SEITZ, Ludovico
– Nacque l’11 giugno del 1844 a Roma, dove fu battezzato alla presenza di Ludwig I di Baviera. Ludovico fu educato all’arte dal padre, Alexander Maximilian, in un qualificato contesto artistico di famiglia. Sua madre Adelaide Gertrude Platner era figlia dell’artista, incisore e diplomatico Ernst Zacharias (1773-1855) che partecipò alla Descrizione della città di Roma (1829-1834) e fu rappresentante commerciale del Regno di Sassonia presso la S. Sede; il nonno materno era il famoso antropologo e filosofo Ernst Platner (1744-1818), mentre il nonno paterno era l’incisore in cavo Giovanni Battista Seitz.
Ludovico sposò Maria Ifigenia Caretti ed ebbero due figli, Giorgio, morto ventunenne il 17 maggio 1895 (Biagetti, 1913, p. 52), e Sofia Pia la quale, sposata con l’ingegnere Giuseppe Quaroni (p. 39) ebbe tre figli: Pietro (1898-1971, diplomatico), Giorgio (1907-1960, artista) e Ludovico (1911-1987, architetto).
Il padre di Ludovico nacque nel 1811 a Monaco e morì nel 1888 a Roma, fu allievo di Peter Cornelius con cui lavorò a Monaco tra il 1819 e il 1830; dal 1833 lo seguì a Roma dove conobbe Friedrich Overbeck; di Alexander Maximilian si ricordano a Roma: del 1858 circa, la pala d’altare e gli affreschi del Figliol prodigo e le Vergini stolte e vergini savie per la cappella del Sacro Cuore nella chiesa della SS. Trinità dei Monti, e del 1867 l’apologetico olio su tela Il XVIII centenario del martirio di s. Pietro (attualmente ai Musei Vaticani nel palazzo apostolico del Laterano; Gnisci, 1991; Capitelli, 2003, p. 255, e 2016; Giacomini, 2016, pp. 219-221).
Dopo la contestualizzazione del 1924 nel Manuale di storia dell’arte di Anton Springer e Corrado Ricci (Calza, 1924, pp. 333 s.), in Italia l’opera del Seitz venne certificata da Palma Bucarelli nell’Enciclopedia Italiana (1936) e da Emilio Lavagnino nell’Enciclopedia cattolica (1953); altresì è stata oggetto anche di approcci monografici (Rusconi, 1908; Biagetti, 1913; Cuppini, 1983; Pofi, 1995, e 2008).
Delle esperienze del nonno incisore e della cultura del disegno dei nazareni che suo padre testimoniava, sono espressione le quarantotto incisioni su legno per il volume Achtundvierzig Darstellungen aus dem Leben Jesu und der Heiligen di monsignor Alban Stolz (Friburgo, 1872; Padovan, 2014, p. 59) che il giovanissimo Seitz realizzò in collaborazione con il padre a partire dal 1860. In questo lavoro è possibile riscontrare la sua originaria adesione a Albrecht Dürer quale sintesi estetico-ideologica dei lasciti del Lukasbund (Lega di S. Luca; Piantoni, 1981) nel contesto storico della Roma della Restaurazione (Susinno, 1991; Capitelli, 2007). Gli elementi di questa poetica sarebbero stati poi confermati da Seitz, ad esempio, in occasione del concorso dell’Accademia di S. Luca nel 1862-63, con l’opera Orazione nell’orto (Barone, 2002, pp. 421-425, p. 437; Cipriani, 2003, p. 440; Picardi, 2003) e nelle committenze per monsignor Josip Juraj Strossmayer, con la pala Madonna in trono con angeli musicanti (1862; attualmente nella Strossmayerova Galerija di Zagabria; Biagetti 1913, pp. 34-36), e, più tardi tra il 1870 e il 1882-83, con i cicli decorativi nella cattedrale di Djakovo, per i quali il vescovo croato coinvolse padre e figlio Seitz dopo la morte di Overbeck (Schneider, 1935; Vignau-Wilberg, 1994, pp. 18-22; Maković, 1994, pp. 40-44; Feuss, 1994). I due artisti si alternarono nella navata centrale con scene dell’Antico Testamento, nel transetto e nel coro con il Nuovo Testamento, e nelle absidi con scene della Passione, degli Apostoli e dei Sacramenti; i sei riquadri con la vita di s. Pietro furomo eseguiti a bicromia da Ludovico, mentre le decorazioni della cupola riguardanti la gloria di s. Pietro furono realizzate da Alexander Maximilian.
