SACCANO, Ludovico
– Storico e significativo esponente dell’Umanesimo meridionale, nacque a Messina tra il 4 settembre 1403 e il 24 maggio 1404, primogenito di Pietro Saccano, barone di Monforte e della Tonnara grande di Milazzo, miles, magister notarius e magister rationalis, e di Tissa (Contissa) dell’altrettanto nobile famiglia dei Porco, esponenti di spicco del patriziato messinese.
La data di nascita si stabilisce in base a un atto notarile rogato il 3 settembre 1422 che ratifica la nomina di magister notarius officii iuratorum nobilis civitatis Messane (concessa da re Alfonso V d’Aragona il 24 maggio 1422) per il primogenito diciottenne di Pietro Saccano, costretto però a rinunciarvi pubblicamente (Albanese, 2015, pp. 13-15).
Ebbe due fratelli: Giacomo, magister notarius iuratorum (a cui dedicò il suo De legatione), dal quale nacquero Ludovico (Aloysius), Petruccio e Giovanni Giacomo; e il più giovane Antonio, nominato poi da Ludovico erede e curatore testamentario.
Rimasto a Messina sino al 1427, si trasferì a Firenze e ricevette una formazione d’avanguardia nell’ambito delle humanae litterae presso lo Studium, dove insegnavano maestri come Giovanni Aurispa, Francesco Filelfo e Carlo Marsuppini. Ma nella prima metà del 1432 la morte del padre lo costrinse a rientrare in patria per prenderne il posto nella gestione dei possedimenti e degli affari familiari, insieme ai fratelli, nella tradizionale linea filoaragonese della famiglia.
Il viaggio di ritorno da Firenze alla Sicilia, narrato con ricchezza di particolari autobiografici nel De legatione, fu avventuroso ma assai proficuo e segnò indelebilmente la vita di Saccano. Giunto a Barcelona, entrò infatti nell’entourage del re, in partenza per la campagna militare di Gerba (maggio 1432) e successivamente (dal settembre 1432) restò nel suo seguito in Sicilia e a Napoli partecipando alle successive campagne militari alfonsine fin dall’impresa di Gaeta. Rimase gravemente ferito nella sfortunata battaglia di Ponza, e durante la prigionia milanese di Alfonso combatté al seguito di Pietro d’Aragona, nelle campagne di Calabria e Lucania fino all’assedio di Napoli del 1438, in cui il fratello del re trovò la morte (De legatione, II, pp. 148-151). Nel 1434-35 frequentò a Napoli le lezioni del già celebre poeta laureato Antonio Beccadelli detto il Panormita.
Con tali premesse, non stupisce che Saccano, rientrato definitivamente a Messina, non abbia trovato difficoltà nel mettersi in luce e fare una buona carriera ‘pubblica’.
Ereditava peraltro dal padre una situazione patrimoniale florida e solida, imperniata prevalentemente sui feudi delle tonnare di Milazzo e sulle conseguenti attività commerciali, esercitate poi da Ludovico fino all’inizio degli anni Ottanta (Albanese, 2015, pp. 15-19).
