MILANI, Luigi Adriano
– Nacque a Verona il 26 genn. 1854 da Albano, grande proprietario terriero dagli ampi interessi culturali, e da Rosa Libanti, figlia di un negoziante al dettaglio.
Rampollo di una famiglia borghese di prospera condizione economica, compì gli studi primari e secondari nella città natale, trasferendosi in seguito a Firenze (1873) per frequentare i corsi di filosofia e filologia nel locale R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento. Qui fu allievo di A. De Gubernatis, A. Gennarelli, G. Trezza, G. Vitelli e soprattutto di D. Comparetti, il cui magistero fu così fecondo da spingerlo ad addottorarsi in letteratura greca discutendo una tesi dal titolo: Il mito di Filottete nella letteratura classica e nell’arte figurata, più tardi pubblicata come monografia autonoma nella collana ufficiale dell’istituto fiorentino (Firenze 1879).
Nel luglio 1877, in forza del legame mai interrotto con la città d’origine, ma principalmente grazie ai buoni uffici del suo maestro, il M. ebbe l’incarico governativo di procedere alla compilazione del catalogo delle monete componenti il «ripostiglio» della Venera, ricchissima miniera di oltre 50.000 antoniniani romani, scoperta qualche tempo prima (dicembre 1876) nell’omonimo luogo della provincia di Verona. Lavorando alacremente, il M. completò il lavoro di schedatura e classificazione in soli due anni.
L’interesse per la numismatica, disciplina che gli diede immediata notorietà a livello nazionale e internazionale, si mantenne vivo nel corso dell’intero arco della sua attività di studioso. Il M. spaziò dalle indagini su alcuni importanti «ripostigli» repubblicani a saggi dedicati alla monetazione fusa italica ed etrusca, a ricerche su tipi monetali greci arcaici e singole coniazioni romane.
Un anno dopo la laurea (gennaio 1878) vinse il concorso, bandito dal ministero della Pubblica Istruzione, per un triennio di alunnato (1878-80) presso la neonata Scuola italiana d’archeologia, nelle sedi di Pompei, Roma e Atene.
Il M. non seguì il normale percorso di studio degli altri allievi in forza di un nuovo incarico ufficiale procuratogli da L. Pigorini, allora regio commissario straordinario alle Gallerie e ai Musei di Firenze. Sul finire del 1878, infatti, fu chiamato a Firenze con l’incarico della revisione sistematica e della schedatura inventariale del Medagliere granducale, accanto al piemontese E. Schiapparelli e al napoletano A. Sogliano, che avevano analogo mandato relativamente al materiale egizio e a quello etrusco.
L’esigenza di una precisa valutazione della consistenza delle collezioni antiquarie cittadine si inseriva nel quadro di quell’ampio programma di riordinamento e riorganizzazione generale dei musei pubblici fiorentini che aveva condotto, nel 1870, con lo smembramento delle raccolte d’arte antica medicee e lorenesi della Galleria degli Uffizi, alla fondazione del R. Museo egizio ed etrusco negli angusti locali dell’ex convento delle terziarie francescane di S. Onofrio, detto di Fuligno, in via Faenza.
Resasi nel tempo manifesta l’inadeguatezza logistica e infrastrutturale di questi ambienti, una deliberazione del Consiglio dei ministri (aprile 1879) stabilì l’istituzione di un nuovo organismo museale che, tradotto in opera da una commissione scientifica costituita ad hoc, riunisse in sé, oltre alle raccolte etrusche ed egizie, al Medagliere, ai bronzi greci e romani, tutti i marmi antichi sparsi a decoro di palazzi e giardini della città.
Dapprima come semplice «adiutore», poi (aprile-maggio 1881) con una posizione di primo piano, il M. fu preposto ufficialmente dal ministero al trasporto e alla sistemazione delle antichità greche e romane e dei reperti etruschi dalla vecchia sede a quella nuova, individuata nel palazzo granducale della Crocetta alla Ss. Annunziata.
Aperto al pubblico quasi in sordina il 4 febbr. 1883 con l’intitolazione di R. Museo archeologico e dotato di un numero maggiore di locali rispetto al precedente, il museo aveva il pregio di veder ricongiunti sotto lo stesso tetto materiali prima dispersi in molte sedi diverse.