Tra il 1862 e il 1866 circa, Ludovico realizzò un trittico per i conti Clam-Martiniz in Boemia e cinque tele con Santi per la famiglia reale di Carlo I e Ol′ga di Württemberg; dal 1877 al 1882 lavorò poi sia a Friburgo, in Brisgovia, nel duomo di Nostra Signora, dove sull’arco trionfale dipinse un'aerea Incoronazione della Vergine, sia a Heiligenberg sul lago di Costanza, chiamato dal principe Karl Egon III di Fürstemberg, per il restauro e gli interventi di decorazione nella cappella del castello dove vi dipinse la pala d’altare dedicata a La Vergine incoronata.
La cultura del segno, dall’inciso calcografico al disegno del contorno, acquisita già nel corso del suo primo apprendistato, caratterizzò il sapiente dipingere di Seitz nell’esplicitare dell’immagine i dati compositivi, valorizzando altresì il disegnare quale progetto architettonico, così come recepito dalle lezioni di Antonio Cipolla (1820-1874), in una convergenza di elementi architettonici e dati decorativi confermata anche nei dialoghi con gli architetti incontrati durante le esperienze lavorative, da Giuseppe Sacconi a Camillo Boito, da Luca Carimini a Raffaele Cattaneo (Castellani, 1995; Pierangeli, 1995; Zucconi, 1997, pp. 284-291; Camillo Boito, 2000; Pofi, 2008, pp. 53-58, 66-74, 107-116). Seitz si dimostrò artista cultore di progettazione architettonica. Tra il 1882 e il 1883 per la cappella del Miracolo in palazzo Massimo alle Colonne disegnò bracci di ferro per reliquari e il pavimento in maiolica; e ancora per il principe Camillo X Massimo, ad Arsoli, curò il cantiere della nuova armeria, con la qualifica di «architecto» (Pofi, 2008, p. 97), e così nel 1895 disegnò l’altare per la cappella di Pio IX nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura a Roma. Con consapevole coscienza del progettare architettonico, nelle sue opere introdusse architetture dipinte, come nelle esemplarità dei cicli realizzati a Roma in S. Maria dell’Anima, a Loreto nella cappella Tedesca e a Padova nella cappella di S. Stefano. Seitz giunse con la sua opera a un'estetica del progetto e a una poetica dello stile dove il linearismo del disegnare esprime la concezione di una pittura sapienziale, risultando l’artista un protagonista della cultura del «linearismo neo-gotico» (Bon Valsassina, 1991, p. 458). Nei tredici taccuini di «appunti» e di «studi» redatti tra il 1867 e il 1906 (Cuppini, 1983, pp. 304-306, Pofi,1995, pp. 171-173) si evidenzia un suo disegnare quale laboratorio dalle plurali indicazioni, dove l’immagine si dimostra argomento narrativo prima che risultanza stilistica. Non solo testimonianza della documentazione visiva o analisi della componente progettuale delle tipologie architettoniche, il disegnare di Seitz, in alcuni casi, registra il riordino emotivamente estemporaneo offerto all’artista nell’impatto con i capolavori de passato. Questi ultimi vengono così a costituirsi come un itinerario della memoria che Seitz ripristina poi nelle proprie esperienze artistiche o che riconsidera nel proprio ragionare storiografico, come nell’ordinamento progettato per la Pinacoteca Vaticana (La nuova Pinacoteca Vaticana, Roma 1909, p. 7, 11-36; Nuova Pinacoteca Vaticana, 1909).