In qualità di primogenito, acquisì il titolo di dominus et baro della Tonnara grande di Milazzo, con privilegio di re Alfonso del 17 novembre 1432 ( Archivio di Stato di Palermo [= ASPa], Protonotaro, 33, cc. 48r-52r; Real Cancelleria, Reg. 68, cc. 50r-53v; Conservatoria Real Patrimonio, 4, cc. 591r-596r), cui si aggiunse anche la concessione della Tonnara di Silipo o Cattasi nella marina di Milazzo (oggi Vaccarella), con privilegio del 31 gennaio 1460 di re Giovanni II d’Aragona, ottenuto a seguito dell’ambasceria a Barcelona e ratificato a Palermo il 9 aprile 1460 (ASPa, Real Cancelleria, Reg. 108, cc. 229r-230r). Mantenne per tutta la vita questi possedimenti, su richiesta di conferma dei suoi feudi («unius <feudi> videlicet vocati ‘la Tonnara di Milazzo’ cum turri et magazenis, et alterius vocati ‘la Tonnara di Silipu’ sita in mari dicti Milacii»: ASPa, Protonotaro, Processi di investitura, 1484, f. 266, c. 1r, del 29 maggio 1479), con successivi privilegi del 15 luglio 1459, dopo la morte di re Alfonso (ASPa, Conservatoria Real Patrimonio, Investiture, 1197, cc. 811r-817v), e del 18 settembre 1479, dopo la morte di re Giovanni (ASPa, Protonotaro, 1007, c. 120v), lasciandoli poi per eredità al fratello Antonio, che li detenne fino alla morte databile entro il 1486, dato che con un atto del 14 dicembre 1486 gli succedette Angelo Saccano (ASPa, Protonotaro, Processi di Investitura, 1485, f. 346, c. 9rv), figlio di Antonio secondo Barberi (Liber de Secretiis, 1966, pp. 208-210) che attesta il titolo di Angelo come vigente nel 1506, anno in cui scriveva.
In data imprecisata si sposò con Elisabetta Barresi, di prestigiosa famiglia, dalla quale non ebbe figli; costei testò infatti nel 1472 lasciando eredi i fratelli. Fu più volte giurato (1441, 1444, 1455), maestro razionale (1441-45), rappresentante della sua città al Parlamento di Castrogiovanni e legato ufficiale (della Sicilia e di Messina) a re Giovanni II d’Aragona (1459); è di quest’ambasceria e delle rivendicazioni familiari e cittadine che dà resoconto il De legatione (Legationis suae Regni Siciliae et urbis Messanae nomine ad serenissimum Ioannem Aragonum et Siciliae regem obitae libri tres), trovando riscontro nella concessione di privilegi speciali e nel documento ufficiale di risposta di re Giovanni del 17 ottobre 1459 (ASPa, Protonotaro, 55, cc. 77v-79r), recepito a Palermo l’8 febbraio 1460. Ne emerge il profilo di un esponente di quella élite urbana siciliana che, sotto il dominio della Corona d’Aragona, produsse funzionari e storici che costituirono il canale privilegiato della dialettica tra città e Regnum.
Non è assente dal De legatione la rivendicazione del primato della città di Messina come caput Regni nella contesa con Palermo, grazie alle prerogative primaziali acquisite fin dall’antichità, con precisa citazione del corpus storico-eziologico dei cosiddetti ‘falsi privilegi’ antichi (De legatione, II, p. 135) allestito peraltro, su committenza dell’élite dirigente messinese, proprio da grecisti esperti come Saccano e Lascaris, producendo qui il primo riferimento al Privilegio di Arcadio (Colletta, 2013, pp. 257 s.). Nella stessa ottica ideologica va collocata l’orazione funebre per re Alfonso del 1458 (ed. Figliuolo, 2009), un elogio del sovrano finalizzato in realtà alla propaganda politica a favore del nipote del Magnanimo, il principe di Navarra Carlo di Viana, la cui successione era sostenuta dal partito autonomistico che intendeva ripristinare il trono isolano.