Circa il criterio da seguire nell’esposizione dei monumenti il M. si attenne, in larga misura, a quelli adottati dal suo predecessore G.F. Gamurrini, optando per un ordinamento su base tipologica (per serie e categorie), che però non trascurasse i dati di provenienza (ove noti) e la cronologia dei singoli pezzi. Siffatto criterio aveva per fine quello – dichiarato dallo stesso ordinatore – di offrire un quadro sintetico della evoluzione generale della storia dell’arte etrusca nelle sue declinazioni, a discapito, però, di una presentazione, seppur approssimativa, della vita stessa e della civiltà di questo importante popolo dell’Italia preromana.
Ben presto, tuttavia, la straordinaria scoperta fatta da I. Falchi dell’antica Vetulonia con le sue ricche necropoli (1884), unita ai risultati concreti delle indagini da lui stesso condotte (o per suo conto) in numerosi luoghi della Toscana e dell’Alto Lazio (Bisenzio, Populonia, Ferento, Saturnia, Bolsena, Chiusi, Castellina in Chianti, Firenze, ecc.), offrirono al M. l’opportunità di avviare un grande piano in progress, inteso a colmare le lacune «filologiche» dell’allestimento del suo Antiquarium greco-romano e (soprattutto) etrusco attraverso una raccolta di oggetti d’uso comune, ordinati secondo i luoghi di provenienza, senza distinzione di pregio o di aspetto esteriore.
Prendeva forma, così, il Museo topografico dell’Etruria, inaugurato al pian terreno della Crocetta, presente il re Umberto I, il 5 maggio 1897, sei anni dopo la nomina del M. a direttore. Nel frattempo, nel febbraio 1889, un regio decreto aveva definito l’istituto fiorentino «Museo centrale della civiltà etrusca», attribuendogli una giurisdizione territoriale estesa, al di fuori della Toscana, fino ai territori di Tarquinia e di Viterbo.
Libero docente fin dal 1883, poi dal 1894 incaricato dell’insegnamento di archeologia presso l’Istituto di studi superiori di Firenze in sostituzione di Gennarelli, in seguito (1894-95) professore straordinario, quindi ordinario con r.d. del 16 genn. 1902, il M. si dedicò con inesausta passione anche all’insegnamento, preparando per iscritto le sue lezioni e tenendo nell’ateneo di piazza S. Marco una gran quantità di corsi, spesso di argomento corrispondente all’evolversi dei suoi studi (Archeologia dell’arte preellenica; Mitologia artistica sui cicli eroici; Civiltà preistorica italica-etrusca; Plastica greca; ecc.). A lui va, altresì, ascritto il merito di aver introdotto nell’Istituto taluni procedimenti tipici della didattica d’Oltralpe, come quello di mettere a disposizione degli studenti apparati archeologici figurati (libri, calchi, fotografie, disegni) che favorissero la conoscenza diretta – seppur mediata – dei documenti del passato.
Oltremodo rivelatrici di quanto i suoi corsi fossero traduzione speculativa e pedagogica della sua attività in Museo (e viceversa), risultano essere anche altre iniziative di supporto alla ricerca applicata e congiuntamente alla fruizione collettiva. Al fine di illustrare e far conoscere più adeguatamente le origini dell’ethnos etrusco e il sistema di relazioni di quest’ultimo con altre civiltà coeve, tanto italiche quanto dell’Oriente mediterraneo, aggiunse alle «normali» sale di esposizione del Museo archeologico una sezione pretrusca e prellenica, allestita attraverso scambi, donazioni e oculati acquisti. In essa espose un’ingente raccolta di testimonianze materiali dalle più svariate provenienze (Sardegna, Sicilia, Toscana, Italia settentrionale, Cicladi, Creta, Rodi, Cipro, Anatolia) che in un’ottica comparativista quale quella allora vigente anche sul piano linguistico, costituissero altrettante prove della teoria dell’orientalismo degli Etruschi, sostenuta dal M., tra l’altro, nel suo ampio studio Italici ed Etruschi, pubblicato nei Rendiconti del II Congresso della Società italiana per il progresso delle scienze (Roma 1909).
