesimi mesi per cause personali. Alla corte di Ferrara, Pittorio conobbe Giovanni Francesco Pico della Mirandola (nipote di Giovanni), cui nel 1491 dedicò un’ampia opera poetica in distici elegiaci, intitolata Candida. L’opera fu stampata a Modena nello stesso anno dal tipografo Domenico Rococciola.
Negli anni Novanta Pittorio fu in rapporti di amicizia con Alberto Pio, a cui dedicò un’elegia che sembra segnare il passaggio dalla vita mondana e ricca di esperienze amorose a un maggiore impegno etico e religioso. A Pio Pittorio consigliava di gettare nel fuoco la sua precedente produzione poetica raccolta nei Carmina tumultuaria, conservati nel citato ms. cl. I.396. Questo passaggio, che ricorda il rogo delle vanità di Girolamo Savonarola, testimonia il rapporto creatosi tra Pittorio e gli ambienti legati al frate riformatore, di cui Giovanni Francesco Pico era sodale. Le tre lettere contenute nel ms. cl. I.326, scritte da Savonarola tra il maggio e l’agosto del 1497 e indirizzate a un Lodovico Pistorio, cognome che gli editori correggono tout court in Pittorio, offrono la prova dell’influsso esercitato su di lui dalla predicazione savonaroliana.
Una prova del legame anche personale, oltre che religioso e spirituale, esistente tra Pittorio e gli ambienti riformatori ferraresi influenzati da Savonarola proviene dal testamento del fratello del frate, Alberto, che nel 1516 dispose fosse consegnato a Pittorio un anello con pietra turchese.
I Christianorum opusculorum libri tres, stampati a Modena nel 1498 per Dominicum Rococciolam, editio prima, e poi ristampati a Strasburgo (Argentoratum) da Matthias Schürer nel 1509, testimoniano che già entro il 1498 Pittorio si era convertito alla vita consacrata, nell’Ordine dei servi di Maria. Iniziò una nuova attività di composizione poetica e religiosa in lingua latina, criticata da Lilio Gregorio Giraldi (1696, col. 536), secondo il quale «cum [Pittorius] pius deflexit ad religionem, ut vita melior, ita carmen deterior visus est». Sulla scorta dell’insegnamento di Savonarola, che invitava i dotti a leggere le Scritture in latino e gli analfabeti a meditare sulla vita di Cristo contemplando le sacre immagini diffuse con l’arte della stampa, Pittorio dedicò dunque la sua esistenza alla traduzione delle Sacre Scritture, al loro commento e al loro impiego nella vita quotidiana. In questo egli precedette quanto scrissero nel 1513, durante il concilio Lateranense V, nel Libellus ad Leonem X Paolo Giustiniani e Pietro Querini, che chiesero la traduzione in volgare della Bibbia, in modo che anche i cattolici non istruiti potessero avvicinarsi al testo sacro.
In particolare Pittorio, affrontando temi di meditazione spirituale, intese rivolgersi «alle vergini moniali e alle persone devote e del latino ignare», così da raggiungere una piena finalità divulgativa. Nacquero così l’Utile meditazione in sei gradi divisa, opera dedicata a tre monache del cenobio di S. Michele a Milano e stampata a Ferrara (s.n.t., 1502), nonché il Sermone della comunione, impresso a Firenze (s.n.t., 1502), con lettera dedicatoria alla nipote suor Aurelia Nasella, e infine l’Omiliario quadragesimale, offerto a una monaca della famiglia estense, Beatrice, nel convento di S. Antonio in Polesine.
L’Omiliario, stampato per la prima volta a Modena nel 1506 per i tipi di Domenico Rococciola, contiene nella dedicatoria una chiara esposizione delle finalità perseguite dall’autore e l’indicazione del pubblico a cui essa era diretta. Pittorio dichiara di avere scritto per offrire ai cenobi i testi da leggere ogni giorno nel tempo di Quaresima, durante la mensa, così che fosse sempre presente di giorno in giorno un sermone particolare, «fondato de verbo ad verbum su le epistole et evangelii si como corrono secondo lo ordine della sacrosanta romana Chiesia» (frontespizio). L’Omiliario ebbe in un secolo ben venticinque ristampe, soprattutto a Milano, Venezia e Brescia, nelle quali il testo fu arricchito con un discreto numero di xilografie rappresentanti scene della vita di Cristo. Vanno segnalate in particolare per la ricchezza di immagini e delle decorazioni le edizioni di Brescia, L. Britannico, 1553, e quella di Venezia, G. Criegher, 1568.
L’ultima opera di Pittorio, il Psalterio davidico volgarizzato in forma di Omiliario, fu stampato a Bologna nel 1524 «per li heredi di Benedetto di Hetorre di Faelli», «ad consolatione maximamente de le spose di Iesu Christo vergini moniali et de altre persone devote et del latino ignare».
Morì a Ferrara e fu sepolto nella chiesa dei servi di Maria; non si conosce con certezza la data di morte, forse il 1525.
Fonti e Bibl.: Ferrara, Biblioteca comunale, Mss., cl. I.326: G. Savonarola, Prediche quattro e lettere varie; Antonelli, 362: G. Faustini, Biblioteca degli scrittori ferraresi, t. II, cc. 243v-251r-v; t. III, c. 234r-v; G. Savonarola, Lettere, a cura di R. Ridolfi et al., Firenze 1984, pp. 152 s., 172-174, 183 s.
A. Superbi, Apparato de gli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 11; L.G. Giraldi, Duorum dialogorum de poetis suorum temporum, in Id., Opera omnia, I, Lugduni Batavorum 1696, col. 536; G.A. Barotti, Memorie historiche di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793, pp. 37-39; G. Bertoni, Guarino da Verona fra letterati e cortigiani a Ferrara (1429-1460), Ginevra 1921, p. 184; E. Cassirer, Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance, Wiesbaden 1927, p. 321; S. Pasquazi, Poeti estensi del Rinascimento, Firenze 1966, pp. XXXIII-XLII; British Library, Short-title catalogue of books printed in Italy and of Italian books printed in other countries from 1465 to 1600 now in the British Library, London 1986, ad vocem Bigi, Luigi; A. Fioravanti Baraldi, L. P. e la cultura figurativa a Ferrara, in Alla corte degli Estensi. Filosofia, arte e cultura a Ferrara nei secoli XV e XVI, Atti del Convegno internazionale di studi, Ferrara... 1992, a cura di P. Carile - R. Gorris, Ferrara 1994, pp. 220-224, 234; Ead., Testo e immagini. Le edizioni cinquecentesche dell’Omiliario quadragesimale di L. P., in Girolamo Savonarola, Atti del Convegno internazionale, Ferrara... 1998, a cura di G. Fragnito - M. Miegge, Firenze 2001, pp. 139-154; A. Samaritani, Lucia da Narni ed Ercole I d’Este a Ferrara tra Caterina da Siena, Girolamo Savonarola e i Piagnoni, Ferrara 2006, pp. 65, 72; E. Boillet, Vernacular biblical literature in sixteenth-century Italy. Universal reading and specific readers, in Discovering the riches of the word: religious reading in late medieval and early modern Europa, a cura di S. Corbellini et al., Leiden 2015, pp. 220-223.