Le rare competenze di classicista e grecista di Saccano (legato agli ambienti del Monastero basiliano del Ss. Salvatore in lingua phari di Messina, ove si conservava una prestigiosa raccolta del patrimonio manoscritto greco e bizantino, e alla connessa scuola di greco) gli diedero notorietà nel Regnum e furono valorizzate sin dai primi anni Quaranta: re Alfonso nel 1441 gli chiedeva un lessico greco-latino necessario a Lorenzo Valla per la traduzione dell’Iliade a corte, e Valla stesso corrispondeva con lui nel 1446 tenendo in alta considerazione le sue competenze linguistico-filologiche, e lo annoverava tra i grecisti siciliani nell’Antidotum in Facium (ed. Regoliosi, 1981, p. 385). Di conseguenza, più avanti nel tempo (1466) Saccano fu in fruttuoso contatto con Costantino Lascaris, approdato a Messina, e col cardinale Bessarione. Collaborò alla composizione delle Vitae illustrium philosophorum Siculorum di Lascaris, estratte e latinizzate da un ms. della Suda conservato al Ss. Salvatore, «interveniente et coadiuvante domino Ludovico Saccano latinarum litterarum doctissimo et graecarum meo iudicio non ignaro», come lo stesso Costantino dichiarava nella dedica al Senato di Messina della prima redazione dell’opera (Amico, 1756, pp. 5 s.). Bessarione, archimandrita del monastero basiliano dal 1456, gli donò nel 1470 un esemplare dell’edizione romana del 1469 del suo In calumniatorem Platonis con lettera di dedica (ed. Davies-Kraye, 2011, pp. 232 s.): la responsiva di Saccano è copiata nelle ultime carte dell’incunabolo, confluito poi a Madrid (Biblioteca nacional de España, Inc. 775) insieme alle preziose raccolte librarie di Saccano e Lascaris, ricche di rari testi latini e greci di età antica e bizantina, lasciati in eredità alla biblioteca del capitolo della Cattedrale di Messina (Albanese, 2015, pp. 36-41, 45 s).
Le latinizzazioni di biografie greche compiute con Lascaris, cui Saccano aggiunse anche significative sezioni del Bios di S. Filarete di Nilo Doxapatres e del martyrion di S. Lucia di Siracusa e di S. Agata, latinizzate da mss. agiografici italo-greci del Ss. Salvatore, non furono però finalizzate solo alla mera riscoperta e divulgazione erudita di peregrini testi greci, ma ebbero anche un preciso risvolto politico-ideologico in chiave isolana e municipalistica: costruire una laudatio della Sicilia e di Messina autorizzata da antiche e autorevoli fonti. Del resto, agiografia e panegirici di città ‘all’antica’ ben si sposavano con la parallela pratica di rielaborazione / falsificazione di privilegi antichi e di leggende antiquarie cittadine commissionata a Saccano e Lascaris, i due detentori a Messina delle competenze classicistiche (in parallelo e in concorrenza col ‘palermitano’ Pietro Ranzano).
Ancor più scopertamente ‘politica’ e familistica è l’ultima opera di Saccano (databile al 1480), il De rebus gestis Thomae Barresii, una supplica in forma di deprecatio abilmente costruita sul modello delle orazioni giudiziarie ciceroniane, rivolta ad Alfonso II duca di Calabria e a re Ferdinando I (Ferrante) d’Aragona per ottenere il perdono e la scarcerazione del cognato Mase (Tommaso) Barrese o Barresi, il famoso capitano di Ferrante al tempo della congiura dei Baroni, il quale, imprigionato nel 1464, giaceva in carcere già da 16 anni al tempo dell’orazione, che costituisce fonte storica primaria su Mase Barresi (Albanese, 1988).
La morte di Saccano fu erroneamente collocata nel 1472 (Gravone, 1954-1955, p. 121) sulla base della citazione di un suo testamento in un’antica fonte storiografica (Minutolo, 1699, p. 117). Verosimilmente in quell’anno egli fece davvero testamento, in contemporanea alla moglie (cfr. supra) e servendosi dello stesso fidatissimo notaio ‘di famiglia’ (Leonardo Camarda, che rogò il testamento della moglie e poi ancora gli atti relativi alle disposizioni testamentarie affidate da Ludovico al fratello Antonio). Ma la scomparsa di Saccano – comunque da spostare in avanti per alcune evidenze interne alle opere e a nuovi documenti (Albanese, 2015, pp. 12-25): il 13 dicembre 1481 (Archivio di Stato di Messina [= ASMe], NA, Camarda, Reg. 10bis, c. 289v) forse per ragioni di salute egli designò un procuratore per la gestione delle tonnare – può essere ora collocata con precisione. È certo infatti che egli morì nella primavera del 1483, all’incirca tra marzo e maggio, anche se il testamento non è giunto fino a noi a causa della perdita del fascicolo relativo (gennaio 1482-agosto 1483) nel Reg. 10bis del notaio Camarda (1480-85).