Il M. fece inoltre smontare, trasportare e ricostruire nel giardino della Crocetta molti pregevoli monumenti architettonici etruschi, al fine di preservarli da ulteriore rovina (1903); parimenti, nei cortili interni dello stesso palazzo fece assemblare le reliquie monumentali della Firenze romana venute in luce durante le demolizioni e gli sterri condotti alla fine dell’Ottocento per il rimodernamento della città. Gettò le basi, inoltre, per la realizzazione di una galleria di fedeli riproduzioni dal vero di pitture etrusche (1911), con il duplice intento di conservarne facsimili nel tempo a dispetto degli agenti atmosferici e assieme favorire la conoscenza delle tombe corrispondenti, spesso sparse in regioni impervie e difficilmente accessibili.
Necessario compimento di questo più che trentennale operato sono, infine, le due guide edite in anni successivi, con relativi aggiornamenti, dal titolo Museo topografico dell’Etruria (Roma 1898) e Il R. Museo archeologico di Firenze (Firenze 1912), le quali per la trattazione critica del contenuto del Museo, preceduta da un largo apparato di notizie storiche, museografiche e bibliografiche, possono essere considerate veri e propri trattati d’antichità etrusche e quasi il suo testamento scientifico.
Dalla fine del secolo alla morte si compì, infatti, quello che L. Pernier, discepolo e collaboratore pro tempore del M. negli anni centrali della sua attività museografica fiorentina, ha definito il secondo ciclo della produzione scientifica del M. stesso, in cui prevalse l’elemento soggettivo e filosofico-religioso. Abbandonato quasi completamente l’interesse per lo studio oggettivo dei monumenti figurati avente come finalità la ricostruzione del contesto storico in cui questi erano stati generati, il M. volse la sua attenzione alla possibilità di interpretare e ricostruire la religione prellenica di tutto il bacino mediterraneo, studiando quelli che credeva ne fossero i simboli nei monumenti di Creta, delle Isole Egee e della Grecia continentale, proprio in quel torno di tempo portati alla ribalta dagli scavi inglesi e italiani.
Valendosi di approfondite analisi e copiosi elementi di raffronto, ma facendosi talvolta prender la mano da una fantasia molto vivace, si ingegnò a dimostrare come questa religione prellenica confluisse nella religione, nella mitologia e nell’arte ellenica, dominante in una vasta area «heteo-mediterranea», da cui avrebbe influito sulla civiltà italica e poi romana. Tali ardite e complicate teorie circa un’antichissima unità religiosa europea e asiatica furono dal M. esposte – per la maggior parte – in una pubblicazione periodica, da lui fondata e a sue spese mantenuta, dal titolo Studi e materiali di archeologia e numismatica (1899-1901, 1902, 1905), a cui collaborarono molti suoi allievi e colleghi universitari tra cui E. Gabrici, L. Pernier, N. Terzaghi, T. Tosi, G. Patroni.
Nonostante all’origine delle sue costruzioni arrischiate vi fossero idee condivisibili dai più (come la grande importanza dell’elemento religioso per la comprensione della genesi del monumento antico e la dipendenza di buona parte dell’arte greca da quella del vicino Oriente), questi scritti ermeneutici del M. non trovarono in genere accoglienza favorevole, incontrando anzi spesso l’ostilità, l’indifferenza e talora anche la satira parodistica.
Il M. morì a Firenze il 9 ott. 1914. Aveva sposato nel giugno 1884 l’unica figlia di Domenico Comparetti e dell’intellettuale russa Elena Raffalovich, Laura, da cui ebbe quattro figli (Albano, Piero, Giorgio ed Elisa).
Il M. fu membro del Consiglio superiore per le antichità e belle arti nel triennio 1909-11, membro della Commissione centrale per le medesime dal 1905 al 1908 e componente della Commissione conservatrice dei monumenti e degli scavi di antichità della provincia di Firenze dal 5 apr. 1895. Molte accademie e istituti scientifici nazionali e stranieri lo ebbero socio onorario e corrispondente.
