VISTARINI, Ludovico.
– Nacque a Lodi nel 1478 (non sono noti né il giono né il mese), figlio di Giovanni e della congiunta Antonia Vistarini. Non si hanno informazioni sulla sua vita sino al 1511, quando sposò Antonia Trecchi, figlia del conte Ludovico.
Nel 1513 divenne uno dei protagonisti delle cruente lotte tra fazioni che si combattevano tra le mura della città, dove i sostenitori del partito filofrancese dovettero mal digerire la restituzione del Ducato a Massimiliano I Sforza. Vistarini, la cui famiglia da sempre era legata a doppio filo ai Visconti e agli Sforza, si impegnò nella difesa delle campagne del Cerreto, lungo il fiume Adda, ove si era accampato l’esercito veneziano, alleato dei francesi.
Nell’aprile del 1516, a causa dell’entrata in Lodi della compagnia di Malatesta Baglioni, riparò a Roma, ove scelse di militare nella compagnia di Prospero Colonna. In seguito alla disastrosa sconfitta di Odet de Foix visconte di Lautrec alla Bicocca (27 aprile 1522) Vistarini, da poco tornato a Lodi, difese la città dai saccheggi e dalle violenze perpetrate dall’esercito francese, che vi si era stanziato per non capitolare definitivamente (3-5 maggio). In seguito alla morte di Colonna a Milano (1523), decise di rimanere fedele a Francesco II, secondogenito del Moro, impegnato nella riconquista del Ducato con l’appoggio della Lega santa.
Nel 1526 una parte dell’esercito imperiale ricevette l’ordine di muovere in direzione di Lodi. Vi si stanziarono dei fanti guidati da Fabrizio Maramaldo, il cui mantenimento gravava sulle spalle della città: gli abitanti si appellarono a Vistarini il quale, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, aprì le porte alle truppe veneziane guidate dal duca d’Urbino, costringendo gli occupanti alla fuga e dando prova di ulteriore fedeltà al giovane Sforza, asserragliato nel castello di Porta Giovia.
In seguito a questo episodio Vistarini venne accusato di tradimento da Sigismondo Malatesta: la tenzone occorsa tra i due divenne celebre a livello nazionale. Vennero pubblicati due anonimi opuscoletti contenenti la descrizione dei cartelli di sfida e del duello (1526), ne fece menzione Marin Sanuto nei suoi Diarii (1496-1533) e persino Pietro Aretino citò l’accaduto, all’interno delle Carte parlanti (1543).
Nello stesso 1526 nacque l’unica figlia legittima di Vistarini, Isabella.
Reintegrato Francesco II sul trono ducale (1530), il condottiero venne inviato nei territori dell’Alta Lombardia come governatore della città di Como e per sedare le rivolte sollevate da Gian Giacomo de’ Medici, in quella che si tramutò nella cosiddetta guerra di Musso (1531-32).
Nel 1532 Ludovico acquistò dallo zio Giovan Pietro Vistarini degli edifici sul corso di porta Regale a Lodi, che trasformò in un sontuoso palazzo, simbolo della continua ascesa della famiglia, splendidamente esibita durante le occasioni ufficiali in cui ospitò Carlo V (1533, 1541), il nipote Ferdinando (1549) e il futuro Filippo II (1552).
In seguito alla morte dello Sforza (1535) giurò fedeltà all’imperatore, il quale lo ricompensò confermandogli i privilegi concessi dal defunto Francesco. Nel 1538 sposò in seconde nozze Margherita Crivelli, figlia del conte Antonio, mentre Isabella venne maritata al cugino Asperando Vistarini.
Nel 1542 Sigismondo Malatesta convinse i vertici spagnoli dell’intenzione di Ludovico di passare dalla parte dei francesi: venne quindi incarcerato per ordine di Alfonso d’Avalos nel castello di Porta Giovia, trascorrendo in cattività quasi tutto l’anno. Uscito di prigione dopo aver provato la sua innocenza e aver versato come garanzia una grossa somma di denaro, ottenne immediatamente il governo della città di Asti, sul fronte delle pericolose manovre di Francesco I.
Ferrante Gonzaga lo inviò, nel 1547, a presidiare la frontiera con il Ducato farnesiano in seguito alla brutale uccisione di Pier Luigi Farnese e, nel 1551, venne indicato come comandante dell’artiglieria durante la guerra di Parma. L’anno successivo ottenne la nomina a governatore di Soncino e della Ghiara d’Adda, con il compito di bloccare l’avanzata degli svizzeri.