A Roma tra il 1875 e il 1880, Seitz intervenne con affreschi ritoccati a tempera nella cappella di S. Bonaventura nella basilica di S. Maria in Aracoeli: a sinistra S. Girolamo nel deserto, e nelle lunette attigue i Ss. Alessandro di Halens e Antonio di Padova; a destra La visita di s. Tommaso d’Aquino a s. Bonaventura con vicino S. Giovanni Duns Scoto e il Beato Giovanni da Parma. Nella chiesa tedesca di S. Maria dell’Anima negli anni 1874-75 Seitz decorò le tre volte delle navate e in quella centrale inserì busti di santi in medaglioni ottagonali: Giacomo da Ulm, Elisabetta di Ungheria, Leopoldo, Matilde, Ruperto, Agnese da Praga, Alberto Magno, Pietro Canisio; disegnò inoltre le vetrate della chiesa con la SS. Trinità, sopra la pala di Giulio Romano per l’altare principale, e in controfacciata quella dedicata a Maria dell’Anima assieme a Gesù in trono e con Adamo ed Eva, offerta dall’Imperatore Francesco Giuseppe. Sempre per S. Maria dell'Anima, nella cappella di S. Giovanni Nepomuceno, tra il 1875 e il 1884 articolò un’inedita spazialità dove nella verticalità che dalla pala d’altare, con S. Nepomuceno e il beato Sarcander, si congiunge al catino absidale con l’affresco del 1883 dedicato a Maria e il Bambino con i papi Benedetto XIII e Pio IX e con i ss. Nepomuceno e Sarcander, inserì una fascia orizzontale in cui, con ambientazioni dagli squarci luministici e descrizioni naturalistiche della Baviera e con interni dalle dinamiche quinte scenografiche, viene esposto il racconto agiografico, a partire da sinistra con l'Incontro di Nepomuceno e il re Wenzels, la Confessione della regina Giovanna e il Martirio di s. Giovanni Nepomuceno (Michel, 1998; Brandmayr, 2018).
Ancora a Roma nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura per la cappella di Pio IX contenente la sua tomba, dal 1881 lavorò ai cartoni per i mosaici, distrutti alla fine della seconda guerra mondiale, dove erano raffigurati i Ss. Pietro e Paolo, Lorenzo e Stefano, Francesco di Assisi e Caterina da Siena, Giuseppe, Ciriaca e Agnese, e sugli architravi dei tre ingressi della cappella si trovavano la Definizione del Dogma dell’Immacolata, l’Amore dei popoli a Pio IX e la Sottomissione dell’episcopato e Pio IX. Nella chiesa dedicata a S. Ivo dei Bretoni tra il 1888 e il 1889 Seitz affrescò nel catino absidale il Cristo in gloria tra i santi francesi Ivo, Martino, Clotilde, Luigi il Re, Bernardo e Genoveffa. Sempre a Roma nella chiesa di S. Antonio di Padova in via Merulana, nel contesto del progetto di decoro della nuova chiesa, nel 1889 curò il bozzetto di una pala con S. Chiara, che nel 1891 sarebbe stata eseguita dal suo allievo Giuseppe Bravi.
Intrecciandosi nei decenni Settanta e Ottanta le concomitanze dei lavori in Baviera e nel Württemberg, in Slovenia e a Roma, nel 1878 venne invitato a Treviso per intervenire nella cattedrale dedicata a S. Pietro Apostolo e poi, tra l’autunno del 1880 e il dicembre del 1888, Seitz progettò e affrescò le pareti della cappella Maggiore della stessa cattedrale con il coro dei canonici, a proseguire l’area presbiteriale, dove, da destra 'costruì' le 'rappresentazioni' della Delegazione trevigiana da Beato Benedetto XI per l’approvazione del progetto della chiesa di S. Niccolò e la Elemosina del beato Enrico da Bolzano; mentre nella parete a sinistra la Predicazione di s. Liberale ad Altino e S. Pietro che affida a s. Prosdocimo l’evangelizzazione di Treviso e Padova, visualizzando così il rispecchiamento nella comunità dei santi dei riconosciuti canonici trevigiani (Giovanni Martino Milanese e Lorenzo Brevedan, Luigi Paronetto e dunque Giuseppe Melchiorre Sarto futuro papa Pio X), i quali sono ritratti attorno al papa Benedetto XI, seguendo le disposizioni lasciate da monsignor Angelo Lodovico Rampini per il tramite di don Luigi Paronetto (Bailo 1908, p. 1; Padovan, 2014-15, pp. 189-219; Bonora, 2018).