La data di morte si ricava da tre atti di questo Registro (cc. 388v, 390v-391r). Il 6 maggio 1484 il frate Ludovico da Piazza, guardiano del convento messinese dei francescani osservanti di S. Maria del Gesù, e il priore dei benedettini di San Placido Calonerò dichiarano di aver ricevuto negli ultimi due mesi dall’erede Antonio Saccano il saldo dell’ultima rata della donazione disposta un anno prima dal fu Ludovico ai due enti, per la celebrazione di 500 messe; gli inizi di marzo 1484 sono dunque un terminus ante quem per la morte. Ma ulteriori elementi si ricavano da un atto del 24 maggio 1484, che contiene le ricevute dei pagamenti relativi alla sistemazione dei lasciti del testamento di Ludovico in corso da un anno circa in varie soluzioni, dopo la sua morte, avvenuta dunque all’incirca un anno prima. Beneficiari sono il citato convento osservante (punto di riferimento della beneficenza e luogo di sepoltura della nobiltà messinese e dello stesso pittore Antonello da Messina), e San Placido Calonerò (già fatto segno della benevolenza di Elisabetta Barresi nel 1472), coinvolto nella riforma che proprio nel 1483 aveva sostituito gli abati con priori eletti dalla Congregazione dei Monaci Benedettini di Sicilia, e presidiato a quanto pare nel 1485 da un monaco dei Saccano, Vincenzo (ibid., cc. 367rv, 569r).
Fonti e Bibl.: Le testimonianze manoscritte delle opere, che non ebbero edizioni nella stampa antica, si riducono a due mss. quattro-cinquecenteschi: Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq B 28, mutilo (l’orazione funebre per Alfonso d’Aragona indirizzata a Carlo di Viana; il De legatione; le due parziali latinizzazioni del Bios di S. Filarete di Nilo Doxapatres e del Martyrion di S. Lucia di Siracusa); Roma, Biblioteca nazionale, Fondo Gesuitico, 404, che alle precedenti aggiunge anche il Thomas Barresius. Le poche edizioni delle opere e della corrispondenza sono: L. Gravone, L. Saccano: elogio di Alfonso di Aragona e relazione di una legazione siciliana a re Giovanni. Codice inedito del sec. XV nella Biblioteca Comunale di Palermo, in Atti dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo, s. 4, XV (1954-1955), pp. 109-173, con imperfette trascrizioni dell’orazione funebre per re Alfonso, del De legatione e dei frustuli delle due latinizzazioni delle agiografie bizantine; J. Ruiz Calonja, Alfonso el Magnánimo y la tradución de la “Iliada” por Lorenzo Valla, in Boletín de la Real Acad. de Buenas Letras de Barcelona, XXIII (1959), pp. 109-115: in particolare pp. 114 s., che pubblica le due lettere di re Alfonso a Saccano (1° e 27 marzo 1441); Lorenzo Valla, Epistole, a cura di O. Besomi - M. Regoliosi, Padova 1984, pp. 275-277, 287-289, nrr. 33a e 34, che pubblica la corrispondenza Saccano-Valla del marzo-aprile 1446; G. Albanese, Tra storiografia e retorica: il Thomas Barresius di Ludovico Saccano, Messina 1988, pp. 1-35, con edizione parziale e studio del Thomas Barresius e del ms. F.G. 404; B. Figliuolo, L’orazione di L. Saccano in morte di Alfonso il Magnanimo, in Dentro e fuori la Sicilia. Studi di storia per V. D’Alessandro, a cura P. Corrao - E.I. Mineo, Roma 2009, pp. 125-134, con edizione critica e commento; G. Albanese, Lo storico L. Saccano e la sua biblioteca: umanesimo meridionale e ritorno dei classici, in Il Ritorno dei Classici nell’Umanesimo. Studi in memoria di G. Resta, a cura di G. Albanese et al., Firenze 2015, pp. 3-53, che pubblica l’edizione critica di alcune latinizzazioni delle agiografie italo-greche e della responsiva al cardinale Bessarione (Madrid, Biblioteca nacional de España, Inc. 775: la missiva di Bessarione è pubblicata da M. Davies - J. Kraye, Cardinal Bessarion and Ludovico Saccano, in Mantova e il Rinascimento italiano. Studi in onore di D.S. Chambers, a cura di Ph. Jackson - G. Rebecchini, Mantova 2011, pp. 225-238).