Dopo una missione in Piemonte s’imbarcò, assieme al genero Asperando, per la Corsica (1553), invasa dai francesi, per assumere il ruolo di maestro di campo in ausilio alla Repubblica di Genova. Nel marzo 1554, il governatore Gómez Suárez de Figueroa lo assegnò alla guida di un contingente da schierarsi nel Novarese, dove i francesi premevano per entrare nel Ducato. Venne poi nominato governatore di Lodi. Il 26 ottobre 1555 dettò il proprio testamento a Milano, indicando quale erede universale la figlia Isabella. Nel gennaio 1556 la sua presenza venne richiesta a Milano dal cardinale Cristoforo Madruzzo, nuovo governatore, come consulente per faccende militari.
Morì a Milano il 14 maggio 1556, dopo aver ricevuto i sacramenti dal vescovo di Lodi Giovanni Simonetta.
Sepolto con tutti gli onori nella cappella della Purificazione in S. Lorenzo a Lodi, il cadavere venne traslato in cattedrale nell’agosto dell’anno successivo e posto in profanissimo monumento funebre, allestito nel presbiterio sopraelevato dell’edificio e corredato da un’iscrizione composta da Marco Girolamo Vida. In seguito ai Decreta emanati nel 1565, la sepoltura venne smantellata e le spoglie ricollocate in S. Lorenzo assieme a quelle della figlia Isabella, morta nel 1566.
Ludovico non fu solo un grande condottiero e castellano di rango ma, oltre alla spiccata vocazione marziale, possedette probabilmente solide basi culturali, che seppe sfruttare al meglio, stringendo rapporti di amicizia e stima almeno con due poligrafi della prima metà del Cinquecento italiano, quali Giovanni Alberto Albicante e Claudio Tolomei. Il primo pubblicò una missiva indirizzata a Ludovico all’interno della raccolta De le lettere di M. Claudio Tolomei libri sette (1547), ove accettò di mettersi al servizio del colonnello, promettendogli di scrivere ciò che gli aveva richiesto, con una sua precedente missiva, perduta. Albicante, invece, sembrò quasi ringraziare il condottiero per le benevolenze dimostrategli ‒ per motivi sconosciuti – nell’Intrada di Milano di don Philippo d’Austria (1549), evento a cui Ludovico partecipò.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Araldica parte antica, 129, 13: Genealogia Vistarina; Lodi, Biblioteca Laudense, Manoscritti, XXII.A.3, Arbores. Genealogie di Famiglie Lodigiane, s.v. Vistarini; M. Sanuto, Diarii (1496-1533), XLII, Venezia 1895, coll. 404-406; Abbattimento glorioso del magnifico et strenuo cavallere messer Ludovico Vistarino Lodesano col signor Gismondo Malatesta d’Arimi, Roma 1526; P. Aretino, Le carte parlanti (1545), a cura di G. Casalegno - G. Giaccone, Palermo 1992, p. 128; C. Tolomei, De le lettere di M. Claudio Tolomei lib. sette, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1547, p. 203; G.A. Albicante, Intrada di Milano, di don Philippo d’Austria, re di Spagna. Capriccio di historia, in Venetia a le case di Marcolini, 1549, p. 21; G.G. Gabiano, Oratione di m. Gio. Giacomo Gabiano, in Lodi recitata nell’essequie dell’ill. s. Ludovico Vistarino, per Alemanio Fino di latina fatta volgare, in Milanno, dalla stampa di Moscheni, 1557.
G. Molossi, Memorie d’alcuni uomini illustri della città di Lodi, II, Lodi 1776, pp. 55-62; D. Lodi, Commentari della famiglia Vistarini, in Archivio storico per la città e i comuni del circondario di Lodi, XIII (1894), pp. 39-43, 58-67, 179-184, XIV (1895), pp. 25-34, 72-80, XV (1896), pp. 86-93, 130-133, 178-182, XVI (1897), pp. 35-42, 129-136, 167-172; A. Ferrari, L. V., «quello tanto famoso in armi» nella Lodi del Cinquecento, tesi magistrale, Università degli studi di Milano, a.a. 2009-10; M. De Luca, Tra Quattro e Cinquecento. Il governo della città di Lodi dagli Sforza alle dominazioni straniere, in Lodi, Estado de Milan. L’amministrazione della città di Lodi dal 1494 al 1706, a cura di M. Schianchi, Azzano San Paolo 2010, pp. 13-101; A. Ferrari, Per una storia dei Vistarini nella Lodi del Cinque e Seicento, in Archivio storico lodigiano, CXXX (2013), pp. 85-100.