Per volontà di Leone XIII dal 1882-83 Seitz venne coinvolto nei cicli decorativi nella Galleria dei Candelabri nei palazzi pontifici (Farabulini, 1884; Senes, 1891; Berthier, 1898) con altri artisti e maestranze (Buranelli, 2001; Laguillo Gutiérrez - Cajamarca, 2016), tra cui Annibale Angelini (1810-1884) per i disegni dei pavimenti e le ornamentazioni alle pareti, e Domenico Torti (1830-1890) per gli affreschi della seconda sala – con l’inserimento, insieme alle tecniche dell'arazzo e dell'incisione, anche della fotografia, per la prima volta rappresentata in Le belle arti benedette dalla religione (Bordini 1991, p. 593 e p. 596) – e della terza sala, dove su la volta dipinse La storia tramanda il sapere. Il programma illustra l’aggiornamento neotomista esplicitato nel magistero di Leone XIII: nella prima stanza Seitz disegnò lo Stemma Pontificio affrescato con vicino la Prudenza e la Fortezza, tra il 1884 e il 1888 lavorò nella quarta grande campata e spiegò, per il tramite dell'enciclica Aeternis Patris del 4 agosto 1879, la viva referenza al Doctor Angelicus: S. Tommaso offre le sue opere alla Chiesa, L’armonia di Scienza e Religione, Accordo tra arte cristiana e pagana, S. Tommaso vince sugli eretici tra il Trionfo del Rosario e l’Apoteosi del lavoro. Nel quinto e sesto scomparto il programma decorativo traduce il neotomismo nella ecclesiologia del magistero: Il Matrimonio, Terzo ordine francescano, Avversione e risoluzione verso le sètte, Intesa tra il mondo civico e l’ecclesiale; e dunque nell’ultima sala Seitz illustrò le allegorie della Scienza teologica e della Arte della poesia.
Nel 1887 divenne ispettore per le pitture nei palazzi apostolici, nel 1894 fu nominato da Leone XIII direttore artistico della Pinacoteca Vaticana (Pietrangeli 1985; Pietrangeli, 1992, p. 25), incarico confermato nel 1906 da Pio X. Tra i numerosi adempimenti diresse nel 1891 i restauri degli affreschi del Pinturicchio nell'appartamento Borgia, a cui partecipò anche un suo aiutante, Alessandro Morani (1859-1941); e continuò a intervenire nei restauri, tra il 1892 e il 1905, della cappella Niccolina e delle logge di Raffaello. Dal 1903 al 1905 lavorò anche al consolidamento dell’intonaco e ad altri problemi presenti nella volta della cappella Sistina. Nello stesso ambiente operò più tardi, tra il 1935 e il 1936, il suo allievo e assistente Biagio Biagetti (1877-1948) a sua volta indicato da Benedetto XV nel medesimo ruolo del Seitz, quale direttore della Pinacoteca Vaticana dal 1918 al 1923.
In occasione VI centenario della traslazione della S. Casa a Loreto del 1894, il Capitolo a partire dal 1884 pose l’esigenza di uno strutturale riassetto architettonico e artistico della basilica lauretana che venne programmato dal vescovo Tommaso Gallucci (1813-1897) con il supporto del padre Pietro da Malaga insieme all’architetto Giuseppe Sacconi (1854-1905; Santarelli, 1995; Pierangeli, 1995, pp. 72-78). Tra il 1890-92 Seitz lavorò al progetto della decorazione della cappella Tedesca: dopo una verifica estetico-iconografica relativa allo studio presentato nel 1891 dall’artista monaco beuronese padre Desiderius Lenz (Gut, 1982; Apa 1995, e 2008), venne scelto il programma di Seitz che lo portò a termine tra il 1892 e il 1902 (Beissel, 1892; Milanese, 1893). Sulle pareti presbiteriali propose un programma iconografico volto a rappresentare cristologicamente le storie di Maria, con i costanti riferimenti alle corrispondenti scene tratte dall’Antico Testamento, a completamento dell’argomento narrato, secondo le indicazioni teologiche di monsignor Pietro Gratzfeld, padre Pietro da Malaga e monsignor Gallucci (Milanese, 1908, e 1909; Santarelli, 2008) e con il possibile contributo di Giovanni Martino Milanese (Milanese, 1908; Padovan, 2016, pp. 52-54): dalla centrale vetrata con l’Immacolata alla Incoronazione sovrastante, quindi, da sinistra a destra, si spiegano le scene modulari dei misteri dell’Incarnazione e della Redenzione, di Maria Madre di Dio, Compaziente e Mediatrice, con le catechetiche centralità delle rappresentazioni, relazionate nella frontalità delle due pareti, della Natività e della Crocifissione. Un accentuato virtuosismo gotico veneziano stilisticamente ingloba la traditio dei Vivarini nelle eccentricità che dall’Orcagna giunge ai Salimbeni e al Pinturicchio, venendo Seitz a ripensare l’arte del Cinquecento dell’Europa centrosettentrionale all’interno del contesto del tardo Trecento in Toscana, Umbria e Marche.