Fonti e Bibl.: Diversi archivi della pubblica amministrazione – tanto centrali quanto periferici – conservano materiale documentario sulla figura, l’attività museografica e la produzione scientifica del Milani. Tra questi il principale è l’Archivio storico della Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana (Firenze), già Soprintendenza dei Musei e scavi d’Etruria, istituto presso il quale il M. operò ininterrottamente dal 1878 al 1914 e dove sono pertanto conservati documenti di servizio, pratiche, atti ufficiali da lui prodotti e il fascicolo personale, comprensivo del suo testamento olografo e di una raccolta di elogi funebri apparsi su quotidiani locali e nazionali (in particolare: Personale, pos. I [1914]; Servizio, pos. C [1895], C 19). Necrologi e commemorazioni: L. Pernier, in Cronaca delle belle arti, suppl. al Bollettino d’arte, I (1914), 11, pp. 84-87; Id., L.A. M. e la sua opera, in Il Marzocco, 18 ott. 1914, p. 3; F. D’Ovidio, Rimpianti vecchi e nuovi, II, Caserta 1930, p. 328; G. Patroni, L’opera e il pensiero di L. A. M., in Atene e Roma, XVII (1914), 189-191, coll. 346-359; G. Biadego, in Atti e memorie dell’Acc. di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 4, XV (1915), pp. 65 s.; G. Ghirardini, in Atti e memorie della R. Deputaz. di storia patria per le provincie di Romagna, s. 4, V (1914-15), pp. 475-477; Id., in Atti della R. Accad. dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, XXIV (1915), 1-2, pp. 68-88 (con elenco sistematico degli scritti del M.); L. Mariani, in Ausonia. Riv. della Soc. ital. di archeolologia e storia dell’arte, VIII (1913 [ma 1915]), coll. 7-12; [L. Pigorini?], in Bull. di paletnologia italiana, s. 4, XL, (1914 [ma 1915]), t. 10, pp. 187 s.; L. Savignoni, in Annuario del R. Ist. di studi superiori pratici e di perfez. in Firenze per l’a.a. 1914-1915, Firenze 1915, pp. 171-173; N. Terzaghi, Prometeo: scritti di archeologia e filologia, Torino 1966, pp. 8-11, 23; A. La Penna, Gli studi classici dalla fondazione dell’Istituto di studi superiori, in Storia dell’Ateneo fiorentino. Contributi di studio, I, Firenze 1986, pp. 228 s.; Le «Memorie di un archeologo» di Felice Barnabei, a cura di M. Barnabei - F. Delpino, Roma 1991, ad ind. (ma particolarmente pp. 23, 200 ss., 215 s.); Alle origini di Firenze. Dalla preistoria alla città romana, a cura di G. Capecchi, Firenze 1996, passim; Domenico Comparetti tra antichità e archeologia. Individualità di una biblioteca, a cura di M.G. Marzi, Firenze 1999, ad ind. Sul ruolo avuto dal M. nella nascita e nella crescita dell’istituzione museale fiorentina si vedano P. Bocci Pacini et al., L.A. M.: «Origini e sviluppo del complesso museale archeologico di Firenze», in Studi e materiali, n.s., V (1982), pp. 35-175; P. Bocci Pacini, Considerazioni sulla storia del Museo archeologico di Firenze, in Bollettino d’arte, s. 6, LXVIII (1983), 17, pp. 93-106; G. Capecchi, Un «catalogo» mai edito, un «disegno» archiviato. Vittorio Poggi e la nascita del Museo archeologico di Firenze, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università degli studi di Perugia, I, Studi classici, n.s. XIII (1989-90 [ma 1993]), pp. 197 ss.; P. Rescigno, Tra culto della memoria e scienza. Il Museo archeologico di Fiesole tra Otto e Novecento, Firenze 1994, pp. 127 ss.; A. Romualdi, Il Museo archeologico nazionale di Firenze, in Gli Etruschi, a cura di M. Torelli, Milano 2000, pp. 515 ss.; F. Delpino, Paradigmi museali agli albori dell’Italia unita: Museo etrusco «centrale», Museo italico, Museo di Villa Giulia, in Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, CXIII (2001), 2, pp. 624-630, 636-638; A. De Gubernatis, Piccolo dizionario dei contemporanei italiani, Roma 1895, p. 610; Enc. Italiana, XXIII, p. 265 (L. Pernier); S. Samek Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative (1800-1940), Roma 1942, pp. 240 s.; Diz. biografico dei Veronesi (sec. XX), a cura di G.F. Viviani, II, Verona 2006, p. 556.
F. Vistoli