Per la documentazione concernente il testamento e la morte di Saccano, vedi ora ASMe, NA, Camarda, Reg. 10bis (1480-85), cc. 388rv, 390v-391r, per gli atti del 6 e 24 maggio 1484; inoltre cc. 289v (13 dic. 1481), 367rv (22 marzo 1485), 569r (6 giugno 1485). In generale per la biografia di Saccano è ora fondamentale Albanese, Lo storico, 2015, cit., con regesti o edizioni di fonti archivistiche (ASMe, ASPa, Arxiu de la Corona d’Aragó di Barcelona); ivi anche un elenco completo delle opere e della bibliografia, e la ricostruzione della biblioteca (con edizione integrale della testimonianza offerta dalla sottoscrizione greca di Lascaris nel ms. Matr. gr. 4560).
Fonti letterarie coeve: Lorenzo Valla, Antidotum in Facium, ed. M. Regoliosi, Padova 1981, p. 385; Antoni di Olivieri, Istoria di la translacioni di S. Agata, 26 novembre 1475 (ed. in G. Cusimano, Poesie siciliane dei sec. XIV e XV, II, Palermo 1952); Costantino Lascaris, Vitae illustrium philosophorum Siculorum. ed. in J.P. Migne, Patrologia Graeca, 161, Turnhout 1777, coll. 913-928; lettera di dedica al Senato di Messina (ed. V.M. Amico, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, I, 4, Palermo 1756, pp. 3-15; G. Bottari, La problematica «de viris illustribus» nel Quattrocento siciliano, in Quarto Quaderno di Filologia, Lingua e Letteratura italiana dell’Istituto di Italianistica dell’Università di Verona, Verona 1992, pp. 63-103: in particolare pp. 68 s.; A. Cohen- Skalli, De Byzance à Messine: les “Vitae Siculorum” de C. Lascaris, leur genèse et leur tradition, in Revue d’histoire des textes, n.s., IX (2014), pp. 79-116; Giovanni Luca Barberi, Liber de Secretiis, ed. E. Mazzarese Fardella, Milano 1966, pp. 207-210.
F. Mugnos, Teatro genologico delle famiglie de regni di Sicilia Ultra e Citra, I-III, Palermo 1647-1670, s.v. Saccano; A. Minutolo, Memorie del Gran Priorato di Messina, Messina 1699, p. 117 e ad ind.; V. Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia, Palermo 1871-1875, p. 332; C.D. Gallo, Annali della città di Messina, Capitale del Regno di Sicilia, II, Messina 1881-1882, pp. 287, 325, 328 s., 345, 365-368, e passim; G. Resta, L’epistolario del Panormita, Messina 1954, p. 159; J.M. Fernandez Pomar, La colección de Uceda y los manuscritos griegos de Costantino Lascaris, in Emerita, XXXIV (1966), pp. 211-288: in particolare pp. 221-63; M.B. Foti, Il monastero del S.mo Salvatore ‘in lingua phari’, Messina 1989, pp. 123-128, e passim; T. Martínez Manzano, Konstantinos Laskaris: Humanist, Philologe, Lehrer, Kopist, Hamburg 1994, pp. 152-159, 279 s. e passim; P. Colletta, Memoria di famiglia e storia del regno in un codice di casa Speciale conservato a Besançon, in Reti Medievali. Rivista, XIV, 2 (2013), pp. 257 s.