A seguire e oltre la conclusione del ciclo lauretano, tra il 1894 e il 1906, a Padova nella basilica di S. Antonio, Seitz fu coinvolto dal senatore Vincenzo Stefano Breda (1825-1903) per decorare le cappelle dedicate al protomartire S. Stefano, a S. Rosa da Lima e a S. Angela Merici: questa ultima sarà affrescata da Giuseppe Cherubini (1867-1960) e poi denominata cappella di S. Caterina e S. Angela, ovvero, 'delle benedizioni'. Gli affreschi nella cappella di S. Stefano furono da Seitz iniziati nel 1904 e conclusi nel 1915 da Biagetti, sia nell’ultima parte rimasta della Conversione di s. Paolo e poi con i cartoni di Seitz l’allievo-assistente decorò anche, tra il 1913 e il 1915, la cappella di S. Rosa da Lima (Lavori alla Basilica del Santo a Padova, 1915; Vinciguerra, 1995). Nella Cappella di S. Stefano Seitz riprense l’ispirata modalità espressiva di quel che aveva svolto a Roma in S. Maria dell’Anima. Una ‘macchina di rappresentazione’ la quale esplicita la conferma della presenza di Dio nelle umane vicende terrene, con le opere sulla parete di sinistra, Il martirio di s. Stefano e Stefano innanzi ai padri del Concilio, e a destra con la Conversione di s. Paolo e L’incontro di Saulo con Anania (Castellani, 1995; Pofi, 2008, pp. 99-106; Apa, 2020, in corso di stampa).
Morì di angina pectoris (Biagetti, 1913, p. 48-51) l’11 settembre 1908 ad Albano Laziale, dove risiedeva per periodi di riposo e vi era ritornato da Roma avendo presenziato il giorno avanti al trasporto della Trasfigurazione di Raffaello, per il riordino della Pinacoteca Vaticana a cui lavorava; in memoriam si svolsero le inaugurazioni, sia della cappella Tedesca nella basilica a Loreto, avvenuta in quell’anno nei giorni 17, 18 e 19 ottobre, sia della Pinacoteca Vaticana svoltasi a Roma il 28 marzo 1909.
Seitz pubblicò tra il 1902 e il 1907 considerazioni di estetica e di storiografia artistica, con dedica agli artisti di Roma nella prima parte, con la reverenziale dedica a Pio IX nella seconda parte (entrambe edite a Monaco nel 1902), e poi, dedicato all'Associazione d'arte cristiana a Graz, l'ultimo dei tre fascicoli (Verona 1907) scritti in lingua tedesca: Erörterungen über wichtige Kunstfragen (Seitz, 1902-1907; Pofi, 1995, p. 176). Per la Pontificia Accademia romana di archeologia tenne una conferenza il 21 aprile del 1906, poi pubblicata: Un appello alla scienza a favore dell’arte (Seitz, 1907). Il bello raccoglie le indicazioni del pensiero scientifico e delle tecniche nelle teorie delle indagini visive, nella memoria e nella rivisitazione storiografica della storia dell’arte – riconsiderando Seitz le civiltà dell’Egitto e del Tre e Quattrocento in Italia e Centro Europa – così come realizzò anche nell’ordinamento delle sale della costituenda Pinacoteca Vaticana. Nel magistero di Leone XIII e Pio X il pensiero storico-estetico di Seitz affermò come la Consonantia unitariamente alla Claritas determinano la identitaria qualificazione dell’opera d’arte: la idealità platonica si traduce nell’ordinamento divino così che nel contesto neotomista si giunge a far coincidere Verità e Bellezza. Seitz – con la sua opera in arte e in studio di storia e di teologia estetica e nel capace suo definire il significato di un complessivo progetto architettonico-decorativo – espresse una reale considerazione della crisi del pensiero estetico teologico in cui si aspirava a riconsiderare la devozione e l’apologetica come eleganti modalità per riformare e proprio ridefinire nella coscienza della storia i linguaggi dell’arte.
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